venerdì, Aprile 19, 2024
Diritto e Impresa

Buy-back obbligazionario e Offerta Pubblica d’Acquisto nella disciplina legislativa e regolamentare italiana

Nella “grammatica” del diritto del mercato mobiliare, ad un medesimo “soggetto”, il cd. buy-back (il termine usato dagli anglofoni per indicare il “riacquisto”), non di rado seguono due diversi “complementi di specificazione”: uno molto noto, “di azioni”; l’altro meno, “di obbligazioni”.

Con buy-back azionario e obbligazionario, in finanza, ci si riferisce al riacquisto sul mercato rispettivamente delle azioni e delle obbligazioni “proprie” di una determinata società, vale a dire le azioni e le obbligazioni emesse dalla società medesima.

Nonostante l’intercambiabilità in quanto medesimi potenziali complementi di specificazione di uno stesso soggetto, l’istituto dell’acquisto delle azioni proprie è stato di certo più “masticato” dalla bocca del giurista classico (e d’altronde come potrebbe essere diversamente atteso che esso è stato oggetto di disciplina ad opera del codice civile all’art. 2357 sin dal 1942) rispetto a quello dell’acquisto delle obbligazioni proprie. Il tema tuttavia non è di meno fascino; così come non è di meno fascino l’individuazione delle ragioni che possono essere sottese ad una simile operazione.

Con riguardo al buy-back azionario, si deve sottolineare come in genere la società provveda a riacquistare le proprie azioni:

  • quale forma di investimento delle eccedenze patrimoniali disponibili, qualora ritenga il valore di mercato delle proprie azioni inferiore a quello che esse dovrebbero avere, anche in base ad una previsione ottimistica per il futuro;
  • quale modalità di distribuzione di dette eccedenze agli azionisti o di restituzione agli stessi di risorse inutilizzate;
  • quale modalità per ottenere azioni da riservare a piani di azionariato a favore dei dipendenti così come a piani di stock option; nonché
  • quale modalità per stabilizzare la quotazione dei propri titoli e neutralizzare eventuali manovre speculative sui medesimi, allorquando detta società sia quotata.

Invece, con riguardo al buy-back obbligazionario, va sottolineato come in genere la società provveda al riacquisto sul mercato delle obbligazioni dalla stessa emesse quale modalità straordinaria di estinzione di un prestito obbligazionario, diversa dunque dal pagamento, alla scadenza pattuita, del capitale prestato e degli interessi maturati.

Una volta riacquistate le obbligazioni (all’evenienza, nel rispetto delle clausole del regolamento del prestito con il quale viene regolata l’emissione dei titoli di debito), l’emittente provvede a disporne l’annullamento, di fatto restituendo il prestito agli obbligazionisti-creditori senza il pagamento del corrispettivo dello stesso (capitale più interessi), ma attraverso il pagamento del prezzo di mercato al quale le obbligazioni vengono riacquistate.

Ben si capisce, allora, che una tecnica del genere sarà utilizzata dall’emittente allorquando il prezzo di mercato dell’obbligazione sia inferiore (ad esempio, a causa di un aumento dei tassi di interesse) al prezzo di restituzione del prestito: in questi casi, infatti, la società sarà in grado di estinguere il proprio debito attraverso il pagamento di una somma inferiore a quella che dovrebbe essere altrimenti sborsata attraverso il pagamento, alla scadenza pattuita, del corrispettivo del prestito.

In definitiva, dunque, il buy-back obbligazionario non è altro che una modalità di estinzione anticipata del prestito più conveniente per l’emittente.

Alla luce di quanto detto emergono dunque i seguenti elementi: si è in presenza di un’emittente che si offre di riacquistare delle obbligazioni; si è in presenza di “valori mobiliari”, categoria di “strumenti finanziari” (a loro volta sottocategoria di quella macro-categoria costituita dai “prodotti finanziari” come si vedrà qui di seguito); si è in presenza di un acquisto sul mercato; e, infine, si è in presenza di un’offerta non necessariamente privata, ma potenzialmente pubblica in quanto rivolta ad un numero possibilmente elevato di destinatari (i.e. gli obbligazionisti).

In considerazione di tutto ciò, appare lecito, allora, l’insinuarsi di un dubbio: il buy-back obbligazionario, nonostante non abbia ad oggetto azioni, integra gli estremi della fattispecie dell’offerta pubblica d’acquisto o “Opa” (evidentemente volontaria e non obbligatoria e potenzialmente, sia totalitaria che parziale) e, in quanto tale, è soggetto all’obbligo di comunicazione alla Consob e all’obbligo di pubblicazione del documento di offerta (che deve essere dalla stessa approvato) ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 102 del TUF, rispettivamente co. 1 e co. 3?

In relazione a tale tema, le questioni che si profilano all’orizzonte dell’interprete sono sostanzialmente due: (I) a monte, la qualificabilità o meno della proposta della società-emittente di riacquistare le proprie obbligazioni quale offerta pubblica d’acquisto così come definita dal TUF; (ii) a valle, risolta in senso positivo la prima questione, stabilire quali siano le fattispecie rilevanti di esenzione dall’applicazione della disciplina in materia di Opa.

In ogni caso, va già da ora rilevato che sia qualora detta proposta non sia qualificabile come Opa, sia qualora sia qualificabile come Opa ma ricorra un’esenzione, le relative conseguenze sarebbero le medesime: l’inapplicabilità delle disposizioni generali in materia di offerte pubbliche di acquisto e di scambio, ovvero degli artt. 101-bis/104-ter del TUF e 35/50-quinquies del Regolamento Emittenti Consob (“RE”), nei quali si concretizza la disciplina (legislativa e regolamentare) dell’Opa (non obbligatoria).

Dati normativi alla mano, si cercherà di dare una risposta a detti quesiti attraverso un’analisi delle relative norme in due interventi sperati sul tema: nel presente intervento si cercherà di dare risposta alla prima questione qui posta; in un secondo futuro intervento si cercherà di dare contezza delle implicazioni connesse alla seconda.

In riferimento al punto (i), è opportuno partire innanzitutto dalla nozione di Opa data dall’art. 1, co. 1, lett. v), del TUF.

Questa norma definisce l’offerta pubblica di acquisto o di scambio come “ogni offerta, invito ad offrire o messaggio promozionale, in qualsiasi forma effettuati, finalizzati all’acquisto o allo scambio di prodotti finanziari e rivolti a un numero di soggetti e di ammontare complessivo superiori a quelli indicati nel regolamento previsto dall’articolo 100, comma 1, lettere b) e c)” e che “non costituisce offerta pubblica di acquisto o di scambio quella avente a oggetto titoli emessi dalle banche centrali degli Stati comunitari”.

Sulla base di tale norma, sono quindi tre i requisiti necessari per avere un’Opa:

  • un requisito oggettivo, relativo all’oggetto dell’offerta che deve consistere in prodotti finanziari;
  • un requisito dimensionale relativo al numero dei destinatari dell’offerta;
  • un’ulteriore requisito dimensionale relativo all’ammontare complessivo dell’offerta.

Con riguardo alla nozione di prodotto finanziario, a norma dell’art. 1, co. 1, lett. u), del TUF sono prodotti finanziari gli strumenti finanziari e “ogni altra forma di investimento di natura finanziaria”; a sua volta, l’art. 1, co. 2, lett. a), del TUF stabilisce che strumenti finanziari sono, tra l’altro, i valori mobiliari; a sua volta ancora, l’art. 1, co. 1-bis, lett. b), del TUF ricomprende nei valori mobiliari proprio le obbligazioni.

Le obbligazioni, in definitiva, in quanto valori mobiliari rientranti negli strumenti finanziari, sono prodotti finanziari, comportando ciò la sussistenza del requisito oggettivo di qualificabilità come Opa di una proposta di acquisto di obbligazioni proprie.

Con riguardo invece ai requisiti dimensionali, essi sono da considerare quali quelle caratteristiche necessarie affinché si possa parlare di un’offerta “pubblica” e non di una mera offerta privata: il legislatore, infatti, stabilisce in via preliminare il numero dei soggetti e l’ammontare che devono al minimo contraddistinguere una proposta affinché essa possa essere qualificata come pubblica nel significato a tale termine attribuito dal legislatore nel TUF e affinché possa giustificarsi l’operatività della disciplina in materia di Opa e, in particolare, la pubblicazione del documento d’offerta.

In caso contrario, quand’anche l’offerta avesse ad oggetto prodotti finanziari nel senso sopra specificato, essa non potrebbe qualificarsi come pubblica ai sensi del TUF, con conseguente inapplicabilità della relativa disciplina; è lecito pensare che in tal caso si ricadrebbe piuttosto nella fattispecie prettamente civilistica dell’ “offerta al pubblico” ex art. 1336 c.c., la quale “quando contiene gli estremi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta, vale come proposta, salvo che risulti diversamente dalle circostanze o dagli usi”, ma che di certo non è sottoposta agli onerosi adempimenti previsti dai citati commi 1 e 3 dell’art. 102 del TUF.

In riferimento a detti requisiti dimensionali, il legislatore adotta la tecnica probabilmente più abusata nel dettare la disciplina del mercato mobiliare: il rinvio.

Infatti, l’art. 1, co. 1, lett. v), del TUF, richiama le lettere b) e c) dell’art. 100, il quale, nell’individuare i casi di inapplicabilità della disciplina (e, in particolare, dell’obbligo di pubblicare il prospetto) dell’altra modalità di “appello al pubblico risparmio” (rispetto all’Opa), ovvero l’offerta al pubblico di sottoscrizione o di vendita di prodotti finanziari, richiama a sua volta al numero di soggetti e all’ammontare complessivo individuati con regolamento dalla Consob, la quale ha provveduto con l’art. 34-ter, lettere a) e c), del Regolamento Emittenti.

La lettera b) dell’art. 100 del TUF, nel fare riferimento al numero di soggetti necessario affinché l’offerta possa qualificarsi come “pubblica”, rimanda alla lettera a) dell’art. 34-ter RE il quale stabilisce che l’offerta è pubblica se rivolta ad un numero di soggetti non inferiore a 150, “diversi dagli investitori qualificati di cui alla successiva lett. b)”. Il richiamo in questione deve essere però correttamente inteso: esso va infatti riferito solo al numero dei soggetti e non anche allora loro qualifica di investitori non qualificati. Infatti, l’art. 1, co. 1, lett. v) richiama l’art. 100, lett. b), il quale prevede solo il riferimento al numero dei soggetti, e non anche l’art. 100, lett. a), il quale fa invece riferimento agli investitori qualificati.

La lettera c) dell’art. 100 del TUF, nel fare riferimento all’ammontare complessivo necessario affinché l’offerta possa qualificarsi come “pubblica”, invece, rimanda alla lettera c) dell’art. 34-ter RE, il quale stabilisce che l’offerta è pubblica qualora il suo “corrispettivo totale, calcolato all’interno dell’Unione Europea, sia inferiore a 5.000.000 di euro” e che “a tal fine si considerano unitariamente più offerte  aventi ad oggetto il medesimo prodotto effettuate dal medesimo emittente od offerente nell’arco di dodici mesi”.

In definitiva, sulla base dei dati normativi sopra riportati, si può affermare che, indipendentemente dal fatto che l’offerta abbia ad oggetto obbligazioni, trattandosi comunque di prodotti finanziari, qualora essa sia rivolta ad almeno 150 soggetti e di ammontare complessivo almeno pari a 5 milioni di euro, calcolati all’interno dell’UE, potrà essere qualificata come offerta pubblica di acquisto, determinandosi, di conseguenza, l’applicabilità della disciplina normativa e regolamentare in materia di Opa volontaria e, in particolare, dell’obbligo di comunicazione alla Consob e di pubblicazione del documento d’offerta da questa approvato secondo quanto previsto dall’art. 102, rispettivamente commi 1 e 3, del TUF.

Tutto ciò sempre che non ricorra uno dei casi di esenzione previsti dalla normativa regolamentare adottata dalla Consob; ma questa, come detto, è un’altra storia.

FONTI:

http://www.borsaitaliana.it/bitApp/glossary.bit?target=GlossaryDetail&word=Riacquisto

Commentario T.U.F. a cura di Francesco Vella”. (2012). G. Giappichelli Editore. Torino, Italia.

“L’evoluzione della disciplina delle offerte pubbliche di acquisto”, in G. Falcone, G. Rotondo, L. Scipione, “Le offerte pubbliche di acquisto”, Giuffrè, Milano, 2001, pp. 3-47.

Emiliano De Luise

Emiliano De Luise è uno studente della facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Napoli Federico II che ha di recente conseguito la sua laurea con votazione 110 e lode con plauso della commissione/110. Appassionatosi a diversi settori del diritto commerciale, tra cui IP, M&A e Capital Markets, auspica ora una carriera nell'avvocatura d'affari.

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