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Il Consiglio di Stato tra obiettivi di internazionalizzazione e tutela della lingua italiana

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Lo scorso 29 gennaio, il Consiglio di Stato si è pronunciato [1] in ordine alla legittimità della delibera con cui il Politecnico di Milano, nel maggio del 2012, aveva attivato dei corsi di laurea magistrale e di dottorato di ricerca esclusivamente in lingua inglese.
La vicenda era già stata oggetto di una pronuncia del TAR Lombardia che, ritenendo lesa la centralità costituzionalmente garantita della lingua italiana,  aveva accolto il ricorso dei docenti. Avverso la sentenza di primo grado aveva, però, proposto appello il Politecnico, sul presupposto che la lingua italiana, lungi dall’essere marginalizzata, risultasse ancora presente nella maggior parte dei corsi di studio del Politecnico, e che nella Carta Costituzionale non vi fosse alcun riferimento esplicito al carattere ufficiale della lingua italiana, ma soltanto un’esigenza di tutela delle minoranze linguistiche corrispondenti alle comunità che si sono nel tempo stanziate nel nostro territorio.
Nel gennaio 2015 Il Consiglio di Stato adito ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, lett. l) della legge 240 del 2010 [2], “nella parte in cui consente l’attivazione generalizzata ed esclusiva (cioè con esclusione dell’italiano) di corsi [di studio universitari] in lingua straniera “, per contrasto con l’art. 3 della Costituzione nella misura in cui non tiene conto delle diversità tra insegnamenti, dal momento che non è giustificabile l’abolizione tout court della lingua italiana per alcuni insegnamenti, con l’art. 6 della Costituzione da cui si desume il principio di ufficialità della lingua italiana, oltre che dell’art. 33 della Costituzione per cui la previsione di un uso esclusivo della lingua straniera nell’ambito della didattica, sarebbe evidentemente in contrasto con la libertà di insegnamento e di comunicazione docente-allievo.
La Consulta, chiamata a fornire la corretta interpretazione della disposizione, ha ritenuto che il plurilinguismo e la  globalizzazione sono attualmente valori che permeano l’ordinamento italiano, dovendosi certamente favorire l’affiancamento di altre lingue a quella italiana in svariati campi. Ciò nonostante, va rilevata la necessità di contemperare questa esigenza, con lo stringente dovere di tutela della lingua italiana che in ogni caso non può venirsi a collocare in una posizione marginale, essendo il suo primato costituzionalmente indefettibile “per la perdurante trasmissione del patrimonio storico e dell’identità della Repubblica, oltre che garanzia di salvaguardia e di valorizzazione dell’italiano come bene culturale in sé”.
Pertanto, prosegue la Corte Costituzionale, “ove si interpretasse la disposizione oggetto del presente giudizio nel senso che agli atenei sia consentito predisporre una generale offerta formativa che contempli interi corsi di studio impartiti esclusivamente in una lingua diversa dall’italiano, anche in settori nei quali l’oggetto stesso dell’insegnamento lo richieda, si determinerebbe, senz’altro, un illegittimo sacrificio di tali principi“. Dunque, l’unica lettura costituzionalmente orientata della normativa in esame è quella che consente di affiancare ai tradizionali corsi in lingua italiana, anche dei corsi in lingua straniera al precipuo scopo di perseguire l’obiettivo della internazionalizzazione, integrando, di fatto l’offerta formativa, e non sacrificando il primato della lingua italiana.
In conclusione, data la pronuncia della Consulta, atteso che nella fattispecie de qua il Politecnico aveva disposto l’attivazione di interi corsi in lingua diversa dall’italiano, e non già singoli insegnamenti, i Giudici di Palazzo Spada hanno rigettato il ricorso del Politecnico di Milano avverso la pronuncia del TAR Lombardia che aveva precedentemente accolto i ricorso dei docenti.

 

[1]Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. n. 617 del 29 gennaio 2018

[2]Legge n. 240 del 30 dicembre 2010, recante “Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché  al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario“. La disposizione cui all’art. 2, comma 2, lett. l), prevede il “rafforzamento dell’internazionalizzazione anche attraverso una maggiore mobilità dei docenti e degli studenti, programmi integrati di studio, iniziative di cooperazione interuniversitaria per attività di studio e di ricerca e l’attivazione, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, di insegnamenti, di corsi di studio e di forme di selezione svolti in lingua straniera

Chiara Svampa

Chiara Svampa nasce a Napoli nel novembre del 1993. Dopo aver conseguito la maturità classica presso il liceo Umberto I di Napoli, si iscrive al Dipartimento di Giurisprudenza presso l'università Federico II di Napoli dove attualmente frequenta l'ultimo anno. Sin da subito animata da grande passione, con il progredire degli studi si interessa in particolar modo al Diritto Amministrativo. A conclusione del suo percorso universitario è infatti impegnata nella redazione della tesi in Diritto Amministrativo relativa alle nuove modalità di conclusione del procedimento amministrativo, seguita dalla Prof. Spagnuolo Vigorita.

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