mercoledì, Marzo 27, 2024
Uncategorized

Il Consiglio di Stato a proposito dei limiti al riconoscimento dell’indennizzo in favore delle “vittime del dovere”

indennizzo

 

I giudici del Consiglio di Stato, lo scorso primo dicembre, si sono pronunciati in ordine al riconoscimento dell’indennizzo in favore delle vittime del dovere[1].

La questione sorgeva nel febbraio 2011, allorquando un ex autista del Ministero della Giustizia – coinvolto e rimasto ferito nel 1982 in un agguato di stampo camorristico insieme con un Procuratore della Repubblica – chiedeva al Ministero degli Interni di riconoscergli i benefici a favore delle “Vittime del Dovere”, di cui alla legge n. 302 del 1990[2]. Il summenzionato Ministero provvedeva, invece, a rigettare l’istanza sul presupposto che alcuni parenti (cugini) della vittima avessero riportato condanne ai sensi dell’art. 416bis c.p. [3]

Il TAR Campania – Sezione Salerno adito dalla vittima, accoglieva il ricorso e procedeva ad annullare il provvedimento del Ministero il quale, in qualità di appellante, adiva il Consiglio di Stato.

I giudici di Palazzo Spada, lo scorso mese, hanno ritenuto illegittimo il diniego serbato dall’Amministrazione, spiegando come la normativa di cui alla legge 302 del 1990, avente ad oggetto l’indennizzo in favore delle vittime superstiti, vada tenuta distinta dalla disciplina di cui al D.L. 151 del 2008[4], invocata dal Ministero e relativa ai benefici da attribuirsi ai familiari dei superstiti.

Infatti, appare chiaro che al fine di accordare un indennizzo in favore di familiari delle vittime, si renda necessario procedere con delle stringenti valutazioni, tese ad escludere “anche il più lontano sospetto che i benefici economici possano ridondare in favore degli stessi ambienti criminali combattuti ed osteggiati, sino al punto di “forzare” il diritto di difesa attraverso una presunzione iure et de iure di vicinanza, associata al mero legame di parentela o affinità”, atteso che il familiare risulta danneggiato in via meramente riflessa.

Al contrario, in caso di vittima primaria, risulta sufficiente indagare l’estraneità del superstite rispetto ad ambienti criminosi, oltre che la mancanza di concorso nella commissione del fatto illecito lesivo, alla luce delle “lesioni che il soggetto ha subito in ragione del ruolo rivestito o del comportamento serbato in opposizione alla criminalità”.

Dunque, oltre a ribadirsi che, com’è noto, situazioni diverse possono – e devono- essere trattate in modo diverso, occorre precisare come la normativa del 2008 appaia, ictu oculi, caratterizzata da eccezionalità. Ne consegue l’applicabilità della stessa, nei soli limiti espressamente contemplati dal legislatore, lungi dal potersi dire suscettibile di applicazione analogica al caso de quo.

[1] CdS, sez. III, 1 dicembre 2017, n. 5641

[2] Legge 20 ottobre 1990, n. 320, recante “Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata”.

[3] Art. 416 c.p. rubricato “associazione per delinquere”.

[4] Decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, recante “Misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all’immigrazione clandestina”.

 

 

 

Chiara Svampa

Chiara Svampa nasce a Napoli nel novembre del 1993. Dopo aver conseguito la maturità classica presso il liceo Umberto I di Napoli, si iscrive al Dipartimento di Giurisprudenza presso l'università Federico II di Napoli dove attualmente frequenta l'ultimo anno. Sin da subito animata da grande passione, con il progredire degli studi si interessa in particolar modo al Diritto Amministrativo. A conclusione del suo percorso universitario è infatti impegnata nella redazione della tesi in Diritto Amministrativo relativa alle nuove modalità di conclusione del procedimento amministrativo, seguita dalla Prof. Spagnuolo Vigorita.

Lascia un commento