giovedì, Marzo 28, 2024
Criminal & Compliance

Il Doping: L. 376/2000

Il doping è un reato regolato a norma dell’art. 9 della legge 376/2000 il quale prevede tre distinte ipotesi criminose che si articolano in: A) il reato di chi procura, ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l’utilizzo di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, ricomprese nelle classi previste dall’art. 2, comma 1 della legge, che non siano giustificate da condizioni patologiche e siano idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti ovvero siano dirette a modificare i risultati dei controlli sull’uso di tali sostanze; B) il reato di chi adotta o si sottopone a pratiche mediche, ricomprese nelle classi previste dall’art.2, comma 1, non giustificate da condizioni psicofisiche e al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti; C) il reato di commercio di farmaci o di sostanze farmacologicamente o biologicamente attive, ricomprese nelle classi previste dall’art. 2, comma 1, in luoghi diversi dalla farmacie e altri parimenti autorizzati.

In quest’ultima fattispecie si delinea un reato proprio in quanto per la sua realizzazione, c’è necessità di avere una figura specifica che lo compia. La Terza Sezione della Suprema Corte di Cassazione ha ravvisato la ricettazione di sostanze dopanti, ex articolo 648 c.p., nella condotta di colui che, acquistando in modo illegale anabolizzanti, ha raggiunto il proprio scopo, quindi nel caso di specie una maggiore massa muscolare.

La giurisprudenza della Suprema Corte ha sottolineato in diverse sentenze che il commercio di cui al VII comma deve essere caratterizzato da un’attività continua alla base della quale vi sia una elementare struttura organizzativa.

Secondo la normativa in esame il doping “consiste nella somministrazione di sostanze farmacologiche ovvero pratiche mediche senza alcuna giustificazione legata a condizioni patologiche del soggetto finalizzate ad alterare le prestazioni agonistiche degli atleti”. Trattasi di un reato di pericolo, pertanto la sola condotta illecita integra un reato, a prescindere se da essa sia poi derivato l’effetto dopante.

Per la legge 376/200, la semplice assunzione non è sanzionabile a livello penale, a meno che non sia dimostrata la volontà di manipolare una competizione sportiva; ci si era chiesti però, a fronte dei numerosi casi di doping riscontrati, perché non infliggere come pena quella della squalifica a vita dell’atleta positivo al test antidoping. Ragionando più concretamente in primis lo sportivo cercherebbe di aggirare i controlli trovando escamotage più diversi senza quindi eliminare la somministrazione della sostanza, ma soprattutto si andrebbe contro il principio della proporzionalità della pena, dando la possibilità allo sportivo dopato di poter ricorrere alla Corte di Strasburgo per violazione dei diritti umani. Si è provato a raggirare il problema dando vita all’istituto dei “pentiti”, i quali potrebbero godere di benefici o sconti di pena qualora aiutino il sistema giudiziario a far luce e smascherare eventuali giri di doping, sono infatti previsti incentivi per chi segnala casi di doping: qualora l’atleta offra “collaborazione sostanziale” ammettendo l’uso del doping, portà aspirare ad una riduzione della pena, anche se la decisione finale spetta sempre alla Wada ed in casi eccezionali la squalifica può essere integralmente cancellata.

Sarebbe stato opportuno all’interno della normativa, definire la figura dell’ atleta cui ci si riferisce o specificare il significato della locuzione agonismo proprio per chiarire immediatamente che questa normativa non prevede come destinatari i frequentatori delle palestre o gli sportivi dilettanti per i quali si ritiene venga applicato il principio secondo il quale ciascuno è libero di tenere una condotta di vita comportante pericoli per se stesso finché la sua libertà non collide con quella altrui, ovviamente senza oltrepassare il miti previsti dall’art. 5 Cost.

Il problema centrale è stabilire se il fatto doloso (somministrazione di sostanze dopanti) abbia o meno l’efficienza o l’idoneità causale alla produzione del danno; l’imputazione di un evento dannoso richiede, ex art. 40 comma 1 c.p., che il reo abbia materialmente contribuito alla verificazione del risultato dannoso; in materia di doping però si tratta di stabilire se i danni alla salute verificatisi dopo l’assunzione di sostanze dopanti siano stati effettivamente causati dalle stesse. Per risolvere tale problematica, si è pensato di applicare la teoria della conditio sine qua non, dovrebbe dunque essere provato che i danni alla salute verificatisi dopo l’assunzione di dette sostanze siano stati causati dall’utilizzo delle medesime le quali se non fossero state assunte non avrebbero provato tale effetto dopante nell’atleta. Questa verifica è ancora in parte estremamente difficile. A questo riguardo rappresentano un’eccezione gli anabolizzanti e gli ormoni della crescita, poichéi pericoli derivanti dal loro uso sono effetti tipici di tali sostanze e possono quindi realizzarsi solo con una loro assunzione.

Volendo adottare un diverso modello di spiegazione causale, ci si puòchiedere se sia applicabile, in materia, la teoria della causalitàadeguata, secondo la quale l’azione è causa soltanto quando è tipicamente idonea a cagionare l’evento. Significa cioè richiedere una generale attitudine dell’azione a cagionare eventi del tipo di quello verificatosi in concreto. La premessa di fondo è che il nesso causale costituisce un presupposto indispensabile della responsabilità.

Quanto all’elemento psicologico, il reato di doping richiede, per la sua configurazione, il dolo specifico cioè è necessario che la condotta dell’agente debba essere rivolta ad ottenere l’alterazione del risultato sportivo o a mascherare, in sede di controllo, la pratica vietata.  Il dolo specifico quindi da mera componente interna alla colpevolezza, risulta momento qualificante la tipicità del fatto.

Per quanto concerne il regime sanzionatorio, il legislatore ha previsto per il delitto in esame la pena della reclusione da tre mesi a tre anni e la multa da 2.582,85 euro ad 5.164, 57 euro, inoltre ai sensi del III comma dell’articolo 9, è previsto un aumento di pena: se dal fatto derivi un danno alla salute; se il fatto è commesso nei confronti di un minorenne; se il fatto è commesso da un componente o da un dirigente del CONI ovvero di una federazione sportiva, di una società, di un’associazione, o di un ente riconosciuti dal CONI.

Di seguito i casi che hanno segnato la storia dello sport:

1) Nel 1991 il calciatore Diego Armando Maradona fu squalificato per due anni perché trovato positivo alla cocaina, recidivo poi, ai mondiali del 1994 la Fifa lo allontanò dalla competizione dopo un controllo che aveva evidenziato la sua positività all’efedrina.

2) Nel 1999, il ciclista Marco Pantani, fu escluso dal Giro d’Italia a causa di un valore di ematocrito nel sangue superiore alla soglia consentita. Pantani non fu mai squalificato per doping.

3) Dal 1998 al 2005, Lance Armstrong si vide annullare le vittorie in seguito a un’inchiesta condotta dall’United States Anti-Doping Agency (USADA), che accertò il sistematico uso di sostanze dopanti, in quel lasso di tempo, da parte del ciclista e della sua squadra.

4) Nel marzo 2016, la tennista Maria Sharapova è stata trovata positiva al meldonium ed inizialmente l’ITF l’ha squalificata fino al 26 gennaio 2018. La tennista però ricorrendo in appello e sostenendo di non aver assunto la sostanza in maniera intenzionale, ha visto ridurre la sua squalifica dai 24 mesi iniziali a 15 mesi.

5) Nel 2017 alle ultime olimpiadi invernali non sono mancati scandali al riguardo, nonostante si fossero annunciati controlli antidoping molto più serrati; infatti l’atleta Aleksandr Krushelnitckii dopo il bronzo del curling doppio, ha accettato la squalifica con riconsegna della medaglia; dopo di lui anche un’atleta del bob: Nadezha Sergeeva la quale prima dell’inizio dei giochi aveva sfoggiato la felpa “I don’t do doping”, è risultata positiva alla trimetazidina, lo stesso farmaco che ha fermato il cinese Sun Yang. Lui, dopo aver nascosto l’esito del test, è rimasto fermo tre mesi. Sergeeva, era anche tra i tanti russi pescati per meldonium all’inizio del 2016, graziata perché la sostanza era entrata da pochi giorni nell’elenco di quelle bandite.

Gli atleti sono considerati degli eroi agli occhi dei giovani e della società tutta; questi possono essere definiti quasi come portatori di sogni, intrisi di valori e tecniche idonee a conseguire successi agognati. Essendo tali, si fanno portatori di messaggi positivi e purtroppo, come in questi casi, di valori negativi che rendono il sogno di gloria una sordida banalità che non fa più da esempio per le giovani generazioni.

Valeria D'Alessio

Valeria D'Alessio è nata a Sorrento nel 1993. Sin da bambina, ha sognato di intraprendere la carriera forense e ha speso e spende tutt'oggi il suo tempo per coronare il suo sogno. Nel 2012 ha conseguito il diploma al liceo classico statale Publio Virgilio Marone di Meta di Sorrento. Quando non è intenta allo studio dedica il suo tempo ad attività sportive, al lavoro in un'agenzia di incoming tour francese e in viaggi alla scoperta del nostro pianeta. È molto appassionata alla diversità dei popoli, alle differenti culture e stili di vita che li caratterizzano e alla straordinaria bellezza dell'arte. Con il tempo ha imparato discretamente l'inglese e si dedica tutt'oggi allo studio del francese e dello spagnolo. Nel 2017 si è laureata alla facoltà di Giurisprudenza della Federico II di Napoli, e, per l'interesse dimostrato verso la materia del diritto penale, è stata tesista del professor Vincenzo Maiello. Si è occupeta nel corso dell'anno di elaborare una tesi in merito alle funzioni della pena in generale ed in particolar modo dell'escuzione penale differenziata con occhio critico rispetto alla materia dell'ergastolo ostativo. Nel giugno del 2019 si è specializzata presso la SSPL Guglielmo Marconi di Roma, dopo aver svolto la pratica forense - come praticante avvocato abilitato - presso due noti studi legali della penisola Sorrentina al fine di approfondire le sue conoscenze relative al diritto civile ed al diritto amministrativo, si è abilitata all'esercizio della professione Forense nell'Ottobre del 2020. Crede fortemente nel funzionamento della giustizia e nell'evoluzione positiva del diritto in ogni sua forma.

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