mercoledì, Marzo 27, 2024
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Il patto commissorio

commissorio

Il patto commissorio è il patto volto a fare acquisire al creditore la proprietà di un bene del debitore in caso di mancato pagamento di un credito.

Tale convenzione è vietata nel nostro ordinamento ed ogni intesa raggiunta in tal senso, sia con atto autonomo che accessorio, è affetta da nullità.

Il divieto è espressamente sancito dall’art. 2744 c.c. e dall’art. 1963 c.c..

La prima norma richiamata afferisce al divieto di trasferimento diretto della proprietà dei beni dati in garanzia (oggetto di pegno o ipoteca): “è nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche se posteriore alla costituzione dell’ipoteca o del pegno”. La seconda norma è dettata nella regolamentazione del contratto di anticresi[1] e sancisce, anche in tal caso, la nullità del patto con cui le parti stabiliscono l’acquisizione da parte del creditore anticretico della proprietà dell’immobile oggetto del contratto[2].

La ratio del predetto divieto si rinviene non solo nella doverosa tutela del soggetto debole – il debitore – da eventuali coercizioni da parte del creditore ad accettare condizioni svantaggiose caratterizzate da una possibile sproporzione tra il valore del bene e il credito richiesto, ma anche nella necessità di garantire la par condicio creditorum, in quanto si verrebbe a creare con il patto in parola un diritto di prelazione non previsto ex lege, con un conseguente pregiudizio degli altri eventuali creditori che vedrebbero sottrarsi ingiustificatamente un bene dal patrimonio del debitore insolvente.

-Fattispecie elusive del divieto di patto commissorio

Il divieto in parola è stato oggetto di applicazione ed interpretazione estensiva da parte di dottrina e giurisprudenza.

Pertanto, negli anni, ogni patto volto a fornire il vantaggio vietato dalla norma è stato ritenuto dai giudici di merito e di legittimità affetto da nullità in quanto caratterizzato da causa illecita[3]. Quindi, il divieto è stato ritenuto operante non solo relativamente ai trasferimenti di proprietà dei beni dati in garanzia -offerti in pegno o oggetto di ipoteca-, ma anche in tutte le fattispecie con cui i contraenti mirano ad ottenere lo stesso risultato, eludendo in tali caso il dettato normativo dell’art. 2744 c.c..

In particolare la Suprema Corte ha ripetutamente affermato che : “non è possibile in astratto identificare una categoria di negozi soggetti a tale nullità, occorrendo riconoscere che qualsiasi negozio può integrare tale violazione”; “più volte è stata rinvenuta la nullità, ex art. 1344 c.c., per frode alla legge, in quanto finalizzati alla violazione o elusione del divieto del patto commissorio, di atti negoziali di per se astrattamente leciti ovvero operazioni negoziali complesse che, pur in assenza formale di costituzione di una garanzia ipotecaria o pignoratizia, apparivano rispondenti alla finalità di attribuire al creditore la facoltà di acquisire la proprietà del bene in caso di mancato pagamento da parte del debitore, così costretto a sottostare alla volontà della controparte.”[4]

Il caso delle vendite con scopo di garanzia

In particolare è stato rilevato che anche i contratti traslativi possono costituire uno strumento elusivo del patto commissorio, sia quando la vendita sia soggetta a condizione sospensiva (l’inadempimento del debitore) sia quando si verifica il trasferimento immediato della proprietà ma lo stesso sia sottoposto a condizione risolutiva (il pagamento del debito).

Tutte le volte in cui, ad esempio, una vendita con patto di riscatto o di retrovendita sia effettuata al fine di garantire l’acquirente/creditore, la causa del contratto non è lo scambio bene/prezzo, ma la costituzione di garanzia per la restituzione del “prezzo/mutuo”. Al riguardo, con pronuncia n. 1075/2016, gli Ermellini hanno puntualizzato che “la vendita con patto di riscatto o retrovendita, anche quando sia previsto il trasferimento effettivo del bene, è nulla se stipulata per una causa di garanzia (piuttosto che per una causa di scambio), nell’ambito della quale il versamento del denaro, da parte del compratore, non costituisca pagamento del prezzo ma esecuzione di un mutuo, ed il trasferimento del bene serva solo per costituire una posizione di garanzia provvisorio capace di evolversi a seconda che il debitore adempia o meno l’obbligo di restituire le somme ricevute. La predetta vendita, infatti, in quanto caratterizzata dalla causa di garanzia propria del mutuo con patto commissorio, piuttosto che dalla causa di scambio propria della vendita, pur non integrando direttamente un patto commissorio vietato dall’art. 2744 c.c., costituisce un mezzo per eludere tale norma imperativa ed esprime perciò una causa illecita che rende applicabile all’intero contratto la sanzione dell’art. 1344 c.c.”.

La violazione del divieto, al contrario, non può ritenersi operante nel caso in cui il trasferimento sia fatto per soddisfare le pretese creditorie per un credito già esistente e rimasto insoluto; tale operazione rientra nelle possibili facoltà del debitore di consegnare un bene in luogo del pagamento attuando una datio in solutum, facoltà rimessa alla libera discrezionalità del debitore e dalla quale non sorge alcun preventivo diritto a ricevere in capo al creditore.

La legittimità del cd patto marciano

A differenza del patto commissorio, il patto marciano prevede sì che il creditore diventi proprietario del bene dato in garanzia a seguito del verificarsi dell’inadempimento, ma solo previa valutazione del bene da parte di un terzo; in caso di accertato valore superiore rispetto al credito, il creditore dovrà corrispondere al debitore l’eventuale eccedenza di valore restando in tal modo esclusa una perdita ingiusta a carico del debitore.

[1] Art. 1963 c.c.- Divieto del patto commissorio – è nullo qualunque patto, anche posteriore alla conclusione del contratto, con cui si conviene che la proprietà dell’immobile passi al creditore nel caso di mancato pagamento del debito.

[2] Con il contratto di anticresi il debitore si obbliga a consegnare al creditore un immobile a garanzia del credito, concedendogli di percepirne i frutti che dovranno essere imputati agli interessi e al capitale. (artt. 1960 e ss c.c.)

[3] Art. 1344 c.c. Contratto in frode alla legge- Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa.

[4] Cassazione Civile, Sez. II, Sentenza n. 5740/2011.

Avv. Paola Minopoli

Avvocato civilista specializzato in contrattualistica commerciale, real estate, diritto di famiglia e delle successioni, diritto fallimentare, contenzioso civile e procedure espropriative. Conseguita la laurea in Giurisprudenza, ha collaborato con la II cattedra di Storia del Diritto Italiano dell'ateneo federiciano, dedicandosi poi alla professione forense. Ha esercitato prima a Napoli e poi nel foro di Milano, fornendo assistenza e consulenza a società e primari gruppi assicurativi/bancari italiani. Attualmente è il responsabile dell’ufficio legale di un’azienda elvetica leader nella vendita di metalli preziosi, occupandosi della compliance, fornendo assistenza per la governance e garantendo supporto legale alle diverse aree aziendali. Email: paola.minopoli@iusinitinere.it

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