giovedì, Marzo 28, 2024
Criminal & Compliance

Il procedimento per decreto: presupposti e peculiarità

procedimento per decreto

Reato di contrabbando di tabacchi lavorati esteri: condanna al pagamento di una ammenda, reato di scarso allarme sociale. Che soluzioni offre la legge?

Ebbene, nel caso in cui debba applicarsi all’imputato la sola pena pecuniaria, nel caso di reati per i quali sia stata sporta la querela o di reati perseguibili d’ufficio, la legge ammette di adottare il provvedimento di condanna al termine dell’indagine preliminare, saltando la fase dell’udienza preliminare e del dibattimento.

Ci troviamo difronte ad una violazione del principio costituzionale del contraddittorio ex art. 111 Cost.?

In realtà una attuazione del contraddittorio, seppur differita ed eventuale, sussiste in quanto viene attribuita al condannato la facoltà di opporsi alla condanna, provocando la prosecuzione dell’attività processuale.

Il procedimento per decreto, disciplinato dagli articoli 459 c.p.p. e seguenti, si instaura tramite una richiesta del pubblico ministero rivolta al giudice delle indagini preliminari entro sei mesi dalla registrazione della notizia di reato, allegandovi anche il fascicolo contenente i risultati investigativi acquisiti.

Tale richiesta, vero e proprio atto di esercizio dell’azione penale, potrà essere rigettata dal giudice qualora risulti che l’imputato debba essere prosciolto con una delle formule previste dall’art. 129 c.p.p., oppure qualora sia giudicata inammissibile, comportando la conseguente restituzione degli atti al pubblico ministero.

Un caso di inammissibilità è quello in cui il giudice ritenga applicabile una misura di sicurezza personale che non può mai essere disposta tramite decreto penale.

In caso contrario, il giudice accoglie la richiesta ed emette decreto di condanna. La peculiarità del decreto sta nel fatto che questo è idoneo a divenire irrevocabile e a costituire titolo per eseguire la pena stabilita qualora la parte non si opponga entro quindici giorni dalla notifica.

Ebbene, solo a seguito dell’emissione del decreto, l’imputato viene a conoscenza del procedimento a suo carico, per cui il giudice inserisce nel decreto il fondamentale avviso, a pena di nullità, circa il diritto di opporsi, evidenziando le conseguenze che deriveranno dalla mancata opposizione.

Una volta scaduto il termine previsto per l’opposizione, il decreto diventerà definitivo e verrà equiparato ad una normale sentenza di condanna ai fini del giudicato e del giudizio di revisione.

Tuttavia vi sono delle peculiarità: innazitutto il decreto non produce effetti vincolanti nei giudizi civili ed amministrativi. In secondo luogo il reato oggetto del decreto va incontro all’estinzione se nei cinque anni successivi l’imputato non si rende artefice di un altro reato della stessa indole. Il carattere premiale del decreto di condanna è dato anche dal fatto che non comporta la condanna al pagamento delle spese processuali né l’applicazione di pene accessorie.

L’aspetto più interessante è sicuramente quello del rimedio della opposizione.

Due sono gli effetti prodotti dall’opposizione: la sospensione dell’esecuzione della condanna, in quanto atto di non accettazione della condanna ricevuta e la richiesta di accertamento del fatto in forme diverse da quelle del procedimento per decreto, in quanto atto di impugnazione della condanna inflitta.

Oggetto della opposizione è, pertanto, l’esame di tutti gli elementi in base ai quali il pubblico ministero prima, ed il giudice per le indagini preliminari dopo, hanno ritenuto provata la responsabilità penale del condannato, senza la necessità di indicare necessariamente i motivi della doglianza. Basta l’indicazione degli estremi del provvedimento, della data dello stesso e del giudice che ha emesso il decreto.

Il giudice competente sarà quello di primo grado, in quanto l’opposizione non produce alcun effetto evolutivo, non essendo propriamente un atto di impugnazione.

Il giudice non ha limiti nella sua valutazione, per cui, sciente il condannato, potrà anche procedere ad una condanna più grave rispetto a quella fissata nel decreto.

Con la richiesta di opposizione l’imputato viene reinserito nell’ordinaria situazione processuale conseguente all’esercizio dell’azione penale, per cui potrà optare per un altro rito speciale, quale il giudizio immediato, quello abbreviato, il patteggiamento o la sospensione con messa alla prova. Tale scelta dovrà risultare necessariamente dall’atto di opposizione, senza alcuna possibilità di farla valere nel corso del giudizio successivo alla opposizione stessa.

Quale sarà il compito del giudice?

In primo luogo quello di vagliare l’ammissibilità dell’atto di opposizione, il cui difetto comporterà la conseguente esecutività del decreto.

Superato tale ostacolo, nel giudizio conseguente all’opposizione, il decreto verrà revocato ed il dibattimento si svolgerà secondo le regole ordinarie.

Dunque la finalità sottesa a tale procedimento è sicuramente quella di garantire la deflazione processuale, dato il sovraccarico in cui versano i nostri uffici giudiziari.

Anche la riforma Orlando ha toccato marginalmente tale rito speciale, inserendo un nuovo comma 1 bis nell’art. 459 c.p.p. al fine di diminuire il numero delle opposizioni al decreto penale di condanna, «motivate soprattutto dalla gravosità della pena pecuniaria applicata in sostituzione della pena detentiva». Tale disposizione stabilisce che il giudice tenga conto della situazione economica complessiva dell’imputato e del suo nucleo familiare, garantendo la possibilità di un pagamento rateale.

Infine vale la pena citare la recente sentenza della Cassazione Penale n. 15272 del 2017 in cui la Suprema Corte ha statuito che è “abnorme il provvedimento con il quale il Gip, investito della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, disponga la restituzione degli atti al Pubblico Ministero, ritenendo sussistente la causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pena.”

Come accennato in precedenza e ribadito dalla Corte, il gip, che sia investito da una richiesta di emissione del decreto penale di condanna, può restituire gli atti al pubblico ministero soltanto in tre casi e, cioè, per questioni attinenti ai profili di legittimità del rito, di qualificazione giuridica del fatto, oppure, di idoneità e/o adeguatezza della pena da infliggere in concreto.

Al di fuori delle suddette tre ipotesi e sempre che non debba pronunciare una sentenza ai sensi dell’art. 129 c.p.p., il gip è obbligato ad emettere il decreto penale oggetto di richiesta.

Inoltre la Corte rivolge la sua attenzione alla fondamentale garanzia del contraddittorio, in quanto la mancanza, in tale ipotesi, di un previo contraddittorio impedirebbe all’imputato e alla eventuale persona offesa di esercitare il proprio diritto di interloquire in merito alla sussistenza dei requisiti applicativi dell’art. 131 bis c.p.

 

Claudia Ercolini

Claudia Ercolini, ha ventiquattro anni ed è laureata in giurisprudenza con il massimo dei voti. Il suo obiettivo è accedere alla magistratura, la considera la carriera più adatta alla sua personalità, al suo istinto costante di ricercare meticolosamente le ragioni alla base di ogni problema. Svolge il tirocinio presso la Procura generale della corte di appello. Ha partecipato al progetto Erasmus in Portogallo dove ha sostenuto gli esami in lingua portoghese e ha proceduto alla scrittura della tesi. Ha deciso di fare questa esperienza all’estero per arricchirsi e scoprire come viene affrontato lo studio del diritto al di fuori dell’Italia. Ha conseguito il livello B2 di lingua inglese presso il British Council e il livello A2 di lingua portoghese. La sua tesi di laurea è relativa ad una recente legge di procedura penale: il proscioglimento del dibattimento per tenuità del fatto. Con questa tesi ha coronato quello che rappresenta il suo sogno sin da bambina: si è iscritta, infatti, a giurisprudenza proprio per la sua passione per il diritto penale, per il suo forte carattere umanistico e perché da sempre si interroga sul connesso concetto di giustizia. E ‘ membro della associazione ELSA che le ha permesso di partecipare alla “moot competition” relativa al diritto internazionale. Ha già partecipato alla stesura di articoli di giornale relativi al diritto penale e alla procedura penale. Le è sempre piaciuto scrivere, anche semplici pensieri e riflessioni, conciliare dunque la scrittura con la materia che maggiormente la fa sentire viva, rappresenta per lei una grandissima soddisfazione. Chiunque la volesse contattare la sua mail è: claudia.ercolini@virgilio.it

Lascia un commento