giovedì, Aprile 25, 2024
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La sesta estinzione di massa: valorizzare le aree protette

Sono trascorsi 65 milioni di anni dall’ultima delle “big five”, le cinque estinzioni di massa che hanno caratterizzato la biodiversità della Terra, quella ricordata per la totale scomparsa dei dinosauri causata dall’impatto di un meteorite. Gli studiosi, oggi, parlano dell’inizio della sesta transizione biotica del nostro Pianeta. Gerardo Ceballos, ecologo dell’Università Nazionale Autonoma del Messico, ritiene che “lo sterminio biologico degli animali selvatici sia già in uno stadio avanzato.”

Ma quali sono le cause? L’ingente crescita demografica è il principale fattore incidente e generante una serie di concause. La sovrappopolazione, infatti, ha portato, negli ultimi cinquant’anni, ad uno sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, ad un inquinamento ed ad un’attività edilizia senza precedenti. Il territorio italiano, per cui, oggi si presenta estremamente antropizzato, e con zone naturali fortemente frammentate, ciò mina pericolosamente gli equilibri ecologici.  La gravità della situazione è certamente irreversibile ma, sebbene le colpe siano attribuibili esclusivamente all’attività umana, l’uomo è anche l’unico protagonista in grado di intervenire mutando il proprio comportamento ed adottando pratiche rispettose dell’ambiente. La linea d’azione da seguire ha un nome ed è la sostenibilità ecologica. Essa implica il mantenersi entro la capacità di carico dei sistemi ecologici, “regolando l’input di risorse naturali nel sistema economico e l’output di rifiuti” così mantenendo la produttività e la funzionalità degli stessi. Quindi rispettare i processi ecologici ed usufruire delle risorse in modo sostenibile.

Il punto dal quale partire per conservare la biodiversità e rigenerare le componenti ambientali è valorizzare le aree protette presenti sul territorio, aver cura delle zone particolarmente naturali, rispettare la legislazione nazionale e comunitaria in tal senso. “Siamo l’ultima generazione ancora in tempo e in grado di salvare le estensioni naturali necessarie a garantire la funzionalità dei sistemi ecologici che consentono la vita sulla Terra. Le aree protette costituiscono lo strumento più efficace per applicare in concreto lo sviluppo sostenibile, basato su un uso razionale delle risorse naturali che rispetti gli equilibri ecologici del Pianeta.”

Le aree naturali protette, anche dette oasi o parchi naturali, sono “porzioni di territorio che la legge tutela per il loro particolare interesse naturalistico, ambientale o storico-culturale. Aree che contengono ecosistemi prevalentemente o largamente intatti, ambienti e paesaggi di rilievo tale da richiedere un intervento istituzionale per garantirne la conservazione alle future generazioni.”  Tali aree sono il punto di forza per la conservazione della biodiversità, di cui ormai diverse specie sono a rischio di estinzione.

Il quadro legislativo delle aree protette si fonda su due pilastri: nazionale e comunitario.

  • A livello nazionale la disciplina di riferimento è la legge quadro per le Aree Protette (394/91)
  • A livello comunitario le Direttive “Habitat” (92/43/CEE) e “Uccelli” (79/409/CEE) hanno istituito una rete europea di aree protette “Natura 2000” composta da SIC (siti d’interesse comunitario) e ZPS (zone di protezione speciale).

La legge nazionale 394/91, emanata a seguito delle forti pressioni dei movimenti ambientalisti, ha come obiettivo generale la conservazione della biodiversità e la salvaguardia dei sistemi ecologici. Tale normativa rappresenta un quadro di riferimento non soltanto legislativo ma anche programmatico per le connessioni con le politiche di sviluppo sostenibile. Finalità fondamentale delle Aree naturali è la tutela della flora, della fauna, del paesaggio e delle formazioni geologiche di raro pregio e in pericolo di estinzione. La legge è diretta a realizzare, nei momenti decisionali più delicati e più rilevanti che riguardano l’istituzione e la gestione dei Parchi Nazionali, il principio di “leale collaborazione” o “leale cooperazione” fra Stato, regioni ed enti locali. Sono individuate per l’Italia diverse tipologie di Aree Protette alle quali corrispondono differenti criteri di gestione e tutela:

  • Parchi Nazionali: “costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono uno o più ecosistemi intatti o anche parzialmente alterati da interventi antropici, una o più formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, biologiche, di rilievo internazionale o nazionale per valori naturalistici, scientifici, estetici, culturali, educativi e ricreativi tali da richiedere l’intervento dello Stato ai fini della loro conservazione per le generazioni presenti e future.”
  • Parchi naturali regionali ed interregionali: “costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali ed eventualmente da tratti di mare prospicienti la costa, di valore naturalistico e ambientale, che costituiscono, nell’ambito di una o più regioni limitrofe, un sistema omogeneo, individuato dagli assetti naturalistici dei luoghi, dai valori paesaggistici e artistici e dalle tradizioni culturali delle popolazioni locali.”
  • Riserve naturali: “costituite da aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per la diversità biologica o per la conservazione delle risorse genetiche. Le riserve naturali possono essere statali o regionali in base alla rilevanza degli elementi naturalistici in esse rappresentati.”
  • Zone umide di interesse internazionale: “costituite da aree acquitrinose, paludi, torbiere oppure zone naturali o artificiali d’acqua, permanenti o transitorie comprese zone di acqua marina la cui profondità, quando c’è bassa marea, non superi i sei metri che, per le loro caratteristiche, possono essere considerate di importanza internazionale ai sensi della convenzione di Ramsar.”
  • Altre aree naturali protette: “aree (oasi delle associazioni ambientaliste, parchi suburbani, ecc.) che non rientrano nelle precedenti classi. Si dividono in aree di gestione pubblica, istituite cioè con leggi regionali o provvedimenti equivalenti, e aree a gestione privata, istituite con provvedimenti formali pubblici o con atti contrattuali quali concessioni o forme equivalenti.”
  • Aree di reperimento terrestri e marine: “indicate dalle leggi 394/91 e 979/82, che costituiscono aree la cui conservazione attraverso l’istituzione di aree protette è considerata prioritaria.”

Nei Paesi dell’Unione Europea lo strumento fondamentale per la conservazione della natura è costituito dalle Direttive “Habitat” (92/43/CEE) e “Uccelli” (79/409/CEE).

L’istituzione della Rete Natura 2000 ha permesso di pianificare un sistema interconnesso di aree ad elevata valenza naturalistica, rendendo omogena la gestione del territorio naturale all’interno della Comunità Europea. La Direttiva Habitat definisce un quadro comune per la conservazione di piante, animali ed habitat di interesse comunitario maggiormente in pericolo. La Direttiva Uccelli, invece, individua azioni atte alla conservazione e salvaguardia di 181 specie di uccelli diversi. Entrambe le Direttive prevedono l’istituzione di ZPS e SIC. Mentre le ZPS vengono designate con una comunicazione ufficiale dello Stato membro ed entrano a far parte a pieno titolo della Rete Natura 2000 a partire da tale atto, i SIC vengono prima proposti dagli Stati membri e, al termine di un processo di verifica e validazione dei dati e della coerenza della rete, designati come Zone Speciali di Conservazione (ZSC).

Ad oggi, in Italia, le Aree Protette ricoprono una superficie pari al 10% del territorio nazionale mentre i siti Natura 2000 il 14,6 %.

Se le prime sono state istituite per ragioni di tipo culturale e socio-economico, l’identificazione delle seconde presuppone la presenza di una singola specie o habitat e nascono da un progetto comunitario. I due sistemi sono solo in parte sovrapposti, in quanto le aree non sempre coincidono, per cui la porzione di territorio nazionale destinato alla tutela della biodiversità è del 19 %.

Non bisogna trascurare, per il successo di un’area protetta, la pianificazione ambientale partecipata per una efficiente gestione del territorio. Per la protezione di siti naturali, inoltre, sarebbe necessario difendere e riqualificare in primis le zone circostanti e più in generale l’intero territorio nazionale, adottando condotte orientate alla sostenibilità e al rispetto delle normative ambientali vigenti. E’ fondamentale la pianificazione ambientale partecipata per una efficiente gestione del territorio.

Chiara Molinario

Nasce ad Ariano Irpino (Av) il 15/05/1994. Nel 2012 consegue la maturità classica e si iscrive all'Università degli Studi del Sannio. Frequentante il quinto anno e prossima alla laurea, scrive la tesi con la Professoressa Antonella Tartaglia Polcini, in materia di Mediazione Ambientale, dopo aver frequentato un corso innovativo sulla Negoziazione e lo Sviluppo Sostenibile. Ha partecipato ad un concorso nazionale di idee, bandito dalla Fondazione Italiana Accenture, "Youth in Action for Sustainable Development Goals", in cui è arrivata in finale. E' socia di ELSA (European Law Student's Association) di cui è Responsabile dell'Area Seminari e Conferenze nel board beneventano. Ha organizzato un'importante Conferenza sul tema dell'Ambiente ed Infrastrutture a cui ha partecipato il Sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Molto attiva nel sociale, è Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti di "Panacea", e Consigliera di amministrazione della Cooperativa "Magnolia". Ama i viaggi, la lettura, la salute e lo sport.

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