venerdì, Aprile 19, 2024
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La stretta connessione tra degrado ambientale e conflitti armati

Esiste da sempre un legame indissolubile tra la violenza armata e gli oltraggi alle persone e alla loro dignità, ma la guerra è strettamente connessa anche con il degrado ambientale.

Una ricerca pubblicata nel Luglio del 2016 dal giornale Proceedings of the National Academy of Sciences ha sottolineato come i rischi legati ai conflitti armati sono rafforzati da disastri legati al clima. I ricercatori ipotizzano che il verificarsi di catastrofi legate al clima accresca il rischio di conflitti armati nei paesi “etnicamente frazionati”. Sebbene ogni conflitto sia il risultato di una combinazione specifica di fattori interconnessi, l’etnia sembra svolgere un ruolo considerevole in molti di essi. Questo stato generale di cose è probabilmente intensificato dai cambiamenti climatici antropogenici, e in particolare dai disastri naturali legati al mutamento climatico.

A livello globale vi è un tasso di coincidenza del 9% tra lo scoppio di conflitti armati e il verificarsi di catastrofi naturali come la siccità e le ondate di calore. Sebbene non vi sono prove dirette che i disastri legati al clima fungano da fattori scatenanti diretti dei conflitti armati, la natura di questi eventi ha importanti implicazioni per le future politiche sulla sicurezza. Infatti l’aumento del livello dei mari, la siccità, l’assenza di biodiversità, influiscono prepotentemente in materia di sicurezza nazionale.

Anche Legambiente al G7 tenutosi a Taormina ha affermato che guerre, povertà, riscaldamento globale viaggiano sullo stesso binario e la lotta per contrastare i cambiamenti climatici rappresenta una premessa indispensabile per marginalizzare le cause di conflitti, ridurre la povertà e i flussi migratori.

Il Papa in occasione della Conferenza Internazionale di Diritto Internazionale umanitario ha affermato che «L’aspirazione più degna dell’uomo è l’abolizione della guerra». Oltre alla denuncia delle torture e delle violenze subite dalle vittime civili nei conflitti, il Pontefice cita il susseguirsi di notizie di antiche città  con i loro millenari tesori culturali, ridotte a cumuli di macerie, di ospedali e scuole fatti oggetti di attacchi deliberati e distruttivi, privando così intere generazioni del loro diritto alla vita, alla salute e all’educazione.

Il Primo e il Secondo Protocollo addizionale alle Convezioni di Ginevra del 1949, relativi alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali e non internazionali, hanno inteso sottolineare che nel corso dei conflitti deve essere rivolto un particolare interesse alla protezione dell’ambiente naturale da danni a lungo termine su vasta scala. Questa protezione include il divieto di usare metodi o strumenti di guerra che siano rivolti direttamente o potrebbero essere in grado di causare questo tipo di danni in modo da pregiudicare la salute o la sopravvivenza della popolazione (art. 55 Additional Protocol I).

Si è sottolineato che i principi umanitari consacrati nell’art. 3, comune alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, costituiscono il fondamento del rispetto della persona umana nel caso di conflitto armato. Inoltre hanno ricordato che gli strumenti internazionali relativi ai diritti dell’uomo offrono alla persona umana una protezione fondamentale, sottolineando la necessità di assicurare una migliore protezione alle vittime dei conflitti armati in questione.

L’art 16 del Secondo Protocollo addizionale, afferma: “Senza pregiudizio delle disposizioni della Convenzione dell’Aia del 14 maggio 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, è vietato compiere atti di ostilità diretti contro i monumenti storici, le opere d’arte o i luoghi di culto che costituiscono il patrimonio culturale o spirituale dei popoli, e di utilizzarli in appoggio allo sforzo militare”.

A ben vedere, il contesto sociale dei diritti umani è stranamente in contraddizione con la realtà della vita umana. Noi non siamo minacciati soltanto da forze distruttive per l’individuo e per la società, ma anche da forze distruttive per l’ambiente. Infatti, la società moderna sembra più minacciata dallo sviluppo insostenibile che dagli attacchi diretti alla libertà individuale. Evidentemente, i diritti umani e l’ambiente sono strettamente concatenati.” (Klaus Bosselmann)

Amalia Scaperrotta

Nasce ad Ariano Irpino (AV) il 14/12/1993. Consegue la maturità scientifica ed é attualmente iscritta al quinto anno di Giurisprudenza presso l'Università degli studi del Sannio. Prossima alla laurea intende sviluppare una tesi in Negoziazione e Sviluppo Sostenibile. Da sempre sensibile ai problemi ambientali e ai temi sociali, è un energy broker presso un'azienda che si occupa di energie rinnovabili impegnata anche nel sociale. Ha partecipato al Concorso indetto dalla Fondazione Italiana Accenture, sullo Sviluppo Sostenibile, "Youth in Action for Sustainable Development Goals", in cui è arrivata in finale. È socia di Elsa ( The European Law Student's Assocation ). Nelle sue esperienze universitarie ha partecipato ad un progetto di ricerca, nell'ambito del Diritto Commerciale dal titolo "La liceità del marchio".

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