giovedì, Marzo 28, 2024
Labourdì

Lavoro domestico – la disciplina normativa

Una forma certamente peculiare di rapporto di lavoro e che negli ultimi tempi si sta rapidamente diffondendo, è quello di natura domestica.

Chi è il lavoratore domestico?

Ai sensi dell’articolo 1 della L. n°339/1958, per prestatore di lavoro domestico si intende colui che presta la sua opera, in modo continuativo, per le necessità ed il funzionamento della vita familiare del datore di lavoro, svolgendo mansioni di carattere sia generico che specifico.

Cominciamo con l’analisi del prestatore di lavoro domestico.
Il contratto nazionale di lavoro individua 4 distinte categorie per l’inquadramento dei lavoratori domestici.
Ad un livello più alto sono collocati i collaboratori che, essendo titolari di specifiche competenze professionali, ricoprono posizioni connotate per un alto grado di responsabilità, nonché di autonomia.
Rientrano in tali categorie, ad esempio, l’amministratore di beni di famiglia e l’assistente a persone non autosufficienti.
Alla categoria del livello successiva appartengono i collaboratori familiari che sono in possesso di conoscenze specifiche di base e che, relativamente ai compiti loro assegnati, possono agire con una certa autonomia.
E’individuabile, poi, una terza categoria alla quale appartengono i prestatori di lavoro dotati di necessaria esperienza, i quali svolgono le proprie mansioni a livello esecutivo.
Infine, vi è un’ultima categoria della quale fanno parte quei collaboratori che, sprovvisti di esperienza professionale o con poca esperienza, svolgono le proprie mansioni sotto diretto controllo del datore di lavoro.

La prestazione lavorativa dei domestici è riconducibile al rapporto di lavoro subordinato.
Ciò vuol dire, quindi, che è necessaria la preventiva stipulazione di un contratto di lavoro subordinato.
Il datore deve rilasciare al prestatore domestico una lettera di assunzione, al fine di coordinare una serie di questioni relative al rapporto di lavoro tra cui:
– la data di inizio del rapporto stesso
– l’eventuale durata del periodo di prova
– la categoria di inquadramento
– la retribuzione pattuita
– la convivenza o meno con il datore di lavoro
– gli orari della prestazione
– i giorni di riposo settimanale
Chiaramente la denuncia di inizio del rapporto di lavoro fa scattare tutte le tutele previste dalla legge a favore del lavoratore, per cui il datore è tenuto a versare i contributi dovuti per legge.

Il lavoro domestico può essere svolto secondo modalità diverse.
Può essere svolto a “servizio intero”, ove il lavoratore abiti presso il proprio datore e usufruisca del vitto e dell’alloggio;
può essere svolto a “mezzo servizio”, se prestato presso la stessa famiglia per almeno 4 ore al giorno e per 24 ore settimanali totali;
infine, può essere organizzato ad ore, se presta la propria attività solo per alcuni giorni a settimana.

La prestazione deve essere prestata all’interno della famiglia, deve essere continuativa e prevalente.
In particolare rispetto a tale ultima caratteristica è richiesto che la prestazione lavorativa sia svolta per un minimo di 4 ore nell’arco di una giornata.

Un’ipotesi peculiare è costituita dal lavoro domestico svolto dal coniuge.
Si ritiene, infatti, che il coniuge è escluso dall’obbligo contributivo, in quanto le prestazioni di lavoro seguite dallo stesso si presumono gratuite e rientrante tra i doveri del coniuge ai sensi di quanto prevede l’articolo 143 c.c.
Tale argomento trova conferma, pur desumendolo a contrario, in una pronuncia recente della Suprema Corte.
Secondo tale dictum, la sussistenza di un legame affettivo estraneo al nucleo famigliare, e dunque estraneo al vincolo di coniugio, non rende operante la presunzione di gratuità del lavoro svolto.

Rispetto all’altra parte di tale rapporto, il datore, esso può essere rappresentato da una singola persona o da un gruppo familiare che decide di assumere personale al fine di predisporlo a svolgere mansioni per il funzionamento della vita familiare.
Inoltre, può considerarsi datore anche una comunità stabile, come accade per esempio nel caso di comunità religiose o militari o nelle comunità senza fine di lucro, come ad esempio gli orfanotrofi o i ricoveri per gli anziani.
Una giurisprudenza di merito ha al riguardo osservato che, al fine di individuare chi sia il datore di lavoro, deve essere applicato il criterio dell’effettività del rapporto, in luogo di quello dell’apparenza. Il soggetto ricopre la posizione datore ogniqualvolta esercita un potere organizzativo, direttivo e di controllo cui corrisponde la soggezione del lavoratore.

 

Riferimenti Normativi:

  • Legge. n° 339/1958, (“Per la tutela del rapporto di lavoro domestico”).

Riferimenti Giurisprudenziali:

  • Corte di Cassazione, 16 giugno 2015, n°.12433.
  • Corte di Cassazione, 5 marzo 2012 n°.3218.

 

 

 

 

 

 

Dott.ssa Marilù Minadeo

Nata a Napoli, il 26/07/1991. Nel marzo del 2016 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l' Università Federico II di Napoli. Ha intrapreso il percorso di preparazione al concorso in magistratura, frequentando un corso di formazione privato presso un magistrato. Inoltre, sta perfezionando la formazione presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni legali di Napoli ed è praticante avvocato.

Lascia un commento