mercoledì, Aprile 24, 2024
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Lavoro e paternità: quali sono i diritti riconosciuti ai lavoratori?

La materia lavoristica dedica una disciplina particolarmente attenta e garantista alla tutela della madre lavoratrice, sia durante la fase della gravidanza, sia durante il post partum.

L’ attenzione riservata a tale aspetto è certamente giustificata dal fatto che si tratta di fasi delicate ed importanti nella vita di una donna.
(Tale tematica è stata già trattata in un precedente articolo, qui il link di rimando)

Non deve tuttavia essere sottovalutato l’impatto che tali eventi hanno parimenti rispetto alla figura paterna, in quanto figura altrettanto fondamentale nella complessa gestione delle responsabilità familiari e genitoriali in primis, ma anche lavorative, connesse alla nascita di un bambino.
Per tale motivo, specie negli ultimi anni, si è registrata una sensibilizzazione maggiore rivolta a coinvolgere e tutelare anche il padre lavoratore.
Ne sono testimonianza le numerose modifiche succedutesi in tale materia, di seguito analizzate, a cominciare dalla Legge Fornero del 2012, passando per la Legge di stabilità del 2016, sino alle ultime novità introdotte, sempre con Legge di stabilità, nel 2017.

Per capire come attualmente la legge italiana regolamenta la paternità occorre primariamente fare riferimento al T.U in materia, ossia al d.lgs n° 151/2001.
Resta fermo, infatti, quanto previsto dall’articolo 28 della norma in questione: laddove la madre lavoratrice versi in gravi condizioni di salute, sia affetta da una grave infermità o, peggio, in caso di morte, il tradizionale congedo riconosciutole (congedo dal lavoro nei due mesi precedenti la data presunta del parto e nei tre mesi successivi al parto, attribuendo alla stessa il diritto a ricevere l’80% della retribuzione) è attribuito al padre, con lo stesso contenuto.

Al di fuori di queste ipotesi certamente peculiari, la cosiddetta Legge Fornero (l. 92/2012) ha statuito, in termini di regola generale, una disciplina da applicare originariamente in via sperimentale al biennio 2013-2015, prevedendo di riconoscere al padre lavoratore un congedo obbligatorio di un giorno ed un congedo facoltativo di due giorni, alternativo al congedo della madre, di cui fruire entro il quinto mese di vita del figlio.
Tale disciplina si applica al padre lavoratore dipendente, anche adottivo o affidatario.

La Legge di stabilità del 2016 ha prorogato tale previsione anche per l’anno del 2016, aumentando il periodo di congedo obbligatorio da uno a due giorni, i quali possono essere sfruttati anche in via non continuativa per gli eventi di parto, adozione, affidamento e contemporaneamente rispetto al congedo di maternità di cui stia fruendo la madre.

La legge di stabilità del 2017 ha previsto l’estensione del congedo parentale per i padri lavoratori, cosi formulato dalla legge del 2016, prorogandolo ancora per un anno.

La suddetta disciplina si applica a tutti i lavoratori dipendenti, sia da amministrazioni pubbliche, sia da datori di lavoro privati, nonché ai lavoratori parasubordinati, a coloro con contratto di apprendistato e ai soci di società cooperative.

Per poter godere del congedo di paternità, il soggetto in parola dovrà comunicare al proprio datore di lavoro, con una comunicazione in forma scritta e con un preavviso minimo di 15 giorni, quali sono i giorni di cui intende usufruire.
Ai padri lavoratori cui si applica tale disciplina spetta la corresponsione del 100% della retribuzione, sia in ipotesi di congedo obbligatorio che nel caso di congedo facoltativo.
L’indennità è a carico dell’INPS e può essere corrisposta direttamente dall’INPS, oppure può essere anticipata dal datore.

La legge prevede ancora un altro tipo di congedo, questo di natura facoltativa, chiamato congedo parentale, anch’esso contemplato dal T.U. di cui sopra.
Trattasi di un diritto riconosciuto ad entrambi i genitori lavoratori e consiste in un periodo di congedo, come detto facoltativo, fruibile da parte dei genitori in modo continuativo e frazionabile.
Al padre spettano 6 mesi di congedo, fruibili entro il dodicesimo anno di età del figlio.

La su descritta disciplina è quella che, ad oggi, regolamenta la fase post parto, dal punto di vista paterno.
Emerge chiaramente l’intenzione del legislatore di voler assicurare una maggiore presenza del padre durante tali fasi, attribuendogli maggiori e più pregnanti diritti, allo scopo di armonizzare tale disciplina relativa alla paternità con quella atta a regolare la maternità, in un’ottica tesa certamente ad una maggiore compartecipazione della figura paterna alla vita familiare, ma pure propositiva di una attuabile conciliazione tra lavoro e paternità.

Dott.ssa Marilù Minadeo

Nata a Napoli, il 26/07/1991. Nel marzo del 2016 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l' Università Federico II di Napoli. Ha intrapreso il percorso di preparazione al concorso in magistratura, frequentando un corso di formazione privato presso un magistrato. Inoltre, sta perfezionando la formazione presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni legali di Napoli ed è praticante avvocato.

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