martedì, Aprile 23, 2024
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Ripartizione delle spese in condominio – il caso particolare caso dei balconi

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La suddivisione delle spese in condominio avviene in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascun condomino, in base pertanto ai cosiddetti millesimi di proprietà. Secondo la regola generale dettata dal primo comma dell’art. 1123 c.c. tale ripartizione è operativa relativamente alle spese da sostenere o sostenute per le opere di conservazione e per le attività di godimento delle parti comuni, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune (illuminazione, pulizia, portierato etc) e per le innovazioni deliberate a maggioranza, salvo che non vi sia una diversa convenzione.[1]

Alcune problematiche possono sorgere relativamente all’individuazione delle parti di proprietà comune. La norma di riferimento è quella dell’art. 1117 c.c. che fornisce un elenco delle porzioni dell’edificio da ritenersi comuni e relativamente alle quali la spesa di riparazione o manutenzione ricade su tutti i condomini. L’elenco della norma in parola però non deve considerarsi tassativo, potendo essere alternativamente inclusi od esclusi altri svariati elementi, oppure essere regolamentato in modo specifico e diverso da apposito regolamento di condominio.

Ciò considerato, sono svariati i contenziosi aventi ad oggetto una presunta indebita attribuzione di spese relative alla manutenzione/riparazione di porzioni che, in via generale, non sono ritenute annoverabili tra le parti comuni.

Elementi spesso oggetto di controversie sono i balconi.

I balconi, in particolare quelli aggettanti, non avendo una funzione di sostegno o copertura, sono ordinariamente considerati elementi accidentali e non portanti della struttura del fabbricato, un mero prolungamento delle unità immobiliari cui afferiscono; per tali caratteristiche non rientrano nelle parti comuni dell’edificio e, in linea di massima, gli interventi manutentivi che interessino la struttura portante degli stessi, si ritengono a carico dei singoli proprietari degli appartamenti corrispondenti, soggetti che sono altresì considerati responsabili esclusivi dei danni eventualmente prodotti da tali elementi (distacco di intonaco o muratura).

Ma occorre rilevare che tale impostazione vale in linea di principio, in quanto si è diffuso ed affermato l’orientamento giurisprudenziale in base al quale, sussistendo determinate caratteristiche, anche i balconi, o determinati elementi degli stessi, devono considerarsi inclusi nel novero delle parti comuni.

Svariate pronunce al riguardo, infatti, pur partendo dalla necessaria puntualizzazione che i balconi non sono strutturalmente necessari all’esistenza del fabbricato e nemmeno destinati all’uso o al servizio dello stesso, hanno statuito ad esempio che il “rivestimento del parapetto e della soletta possono essere beni comuni se svolgono una prevalente funzione estetica per l’edificio, divenendo elementi decorativi ed ornamentali essenziali della facciata[2].

Presupposto necessario affinché un balcone, o meglio i suoi elementi costitutivi (frontalini, rivestimento della soletta, balaustre), possa considerarsi comune è che lo stesso assolva una funzione estetica decorativa della facciata dell’edificio. E proprio la facciata è stata, con la novella del 2012[3], inserita espressamente nell’elenco del soprarichiamato art. 1117 c.c..

Pertanto, secondo gli Ermellini, tutti gli elementi che in qualche modo contribuiscano alla tenuta del particolare decoro architettonico dell’intero edificio, sono da considerarsi come parti comuni, con la conseguenza che la spesa per la relativa riparazione può legittimamente ricadere su tutti i condomini, in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno.

In tale solco, con sentenza n. 21641/2017[4], la Suprema Corte ha ribadito “che gli elementi esterni, quali i rivestimenti della parte frontale e di quella inferiore, e quelli decorativi di fioriere, balconi e parapetti di un condominio, svolgendo funzione di tipo estetico rispetto all’intero edificio, del quale accrescono il decoro architettonico, costituiscono, come tali parti comuni, ai sensi dell’art. 1117 c.c., comma 3”.

Tale impostazione è stata confermata di recente[5] in una causa introdotta da una condomina che lamentava la erronea attribuzione delle spese a suo carico per il rifacimento dei balconi dello stabile, nonostante altresì l’espressa previsione del regolamento di condominio che poneva le predette spese a carico dei singoli proprietari.

Ha osservato la Corte che il giudice di merito aveva, con ragionamento insindacabile in sede di legittimità, individuato che la particolare forma dei balconi li rendesse parte caratteristica della facciata dell’edificio e concorrenti “a costituire il decoro architettonico dell’immobile”. A riguardo, i giudici di legittimità hanno, ancora una volta, sottolineato che non è possibile individuare una soluzione aprioristica sulla natura comune dei balconi o delle parti costituenti gli stessi, essendo al contrario necessaria una valutazione concreta caso per caso. È stata pertanto ritenuta corretta la valutazione, nel caso specifico, della particolare conformazione dei predetti elementi rilevato che “la forma geometrica e la simmetrica disposizione delle proiezioni esterne delle balconate, cui accedono le balaustre e le solette, conferiscono alla facciata del fabbricato una particolare connotazione che si traduce in una peculiare conformazione del decoro architettonico”.

Pertanto è stata confermata la legittimità della ripartizione operata dall’assemblea con partecipazione alla spesa di tutti i condomini su base millesimale, ritenendo che la particolare convenzione regolamentare richiamata dalla ricorrente non potesse essere applicata al caso di specie in quanto ritenuta operante solo per le parti dei balconi che non assolvano una funzione ornamentale.

[1] Diversa convenzione che può essere indicata espressamente nel regolamento di condominio di natura contrattuale o da apposita delibera assembleare.

[2] Cassazione Civile sentenza 637/2000

[3] Legge 220/2012

[4] Cassazione Civile, II Sez., sentenza n. 21641/2017

[5] Cassazione Civile, II Sez., sentenza 5014/2018

Avv. Paola Minopoli

Avvocato civilista specializzato in contrattualistica commerciale, real estate, diritto di famiglia e delle successioni, diritto fallimentare, contenzioso civile e procedure espropriative. Conseguita la laurea in Giurisprudenza, ha collaborato con la II cattedra di Storia del Diritto Italiano dell'ateneo federiciano, dedicandosi poi alla professione forense. Ha esercitato prima a Napoli e poi nel foro di Milano, fornendo assistenza e consulenza a società e primari gruppi assicurativi/bancari italiani. Attualmente è il responsabile dell’ufficio legale di un’azienda elvetica leader nella vendita di metalli preziosi, occupandosi della compliance, fornendo assistenza per la governance e garantendo supporto legale alle diverse aree aziendali. Email: paola.minopoli@iusinitinere.it

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