giovedì, Aprile 18, 2024
Criminal & Compliance

Stupefacenti: quando opera l’ipotesi di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto?

Gli stupefacenti sono sostanze chimiche, capaci di alterare lo status mentale del soggetto che le utilizza e possono causare dipendenza e assuefazione. Il D.P.R. del 9 ottobre 1990 n. 309 regola la disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza. L’articolo 73 del testo unico prevede che chiunque, senza l’autorizzazione  contenuta all’articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000. Con le medesime pene di cui al comma 1, è  punito chiunque, senza l’autorizzazione, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene tali sostanze. La norma contiene ulteriori sfumature e precisazioni per la produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope.[1]

 Quali sono le circostanze che permettono di configurare una condotta come lecita o illecita?

Innanzitutto rileva il peso lordo delle sostanze stupefacenti, il confezionamento frazionato e si pone attenzione anche sulle modalità di presentazione e altre circostanze che non sono ben chiarite dalla norma. L’analisi è effettuata in base all’involucro o dalla presenza insieme agli stupefacenti, di strumenti per il taglio e la pesatura, per valutare se l’utilizzo è personale o ai  fini dello spaccio. Significativa è anche la situazione economica del soggetto agente, poiché favorevoli condizioni economiche permettono di effettuare un acquisto più o meno modico di stupefacenti.

Quando opera l’ipotesi di esclusione della punibilità  per la particolare tenuità del fatto in materia di stupefacenti?

Prima di analizzare il quesito, occorre tener presente che il codice penale disciplina la tenuità del fatto all’ art. 131 bis; nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale. Dalla lettura dell’articolo si evince, che l’offesa non rientra nei casi di particolare tenuità se l’agente ha posto in essere, una condotta per motivi abietti, futili ovvero caratterizzata da crudeltà anche nei confronti degli animali o abbia seviziato la persona offesa ovvero si sia approfittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche considerando l’età o nel caso in cui la condotta ha cagionato, senza che sia stato voluto, morte o lesioni gravissime alle persone. Il comportamento abituale sussiste quando il soggetto è dichiarato delinquente abituale, professionale, per tendenza, o nel caso ha commesso più reati della medesima indole, nonché laddove si tratta di reati con condotte plurime, abituali e reiterate.

Con una recente sentenza del 24 luglio del 2017 la terza sezione della Corte di Cassazione ha stabilito l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. anche per la disciplina degli stupefacenti, sostenendo che le continue denunce in materia di stupefacenti, non compromettono l’operatività della tenuità del fatto.[1]

Il caso di specie ha ad oggetto una  sentenza dell’11 giugno 2015 della Corte di Appello di Torino, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Torino, con la quale  un soggetto era stato condannato alla pena di mesi due di reclusione ed Euro 600,00 di multa per il reato previsto dal D.P.R. n. 309, articolo 73, comma 5. Avverso la predetta decisione, l’imputato, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione. Il ricorrente ha lamentato la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., laddove la Corte territoriale aveva disatteso la richiesta in proposito formulata, assumendo l’esistenza di plurime denunce per reati inerenti agli stupefacenti. Il vizio era evidente, dal momento che, la mera denuncia non poteva equivalere ad avere commesso il reato. Dunque il ricorso è stato considerato fondato ed è stato accolto.

La sentenza impugnata è stata annullata ed è stato disposto il rinvio del nuovo esame per applicazione dell’art. 131 bis, ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Torino.

 

[1] .F. Lombardi (a cura di G. Forleo), Spaccio, detenzione, consumo di gruppo di sostanze stupefacenti e morte del consumatore dopo l’uso.

[1] F. Servadei, Tenuità del fatto anche per lo spacciatore su Studio Cataldi

 

Mariaelena D'Esposito

Mariaelena D'Esposito è nata a Vico Equense nel 1993 e vive in penisola sorrentina. Laureata in giurisprudenza alla Federico II di  Napoli, in penale dell’economia: “bancarotta semplice societaria.” Ha iniziato il tirocinio forense presso uno studio legale di Sorrento e spera di continuare in modo brillante la sua formazione. Collabora con ius in itinere, in particolare per l’area penalistica.

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