giovedì, Aprile 25, 2024
Criminal & Compliance

Abbandono di persone minori o incapaci ex art. 591 c.p.

L’abbandono di persone minori o incapaci è disciplinato all’art. 591 c.p. il quale è inserito nel libro secondo dei delitti in particolare, titolo dodicesimo.  La norma prevede “Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a sé stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere la cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Alla stessa pena soggiace chi abbandona all’estero un cittadino italiano minore degli anni diciotto, a lui affidato nel territorio dello Stato per ragioni di lavoro. La pena è della reclusione da uno a sei anni se dal fatto deriva una lesione personale, ed è da tre a otto anni se ne deriva la morte. Le pene sono aumentate se il fatto è commesso dal genitore, dal figlio, dal tutore o dal coniuge, ovvero dall’adottante o dall’adottato”.

Il legislatore con tale norma si è posto l’obiettivo di evitare il pericolo per l’incolumità fisica derivante dall’inadempimento di un obbligo che un soggetto, con capacità d’agire e capacità giuridica, ha nei confronti di un altro soggetto che però manchi di questi requisiti. In tale modo l’art. 591 c.p. pare tutelare il valore etico-sociale della sicurezza della persona fisica contro determinate situazioni di pericolo.

La fattispecie, come si può notare, è particolarmente flessibile andando a ricomprendere all’interno del testo normativo le varie situazioni, appunto di pericolo, in cui un minore, una persona incapace per diversi aspetti quali la malattia di mente o corpo, la vecchiaia o, il legislatore azzarda aggiungendo anche, per qualsiasi altra causa. versi; in tal modo la norma non risulta essere tassativa lasciando una sorta di discrezionalità al giudice di rilevare qualsiasi altra causa che rechi al soggetto un impedimento tale da non essere capace di badare a se stesso. Quello che il legislatore ha provato a fare è non soltanto evitare maltrattamenti, turbative o quant’altro ma il rimando sorge spontaneo verso l’art. 32 Cost. in materia di salute: si vuole provare a garantire ad ogni individuo quella che è una vita migliore.

Tanto è vero che ai sensi dell’art. 591 c.p., costituisce abbandono qualsiasi azione od omissione che contrasti con l’obbligo della custodia o della cura ed è sufficiente per l’integrazione del reato, che da tale condotta derivi un pericolo anche solo potenziale per l’incolumità della persona incapace[1]; perciò l’elemento oggettivo della fattispecie verrà ad esistenza anche ove vi fosse solo un parziale abbandono o relativo.

Per quel che concerne invece la fattispecie soggettiva la Cassazione[2]ha asserito che l’elemento psicologico del reato consiste nella coscienza di provvedere a sé stesso in una situazione di pericolo per la sua integrità fisica senza che occorra un particolare malanimo da parte del reo; il dolo non è escluso dal fatto che, chi ha l’obbligo di custodia, ritenga il minore in grado di badare a sé stesso. Quindi la fattispecie soggettiva sarebbe da ricondurre alla consapevolezza della condotta posta in essere e delle conseguenze da essa scaturenti; secondo la prevalente dottrina il dolo può presentarsi anche nella forma “eventuale”. Nel 2003[3]la Corte aveva affermato che la natura giuridica di tale delitto fosse da ricondurre ai reati di pericolo astratto; da ciò ne deriva che dovrà rispondere di tale delitto il gestore di una casa di risposo per anziani non autosufficienti che, nottetempo, rinchiudano i pazienti dall’esterno; al contrario nel 2007 la corte aveva sostenuto che “la natura giuridica di questa norma pare possa essere ricondotta al pericolo concreto e onde apprezzarne la configurabilità, il criterio discriminante delle condotte di effettivo abbandono di una persona incapace deve essere correlato in concreto alla natura dell’incapacità”[4].

Per i soggetti attivi, sembra da primo acchito che il legislatore faccia riferimento a chiunque, in realtà in legislatore non è stato così vago andando a delineare quello che è un rapporto di garanza che deve intercorrere tra la vittima e il soggetto che la tiene in cura. Non assurge quindi a reato la condotta posta in essere da chi non sia gravato da alcun dovere nei confronti della parte lesa. La norma quindi per porre soluzione a tale indeterminatezza, pone come clausola finale delle ipotesi di aggravio della pena che sono i casi in cui l’azione venga compiuta da un genitore, da un figlio, dal tutore, dal coniuge o dall’adottante/adottato.

Ponendo a confronto la norma in esame e la successiva (l’art. 593 c.p.) si evidenzia che la Cassazione a riguardo, nel 2016 ha asserito che “il reato di abbandono di persone minori o incapaci è in rapporto di specialità rispetto a quello di omissione di soccorso, in quanto, a differenza di quest’ultimo che punisce chiunque si trovi occasionalmente a contatto diretto con una persona in stato di pericolo, sanziona la violazione di uno specifico dovere giuridico di cura o di custodia, che incombe su determinate persone o categorie di persone, da cui derivi una situazione di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l’incolumità del soggetto passivo[5]”.

Purtroppo sono innumerevoli i casi di cronaca che vedono protagonista l’imputazione a norma dell’art. 591 c.p.; ultimo caso in ordine a tale fattispecie, è quello relativo ad un minore di 11 anni lasciato da solo in casa dal padre che voleva fare una passeggiata in solitudine con la nuova compagna; il bambino solo, sollecitato dalla madre, (che era a 50km dalla casa in cui il minore al momento si trovava) chiama il 113, ed entrambi sono stati imputati per abbandono di minore, nonostante l’accusa avesse chiesto una pena di 8 mesi per il padre e 6 per la madre, entrambi sono stati assolti dal giudice per non aver commesso il fatto. Sarà pertanto, considerato reato di abbandono di minore anche la condotta del genitore che lasci in strada trafficata o in un supermercato il figlio minore di età a chiedere l’elemosina poiché in tale situazione sussiste sia la condizione di abbandono che quella di pericolo per l’incolumità personale[6]. Altro caso di cronaca sconcertante è quello che vede come vittima una disabile trentunenne, deceduta a causa di stenti nel Barese; la procura di Bari ha aperto un fascicolo ipotizzando a carico degli stessi genitori, ora indagati, il reato di abbandono di incapace aggravato dalla morte in quanto durante le indagini i carabinieri, pare abbiano rinvenuto una situazione di forte degrado, fra insetti, feci e residui di cibo in decomposizione nel luogo in cui la vittima sarebbe stata tenuta dai genitori.

Tutto quanto rilevato, denota una forte mancanza di valori sociali quali la solidarietà nei confronti del prossimo che, soprattutto nel caso di minori, è ancor meno ragionevole derivando la stessa dal mancato rispetto o addirittura amore dei propri genitori.

[1]Corte App. Milano, 9 aprile 2011, n. 1139

[2]Cass. Penale, 16 aprile 2007, n. 15147

[3]Cass. Penale, 23 maggio 2003, n. 27881

[4]Cass. Penale 5 dicembre 2007, n.6581

[5]Cass., Sez. V pen., 14.1.2016, n. 12644

[6]Cass. Penale, 5 luglio 1989, n. 9562

Valeria D'Alessio

Valeria D'Alessio è nata a Sorrento nel 1993. Sin da bambina, ha sognato di intraprendere la carriera forense e ha speso e spende tutt'oggi il suo tempo per coronare il suo sogno. Nel 2012 ha conseguito il diploma al liceo classico statale Publio Virgilio Marone di Meta di Sorrento. Quando non è intenta allo studio dedica il suo tempo ad attività sportive, al lavoro in un'agenzia di incoming tour francese e in viaggi alla scoperta del nostro pianeta. È molto appassionata alla diversità dei popoli, alle differenti culture e stili di vita che li caratterizzano e alla straordinaria bellezza dell'arte. Con il tempo ha imparato discretamente l'inglese e si dedica tutt'oggi allo studio del francese e dello spagnolo. Nel 2017 si è laureata alla facoltà di Giurisprudenza della Federico II di Napoli, e, per l'interesse dimostrato verso la materia del diritto penale, è stata tesista del professor Vincenzo Maiello. Si è occupeta nel corso dell'anno di elaborare una tesi in merito alle funzioni della pena in generale ed in particolar modo dell'escuzione penale differenziata con occhio critico rispetto alla materia dell'ergastolo ostativo. Nel giugno del 2019 si è specializzata presso la SSPL Guglielmo Marconi di Roma, dopo aver svolto la pratica forense - come praticante avvocato abilitato - presso due noti studi legali della penisola Sorrentina al fine di approfondire le sue conoscenze relative al diritto civile ed al diritto amministrativo, si è abilitata all'esercizio della professione Forense nell'Ottobre del 2020. Crede fortemente nel funzionamento della giustizia e nell'evoluzione positiva del diritto in ogni sua forma.

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