Abolitio criminis o abrogatio sine abolitione?
La configurazione dell’innalzamento della soglia di punibilità di un determinato reato quale abolitio criminis o abrogatio sine abolitio costituisce una tematica molto dibattuta, che ha visto alternarsi molteplici pronunce di legittimità sul punto. Preliminarmente, occorre effettuare una breve panoramica sull’argomento in esame.
Il fenomeno della successione di leggi penali nel tempo è disciplinato dall’articolo 2 del Codice Penale e ciascuno dei sei commi di cui consta tale articolo disciplina un diverso aspetto della tematica in esame. In dettaglio, il primo comma disciplina il principio di irretroattività della legge penale, secondo il quale nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato.
Tale assunto è anche uno dei corollari del principio di legalità e trova collocazione anche all’interno della Costituzione, precisamente nel secondo comma dell’art. 25. Il secondo comma dell’articolo 2 c.p. prevede la cd. abolitio criminis, alla luce della quale nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali.
Tale comma è ispirato al principio della non ultrattività della legge penale, dal momento che risulterebbe irragionevole persistere nell’infliggere una sanzione a un soggetto in relazione ad un fatto ormai tollerato dall’ordinamento. Tutte le volte in cui si va ad incidere su un elemento costitutivo del reato, si avrà sempre abolitio criminis , la quale potrà essere totale nel caso in cui venga abrogata l’intera fattispecie, oppure parziale, come nel caso in cui venga modificata la soglia di punibilità di un determinato reato.
Il terzo comma, di più recente introduzione, prevede che, in caso di condanna a pena detentiva, ove la legge posteriore preveda esclusivamente la pena pecuniaria, la prima si converte immediatamente nella seconda. La ratio di tale comma risiede nel voler evitare disparità di trattamento in presenza di un mutamento della valutazione circa il disvalore del fatto commesso.
Il quarto comma prevede, invece, la diversa figura della cd. abrogatio sine abolitio, profondamente diversa rispetto alla previsione del secondo comma. Tale comma risulta, infatti, ispirato al principio del favor rei; infatti, in parziale deroga al principio di irretroattività della legge penale, nel caso in cui la legge posteriore preveda un trattamento più mite nei confronti del reo, si applicherà questa in luogo di quella in vigore al tempo in cui fu commesso il reato, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile. Affinché si abbia abrogatio sine abolitio, è necessario che resti inalterato il carattere illecito della fattispecie incriminatrice: in questi casi, il fatto è ancora previsto come reato, ma ne vengono modificati altri aspetti, inerenti ad esempio al profilo sanzionatorio.
Tuttavia, mentre la abolitio criminis è idonea a travolgere il giudicato, l’abrogatio sine abolitio no. Il quinto comma dell’art. 2 c.p. prevede l’inapplicabilità delle disposizioni previste dai primi quattro commi in caso di leggi eccezionali, ossia quelle emanate in circostanze particolari come ad esempio guerre o calamità naturali, o leggi temporanee, per le quali il legislatore ha prefissato un termine o una durata. Ciò perché, in caso contrario, tali leggi sarebbero private del loro carattere di prevenzione generale.
Il sesto ed ultimo comma dell’art. 2 c.p. prevede che le disposizioni dei cinque commi precedenti si applichino anche in caso di decadenza o mancata ratifica di un decreto-legge e nel caso di un decreto-legge convertito in legge con emendamenti.
Alla luce del più recente orientamento giurisprudenziale, in presenza di un innalzamento della soglia di punibilità, elemento costitutivo del reato, gli Ermellini hanno ravvisato la sussistenza di abolitio criminis parziale.
Ad esempio, in tema di omesso versamento IVA cui ha fatto seguito la confisca di beni, si è discusso in giurisprudenza se, con riguardo all’innalzamento della soglia di punibilità ad opera del D. Lgs. n. 158/2018 (che ha modificato l’art. 10-ter del D. Lgs. 74/2000), la successione tra i due decreti legislativi desse luogo ad abolitio criminis o alla diversa figura della abrogatio sine abolitio e se l’art. 673 c.p.p. fosse applicabile anche alla parte di sentenza che ha statuito sulla confisca per equivalente. Essa è una sanzione penale avente carattere afflittivo che trova applicazione nel caso in cui non sia possibile sottoporre a confisca i beni che hanno costituito il prezzo, il prodotto o il profitto del reato e nel caso in cui manchi il nesso di pertinenzialità.
È stato chiarito dai Giudici di legittimità, a più riprese, che in caso di revoca della condanna per un reato oggetto di abolitio criminis implica automaticamente la revoca anche delle relative statuizioni accessorie che costituiscono presupposto della condanna stessa e, tra queste, viene ricompresa la confisca dei beni. Pertanto, in caso di abrogazione della norma di riferimento, al giudice dell’esecuzione è imposto dall’art. 673 c.p.p. di revocare la sentenza di condanna anche nella parte in cui statuisce sulla confisca[1].
In ossequio a quanto finora analizzato, considerato che il d. lgs. 158/2015 ha avuto l’effetto di abrogare parzialmente la fattispecie incriminatrice, seppur in riferimento alla soglia di punibilità, qualora nel caso concreto il giudice non abbia necessità di compiere ulteriori accertamenti, il giudice dell’esecuzione dovrà revocare la sentenza di condanna. Ciò dal momento che la modifica di tale soglia di punibilità, considerata a tutti gli effetti, come già anticipato, elemento costitutivo del reato[2], è idonea a restringere l’ambito applicativo della precedente fattispecie, configurandosi, dunque, abolitio criminis parziale[3].
[1] Sent. Cass. 21/2/2018 n. 8421.
[2] Sent. Cass. 16/10/2018 n. 46953.
[3] Sent. Cass. 5/4/2018 n. 15172.
Giovanni Sorrentino è nato a Napoli nel 1993.
Dopo aver conseguito la maturità classica con il massimo dei voti presso il Liceo Classico Jacopo Sannazaro, intraprende lo studio del diritto presso il dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.
Nel dicembre del 2017 si è laureato discutendo una tesi in diritto penale dal titolo “Il riciclaggio”, relatore Sergio Moccia.
Attualmente sta svolgendo la pratica forense presso lo Studio Legale Chianese.
Nel 2012 ha ottenuto il First Certificate in English (FCE).
Ha collaborato dal 2010 al 2014 con la testata sportiva online “Il Corriere del Napoli”.
È socio di ELSA (European Law Students’ Association) dal 2015.
Nel 2016 un suo articolo dal titolo “Terrore a Parigi: analisi e possibili risvolti” è stato pubblicato su ElSianer, testata online ufficiale di ELSA Italia.
Nel 2017 è stato selezionato per prendere parte al Legal Research Group promosso da ELSA Napoli in Diritto Amministrativo (Academic Advisors i proff. Fiorenzo Liguori e Silvia Tuccillo) dal titolo “L’attività contrattuale delle pubbliche amministrazioni tra diritto pubblico e diritto privato”, con un contributo dal titolo “Il contratto di avvalimento”.
Grande appassionato di sport (ha giocato a tennis per dieci anni a livello agonistico) e di cinema, ama viaggiare ed entrare in contatto con nuove realtà.
Email: giovanni.sorrentino@iusinitinere.it