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Abuso edilizio: l’ordine di demolizione ha effetto anche in pendenza di sequestro preventivo

L’esistenza di un provvedimento giudiziale di sequestro non impedisce l’esecuzione di un ordine di demolizione di un immobile abusivo[1].

L’abuso edilizio costituisce, come noto, un reato urbanistico punibile sia sul versante penale che su quello amministrativo.

Le due forme sanzionatorie, giova sottolinearlo fin da subito, sono da considerare autonome e non alternative in quanto il procedimento amministrativo è rivolto alla verifica dell’illecito edilizio ed all’adozione delle conseguenti  misure, che l’amministrazione è tenuta ad adottare senza indugio, mentre quello di natura penale è volto all’accertamento del reato edilizio che in caso di condanna può comportare a sua volta, l’adozione di un autonomo ordine di demolizione anche laddove sia già intervenuta l’acquisizione del bene al patrimonio pubblico[2].

In particolare l’abuso edilizio si concretizza ogni qualvolta venga effettuato un intervento sul territorio senza l’autorizzazione necessaria per costruire o nel caso in cui l’intervento sia difforme dall’autorizzazione concessa[3].

L’articolo 44 del d.P.R. 380/2001(Testo Unico dell’Edilizia) lo definisce come un “reato contavvenzionale” punibile attraverso la reclusione e/o attraverso l’ammenda[4].

Per quanto riguarda la sanzione amministrativa edilizia, essa consiste nel provvedimento, adottato dal Comune, con il quale si ingiunge al responsabile dell’abuso di ripristinare lo stato dei luoghi entro un termine di 90 giorni.

Questo quindi ha tempo 90 giorni per rimuovere l’intervento illecito oppure per demolire l’immobile; se non lo fa sia il bene che l’area di sedime[5] vengono acquisiti di diritto dal Comune[6].

Di solito nel caso di abuso edilizio si ha in sede penale sempre un accertamento ed il sequestro preventivo dell’immobile[7]; ma cosa accade se l’ordine di demolizione ingiunto dal Comune viene preceduto dal sequestro dell’immobile facendo, dunque, perdere al proprietario la disponibilità del bene oggetto di misura cautelare?

La sentenza in commento, in linea con l’indirizzo giurisprudenziale predominante sia amministrativo[8], sia penale[9] , ritiene  irrilevante la pendenza di un sequestro penale sul manufatto abusivo oggetto di ingiunzione comunale di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi, ai fini della legittimità dell’ordine di demolizione, della sua eseguibilità e, quindi, della validità dei conseguenti provvedimenti sanzionatori in caso di mancata ottemperanza entro 90 gg.

Il TAR Lazio, infatti, era stato adito dal rappresentante di una Associazione al fine di ottenere l’annullamento  dell’ordinanza con la quale il Comune di Ladispoli gli aveva ingiunto la demolizione di una serie di opere da quest’ultima abusivamente realizzate; il ricorrente deduceva la nullità ed annullabilità dell’ordinanza impugnata, motivata proprio dal fatto che l’esistenza di un sequestro preventivo gravante su “tutti i manufatti residui” avrebbe reso l’ordine del Comune inattuabile[10].

Il Collegio dà atto dell’esistenza di due diversi e contrapposti orientamenti giurisprudenziali sul punto:

  • il primo considera l’ordine di demolizione (o di riduzione in pristino stato) adottato nella vigenza di un sequestro penale (di qualsiasi genere) affetto “dal vizio di nullità, ai sensi dell’art. 21-septies l. n. 241 del 1990 (in relazione agli artt. 1346 e 1418 c.c.), e, quindi, radicalmente inefficace, per l’assenza di un elemento essenziale dell’atto, tale dovendo intendersi la possibilità giuridica dell’oggetto del comando non potendo condividersi “l’assunto della configurabilità di un dovere di collaborazione del responsabile dell’abuso, ai fini dell’ottenimento del dissequestro e della conseguente attuazione dell’ingiunzione”[11];
  • il secondo orientamento, a cui i giudici romani ritengono di dover aderire, ritiene che la circostanza che l’abuso sia anche oggetto di un provvedimento di sequestro preventivo penale non sia rilevante sul piano della legittimità dell’ingiunzione di demolizione, in quanto non incidente su alcuno dei presupposti previsti dalla legge per l’esercizio del potere sanzionatorio dell’Amministrazione; il provvedimento di sequestro di cui all’art. 321 c.p.p. è invero finalizzato a impedire l’ulteriore protrazione del reato e non preclude affatto l’ottemperanza all’ordine di ripristino adottato in via amministrativa, la quale deve quindi considerarsi sempre possibile, previa espressa autorizzazione del giudice penale competente”[12].

A parere dei giudici, dunque, nel caso di specie, non persuade l’argomentazione che riconduce al sequestro penale un’effetto per così dire “paralizzante”, non può  configurarsi alcuna impossibilità giuridica dell’ottemperanza, giacché la parte colpita dall’ingiunzione, siccome tenuta a eseguire l’ordine amministrativo, ha l’onere di richiedere tempestivamente il dissequestro del manufatto finalizzato all’esecuzione dell’ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi[13].

 

 

[1] TAR Lazio, Roma, sez. II quater,  4 gennaio 2019, n. 139.

[2] Sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, IV, 6 marzo 2012, n. 1260.

[3]  Ai sensi dell’art. 31, co. 1, d.P.R. n. 380 del 06.06.2001, rubricato «Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire in totale difformità o con variazioni essenziali».

[4] Per un approfondimento sulle conseguenze penali dell’abuso edilizio si rimanda a A.Zullo, Abuso edilizio: tra reato e illecito amministrativo,  ius in itinere, 2017.

[5] Così viene definita in gergo tecnico  la parte del suolo su cui l’opera è stata costruita.

[6] Va sottolineato che in presenza di condizioni ben determinate  è possibile riparare all’errore commesso con l’accertamento di conformità o, come si è soliti dire, con una sanatoria; essa è subordinata alla conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (si parla di doppia conformità);tuttavia, avendo comunque commesso un illecito, il proprietario del bene è tenuto a pagare una multa il cui metodo di stima varia di regione in regione.

[7] Disciplinato dall’art. 321 c.p.p. e diretto, in ambito edilizio, ad impedire che la libera disponibilità del bene possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato urbanistico e agevolare la commissione di altri reati.

[8] Cfr. ex multis Cons. St., sez. VI, 28 gennaio 2016, n.283.

[9] Cass. Pen., sez. III, 14 gennaio 2009, n.9186.

[10]Il ricorrente ne deteneva solo il possesso “in qualità di custode giudiziario”.

[11] V.  Cons. st., sez. VI, n. 2337/2017.

[12] In particolare, ad onta dell’emanazione della misura cautelare reale, il destinatario dell’ordine dell’amministrazione ben potrebbe (ed anzi dovrebbe) ottenere il dissequestro del bene ai sensi dell’art.85 disp. att. c.p.p. .

[13] In senso conforme, ex multis, T.A.R., Palermo, sez. III, 04/07/2017, n. 1776.

Paola Verduni

contatti: pverduni90@gmail.com

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