Accesso generalizzato e appalti pubblici: i dubbi dell’ordinanza di rimessione n. 8501/2019
Il tema dell’accesso generalizzato e la relativa compatibilità con il delicato mondo degli appalti pubblici, è stato nuovamente affrontato dall’ordinanza di rimessione della III sezione del Consiglio di Stato del 16 dicembre 2019, n. 8501 che ha sollevato l’attenzione dell’Adunanza Plenaria su una serie di compesse questioni.
1. Il Principio di trasparenza nell’attività amministrativa
Uno dei principi fondamentali che caratterizza il sistema amministrativo è senza alcun dubbio il principio di trasparenza, volto ad assicurare la conoscibilità all’esterno dell’operato dell’amministrazione, così da garantirne un controllo dell’attività, nell’ottica di avvicinare tendenzialmente i rapporti tra pubblica amministrazione e privato.
Il valore della trasparenza costituisce un elemento tipico degli ordinamenti democratici che, a differenza di quelli totalitari ispirati alla logica della segretezza, si fondando su un’esigenza di conoscibilità e pubblicità. In ragione di ciò, è evidente come l’introduzione di tale principio nella logica dell’attività amministrativa abbia notevolmente influito sul rapporto tra p.a. e privato, assicurando un vero e proprio coinvolgimento diretto del cittadino nell’attività amministrativa, tentando così di superare l’impostazione tradizionale per cui alla posizione di supremazia e autorità della p.a., si contrapponeva una posizione di mera soggezione e subalternità del privato.
2. Trasparenza e accesso agli atti
La rilevanza assunta dal principio di trasparenza trova ulteriore conferma nelle recenti riforme legislative volte, per l’appunto, a valorizzare uno degli istituti espressione della trasparenza: l’accesso agli atti. Nello specifico, infatti, il sistema amministrativo prevede oggi accanto alla fattispecie tradizionale dell’accesso documentale ex artt. 22 e seguenti l. 241/90, altre due forme di diritto di accesso: l’accesso civico semplice e l’accesso civico generalizzato o universale, disciplinate dal d.lgs. 33/2013 così come modificato dal d.lgs. 97/2016.
Si tratta di strumenti che, al di là delle rispettive differenze, tentano di ampliare l’operatività di tale diritto. Nello specifico, infatti, l’accesso civico semplice ex art. 5 co. 1 riconosce a chiunque la facoltà di accedere ad atti e documenti amministrativi soggetti ad un preventivo obbligo di pubblicazione eventualmente disatteso dalla p.a.; viceversa l’accesso civico generalizzato ex art. 5 co. 2, garantisce a chiunque la possibilità di accedere a documenti “ulteriori” rispetto a quelli per cui è legalmente previsto un obbligo di pubblicazione[1].
Le previsioni contenute nel decreto sul riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso sono volte ad estendere la portata applicativa del diritto di accesso che il legislatore ha ritenuto opportuno introdurre in un particolare contesto storico-sociale caratterizzato dall’esigenza di mettere in atto una politica anticorruttiva efficiente soprattutto in considerazione delle pressanti influenze da parte della Commissione europea volta a promuovere sistemi nazionali che assicurino un controllo diffuso sull’operato dell’amministrazione[2]. Il d.lgs. 33/2013, infatti, dà attuazione alla legge delega 190/2012 (la c.d. legge anticorruzione) che definisce la trasparenza uno degli strumenti essenziali per garantire la prevenzione della corruzione, “piaga” storica dell’attività amministrativa.
3. L’istituto dell’accesso e il mondo degli appalti pubblici: tra esigenze anticorruttive e rispetto della concorrenza
In riferimento ad una simile esigenza volta a contrastare il dilagarsi del fenomeno corruttivo, non sorprende che la disciplina dell’accesso agli atti abbia assunto particolare rilievo soprattutto in materia di appalti pubblici che rappresenta uno dei settori maggiormente esposti ad un simile rischio, nonché a possibili infiltrazioni mafiose. Al riguardo, infatti, data la natura degli interessi coinvolti nelle procedure di evidenza pubblica caratterizzate da un confronto competitivo tra i singoli partecipanti che sottopongono le offerte ad una valutazione della stazione appaltante che a sua volta procederà alla relativa aggiudicazione, è evidente come il principio di trasparenza e pubblicità assuma particolare rilievo al fine di assicurare la correttezza della gara.
Tuttavia, proprio la peculiarità degli interessi che caratterizzano tali procedure, come la par condicio creditorum, il favor partecipationis e la segretezza delle offerte volta evitare alterazione distorsive della concorrenza, rende la relativa disciplina specialistica e come tale soggetta a regole particolari, anche con riguardo alla materia dell’accesso agli atti.
Sul punto la norma di riferimento è l’art. 53 d.lgs. 50/2016 rubricato “Accesso agli atti e riservatezza” secondo cui, salvo quanto espressamente previsto nel presente codice, la disciplina applicabile in materia di accesso alle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici è quella prevista agli artt. 22 e ss. della L. 241/90.
Il legislatore, quindi, mediante tale rinvio espresso, ha ritenuto opportuno applicare in tale ambito la fattispecie tradizionale dell’accesso c.d. documentale, seppur con alcune eccezioni e deroghe dettate da specifiche esigenze che contraddistinguono il settore di riferimento. Al comma successivo, infatti, vengono individuate una serie di ipotesi in cui il diritto di accesso è automaticamente differito al fine di garantire quei principi che convergono all’interno delle gare pubbliche: segretezza, speditezza, correttezza, par condicio[3]. In definitiva, al di là di tali peculiarità, il regime applicabile è per l’appunto quello dell’accesso documentale ed è proprio a tale riguardo che si pone la questione dibattuta in dottrina e giurisprudenza circa la possibilità o meno di interpretare il rinvio di cui all’art 53 restrittivamente e, quindi, limitato al solo accesso documentale, oppure in via estensiva ricomprendendo anche le recenti forme di accesso.
Rispetto all’accesso civico semplice non sussistono particolari perplessità, in quanto l’art. 29 del codice appalti rubricato “Principi in materia di trasparenza”, individua tutti gli atti che le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori sono tenuti a pubblicare nell’apposita sezione “amministrazione trasparente” dell’ente, prevedendo in tal modo una serie di obblighi legali di pubblicazione in conformità con la disciplina del d.lg.33/2013[4].
4. I dubbi di compatibilità dell’accesso civico generalizzato
È evidente, quindi, come la problematica riguardi la fattispecie dell’accesso civico generalizzato o universale. La questione concernente la relativa applicabilità è così complessa e discussa da aver indotto la giurisprudenza a pronunciarsi in più occasioni.
Nello specifico l’orientamento maggioritario (T.A.R. Emilia-Romagna, Parma n.197/2018; T.A.R. Lombardia, Milano n.630/2019; da ultimo Cons. St. n.5503/2019), sposando un’interpretazione restrittiva dell’art. 53, esclude la possibilità di applicare l’istituto dell’accesso generalizzato. A sostegno di tale ricostruzione si pone un’interpretazione letterale della norma idonea a vanificare ogni dubbio, soprattutto in considerazione del comma 3 art. 5 bis d.lgs. 33/2013 volto ad escludere l’operatività del diritto di accesso generalizzato nei casi in cui l’accesso è subordinato al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, l. 241/90[5].
Tale soluzione non sembra aver convinto parte minoritaria della giurisprudenza favorevole, invece, a promuovere una lettura estensiva della norma, interpretando il rinvio di cui all’art 53 come riferito al diritto di accesso in generale e quindi, come tale, non limitato alla sola fattispecie dell’accesso documentale. Secondo questa ricostruzione (Cons. St. sent. n.3780/2019; T.A.R. Lombardia, Milano n. 630/2019), partendo dal presupposto che l’accesso debba essere inteso come unico corpo normativo, il rinvio previsto dalla norma costituisce un rinvio esterno di carattere mobile idoneo a ricomprendere al suo interno anche tutte le nuove forme di accesso che il legislatore introdurrà nel corso del tempo. Sulla base di questa impostazione, quindi, l’accesso generalizzato sarebbe compatibile con la lettera della legge e quindi applicabile anche al settore degli appalti pubblici.
5. La posizione avanzata dall’ordinanza di rimessione n. 8501/2019
Propende verso questa seconda ricostruzione la III Sezione del Consiglio di Stato che con l’ordinanza di rimessione del 16 dicembre 2019, n. 8501 sollecita l’Adunanza Plenaria a pronunciarsi su tale questione problematica. L’ordinanza, infatti, forzando la lettera della legge, sostiene la necessità di interpretare la norma in modo estensivo valorizzando così la fattispecie dell’accesso. D’altronde, diversamente, si finirebbe per vanificare l’esigenza di trasparenza e pubblicità che caratterizza l’istituto in esame in un settore, come quello degli appalti pubblici, in cui si annidano maggiormente fenomeni corruttivi distorsivi della logica concorrenziale. Secondo questa impostazione, ammettere l’operatività dell’accesso civico generalizzato vorrebbe dire assicurare maggior correttezza della procedura e di conseguenza tutelare i singoli partecipanti garantendo così anche una piena collaborazione tra amministrazione e cittadini.
Ulteriore aspetto meritevole di approfondimento riguarda la distinzione tra la fase della procedura di gara e quella successiva all’aggiudicazione relativa all’esecuzione del contratto. In tale ultima fase, infatti, stipulato il contratto con il soggetto aggiudicatario, vengono meno le esigenze di par condicio e le ragioni di segretezza delle offerte che caratterizzano lo svolgimento della procedura e che legittimano la peculiare disciplina dell’art 53. Per questo motivo, sebbene la norma faccia espresso riferimento anche alla fase esecutiva, è evidente come in tal caso ci sarebbero maggiori aperture circa il riconoscimento dell’operatività dell’accesso generalizzato.
Ciò si ricollega alla seconda questione sottoposta all’analisi della Plenaria concernente la possibilità, o meno, di applicare l’accesso documentale agli atti dell’esecuzione. Sul punto, una tesi positivista ne ammette l’ammissibilità sulla base di un’interpretazione letterale della norma. Altra teoria, invece, qualificando l’interesse sotteso all’istanza di accesso come meramente potenziale ed esplorativo in contrasto con i requisiti richiesti dalla l. 241/90, ne esclude l’operatività; ciò porterebbe a ritenere l’accesso generalizzato il solo strumento a disposizione dell’interessato in tale fase esecutiva.
Un ultimo aspetto evidenziato dall’ordinanza riguarda la possibilità per la pubblica amministrazione, ricevuta istanza di accesso documentale e accertata la carenza del presupposto legittimante della titolarità di un interesse differenziato in capo al richiedente ex art. 22 l. 241/90, di accogliere ugualmente la richiesta laddove ravvisi la sussistenza dei requisiti dell’accesso generalizzato. In altre parole, il dubbio sottoposto alla Plenaria riguarda la possibilità dell’amministrazione di convertire una domanda di accesso documentale in accesso civico, una volta accertati i relativi presupposti. Un primo orientamento, partendo dal presupposto che le forme di accesso previste dall’ordinamento costituiscono un corpus unitario, ammette la configurabilità di una simile facoltà di conversione. Diversamente se si accoglie la tesi per cui le fattispecie di accesso sono autonome e distinte, come tali soggette a diverse discipline e presupposti applicativi, allora tale possibilità non può che essere esclusa, non potendo la p.a. intervenire modificando la tipologia di istanza avanzata dal privato.
6. Considerazioni conclusive
È evidente, alla luce di tale analisi, come l’ordinanza di rimessione sollevi dubbi e problematiche altamente complesse nell’ottica di sollecitare l’Adunanza Plenaria a pronunciarsi sulla delicata questione dei rapporti tra l’istituto dell’accesso civico generalizzato, espressione del principio di trasparenza volto a favorire un controllo diffuso sull’operato dell’amministrazione, e il mondo degli appalti pubblici caratterizzato da esigenze economico-private peculiari[6].
[1] Per maggiori approfondimenti in merito alle due forme di accesso civico semplice e generalizzato si veda D’Alberti M. Lezioni di diritto amministrativo IV ed. pp. 243 e ss.
[2] Nello specifico l’accesso civico generalizzato o universale, costituisce una forma di accesso “libero” che si ispira al sistema anglosassone del FOIA (“freedom of information act”). Il che dimostra come la comunità europea e il contesto internazionale abbiano da sempre tentato di valorizzare strumenti e istituti che favoriscano l’attuazione del principio di trasparenza.
[3] Per un maggior approfondimento circa le eccezioni previste dalla norma e i casi in cui il diritto di accesso è automaticamente differito si rimanda alla lettura integrale del dispositivo ex art. 53 comma 2 e 3 d.lgs. 50/2016.
[4] Per un maggior approfondimento si rimanda alla lettura del dispositivo di cui all’art.29 d.lgs.50/206.
[5] Sul punto per maggiori approfondimenti si veda Cardone M., “Si può estendere il diritto di accesso civico generalizzato all’interno delle procedure di affidamento dei contratti pubblici?” in Iusinitinere 2 ottobre 2019 https://www.iusinitinere.it/si-puo-estendere-il-diritto-di-accesso-civico-generalizzato-allinterno-delle-procedure-di-affidamento-dei-contratti-pubblici-23321
[6] In merito alle soluzioni prospettate dalla Plenaria che si è pronunciata il 2 aprile 2020 con sentenza n. 10, si rimanda alla prossima trattazione.
Giulia si laurea in giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli con una tesi in diritto dei contratti e servizi pubblici dal titolo: “Le informative antimafia nella disciplina dell’evidenza pubblica”, conseguendo il massimo dei voti.
Nel corso della carriera univeristaria matura un particolare interesse per il settore del diritto amministrativo e degli appalti pubblici, tanto da decidere di specializzarsi successivamente conseguendo un Master di II livello in “Compliance e prevenzione della corruzione nel settore pubblico e privato” presso l’univeristà LUMSA di Roma.
Attualmente svolge la pratica forense presso lo studio Antonelli di Napoli specializzato in diritto civile e il tirocino ex art 73 d.l. 69/2013 presso il TAR di Napoli.