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Accordo TRIPs e Diritto alla Salute: una lettura alla luce dei Diritti dell’Uomo

In questo articolo affronteremo la controversa relazione tra proprietà intellettuale e diritto alla salute, tema aperto e sempre più discusso. Più precisamente ci chiederemo in che modo la legislazione brevettuale in area farmaceutica, derivante dall’Accordo TRIPs, incida sull’accessibilità ai medicinali nei Paesi Meno Sviluppati.

La salute è considerata un diritto inalienabile dell’individuo, appartenente all’uomo in quanto tale, dal momento che rappresenta una delle illustrazioni dell’universale diritto alla vita e all’integrità fisica. Nell’ordine internazionale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si è posta, nella sua Costituzione, come principale obiettivo “il raggiungimento, da parte di tutte le popolazioni, del più alto livello possibile di salute”, definita come uno “stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità[1]. In linea con la dichiarazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, le principali Convenzioni internazionali considerano il diritto alla salute come uno dei diritti fondamentali dell’individuo e delle collettività e la sua garanzia un obbligo degli Stati. Tra queste ricordiamo l’art. 25 della Dichiarazione Universale dei diritti umani adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948 e l’art. 12 del Patto Internazionale sui diritti Economici Sociali e Culturali adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966.

La legislazione sui brevetti pone diverse problematiche in relazione alla sanità pubblica nei paesi in via di sviluppo, i quali devono far fronte ad un’elevata necessità di medicinali. L’entrata in vigore, nel gennaio 1995, dell’Accordo TRIPs rappresenta un evento importante nella storia della proprietà intellettuale. Questo, infatti, costituisce il più grande e ambizioso tentativo di armonizzazione nel mondo dei diritti di proprietà intellettuale, tra cui, per l’appunto, i diritti brevettuali. Tuttavia, tale cornice legislativa non è esente dal produrre conseguenze per la tutela della salute pubblica globale.

Prima dell’Accordo TRIPs, ogni Paese poteva liberamente decidere sulla propria politica sanitaria in base al suo sviluppo economico e produrre farmaci generici prima ancora che il brevetto diventasse di pubblico dominio. Ciò ha permesso al diritto alla salute di prevalere sulla protezione dei diritti brevettuali in alcuni casi di emergenze sanitarie nazionali, nonostante la riluttanza dell’industria farmaceutica. Con la firma dell’Accordo questa pratica è stata compromessa dall’istituzione di standard identici nei confronti dei diversi Paesi firmatari al fine di conseguire la globalizzazione dei diritti di proprietà intellettuale, anche per quanto riguarda i brevetti sui medicinali. Il risultato è stato l’impennata drammatica dei prezzi dei farmaci, che ha compromesso in tal modo la distribuzione dei prodotti sanitari da parte dei meno abbienti.

Tuttavia nell’accordo sono presenti numerose eccezioni che possono facilitare l’accessibilità ai farmaci e che rappresentano dunque un passo importante verso la garanzia del diritto alla salute (I). Il problema è che l’impasse fatta sull’applicazione di tali deroghe da parte degli stessi Stati mina i risultati realizzati dall’OMC sulla questione (II).

I. Il contributo dell’accordo TRIPs in tema di accessibilità ai farmaci

La lettura dell’accordo TRIPs rivela la presenza di deroghe che consentono di venir meno ai diritti esclusivi del titolare del brevetto. Da un lato, prendono la forma di eccezioni generali (art. 30 Accordo TRIPs) e, dall’altro, di semplici “flessibilità” aperte agli Stati membri dell’OMC (art 31 Accordo TRIPs) (A). Nello stesso senso si iscrivono i negoziati dei membri dell’OMC, tra cui, primo tra tutti, ricordiamo la Conferenza di Doha (B).

A. L’accessibilità ai farmaci facilitata dalle deroghe previste nell’accordo TRIPs 

 Eccezioni generali ai diritti conferiti

Tali eccezioni emergono dall’articolo 30 dell’accordo TRIPs.

La prima è la deroga per la ricerca, la quale consente un uso gratuito di invenzioni brevettate a puro scopo di sperimentazione. La seconda eccezione è stata invece consacrata nel Caso relativo ai brevetti per i prodotti farmaceutici tra la Comunità europea e il Canada[2]. Nelle osservazioni adottate il 17 aprile 2000, il gruppo di esperti scientifici dell’OMC ha distinto due tipi di eccezioni, tra cui l’eccezione “controllo regolamentare” detta anche “Bolar exception[3]. Questa consente di compiere, ancor prima della scadenza del brevetto, attività destinate all’ottenimento di un’autorizzazione alla distribuzione di un farmaco una volta terminata la copertura brevettuale. Lo scopo è quello di immettere sul mercato un medicinale generico immediatamente allo spirare dei diritti del farmaco brevettato.

Tuttavia, queste eccezioni permettono un accesso che potremmo definire “derisorio” dei malati ai trattamenti, in quanto la loro utilizzazione dipende dal termine della durata del brevetto (20  anni ai sensi dell’articolo 33 dell’Accordo). Essendo la produzione del generico bloccata durante questo lasso di tempo, si è sviluppata la pratica delle licenze obbligatorie, le quali possono far saltare lo “schermo” della durata.

Le flessibilità consentite dall’accordo TRIPs: licenze obbligatorie e importazioni parallele

Un altro istituto previsto dal TRIPs che deroga al diritto esclusivo del titolare del brevetto consiste nelle licenze obbligatorie (art. 31 Accordo TRIPs).

Le licenze obbligatorie intervengono quando un’autorità giudiziaria o amministrativa autorizza l’uso di un brevetto senza il consenso del suo proprietario. Esse sono motivate dalla salvaguardia dell’interesse generale e, nel caso dei prodotti farmaceutici, dalla tutela della salute pubblica. La necessità di una licenza obbligatoria è particolarmente evidente quando un farmaco salva-vita è venduto dal titolare del brevetto ad un prezzo molto più alto del suo costo di produzione, nonostante non vi sia alcun trattamento alternativo in commercio. Il loro utilizzo è, secondo Kahn, una sorta di “espropriazione parziale del titolare[4], espropriazione tuttavia soggetta a numerose condizioni.

Innanzitutto, lo Stato deve tentare di ottenere dal titolare del brevetto una licenza volontaria e solamente in assenza di esiti positivi, entro un periodo di tempo ragionevole, potrà ottenere una licenza obbligatoria. Le sole ipotesi in cui tale obbligo di negoziazione è escluso sono quelle di emergenze nazionali o estrema urgenza. Rilevante è inoltre la condizione al paragrafo f che obbliga il licenziatario a produrre e distribuire il bene esclusivamente nel mercato interno del Paese che attiva la licenza. Vi è dunque il divieto di esportare dei medicinali prodotti sotto licenza obbligatoria.

Per tale ragione gli Stati Meno Sviluppati preferiscono ricorrere al sistema delle importazioni parallele, il quale, insieme al connesso principio di esaurimento, costituisce un’ulteriore limitazione alla tutela brevettuale. Come noto il titolare di un brevetto detiene il diritto esclusivo di vendere sul mercato il proprio bene e, conseguentemente, di impedire la produzione e il commercio del medesimo prodotto da parte di terzi non autorizzati. Secondo il concetto d’esaurimento, il diritto esclusivo che detiene il titolare del brevetto si esaurisce con la prima vendita del bene che, quindi, una volta acquistato da un terzo è da quest’ultimo rivendibile liberamente. Le legislazioni nazionali divergono quanto alla liceità di tale pratica. Tuttavia l’Accordo TRIPS afferma chiaramente che i governi non possono presentare alcuna controversia davanti l’OMC riguardo questa questione. Dunque le importazioni parallele, a priori, sembrerebbero un rimedio possibile al problema dell’accessibilità ai farmaci nei Paesi Meno Sviluppati,

B. La Conferenza di Doha: la salute pubblica prima della protezione brevettuale

La Conferenza di Doha, del novembre 2001, ha rappresentato un passo importante nel dibattito relativo all’accesso ai medicinali, nel contesto dell’Accordo. Al paragrafo 6 la Dichiarazione ministeriale  riconosce che i “WTO members with insufficient or no manufacturing capacities in the pharmaceutical sector could face difficulties in making effective use of compulsory licensing under the TRIPS Agreement”,  istruendo pertanto “the Council for TRIPS to find an expeditious solution to this problem and to report to the General Council before the end of 2002”. Dalle discussioni sorte da tale dichiarazione si è quindi giunti a una proposta di emendamento dell’Accordo (l’art. 31-bis), atta proprio a inserire nel testo tale ipotesi di licenza obbligatoria, la quale è divenuta effettiva con la decisione del Consiglio dell’OMC del 30 agosto 2003.  Ai sensi dell’articolo 31 bis §1 “Gli obblighi di un membro esportatore a norma dell’articolo 31, lettera f), non si applicano relativamente alla concessione da parte dello stesso di una licenza obbligatoria nella misura necessaria ai fini della fabbricazione di un prodotto o di prodotti farmaceutici e della sua esportazione verso un membro importatore ammissibile, conformemente alle condizioni indicate al paragrafo 2 dell’allegato del presente accordo”. Tuttavia questa deroga all’obbligo principale di approvvigionamento del mercato interno è rigorosamente regolamentata attraverso l’istituzione di un obbligo di trasparenza delle esportazioni e di una garanzia contro la riesportazione. Inoltre il protocollo che porta emendamento dell’Accordo è stato accettato solamente da 34 Stati sui 153 membri dell’OMC, sminuendo i progressi realizzati dagli Stati contraenti.

Il bilancio di questo sistema è quindi mitigato. Questo rappresenta senza dubbio un passo in avanti in favore del diritto di accesso ai medicinali ma la sua effettività dipenderà esclusivamente dalla volontà degli Stati che, attraverso la  ratifica del protocollo del 2005, potranno rendere la deroga permanente.

II. La violazione del sistema di deroghe previsto dall’Accordo TRIPs

Il precario equilibrio tra proprietà intellettuale e diritto alla salute, consolidato dall’OMC, è oggi compromesso dagli Stati stessi che cercano di aggirarlo, attraverso violazioni indirette(A) e dirette (B).

A) Violazioni indirette delle deroghe dell’accordo TRIPs

Minacce di ritorsione economica

I Paesi Meno Sviluppati che desiderano beneficiare delle flessibilità dell’accordo, compreso l’uso di licenze obbligatorie, sono dissuasi dalla minaccia di vedersi negato l’accesso al mercato dei Paesi sviluppati, per quanto riguarda le loro materie prime. È il caso della Tailandia, la cui legislazione nazionale è stata influenzata da queste minacce di ritorsione economica.

Consapevoli di questa realtà economica, gli stessi Paesi meno sviluppati limitano la portata dell’Accordo TRIPs. Nell’Accordo Bangui, gli Stati dell’African Intellectual Property Organization, motivati dal desiderio di “catturare” gli investimenti esteri, sono stati costretti a irrigidire le condizioni necessarie alla concessione delle licenze obbligatorie e ad interpretare restrittivamente le deroghe esplicate.

L’interpretazione restrittiva dei progressi di Doha

Per quanto riguarda il campo rationae materiae delle deroghe ai diritti esclusivi dei brevetti, le principali potenze commerciali, con l’interpretazione che essi danno dell’accordo, tendono nel migliore dei casi a restringerne la portata e, nel peggiore dei casi, a svuotarlo del suo contenuto. Le flessibilità della decisione del 2003 riguardano solo alcune malattie: HIV / AIDS, malaria e tubercolosi e altre epidemie di entità comparabile. Tale meccanismo mostra, se possiamo permetterci il termine, una “discriminazione” tra i pazienti, in quanto le persone con malattie gravi come il cancro, il diabete o l’asma non dispongono delle stesse strutture per l’accesso ad un adeguato trattamento di qualità, a prezzi accessibili, come quelli che soffrono delle tre patologie.

B)Violazioni dirette delle deroghe dell’accordo TRIPs

Clausole bilaterali, causa di squilibrio del sistema

Queste clausole bilaterali emergono dagli Accordi di Libero Scambio (FTA) firmati tra Stati Uniti o Unione europea e dei Paesi in via di sviluppo, le quali richiedono a quest’ultimi un livello più elevato di tutela brevettuale rispetto a quello richiesto dall’accordo TRIPS per ritardare o addirittura eliminare l’uso di licenze obbligatorie. Si tratta dei TRIPs-plus.

Il sistema dei TRIPs-plus è incluso in patti come il Central America Free Trade Agreement (CAFTA), l’Accordo di libero scambio nordamericano (NAFTA) e Accordi di partenariato economico con i paesi ACP. Oltre alle restrizioni sull’uso delle licenze obbligatorie, questi contengono clausole che rafforzano il monopolio delle industrie farmaceutiche estendendo il periodo di esclusività dei diritti conferiti.

Ma quali sono le motivazioni che spingono i Paesi Meno Sviluppati ad accettare questi accordi? Semplicemente delle ragioni economiche. Infatti in cambio della conclusione dei TRIPS-plus, i Paesi sviluppati consentono l’apertura dei loro mercati ai prodotti dei Paesi Meno Sviluppati.

I TRIPs-plus si  diffondono grazie ad accordi di puro vantaggio economico tra Stati, in un totale disprezzo dell’autentico diritto alla salute, nello scenario di una società internazionale che manca al suo obbligo di cooperazione.

La mancanza di cooperazione internazionale

La cooperazione internazionale consiste nell’azione coordinata di due o più soggetti al fine di raggiungere obiettivi comuni in un particolare settore. È uno degli scopi delle Nazioni Unite ai sensi dell‘articolo 1 §3 dello Statuto. I suoi attori sono i soggetti del diritto internazionale: Stati e organizzazioni internazionali.

La carenza di cooperazione internazionale nell’accesso ai farmaci è manifesta, per quanto riguarda gli Stati, nella conclusione degli accordi TRIPs-plus. Infatti attraverso questi accordi la cooperazione sanitaria  è completamente soppiantata dalla cooperazione economica, come si è esplicitato in precedenza.

Le organizzazioni internazionali, d’altra parte, hanno un doppio obbligo nell’ambito della cooperazione internazionale: quello di finanziare e sostenere progetti nazionali favorevoli alla realizzazione del diritto alla salute.

Il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) è stato leader in questo settore (soprattutto dal 1998), attraverso l’adozione di una nuova politica di integrazione dei diritti umani con lo sviluppo umano sostenibile[5].

In ambito sanitario, la politica dell’UNDP è sostenuta dall’OMS e da ONG come Oxfam o MSF. Queste agenzie di cooperazione internazionale tuttavia soffrono di una sorta di disabilità a discapito della realizzazione del diritto alla salute. È pertinente sottolineare che la salvaguardia della salute pubblica è stata a lungo trattata a livello nazionale. Come afferma Velasquez, “l’accesso ai medicinali è una questione privata“. Il coinvolgimento di organizzazioni internazionali nel settore è disorganizzato e inefficace a causa dell’indeterminatezza delle loro competenze in questo ambito[6] della ridotta presenza di rappresentanti dei Paesi Meno Sviluppati in queste istituzioni.

Conclusione

In teoria, il conflitto tra il diritto alla salute e la tutela della proprietà intellettuale sembra essere risolto nei testi internazionali. In pratica, però, l’atteggiamento degli Stati mostra una rinascita della preminenza degli interessi economici e commerciali rispetto alle preoccupazioni per la salute pubblica. Sembra esserci una dicotomia tra dichiarazioni di intenti e protezione effettiva del diritto alla salute. L’insufficienza del sistema è certamente indiscutibile. Ma una pura e semplice soppressione del diritto dei brevetti sui prodotti farmaceutici può prospettarsi come una soluzione pertinente? Sarebbe ingenuo rispondere in senso affermativo.

Tra le proposte per migliorare l’accesso ai farmaci per tutti, va notata quella di Paul Hunt, Relatore Speciale sul diritto di ognuno al godimento del più alto standard ottenibile di salute fisica e mentale. Hunt ribadisce l’importanza del dovere di responsabilità che grava su tutti i garanti dei diritti umani. In particolare ricorda che la responsabilità di assicurare l’accesso ai medicinali spetta principalmente allo Stato, ma anche alle società farmaceutiche che svolgono un ruolo determinante nella distribuzione degli stessi. Propone quindi di riunire un gruppo di esperti per esaminare la questione e specificare gli obblighi che devono essere ripristinati nelle industrie farmaceutiche.

Fino a quando queste raccomandazioni non vincolanti, che sono più di desiderio di intenti, non  si realizzino, è necessario attirare l’attenzione sul continuo fallimento degli attuali tentativi in materia di accessibilità ai farmaci per tutti.

 

[1]Preambolo Costituzione OMS disponibile qui: http://apps.who.int/gb/gov/assets/constitution-en.pdf

[2]Affaire relative auxbrevets pour les produits pharmaceutiques opposant la Communauté européenne au Canada, disponibile qui: http://www.wto.org/french/tratop_f/dispu_f/cases_f/1pagesum_f/ds114sum_f.pdf

[3]Cf.  Caso Roche Products, Inc. v. Bolar Pharmaceutical Co., Inc., Appellee, 733 F.2d 858 (Fed. Cir. 1984)

[4]A.-E. Kahn, Les licences obligatoires, inI. Moine-Dupuis (dir.), Le médicament et la personne : aspects dudroitinternational, op. cit., p. 219-241.

[5]Les Droits de l’Homme au PNUD, nota disponible qui:http://www.pogar.org/publications/other/un/undp/hr-practicenote-apr05f.pd

[6]B. Boidin, Droit à la santé et coopération internationale : les déficiences institutionnelles, Mondes en développement, vol. 33-2005/1-n° 129.

Arianna Valeriani

Laureata in Giurisprudenza presso l'Université Paris I Panthéon-Sorbonne, con specializzazione in diritto pubblico, con il massimo dei voti. Dopo aver integrato la sua formazione, come Visiting Student, presso l'Università di Cambridge e l'Università della California Los Angeles (UCLA), continua i suoi studi presso l'Université Paris I Panthéon-Sorbonne, conseguendo un Master di primo livello in Diritto Internazionale. Particolarmente interessata all'applicazione del diritto nell'era digitale, si candida ed è ammessa  all'edizione 2018-2019 del LL.M in Law of Internet Technology, presso l'Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano. La sua formazione le permette di avere una conoscenza livello madrelingua della lingua francese e inglese, oltre ad una buona padronanza della lingua spagnola.

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