venerdì, Marzo 29, 2024
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Adunanza Plenaria: bando di gara e clausole non escludenti

L’Adunanza Plenaria, con la sentenza n. 4/2018 ha formulato due principi di diritto riguardo l’immediata impugnazione delle clausole del bando non escludenti ed il potere del giudice di secondo grado di verificare il presupposto di ammissibilità del ricorso introduttivo di primo grado.

In ordine alla prima questione, l’A.P. ha confermato il tradizionale indirizzo giurisprudenziale, formatosi con le pronunce n.3/2001, n.4/2011: <<le clausole del bando di gara che non rivestano portata escludente devono essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere impugnate unicamente dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura>>[1].

Dunque, viene affermata l’inammissibilità dell’impugnazione immediata del bando da parte dell’operatore che non ha partecipato alla gara ove le clausole impugnate non abbiano valore escludente.

Ci si trova innanzi alle c.d. clausole immediatamente escludenti allorquando le clausole impongano <<ai fini della partecipazione, oneri assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati ai caratteri della gara o della procedura concorsuale, e che comportino sostanzialmente l’impossibilità per l’interessato di accedere alla gara ed il conseguente arresto procedimentale>>.[2]Tali sono state riconosciute anche le clausole riguardanti i requisiti di ammissione attinenti alla formulazione dell’offerta, sia sul piano tecnico che economico, tali da rendere impossibile la presentazione dell’offerta. Ancora, sono state fatte rientrare in tale genus – e dunque devono essere immediatamente impugnate fattispecie come clausole impositive di oneri, ai fini della partecipazione, incomprensibili e/o sproporzionati; clausole che rendano la partecipazione <<incongruamente difficoltosa o impossibile>>[3]; clausole abnormi o irragionevoli che rendano <<impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara>> ovvero che prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta; clausole che predispongano condizioni negoziali tali da rendere il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e non conveniente; clausole impositive di obblighi contra ius; bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta; atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso”.

La possibilità di impugnare immediatamente il bando di gara, senza la preventiva presentazione della domanda di partecipazione, si pone come eccezione alla regola generale secondo cui i bandi possono essere impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione: solo in questo momento diviene attuale e concreta la lesione della situazione giuridica del soggetto.

<<Il rapporto tra impugnabilità immediata e non impugnabilità immediata del bando è traducibile nel giudizio di relazione esistente tra eccezione e regola>>[4]: l’eccezione afferisce ai bandi che ledono immediatamente e direttamente la posizione del soggetto[5].

Questa chiave di lettura, oltre ad esser stata seguita puntualmente dalle sezioni del Consiglio di Stato[6], è stata avallata dalla Corte Costituzionale n.245 del 22 novembre 2016; la Corte ha ritenuto inammissibile per difetto di rilevanza, una questione di legittimità sollevata dal T.A.R. Liguria all’interno di un giudizio in materia di appalti pubblici originato dal ricorso proposto da un operatore economico che non aveva partecipato alla gara. <<Secondo la Corte, infatti, la verifica di legittimità costituzionale della disciplina sostanziale indicata dal T.a.r. non potrebbe influire sull’esito della lite, destinata a concludersi con una pronuncia di inammissibilità del ricorso>>[7]: l’operatore del settore, che non ha partecipato alla gara, è portatore di un mero interesse di fatto alla caducazione della procedura e questo <<preteso interesse strumentale>> inoltre, si presenta del tutto ipotetico. L’interesse differenziato che avrebbe legittimato il soggetto all’impugnazione non è stato minimamente dimostrato, mancando la domanda di partecipazione alla gara, nonostante egli non fosse innanzi di una clausola escludente. Ancora, il preteso interesse sarebbe smentito in radice proprio dalla condotta omissiva dell’operatore economico in quanto, pur potendo presentare l’offerta, si è astenuto dal farlo. Infine, <<anche se si volesse accedere ad una nozione allargata di legittimazione individuando un interesse dell’operatore economico a competere secondo i criteri predefiniti dal legislatore, ugualmente resterebbe insuperabile la considerazione che esso non sarebbe né attuale né “certo”, ma meramente ipotetico>>[8].

A supporto dell’estensione della legittimazione ad impugnare clausole non escludenti da parte degli operatori che non abbiamo partecipato alla gara, non soccorre nemmeno il diritto europeo: la Corte di Giustizia, Sez. VI, causa C-230/02, ha stabilito che l’operatore che si consideri leso da una clausola del bando – che gli impedisce la partecipazione ergo c.d. escludente – ha l’onere di impugnare direttamente tale disposizione e non ha esteso tale legittimazione anche al soggetto non partecipante per l’impugnazione, a maggior ragione per il caso di clausole non preclusive della sua partecipazione.

Inoltre, bisogna considerare che a particolari condizioni la legittimazione all’impugnazione può non essere riconosciuta addirittura ad un soggetto che, pur avendo partecipato, sia stato definitivamente escluso dalla gara[9]: dunque, perché riconoscerla a colui che, pur potendo partecipare, si sia astenuto dal presentare un’offerta?

Pertanto, << va ribadito il consolidato orientamento secondo il quale l’operatore del settore che non abbia presentato domanda di partecipazione alla gara non è legittimato a contestare le clausole di un bando di gara che non rivestano nei suoi confronti portata escludente, precludendogli con certezza la possibilità di partecipazione: e ciò, sia con riferimento alla previgente legislazione nazionale in materia di contratti pubblici, che nell’attuale quadro normativo>>[10].

Infine, anche in ordine all’altra questione posta, la Plenaria ha confermato il precedente filone interpretativo secondo cui sussiste il potere del giudice di appello di rilevare ex officio l’esistenza dei presupposti e delle condizioni per la proposizione del ricorso di primo grado[11], in quanto sul punto non può ritenersi che si formi un giudicato implicito.

[1] Adunanza Plenaria sentenza n.4/2018.

[2] Adunanza Plenaria sentenza n.3/2001.

[3] Adunanza Plenaria sentenza n.3/2001

[4] Adunanza Plenaria sentenza n.4/2018.

[5] La ratio alla base di tale orientamento risulta quella dell’esigenza di garantire la massima partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica nonché la <<la massima apertura del mercato dei contratti pubblici agli operatori dei diversi settori, muovendo dalla consapevolezza che la conseguenza dell’immediata contestazione si traduce nell’impossibilità di rilevare il vizio in un momento successivo>>.

[6] cfr. da ultimo, Sez. IV, 11 ottobre 2016, n. 4180; Sez. IV, 25 agosto 2016, n. 3688; Sez. III, 10 giugno 2016, n. 2507; Sez. IV, 20 aprile 2016, n. 1560; Sez. V, 30 dicembre 2015, n. 5862; Sez. V, 12 novembre 2015, n. 5181)

[7] Adunanza Plenaria sentenza n.4/2018.

[8] Adunanza Plenaria sentenza n.4/2018; in relazione alla mancata attualità, certezza e concretezza dell’interesse si veda in questa rivista F.Gatta – La velocità nemica del diritto: il rito superaccelerato approda alla CGUE.

[9] Come la fattispecie relativa all’onere di immediata impugnazione ex art. 120, comma 2-bis, c.p.a.

[10] Adunanza Plenaria sentenza n.4/2018.

[11] In particolare, le condizioni circa la tempestività del ricorso.

Federica Gatta

Giovane professionista specializzata in diritto amministrativo formatasi presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Conseguito il titolo di Dottoressa Magistrale in Giurisprudenza a 23 anni il 18/10/2018 con un lavoro di tesi svolto con la guida del Professor Fiorenzo Liguori, sviluppando un elaborato sul Decreto Minniti (D.l. n. 14/2017) intitolato "Il potere di ordinanza delle autorità locali e la sicurezza urbana" , ha iniziato a collaborare con il Dipartimento di Diritto Amministrativo della rivista giuridica “Ius in Itinere” di cui, ad oggi, è anche Vicedirettrice. Dopo una proficua pratica forense presso lo Studio Legale Parisi Specializzato in Diritto Amministrativo e lo Studio Legale Lavorgna affiancata, parallelamente, al tirocinio presso il Consiglio di Stato dapprima presso la Sez. I con il Consigliere Luciana Lamorgese e poi presso la Sez. IV con il Consigliere Silvia Martino, all'età di 26 anni ha conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense, esercitando poi la professione da appartenente al COA Napoli. Da ultimo ha conseguito il Master Interuniversitario di secondo livello in Diritto Amministrativo – MIDA presso l’Università Luiss Carlo Guidi di Roma, conclusosi a Marzo 2023 con un elaborato intitolato “La revisione dei prezzi nei contratti pubblici: l’oscillazione tra norma imperativa ed istituto discrezionale”. Membro della GFE ha preso parte alla pubblicazione del volume “Europa: che fare? L’Unione Europea tra crisi, populismi e prospettive di rilancio federale”, Guida Editore; inoltre ha altresì collaborato con il Comitato di inchiesta “Le voci di dentro” del Comune di Napoli su Napoli Est. Da ultimo ha coordinato l'agenda della campagna elettorale per le elezioni suppletive al Senato per Napoli di febbraio 2020 con "Napoli con Ruotolo", per il candidato Sandro Ruotolo. federica.gatta@iusinitinere.it - gattafederica@libero.it

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