giovedì, Aprile 18, 2024
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Altri diritti in condominio – la Sopraelevazione

La regola generale posta dall’ordinamento in materia di acquisizione del diritto di proprietà è che il proprietario del suolo è anche proprietario di tutto ciò che è edificato, piantato ed esistente sopra o sotto il suolo medesimo[1]. Tale modo di acquisto a titolo originario denominato “accessione” può però essere derogato da apposite convenzioni o dalla legge.

Caso tipico di deroga pattizia è il diritto di superficie regolamentato dagli artt. 952 e ss. c.c., con il quale il proprietario del suolo costituisce “il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà”, oppure può alienare la proprietà della costruzione già esistente separatamente dalla proprietà del suolo.

Con la costruzione di un edificio condominiale si concreta la genesi di più e distinte proprietà sovrapposte, tutte insistenti però sulla medesima aerea; in tali casi si parla di regime dualista, in base al quale alla proprietà esclusiva di piani o porzioni di piano (le singole unità abitative), si affianca la proprietà comune, pro quota, del terreno su cui lo stabile insiste e delle cose, impianti e servizi destinati all’uso comune.

In questi casi è stato osservato che le singole proprietà individuali nascono proprio in virtù di successivi riconoscimenti di un diritto di superficie che si sposta mano a mano verso l’alto.

In tale contesto deve inquadrarsi il diritto a sopraelevare riconosciuto dall’art. 1127 c.c. al proprietario (o proprietari) dell’ultimo piano o del lastrico solare. Questo perché “man mano che la proprietà superficiaria viene spostata verso l’alto con la costruzione di nuovi piani, in virtù del diritto di superficie il proprietario dell’ultimo piano beneficia del diritto di sopraelevazione e acquista quanto viene costruito sopra”.[2]

Nei casi della presenza all’ultimo piano di più unità abitative, il diritto a sopraelevare deve ritenersi spettante ai singoli proprietari, con la limitazione consistente nella facoltà di edificare nella misura della proiezione verso l’alto della corrispondente porzione di proprietà.

In tema di sopraelevazione, la giurisprudenza è stata ripetutamente chiamata a dirimere controversie aventi ad oggetto la qualificazione di determinate opere come nuove fabbriche, al fine di accertare la riconducibilità o meno delle stesse alla previsione dell’art.1127; con la sentenza 16794/2007 (cfr nota 2) è stato sancito un principio generale, mutuato da quello formulato in materia edilizia per distinguere la ristrutturazione/ricostruzione dalla nuova costruzione, secondo cui si “ha nuova costruzione tutte le volte in cui vi sia una variazione delle dimensioni dell’originaria sagoma dell’edificio con un aumento delle volumetrie preesistenti all’intervento”. Pertanto si può essere in presenza di una sopraelevazione, con gli effetti che ne conseguono, anche in assenza di una costruzione di un intero nuovo piano.

Contenuto – esclusione – effetti

Ma è sempre possibile sopraelevare? Entro quali limiti può essere esercitato il diritto in parola? E ancora, è necessaria una preventiva autorizzazione dell’assemblea condominiale?

Dalla lettura del sopra richiamato art. 1127 c.c. si deduce la sussistenza in capo al proprietario dell’ultimo piano o del lastrico solare della facoltà di “elevare nuovi piani o nuove fabbriche”.

Pertanto in linea di principio non è richiesta alcuna preventiva delibera assembleare per la messa in opera della nuova costruzione.

Però la norma individua anche delle limitazioni precise.

Con l’inciso “salvo che risulti altrimenti dal titolo” è contemplata la possibile deroga convenzionale, che può essere ad esempio un espresso divieto, contenuto nel regolamento di condominio, in presenza del quale il diritto non è riconosciuto. Si è osservato che tale divieto deve essere preesistente o coevo alla nascita del condominio.

Ancora, al secondo comma, viene esclusa la sopraelevazione in tutti i casi in cui “le condizioni statiche dell’edificio non la consentano”. Questo limite, di carattere tecnico, può essere eventualmente superato con la richiesta di autorizzazione (da approvare con delibera unanime della compagine condominiale) da parte del proprietario di procedere, a proprie spese, agli interventi di consolidamento necessari a rendere l’edificio idoneo a sopportare la nuova fabbrica.

La norma infine riconosce ai singoli condomini la possibilità di opporsi alla sopraelevazione, qualora dalla stessa scaturisca un pregiudizio al decoro architettonico o derivi una notevole diminuzione dell’aria o della luce ai piani sottostanti. In tali casi anche un solo condomino può proporre l’azione giudiziaria ed ottenere una sentenza di condanna alla demolizione del manufatto.

Occorre rilevare che la predetta azione deve essere esercitata nel termine di prescrizione ventennale, mentre, in caso di pericolo per la stabilità dell’edificio, l’azione è imprescrittibile. È stato al riguardo infatti affermato che “mentre nel caso di sopraelevazione effettuata dal proprietario dell’ultimo piano che alteri l’aspetto architettonico dell’intero edificio condominiale, l’azione diretta ad ottenere la restitutio in integrum, di cui gli altri condomini sono titolari, è soggetta a prescrizione ventennale, nell’ipotesi in cui siano le condizioni statiche dell’edificio a non consentire la sopraelevazione, è invece imprescrittibile l’azione di accertamento negativo tendente a far valere l’inesistenza del diritto di sopraelevare, mancando un presupposto della sua stessa esistenza.[3]

Obblighi del titolare del diritto – indennità di sopraelevazione

Il quarto comma dell’art. 1127 c.c. prevede a carico di chi esegue la sopraelevazione due obblighi, uno consistente nella ricostruzione del lastrico solare, che dovrà essere nuovamente fruibile da parte di tutti i condomini, l’altro nel pagamento di un’indennità “pari al valore attuale dell’area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l’importo della quota a lui spettante”

In particolare tale indennità è stata spesso oggetto di pronunce ed elaborazioni dottrinarie.

In passato la ragione del predetto indennizzo veniva individuata nel maggior sfruttamento da parte di un solo condomino (il soggetto sopraelevante) della colonna d’aria sovrastante l’edificio, bene considerato di proprietà di tutti i partecipanti al condominio e che dovevano pertanto essere risarciti per il mancato utilizzo a favore di uno solo.

Di recente è stato invece osservato che la predetta indennità spetta per compensare la diminuzione delle singole quote di comproprietà sulle parti comuni che la sopraelevazione produce.

Avendo infatti ciascun condomino un diritto di comproprietà, proporzionato al valore del piano o porzione di piano in proprietà esclusiva, sulle cose comuni e, quindi, anche sull’area sulla quale sorge l’edificio, la realizzazione di nuovi piani determina automaticamente una modifica degli elementi che concorrono a formare la proporzione, in quanto il proprietario dell’ultimo piano, costruendo nuovi piani o nuove fabbriche, aumenta la propria quota nella comunione, tra le altre cose comuni, anche sull’area medesima e questo aumento, rimanendo fisso il parametro di base, ha luogo con una proporzionale riduzione delle quote degli altri partecipanti alla comunione.

Il suddetto mutato assetto può altresì rendere necessaria la revisione delle tabelle millesimali ai sensi dell’art. 69 delle disp. att. c.c., necessità che dovrà comunque essere accertata, in via negoziale o giudiziale, e produrrà i suoi effetti solo dalla data della disposta modifica (con efficacia ex nunc).

[1] Art. 934 c.c. – Opere fatte sopra o sotto il suolo – Qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo, salvo quanto disposto dagli articoli 935, 936, 937 e 938 e salvo che risulti diversamente dal titolo o dalla legge.

[2] Cass. Civ. Sez. Un. n. 16794/2007.

[3] Cassazione Civile – Sez. II – Ord. 20288/2017

Avv. Paola Minopoli

Avvocato civilista specializzato in contrattualistica commerciale, real estate, diritto di famiglia e delle successioni, diritto fallimentare, contenzioso civile e procedure espropriative. Conseguita la laurea in Giurisprudenza, ha collaborato con la II cattedra di Storia del Diritto Italiano dell'ateneo federiciano, dedicandosi poi alla professione forense. Ha esercitato prima a Napoli e poi nel foro di Milano, fornendo assistenza e consulenza a società e primari gruppi assicurativi/bancari italiani. Attualmente è il responsabile dell’ufficio legale di un’azienda elvetica leader nella vendita di metalli preziosi, occupandosi della compliance, fornendo assistenza per la governance e garantendo supporto legale alle diverse aree aziendali. Email: paola.minopoli@iusinitinere.it

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