giovedì, Marzo 28, 2024
Litigo Ergo Sum

Analisi dell’estromissione processuale

L’estromissione è un fenomeno che si sostanzia nell’uscita dal processo di una parte, originaria o chiamata in causa, in conseguenza della sua estraneità, originaria o sopravvenuta, rispetto al rapporto giuridico dedotto in giudizio. L’istituto presuppone il difetto di legittimazione dell’estromesso, che non ha più ragione di essere presente nel giudizio e, quindi, perde la qualità di parte a seguito di una pronuncia del giudice sotto forma di ordinanza irrevocabile, subordinata al consenso delle parti. Sull’irrevocabilità dell’ordinanza, la dottrina ha espresso dubbi: una parte ritiene che tale ordinanza sarebbe impugnabile dinanzi al collegio, un’altra parte che sia modificabile o revocabile dallo stesso giudice che l’ha emessa. L’estromissione non ha portata generale, ma è applicata solo in casi specifici previsti dalla legge e cioè negli articoli 108, 109, e 111 c.p.c.

L’art. 108cpc  contempla l’ipotesi in cui il garante comparisce in giudizio e accetta di assumere la causa in luogo del garantito, il quale ha la possibilità di chiedere la propria estromissione, se le altre parti non si oppongono. La garanzia, in generale, si sostanzia nella presenza di un terzo soggetto (il garante) che viene chiamato in giudizio per tenere indenne una parte (il garantito) dalle conseguenze sfavorevoli di una eventuale sconfitta processuale. Il garante acquista così pieni poteri processuali e rende irrilevante la presenza dell’anello intermedio, cioè il garantito estromesso, il quale resta titolare del rapporto sostanziale, pur avendo chiesto di essere estromesso, e non può sottrarsi agli effetti della sentenza, a lui opponibile. Infatti, la norma si pronuncia favorevolmente all’estensione degli effetti della sentenza pronunciata nel giudizio nei confronti dell’estromesso.

L’altra ipotesi di estromissione è prevista dall’art. 109 c.p.c. che contempla l’ipotesi in cui siano presenti più parti che si contendono una prestazione, cioè un’ipotesi di rapporto alternativo al lato attivo. Se l’obbligato si dichiara pronto ad eseguirla in favore di chi ne ha diritto, il giudice può ordinare il deposito della cosa o della somma dovuta e dopo il deposito può estromettere l’obbligato. In questo caso, sorge l’incertezza sull’avente diritto alla prestazione e il debitore informa il giudice di essere disponibile a mettere la cosa o la somma a disposizione su un deposito vincolato, e diventata irrilevante la sua presenza, esce dal processo e lascia al giudice il compito di decidere a quale dei contendenti spetti la prestazione, che egli ha già depositato.

La terza e ultima ipotesi di estromissione è prevista nell’art. 111 comma 3 c.p.c., nell’ambito della successione nel processo a seguito della morte di una della parti. Nella successione a titolo particolare, se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie; se il trasferimento a titolo particolare avviene mortis causa (legato), il processo è proseguito dal successore universale o in suo confronto. In realtà, se il convenuto non ha più il possesso del bene, il giudice dovrebbe sollevare un difetto di legittimazione passiva, invece rende irrilevante l’atto dispositivo del bene, giustificando così la prosecuzione del processo nei confronti del convenuto alienante. Il comma 3 precisa che il successore a titolo particolare acquirente può intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, con un provvedimento del giudice, l’alienante o il successore universale può esserne estromesso. In ogni caso, la sentenza pronunciata contro questi ultimi spiega i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare, il vero titolare della posizione giuridica, indipendentemente dal suo intervento o dalla chiamata in giudizio. Infatti, il convenuto originario sta nel processo a tutela di una posizione che ha ceduto, ma se interviene il nuovo titolare non c’è più motivo che rimanga nel processo e può esserne estromesso.

Infine, è opportuno segnalare un ampio dibattito sviluppatosi in dottrina circa la natura del provvedimento di estromissione. Secondo alcuni, bisognerebbe attenersi a quanto disposto dall’art. 108 c.p.c. che prevede l’ordinanza, secondo altri il provvedimento dovrebbe essere una sentenza, dal momento che si definisce il giudizio nei confronti dell’obbligato. Ma, si argomenta, se l’estromissione è pronunciata con sentenza, difficilmente può distinguersi da una pronuncia sul merito mentre, se è pronunciata con ordinanza, non realizza un’autentica uscita dal processo, perché la successiva sentenza produce effetti anche nei confronti dell’estromesso. Nonostante i dubbi, si preferisce l’adozione dell’ordinanza, in ossequio a quanto fissato dal legislatore.

 

A cura di: Ilaria Nebulosi

Ilaria Nebulosi

Classe 1995. Diplomata al liceo classico con il massimo dei voti, segue la sua vocazione umanistica iscrivendosi alla facoltà di Giurisprudenza nel 2014. Dopo un breve stage a Londra, migliora la sua conoscenza dell'inglese e consegue diverse certificazioni. Appassionata lettrice di romanzi distopici, coltiva la sua passione per la scrittura collaborando con l'area contenzioso di Ius in itinere. Membro attivo di diverse associazioni di giuristi, si impegna con le stesse in iniziative di sensibilizzazione su temi giuridici attuali.

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