Apple e Kiko – La tutela del brand all’interno degli store
Nel 2010 Apple ha registrato presso l’United States Patent and Trademark Office un marchio tridimensionale consistente nella rappresentazione dei propri flagship store, marchio poi esteso a livello internazionale in applicazione dell’Accordo di Madrid relativo alla registrazione internazionale dei marchi del 14 aprile 1891 e successive modifiche. La domanda non è stata accolta in tutti gli Stati dove è stata presentata. In particolare, nel 2013 giunge il rifiuto del Deutsches Patent und Markenamt (DPMA) che ha portato ad un ricorso di Apple presso la Corte federale dei brevetti di Monaco di Baviera che adisce con un rinvio pregiudiziale la Corte di giustizia. Il 10 luglio 2010 la Corte di giustizia dell’Unione Europea (causa C-421/13, Apple Inc. contro Deutsches Patent und Markenamt) ha dunque affermato che la rappresentazione dell’allestimento di un punto vendita può, a determinate condizioni, essere registrata come marchio nel momento in cui è “atta a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese“. Nello specifico, tre sono le condizioni previste dall’art. 3 della Direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2015 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa: in primis l’oggetto della domanda di registrazione deve costituire un segno, inoltre deve essere possibile una sua riproduzione grafica ed infine possedere la capacità distintiva rispetto a prodotti o servizi di altre imprese. La Corte osserva che gli ultimi due requisiti devono essere valutati dai caso per caso e non applicare in modo cieco la direttiva. Come già menzionato, la Corte dunque accoglie la domanda di Apple affermando che può essere registrato come marchio per servizi la rappresentazione, anche consistente in un semplice disegno privo di quote, dell’allestimento interno di un negozio, salvo che il disegno in questione sia in grado di distinguere i servizi in esame da quelli di altre imprese.
Si tratta di una sentenza storica in quanto ha aperto la possibilità per molte catene e reti di negozi di godere di una protezione d’immagine che pare oggi indispensabile per poter attuare strategie di marketing e mercato. Vi sono infatti aziende che sono solite studiare un concept da applicare nell’allestimento a tutti i punti vendita in modo identico per sfruttare il riconoscimento del brand.
A tal proposito è stata emessa una sentenza altrettanto importante da parte del Tribunale di Milano, depositata il 13 ottobre 2015. Il contenzioso aveva come oggetto la tutela degli interni dei negozi Kiko che, a parere dei suoi rappresentati, costituivano un design studiato, creativo, applicato su larga scala e dotato di capacità distintiva. La controparte era Wjcon, rivale nel mercato, che invece sosteneva come alcuni allestimenti del settore fossero “elementi necessitati e diffusamente utilizzati“. In definitiva, il Tribunale ha riconosciuto il carattere creativo degli interni, meritevole di tutela autoriale dal momento che in materia vige il principio secondo cui non è tutelabile l’idea, ma la forma espressiva. Ai sensi dell’art. 2 n. 5 della Legge sul diritto d’autore (L. 633/1941): “In particolare sono ricomprese nella protezione […] i disegni e le opere dell’architettura”, categoria cui viene confermata l’appartenenza anche dei progetti di arredamento di interni. Difatti, la scelta dei colori predominanti, gli spaziosi open space, le grafiche, l’esposizione dei prodotti in espositori traforati, gli schermi incassati e le luci del negozio di make up sono stati considerati manifestazione di un’idea originale che distingue in modo inconfondibile il brand. La sentenza sostiene che Wjcon si sia appropriata di praticamente tutti gli elementi che compongono i negozi della concorrente e dunque la condanna al risarcimento di 716.250 euro ed ordina la modifica, entro due mesi, degli allestimenti di tutti i 120 negozi italiani. In caso di inadempienza, la sanzione viene stabilita a 10.000 euro per ogni negozio non variato.
La Corte di Appello di Milano è intervenuta, in seguito all’appello promosso dalla Wjcon, sospendendo l’esecuzione della sentenza n. 11416 del Tribunale di Milano di cui sopra, in attesa della sua cognizione piena sulla questione che “per la sua delicatezza ed importanza, merita un’adeguata ed approfondita riflessione“.
Infine la Corte d’Appello di Milano ha confermato il 26 gennaio 2016 il divieto per Wjcon di aprire negozi identici o simili a quelli di Kiko e a garanzia di ciò è stato richiesto il deposito di 2 milioni di euro come fideiussione. Viene così riconfermata l’applicazione della tutela autoriale a causa del “carattere originale e creativo” degli allestimenti Kiko.
Alla luce di quanto esposto è evidente la continua dialettica in materia e la necessità di valutare in modo accurato il bilanciamentro tra la necessità di evitare un accentramento nucleare di potere commerciale in alcuni settori e la necessità evidente di garantire strumenti efficaci alle imprese per competere sul mercato tramite elementi distintivi che permettono il riconoscimento dei propri brand. Il mutato quadro normativo e giurisprudenziale permette di sostenere anche la possibilità del cumulo delle tutele ai fini della sopravvivenza del marchio di forma che in caso contrario sarebbe talvolta pregiudicato da una mancata protezione. Ma questa poi è un’altra casistica…
Elisabetta Colombo, in concomitanza agli studi accademici presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano, è attualmente attiva nell’associazione internazionale ELSA (The European Law Students’ Association) con la nomina di Presidente di ELSA Milano ed inoltre lavora nel Team for External Relations di ELSA Italia.
Nel febbraio 2016 si è aggiudicata il quarto posto all’ICC International Commercial Mediation Competition e a novembre il primo classificato alla II National Negotiation Competition organizzata da ELSA Italia.
Ricopre la carica di Head of Organizing Committee della III edizione della National Negotiation Competition che sarà ospitata da ELSA Milano questo novembre.
Con l’incarico di National Coordinator e Researcher del Legal Research Group internazionale sul tema dell’European Compliance Benchmark ha approfondito la relativa tematica coordinando al contempo il gruppo di lavoro italiano giungendo dunque alla pubblicazione del lavoro lo scorso maggio.