domenica, Dicembre 1, 2024
Criminal & Compliance

Articolo 51 c.p.: esercizio di un diritto o adempimento di un dovere. Cosa prevede la legge?

L’ articolo 51 c.p. recita al primo comma :”L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità”.  Da questa disposizione si evince il conflitto che si viene a creare in questi casi tra la norma penale incriminatrice e un’altra norma dell’ordinamento giuridico fonte di diritti e doveri, i quali non potranno realizzarsi se non attraverso la realizzazione di un fatto tipico. Quest’ultima è una norma speciale, una norma permissiva che , ordinando l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere, implica il sacrificio di un diverso interesse penalmente tutelato ed autorizza quindi il compimento di fatti tipici. L’art.51 c.p., dunque, può definirsi come una esimente in bianco, in quanto si ha un necessario rinvio ad una norma, il più delle volte extra penale, da cui derivano il diritto o il dovere giuridico. Tale norma ha effetto giustificante-permissivo; nello specifico si tratta di  una norma costituzionale o di una norma rinvenuta nella legge ordinaria,  poiché ha come conseguenza principale la disapplicazione della norma penale incriminatrice.

L’esercizio di un diritto

Cosa si intende per esercizio di un diritto? Il diritto di cui all’art.51 c.p. è un qualsiasi potere giuridico di agire, ad esempio i poteri spettanti agli organi pubblici, i diritti soggettivi, le potestà , i diritti potestativi, le mere facoltà giuridiche e l’interesse legittimo,  purché possa questo riconnettersi ad una facoltà o un potere di agire. La specialità di cui sopra, appare molto significativa nel caso di esercizio di un diritto dal momento che l’interprete , dovrà stabilire preliminarmente che non sia la legge penale ad autorizzare una deroga o ad apportare una limitazione al diritto in questione. In casi del genere andrebbe a prevalere la norma penale incriminatrice e non la legge speciale. Inoltre, occorre ricordare che non è sempre facile distinguere i casi in cui si è in presenza di una norma permissiva che va ad elidere l’applicabilità di una norma penale incriminatrice dai casi in cui è la norma penale che va a costituire un limite per l’esercizio di un diritto. Ad esempio un giornalista, nell’esercizio del diritto di cronaca, può ledere i diritti civili. Questi  sono entrambi diritti garantiti dall’ordinamento, ma confliggono nel momento in cui si deve valutare quale di essi debba prevalere e a quale di essi avrebbe dovuto dare prevalenza l’agente nel momento dell’azione. Tale problema si intreccia talvolta con il problema dell’abuso del diritto, che si realizza quando i limiti normativi all’esercizio di un diritto vengono superati.

Ancora, maggiori problemi possono verificarsi quando si tratta di esercizio di un diritto riconosciuto a livello costituzionale. La dottrina ha elaborato a tal proposito due principi fondamentali:

  • La norma di legge ordinaria , compresa la norma penale incriminatrice, non può prevalere sulla norma costituzionale.
  • L’esercizio di un diritto costituzionale non è senza limiti, in quanto va contemperato con altri diritti egualmente riconosciuti come meritevoli di tutela dalla Costituzione.

Prendendo come esempio sempre il diritto di cronaca giornalistica, questo garantisce copertura costituzionale dell’art. 21 Costituzione alle condotte lesive dell’altrui reputazione solo a certe condizioni che manifestano il prevalere di esigenze di informazione, come la verità,  che giustificano il sacrificio di alcuni beni individuali coinvolti.

Per quanto riguarda l’ambito di applicazione, dal momento che l’art.51 c.p. non è soggetto al principio di legalità , il diritto potrà nascere anche da regolamenti, consuetudini, contratti, atti amministrativi o dal diritto straniero.

L’adempimento di un dovere

Altra causa di giustificazione disciplinata dall’art.51 c.p. è l’adempimento di un dovere. Anche l’adempimento di un dovere può portare ad un potenziale conflitto di doveri.

Per quanto riguarda la fonte del dovere di agire, la norma distingue tra dovere che scaturisce da una norma giuridica e dovere che deriva da un ordine legittimo della pubblica autorità. Per quanto riguarda la prima fonte, dottrina e giurisprudenza sono concordi nel far rientrare tra le norme giuridiche anche quelle di rango inferiore alla legge o quelle appartenenti ad un ordinamento straniero.  Quanto all’ordine legittimo della pubblica autorità, per potere avere una efficacia esimente, si deve trattare di una manifestazione di volontà emanata nell’ambito di un rapporto di subordinazione di diritto pubblico.  Parte della dottrina ritiene che per pubblica autorità si intendano solo i pubblici ufficiali, altra parte fa riferimento anche ad incaricati di pubblico servizio ed esercenti servizi di pubblica necessità.

Per poter escludere la punibilità è necessario che l’ordine sia legittimo, contrariamente non potrebbe escludersi l’antigiuridicità del fatto. L’ordine sarà formalmente legittimo quando il superiore è competente ad emanarlo,  l’inferiore ad eseguirlo e quando è impartito nelle forme prescritte.  Sarà sostanzialmente legittimo quando ci sono presupposti di fatto e di diritto previsti dalla legge. Ci sono due casi in cui l’ordine risulta illegittimo, ma chi lo esegue non è punito:

  • Il caso in cui per errore di fatto l’inferiore ha creduto di eseguire un ordine legittimo (art.51 comma 3 c.p.)
  • I casi in cui egli non poteva, per legge, sindacare la legittimità del potere.

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