Automatica decadenza dai benefici in caso di autodichiarazione falsa: sollevata la questione di legittimità costituzionale
Lo scorso settembre, il TAR Puglia[1] ha sollevato la questione di legittimità costituzionale in ordine all’automatica decadenza del privato dai benefici conseguiti in caso di autodichiarazione falsa, secondo quanto prescritto dall’art. 75, D.P.R. 445/2000[2].
Al riguardo, giova premettere che la disciplina del predetto D.P.R. va letta nell’ottica di una crescente semplificazione dell’attività amministrativa, incentrata sul principio dell’autoresponsabilità del dichiarante.
Ebbene, prendendo le mosse dalla disposizione considerata dai Giudici pugliesi, a tenore della quale “Fermo restando quanto previsto dall’art. 76, qualora dal controllo di cui all’articolo 71, emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera”, ne discende che le Amministrazioni siano tenute ad operare dei controlli sulla veridicità delle autodichiarazioni rese[3], conseguendo all’eventuale accertamento di segno negativo l’automatica decadenza dai benefici ottenuti, ferma restando la rilevanza della condotta sotto il profilo penale – per il quale vengono senz’altro in rilievo le circostanze soggettive – nell’ipotesi in cui sia configurabile la fattispecie di reato di falso[4].
Il TAR ha precisato che, come sostenuto da consolidata giurisprudenza sul punto[5], il contenuto dell’autodichiarazione – avente funzione spiccatamente probatoria – non può che essere veritiero, con il logico corollario di far decadere il dichiarante dall’utilitas conseguita in caso di accertata dichiarazione falsa.
Il Collegio contesta, però, l’assoluta rigidità della norma in esame che, nel legittimare l’operatività di un meccanico automatismo legale, impone che all’oggettivo esame della non veridicità delle dichiarazioni rese, debba necessariamente succedere la decadenza dai benefici che il privato ha ottenuto per via della dichiarazione medesima.
Invero, i Giudici lamentano l’inesistenza di margini di discrezionalità in capo alla PA che, dovendosi attenere al solo dato oggettivo (autodichiarazione falsa), non può prendere in considerazione eventuali elementi soggettivi inerenti alla condizione del soggetto dichiarante o ad eventuali giustificazioni da lui adducibili sul punto, con la spiacevole conseguenza di sacrificare proprio quei valori costituzionali che la disposizione mirava a rendere più agevolmente perseguibili attraverso la semplificazione.
Pertanto, concludono i Giudicanti, il giudizio di ragionevolezza, lungi dal configurarsi quale asettica ed astratta valutazione del singolo caso, deve essere inteso nel senso di un giudizio concreto della legge rispetto alla realtà, con il risultato che la decadenza – in chiave sanzionatoria – dal beneficio ottenuto rappresenti una macroscopica violazione del principio “di proporzione, che è alla base della razionalità che, a sua volta, informa il principio di uguaglianza sostanziale ex art. 3 della Costituzione”, nella misura in cui l’assolutizzazione di una regola così rigida non consente di far salve neppure ipotesi di non veridicità, limitate ad aspetti di infinitesimale rilevanza concreta, con “abnormità e sproporzione delle relative conseguenze, rispetto al reale disvalore del fatto commesso”.
[1] TAR Puglia, ordinanza n. 1346 del 17 settembre 2018.
[2] D.P.R. 445 del 28 dicembre 2000, recante “Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa”.
[3] A norma dell’art. 71, D.P.R. 445/2000, che recita “Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione, e in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi, sulla veridicita’ delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47. I controlli riguardanti dichiarazioni sostitutive di certificazione sono effettuati dall’amministrazione procedente con le modalita’ di cui all’articolo 43 consultando direttamente gli archivi dell’amministrazione certificante ovvero richiedendo alla medesima, anche attraverso strumenti informatici o telematici, conferma scritta della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei registri da questa custoditi. Qualora le dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47 presentino delle irregolarita’ o delle omissioni rilevabili d’ufficio, non costituenti falsita’, il funzionario competente a ricevere la documentazione da’ notizia all’interessato di tale irregolarita’. Questi e’ tenuto alla regolarizzazione o al completamento della dichiarazione; in mancanza il procedimento non ha seguito. Qualora il controllo riguardi dichiarazioni sostitutive presentate ai privati che vi consentono di cui all’articolo 2. l’amministrazione competente per il rilascio della relativa certificazione, previa definizione di appositi accordi, e’ tenuta a fornire, su richiesta del soggetto privato corredata dal consenso del dichiarante, conferma scritta, anche attraverso l’uso di strumenti informatici o telematici, della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei dati da essa custoditi.”
[4] A norma dell’art. 76, D.P.R. 445/2000, per cui “Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico e punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia. L’esibizione di un atto contenente dati non piu’ rispondenti a verita’ equivale ad uso di atto falso. Le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli articoli 46 e 47 e le dichiarazioni rese per conto delle persone indicate nell’articolo 4, comma 2, sono considerate come fatte a pubblico ufficiale. Se i reati indicati nei commi 1, 2 e 3 sono commessi per ottenere la nomina ad un pubblico ufficio o l’autorizzazione all’esercizio di una professione o arte, il giudice, nei casi piu’ gravi, puo’ applicare l’interdizione temporanea dai pubblici uffici o dalla professione e arte.”
[5] Ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 9 aprile 2013 n. 1933.
Chiara Svampa nasce a Napoli nel novembre del 1993.
Dopo aver conseguito la maturità classica presso il liceo Umberto I di Napoli, si iscrive al Dipartimento di Giurisprudenza presso l’università Federico II di Napoli dove attualmente frequenta l’ultimo anno.
Sin da subito animata da grande passione, con il progredire degli studi si interessa in particolar modo al Diritto Amministrativo.
A conclusione del suo percorso universitario è infatti impegnata nella redazione della tesi in Diritto Amministrativo relativa alle nuove modalità di conclusione del procedimento amministrativo, seguita dalla Prof. Spagnuolo Vigorita.