venerdì, Marzo 29, 2024
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Autotutela in diritto amministrativo ed affidamento tutelato

  1. La nozione di autotutela

La nozione di “autotutela”, in generale, vale ad indicare la sussistenza di uno schema regola-deroga. Infatti, quest’ultima si sostanzia nel riconoscimento prima e nell’esercizio poi del potere giuridico di autotutela operato dal legislatore, rispettivamente in capo a e da parte di un soggetto giuridico. Difatti, l’autotutela rappresenta la deroga rispetto all’esercizio esclusivo da parte dello Stato di talune prerogative.

La ratio dell’istituto “autotutela”, presente in vari settori dell’ordinamento[1], è sempre quella di salvaguardare un bene giuridico che l’ordinamento medesimo riconosca come superiore rispetto alla necessità di un proprio agire esclusivo in uno specifico ambito. Infatti, è proprio a tale scopo che si giustifica la deroga alla regola generale di tipo proibitivo. Ad esempio, nel diritto penale l’aver agito in presenza dei presupposti di cui all’art. 52 c.p. («Difesa legittima») consente una lecita deroga rispetto al principio del monopolio statale dell’uso della forza[2]. Allo stesso modo e nel medesimo ambito, ma da una prospettiva civilistica, viene in evidenza l’art. 2044 c.c. («Legittima difesa»)[3].

1.1 L’autotutela nel diritto amministrativo

Se la funzione generale dell’autotutela può essere, pertanto, considerata quella di fornire una (elastica) deroga rispetto alla regola generale, tale funzione trova una precisa contestualizzazione rispetto alla materia amministrativa. Infatti, nel diritto amministrativo le relazioni giuridiche tra i diversi soggetti (segnatamente tra PA e privati) non risultano collocate su di una superfice, per dir così, piana, bensì appaiono disposte lungo una sorta di piano inclinato. Conseguentemente, tale inclinazione riflette la preminenza che l’ordinamento accorda all’interesse generale[4]. Pertanto, bisogna evidenziare come l’ordinamento amministrativo non conosca ipotesi di potere di autotutela riconosciuto al privato. Ebbene, ciò appare coerente con la ratio sottostante all’autotutela, laddove quest’ultima venga contestualizzata in un settore quale quello amministrativo.

Preliminarmente, occorre verificare dove risieda il fondamento normativo dell’autotutela nel diritto amministrativo e, per le ipotesi in cui risulti rinvenibile, di quale regola generale esso consenta la deroga.

  1. Gli “spazi” dell’autotutela amministrativa

Tanto precisato, occorre formulare una premessa: nella materia amministrativa gli ambiti interessati dall’autotutela sono due, vale a dire, da una parte, quello relativo alla esecutorietà ed esecutività riconosciute a vantaggio della PA e, dall’altra, quello concernente la capacità di quest’ultima d’incidere unilateralmente sull’efficacia di un atto amministrativo già posto in essere[5].

Infatti, per quanto concerne il primo dei due summenzionati ambiti, l’art. 21-ter l. 241/1990 consente alla PA di derogare, «nei casi e alle modalità stabilite dalla legge», alla regola generale del monopolio del riconoscimento dell’efficacia esecutoria in capo all’autorità giudiziaria (ex art. 112 ss. c.p.a.); identicamente agisce l’art. 21-quater rispetto all’esecutività del provvedimento amministrativo, stabilendo che «i provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente…».

Diversamente, più elaborata risulta l’attribuzione del potere di autotutela in capo alla PA con riferimento ai cdd. “provvedimenti di II grado”, vale  adire quei provvedimenti la cui efficacia si riverbera sull’efficacia di altri provvedimenti (cdd. “di I grado”) in precedenza emanati dalla stessa PA[6].

Più esattamente, in ragione dello specifico effetto del provvedimento di  II grado è possibile distinguere tra varie modalità d’esercizio del potere di autotutela riconosciute alla PA e cioè: sospensione (ex art. 21-quater co.2 l. 241/1990); revoca (ex art 21-quinques l. 241/1990); convalida (ex art. 21-nonies co.2 l. 241/1990); annullamento (ex art. 21-nonies coo. 1 e 2-bis l. 241/1990). In particolare, ciò che accomuna le tipologie di provvedimenti da ultimo menzionati è il fatto di consentire una deroga rispetto al principio in base al quale solo all’autorità giudiziaria è consentito d’incidere con valenza ex tunc sull’efficacia di un atto giuridico già posto in essere in maniera tale da incidere su altrui sfere giuridiche soggettive. Pertanto, ne consegue che attraverso l’esercizio del potere di autotutela in esame la PA è in grado d’incidere unilateralmente sulle situazioni giuridiche soggettive dei privati scaturenti da un precedente atto amministrativo.

  1. La posizione del privato rispetto ai differenti provvedimenti di II grado

Dunque, è necessario valutare l’impatto che ha sul privato l’esercizio da parte della PA del potere di autotutela attraverso lo strumento del provvedimento di II grado, nonché i relativi limiti. A tal fine risulta proficuo l’esame della disciplina delle varie tipologie di provvedimenti di II grado riconosciuti e disciplinati dal legislatore nella l. 241/1990, giacché il principio di legalità impone che l’autotutela (in quanto deroga[7]) possa trovare applicazione solo nelle ipotesi e nelle modalità previste dal legislatore[8].

3.1 Il provvedimento di sospensione

Anzitutto, analizzando l’intervento in autotutela della PA nei termini di una sospensione dell’efficacia di un precedente «provvedimento amministrativo» ex art. 21-quater co.2, emergono alcuni tratti salienti: anzitutto, la sospensione è ammessa al ricorrere di «gravi ragioni»; inoltre, la stessa può essere disposta «dallo stesso organo che ha emanato (il provvedimento di I grado) ovvero da altro organo previsto dalla legge». Ne consegue che per «gravi ragioni» deve intendersi un’attinenza al fine perseguito dal primo ente emanatore del primo atto amministrativo, dunque un interesse pubblico della stessa specie[9]. Ancora, l’intervento sospensivo in autotutela è ammesso per il solo «tempo strettamente necessario» e comunque non può essere disposto «oltre i termini per l’esercizio del potere di annullamento di cui all’art. 21-nonies[10]», nonché quest’ultimo «può essere prorogato o differito per una sola volta», mentre è particolarmente libera («sopravvenute esigenze») la possibilità di riduzione del termine medesimo.

Dunque, dalla disciplina posta dall’art. 21-quater co.2 emergono due elementi posti al centro dell’attenzione del legislatore nel disciplinare l’esercizio di tale tipologia del potere di autotutela della PA: la preminenza dell’interesse sotteso all’esercizio del potere medesimo, per un verso; il trascorrere del tempo (con un limite massimo di tempo per l’esercizio di tale potere, nonché un generale favor alla riduzione dello stesso), per altro verso.

3.2 Il provvedimento di revoca

Invece, passando all’analisi del potere di revoca in autotutela ex art. 21-quinques emerge che la stessa può esser disposta «per sopravvenuti motivi d’interesse pubblico ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile … o (salvo particolari categorie di atti amministrativi[11]) di nuove valutazioni dell’interesse pubblico originario»; inoltre, legittimato all’esercizio di tale potere è l’organo che in precedenza ha emanato l’atto di I grado oppure «altro organo previsto dalla legge». Infine, vi è la previsione di un obbligo d’indennizzo per le ipotesi in cui, nell’esercizio dell’autotutela, vi sia il pregiudizio di soggetti direttamente interessati, nonché al successivo co.2 si ha la disciplina specifica di tale obbligo.

3.3 Il provvedimento di convalida

A seguire, per quanto concerne il potere di convalida, ovverosia di rendere un atto amministrativo originariamente annullabile non più passibile di simile sanzione, l’art. 21-nonies co.2 sancisce che, nonostante la sussistenza (anche) di un potere di annullamento in capo alla PA nelle ipotesi di annullabilità del provvedimento amministrativo di cui all’art. 21-octies co.1, il medesimo provvedimento può essere convalidato dalla stessa PA al ricorrere di «ragioni di interesse pubblico» e di un «termine ragionevole» (alla stregua del canone di ragionevolezza di cui al comma precedente).

3.4 Il provvedimento di annullamento in autotutela

Da ultimo, rileva la disciplina dell’annullamento in autotutela («d’ufficio») di cui all’art. 21-nonies co.1 e 2-bis (quest’ultimo introdotto nel 2015). Tale disciplina rende lecito l’esercizio di tale forma di autotutela da parte dell’organo che ha emanato il provvedimento di I grado o di «altro organo previsto dalla legge», entro un «termine ragionevole» (per talune tipologie di provvedimenti comunque non superiore a 18 mesi[12]), «tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati», al ricorrere di «ragioni di interesse pubblico» e rimanendo «ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo». Infine, il co.2-bis detta una disciplina dalla quale si ricava che la scorretta condotta del privato fa venir meno la necessarietà di un termine ragionevole per l’esperimento dell’annullamento in autotutela.

  1. Le caratteristiche dell’autotutela consentita alla PA

Dal quadro così delineato scaturiscono, evidentemente, alcune considerazioni fondamentali rispetto alla connotazione del potere di autotutela ed al suo esperimento.

4.1 Autonomia del potere di autotutela

In primis, da un punto di vista soggettivo si evince che l’esercizio del potere di autotutela tramite l’emanazione di un provvedimento di II grado è sempre consentito esclusivamente al medesimo organo competente per l’emanazione dell’atto amministrativo di I grado, salvo i casi espressamente previsti dalla legge. Tale circostanza, in particolare, ha fatto sorgere il dubbio che nelle ipotesi di cui agli artt. 21-quater co.2, 21-quinques e 21-nonies l. 241/1990 non si trattasse di autonomo e specifico “potere di autotutela” (locuzione sin qui adoperata per comodità espositiva), bensì si fosse in presenza di mero esperimento del medesimo potere sottostante all’emanazione del primo atto amministrativo (in antagonismo, dunque, alla cd. “teoria della consumazione del potere”).

Tuttavia, i detrattori di tale ultima tesi rilevano che: da un lato, la mera coincidenza del soggetto autorizzato a procedere a sospensione/revoca/annullamento/convalida con l’autore del provvedimento di I grado (salvo eccezioni tassativamente previste) non vale a garantire che si tratti di riesercizio del medesimo potere e non di esperimento di un nuovo e differente potere (di autotutela, appunto); dall’altro lato, l’allocazione normativa ed il “raccordo” (tramite il ricorso agli stessi presupposti se non addirittura le medesime parole o locuzioni) operato tra le norme in parola consentirebbe d’ipotizzare come il legislatore abbia voluto sistematicamente introdurre il potere di autotutela del tipo qui in esame. Vale a dire come autonomo potere capace di dispiegarsi secondo molteplici forme applicative.

In ogni caso, è bene rilevare come tale dialettica rilevi esclusivamente sul piano astratto, in quanto è in ogni caso indubbio che si tratti di modalità di esercizio di un potere amministrativo con tutto quanto ne consegue.

4.2 Il limite del legittimo affidamento

In secundis, vengono in evidenza i profili del comportamento del privato, nonché quello del tempo trascorso tra l’adozione del provvedimento di II grado e quello di I grado. A ben vedere, si tratta proprio degli elementi costituenti il cd. “legittimo affidamento”. Più esattamente, in ambito amministrativo si parla di affidamento legittimo con riferimento a quell’affidamento del privato il quale riceve un riconoscimento ed una tutela giuridica in virtù fiducia riposta in merito alla consolidazione degli effetti derivanti da un atto a lui favorevole posto in essere dalla PA[13].

In effetti, tale principio trova riconoscimento tanto nel nostro ordinamento (basti considerare il principio di chiarezza e determinatezza in ambito penale e la rilevanza che può assumere la cd. “buona fede soggettiva” in ambito civile), quanto in ambito comunitario[14] (dove la giurisprudenza della CGUE tende ad interpretarlo ed affermarlo, d’accordo con il cd. “principio di certezza giuridica”, nel senso di prevedibilità).

Pertanto, è possibile affermare che il legittimo affidamento[15] si trova in una condizione di naturale conflittualità rispetto all’esercizio del potere di autotutela della PA attraverso provvedimenti di II grado[16]. Conseguentemente, ne deriva un necessario bilanciamento cui è tenuto il legislatore nel disciplinare l’autotutela amministrativa. In considerazione di ciò, quest’ultimo è giunto ad affermare due principi cardine della materia, ovverosia che: da una parte, i presupposti temporali per l’esperimento dell’autotutela si restringono (attraverso il “canone della ragionevolezza”[17]) con il trascorrere del tempo dal momento dell’adozione del primo atto amministrativo;  dall’altra, le “maglie” del potere di autotutela risultano espanse in occasione di comportamenti scorretti tenuti dal privato[18].

In effetti, tale ultima considerazione rileva sotto un duplice profilo: per un verso, attraverso una possibile riespansione del canone di ragionevolezza del termine per esercitare l’autotutela a favore della PA[19] e, per altro verso, come criterio di fondatezza del diritto all’indennizzo che può sorgere in capo al privato in occasione dell’esperimento del potere di autotutela da parte della PA.

  1. Il diritto all’indennizzo

In particolare, con riferimento al diritto d’indennizzo occorre svolgere alcune ulteriori considerazioni. Anzitutto, si tratta di indennizzo (e non di risarcimento) in quanto il danno deriva da attività lecita, il cui perimetro è definito dalla cd. “norma d’azione” che riconosce il potere di autotutela; inoltre, il “quantum” dell’indennizzo dipenderà in concreto dal tempo effettivamente trascorso dall’adozione dell’atto amministrativo di I grado.

Ancora, occorre considerare che il soggetto privato individuato dall’art. 21-nonies co.2-bis non necessariamente coinciderà con (uno o tutti) i «destinatari» ed i «controinteressati» rispetto al primo provvedimento. Pertanto, è necessaria una corretta gestione di tali ipotesi. In una simile prospettiva l’art. 21-quinques co.1 afferma che «se la revoca comporta pregiudizi in danno di … interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere all’indennizzo», mentre solo il successivo co.1-bis, con riferimento ai rapporti negoziali, tiene conto dell’eventuale «concorso» al fine della quantificazione dell’eventuale indennizzo. Infine, se si aggiunge la disciplina di cui all’art. 21-nonies co.2-bis, idonea a far venire meno il presupposto della ragionevolezza del termine per l’esercizio del potere di annullamento in autotutela in presenza di condotte non corrette da parte di un privato (non necessariamente destinatario o controinteressato  dell’atto amministrativo), emerge un quadro piuttosto complesso.

Infatti, per prima cosa taluni privati potranno veder deteriorato il proprio legittimo affidamento (con riferimento al canone della ragionevolezza del termine) anche laddove la condotta scorretta non sia ad essi attribuibile, né da essi conosciuta o diligentemente conoscibile. Tuttavia, ex art. 21-quinques co.1 ed 1-bis nei confronti degli stessi soggetti la PA avrà un obbligo d’indennizzo laddove si tratti d’interessati ed inoltre avrà un obbligo d’indennizzo parametrato alla eventuale responsabilità ove l’autotutela incida su rapporti negoziali (dunque, anche laddove si tratti di meri controinteressati).

  1. Considerazioni finali

In effetti, tale ricostruzione della problematica de qua deriva da una lettura unitaria delle disposizioni in tema di autotutela, la quale, però, intanto risulterà tanto più giustificata, in quanto s’intenda riconoscere l’esistenza di un generale “potere di autotutela”.

Diversamente, del resto, la tutela del legittimo affidamento risulterà tratteggiata di volta in volta dalla disciplina della modalità attuativa dell’autotutela concretamente posta in essere e ciò non senza rilievo pratico (basti pensare alla difficoltà pratica nella distinzione tra provvedimenti di II grado di revoca ex art. 21-quinques e di annullamento ex art. 21-nonies[20]).

Da ultimo, occorre considerare come, coerentemente con la nozione di “autotutela” calata nel contesto amministrativo, i provvedimenti di II grado risultano sempre necessariamente dipendenti dalla sussistenza concreta di un interesse pubblico, sebbene tale concetto venga espresso con parole differenti, seppur equipollenti, dagli artt. 21-quater, 21-quinquies e 21-nonies coo.1 e 2 l. 241/1990[21].

[1] R. Garofoli, G. Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, 2018, pag. 1128, Nel diritto editore, Molfetta.

[2] G. Marinucci E. Dolcini G. L. Gatta, Manuale di diritto penale Parte generale, 2018, pag. 340, Giuffrè Editore, Milano.

[3] C. M. Bianca, Istituzioni di diritto privato, 2018, pag. 596, Giuffrè, Milano.

[4] Infatti, nel diritto amministrativo un potere di autotutela viene riconosciuto alla sola PA in virtù del differente impatto del suo agire giuridico (rispetto a quello dei privati) sull’ordinamento stesso. Del resto, interessi tipicamente preminenti ed indifferibili (sotto il profilo della loro tutela) agli occhi dell’ordinamento, nonché collegati all’azione amministrativa sono, anzitutto, la salvaguardia delle casse pubbliche e, più in generale, il buon andamento nell’amministrazione della cosa pubblica, nonché il corretto perseguimento degli interessi pubblici. R. Garofoli, G. Ferrari, op. cit., pag. 1129.

[5] Taluni autori con riferimento a tale bipartizione dell’autotutela nel diritto amministrativo parlano di autotutela esecutiva ed autotutela decisoria, rispettivamente con riferimento all’autotutela relativa all’esecutorietà ed esecutività del provvedimento amministrativo (ex artt. 21-ter e 21-quater l. 241/1990) ed all’autotutela inerente i cdd. “provvedimenti di II grado” (taluni, peraltro, riconducono a tale ultima categoria anche gli atti espressione del potere di controllo e quelli riconducibili alla cdd. “autotutela contenziosa”). R. Garofoli, G. Ferrari, op. cit., pagg. 1128 ss..

[6] F. G. Scoca, Diritto Amministrativo, 2014, pagg. 337 ss., Giappichelli, Torino.

[7] Se si accoglie la relativa teoria, l’autotutela necessita di concrete fonti normative anche in quanto potere.

[8] Peraltro, la dottrina tende a sottolineare con particolare vigore l’esigenza del rispetto del principio di legalità nell’esplicazione di attività amministrativa di autotutela da parte della PA e ciò in ossequio all’art. 117 Cost. (Cerulli Irelli, Osservazioni sulla legge di modifica della l. 241/1990, in  www.giustamm.it).

[9] Quindi, da individuarsi per relationem. F. G. Scoca, op. cit., pagg. 346 e 347.

[10] Vale a dire «diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici».

[11] A tal proposito qualche dubbio persiste in merito alla considerazione dei soli provvedimenti attributivi di vantaggi economici (identica categoria rispetto a quella presa in considerazione dall’art. 21-nonies) e non anche delle altre tipologie di provvedimenti concessori. E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, 2017, pag. 598 , Giuffrè, Milano.

[12] Interessante notare come qui la norma sembra porre una sorta di presunzione assoluta di prevalenza degli interessi privati coinvolti che opera già a monte, al momento dell’attribuzione del potere di annullamento in autotutela alla PA.

[13] E. Casetta, op. cit., pag. 419..

[14] Ex multis: CGUE, sentenza 17 dicembre 1998, causa C-186/96).

[15] Evidentemente, laddove sia connesso ad interessi oppositivi rispetto all’emanazione del provvedimento di II grado.

[16] F. G. Scoca, op. cit., pagg. 342 e 343.

[17] Precisamente, occorre segnalare come tale criterio abbia “avuto la meglio” rispetto ad una iniziale proposta di riforma la quale aggiungeva al criterio della ragionevolezza del termine anche il limite massimo invalicabile dei due anni per l’esercizio dell’atto di autotutela. Pertanto, tale sviluppo normativo conferma il carattere proprio dell’autotutela quale deroga-elastica, come in precedenza osservato. R. Garofoli, G. Ferrari, op. cit., pagg. 1144 e 1145. Del resto, la stessa interpretazione giurisprudenziale del criterio di ragionevolezza del termine ha natura sostanziale-concreta e funzione elastica, come confermato da importanti pronunce  (ex multis: Consiglio di Stato Sez. VI, 27 febbraio 2012, nr.°1081).

[18] E. Casetta, op. cit., pagg. 586 ss..

[19] Al riguardo, occorre segnalare come non sussista alcun affidamento legittimo (quindi tutelabile) laddove il soggetto cui tale situazione giuridica soggettiva dovrebbe inerire avesse ottenuto il provvedimento a lui favorevole tramite l’allegazione di atti o dichiarazioni falsi. Sul punto: Tar Umbria, 7 agosto 2013, nr.°429.

[20] Tanto più che la giurisprudenza ricorre al (anche e soprattutto) criterio sostanziale nella determinazione del tipo di provvedimento di II grado. Consiglio di Stato Sez. V, 22 gennaio 1999, nr.°50.

[21] F. G. Scoca, op. cit., pag. 339.

Antongiulio Maglione

Antongiulio Maglione nasce a Napoli l'8/1/1993. Consegue la maturità classica presso il liceo "Umberto I" di Napoli nel 2011. Successivamente al conseguimento del diploma, tentato sia dagli studi giuridici sia da quelli ingegneristici, s'iscrive alla facoltà d'ingegneria della "Federico II" di Napoli, per poi risolversi definitivamente nella direzione forense. Pertanto, nell'ottobre 2012 inizia gli studi giuridici presso la facoltà di giurisprudenza della "Federico II" di Napoli, dove si laureerà con il massimo dei voti nel dicembre 2017. Durante il percorso di studi sviluppa un particolare interesse per le questioni giuridiche ed a conferma di ciò, d'intesa con il Professore di diritto penale Bruno Assumma, alla seduta di laurea espone la sua tesi intitolata "Reato impossibile ed oggetto della tutela penale". Dopo aver conseguito la laurea, la forte attrattiva per questa tipologia di studi e la passione per la giustizia lo portano a proseguire i propri studi al fine di poter partecipare al concorso per una carriera nella magistratura ordinaria. A tal fine, ha sostenuto altresì un tirocinio di 18 mesi presso il Tribunale di Sorveglianza di Napoli. In concomitanza con tali studi, animato dalla passione per l''apprendimento e per l'approfondimento, all'alba del 2019 inizia a collaborare con "Ius in itinere" attraverso la produzione di elaborati trasversali alle tre macro-aree giuridiche fondamentali. Sostiene da sempre il rispetto della vita animale e durante il tempo libero ama praticare sport, ascoltare musica ed assistere a spettacoli teatrali e cinematografici.

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