Baratto amministrativo: la varianti adottate da alcuni Comuni d’Italia e la pronuncia della Corte dei Conti sull’interpretazione di questo servizio civico
Il baratto amministrativo è lo strumento predisposto dal decreto Sblocca Italia che offre ai cittadini la possibilità di saldare i debiti con il fisco attraverso attività dirette alla produzione di servizi civici che comportano delle riduzioni o esenzioni dei tributi corrispondenti all’attività svolta. Tale strumento è stato introdotto dall’art. 24 del decreto legge 133/2014 che reca il titolo “Misure di agevolazione della partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione del territorio” convertito nella legge n° 164 dello stesso anno e che dispone: “gli interventi possono riguardare la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento delle aree verdi, piazze e strade ed in generale la valorizzazione di una delimitata zona del territorio urbano o extraurbano”. D’altro canto, i Comuni possono, in relazione alla tipologia dei predetti interventi dei cittadini, deliberare esenzioni o riduzioni dei tributi. I tributi a cui si riferisce la legge sono TASI, IMU, TARI ed in generale i debiti che i cittadini hanno contratto con il fisco. L’esenzione del pagamento delle tasse locali è concessa solo per un periodo di tempo limitato ed è commisurato all’entità del lavoro svolto e del debito da saldare con la Pubblica Amministrazione. Lo stesso si rinviene nel codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 50/2016) all’articolo 190, in adempimento di quanto disposto dall’articolo 1 comma 1-bis della legge sul procedimento amministrativo (l. 241 del 1990): “la pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente”.
Gli obiettivi che il baratto amministrativo si pone sono da un lato, migliorare i rapporti tra cittadinanza e pubblica amministrazione rendendola protagonista della vita amministrativa, e dall’altro lato, offrire ai Comuni la possibilità di risparmiare sui tributi locali attraverso contributi personali o di gruppo forniti alla pubblica amministrazione .
Si pone di seguito l’esempio di uno dei primi comuni italiani che ha predisposto il baratto amministrativo, il Comune di Casale Marino, il quale con atto n. 32 del 11/05/2016, ha approvato la delibera avente ad oggetto il baratto amministrativo. Nell’atto si legge che i beneficiari sono i singoli contribuenti, cittadini, associazioni e le altre formazioni sociali di cui all’art. 5 del Regolamento del Baratto Amministrativo (è dunque evidente che risultano escluse da tale misura le imprese). Per quanto concerne i requisiti se ne rinvengono i seguenti: essere residenti nel comune di Casale Marittimo, età non inferiore ai 18 anni, idoneità psicofisica all’attività o al servizio da svolgere, assenza di condanne penali, attestato ISEE non superiore a 36.000€. Per le associazioni si aggiungono altri requisiti, tra i quali: sede legale nel comune di Casale Marittimo, perseguire scopi istituzionali non lontani dalle finalità del Comune. Si evidenzia, dunque, come è lasciata libertà ai singoli Comuni di adottare misure corrispondenti ai bisogni della cittadinanza attraverso gli avvisi pubblici predisposti. Si noti infatti che il Comune di Invorio, invece, ha adottato il criterio dell’ISEE non superiore ad €8.500 ed ha inoltre previsto un debito non superiore ad €5.000.
Tra i Comuni che hanno adottato il baratto amministrativo si segnalano i seguenti: Invorio (in provincia di Novara) che è stato il primo nel 2014, a cui ha fatto seguito Novara, Marcellinara, Torino (che ha disposta la misura in maniera sperimentale per un anno), Milano (ma per i soli cittadini che versano in una situazione di “morosità incolpevole”) ed inoltre dal Comune di Napoli nel cui comunicato stampa del consiglio del 19/04/2017 si legge che la Commissione ambiente pone tra gli obiettivi quello di approfondire il tema del baratto amministrativo da applicare alla cura e alla salvaguardia dei parchi, alla loro gestione così come previsto dal piano della salvaguardia del verde pubblico ecc. Il comune di Bologna, seguito poi da altri comuni, sulla base del principio di sussidiarietà di cui all’articolo 118 Cost. ha attivato nel 2014 i patti di collaborazione assumendo il dovere di valorizzare l’autonoma iniziativa dei cittadini (in forma individuale o associata) volta al perseguimento di finalità di interesse generale. Tali patti prevedono la possibilità di proporre collaborazioni per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani, materiali, immateriali o digitali che i cittadini e l’amministrazione riconoscono quale funzionali al benessere individuale e collettivo; a tal proposito sono previste delle forme di sostegno quali agevolazioni in materia di canoni e tributi locali, accesso a spazi comunali e loro utilizzo gratuito per un periodo di tempo limitato, fornitura di alcuni materiali, affiancamento di dipendenti comunali e la messa a disposizione di mezzi di informazione dell’amministrazione per la promozione di tali attività.
Per quanto riguarda il funzionamento del baratto amministrativo: il cittadino deve innanzitutto provare il suo stato di disagio economico, deve dimostrare quali tributi locali scaduti intende pagare attraverso tali “servizi sociali” ed infine, deve fare richiesta al Comune secondo le modalità predisposte da questo.
Il Comune di Bologna si è avvalso da quanto disposto dall’ articolo 7 comma 8 della legge 131 del 2013 che attribuisce alle Regioni e, tramite il Consiglio delle Autonomie locali, se istituito, anche ai Comuni, Province e Città metropolitane la facoltà di richiedere alla Corte dei Conti pareri in materia di contabilità pubblica. Il suddetto Comune ha infatti chiesto alla Sezione di esprimere il proprio parere sull’interpretazione della disposizione di cui all’articolo 24 d.l. 133/2014, recante la disciplina del baratto amministrativo. Il Comune adduceva che la “questione ha un’indubbia rilevanza contabile in quanto solo mediante una disciplina regolamentare che definisca le ipotesi in cui ammettere la concessione di agevolazioni (esenzione e/o riduzione di tributi comunali) consentirebbe di stimare in anticipo la minore entrata già in sede di bilancio di previsione ai fini del mantenimento degli equilibri di bilancio; viceversa la possibilità di prevedere ipotesi nelle quali debiti tributari di cittadini verso il Comune possono essere adempiuti con modalità diverse dal – 4 – pagamento comporterebbero una rinuncia ad incassare propri crediti, già iscritti in bilancio come residui attivi”. La Corte dei Conti si è pronunciata con delibera del 23/03/tr2016 n. 27motivando che “deve sussistere un rapporto di “inerenza” tra i tributi da agevolare e l’intervento sussidiario del cittadino, va esclusa la “barattabilità” di debiti tributari del contribuente, la delibera di approvazione delle agevolazioni, da adottare con atto di natura regolamentare (trattandosi di integrazione alla disciplina tributaria), deve individuare criteri di quantificazione ispirati a responsabilità e ragionevolezza.”. È inoltre necessario che sussista un rapporto di stretta inerenza tra le esenzioni e/o le riduzioni di tributi che il Comune può deliberare e le attività di cura e valorizzazione del territorio sopra indicate che i cittadini possono realizzare.
Si evidenzia che è “necessaria l’adozione di un’apposita delibera da parte dell’ente che decida di utilizzare il suddetto istituto” (Corte dei Conti 27/2016/PAR) ed inoltre che l’atto deliberativo comunale fissi/individui “criteri” e “condizioni” in base ai quali i cittadini, singoli o associati, possano presentare progetti relativi ad interventi di riqualificazione del territorio, in virtù della indisponibilità dell’obbligazione tributaria (artt. 23, 53, 97 Cost.). Ci si auspica dunque, una uniforme legge nazionale che renda più facile l’applicazione del baratto amministrativo in tutti gli Enti Locali e ne disciplini in maniera specifica gli aspetti, in modo da evitare trattamenti differenziati come nel sopra citato esempio dei comuni di Invorio e Casale Marittimo.
Rossella Santonicola, nasce a Napoli nel 1994, é studentessa di giurisprudenza dell’ateneo federiciano attualmente iscritta al suo ultimo anno.
Conseguita la maturità classica, ad indirizzo linguistico a Nocera inferiore (provincia di Salerno), città dove vive fin dalla nascita, segue poi la sua passione per lo studio del diritto.
L’ammirazione per il diritto e per le lingue e culture europee la portano a studiare per un semestre diritto e Amministrazione delle Imprese all’Università cattolica di Pamplona (Spagna), grazie alla vincita di una borsa del progetto europeo ‘Erasmus’. Questa esperienza le apre nuovi orizzonti fino a farle sviluppare propensione per le materie che riguardano la Pubblica Amministrazione e la comparazione tra ordinamenti giuridici, che la conduce ad uno studio critico e ragionato del diritto.
A conclusione del suo percorso universitario è attualmente impegnata a scrivere la tesi in diritto amministrativo comparato dal titolo “La prevenzione e il contrasto della corruzione. Prospettive di diritto comparato tra Italia e Francia”.
Da sempre amante della lettura, nel tempo libero si dedica a classici e romanzi. Ama viaggiare, scoprire posti nuovi, conoscere nuove culture e relazionarsi con persone sempre diverse.
email: rossella.santonicola@iusinitinere.it