venerdì, Aprile 19, 2024
Uncategorized

I beni pervenuti in eredità

beni

 

“Articolo 747 cpc: cosa c’è da sapere?”

Obiettivo dell’analisi di questo articolo  è capire se:  “occorre sempre richiedere l’autorizzazione al giudice delle successioni ex art 747 cpc, in caso di alienazione dei beni pervenuti a titolo di eredità?”

Detto articolo stabilisce quanto segue: “l’autorizzazione a vendere bene ereditari si richiede con ricorso diretto al tribunale del luogo in cui si è aperta la successione. Nel caso in cui i beni appartengano ad incapaci, deve sentirsi il giudice tutelare”.

La disciplina descritta, quindi, dall’art 747 cpc si applica in tutte le ipotesi di “alienazione”; con tale accezione deve intendersi, però, ogni atto eccedente l’ordinaria amministrazione, avente ad oggetto sempre i beni ereditari. La problematica dottrinale è sorta sul discrimen applicativo tra l’art. 747 cpc e l’art. 320 cc per i beni pervenuti ai minori in potestate. Gli esponenti delle varie correnti di pensiero hanno portato a valutazioni giurisprudenziali diverse; taluni continuano a sostenere l’applicazione dell’art 320 cc in combinato con il 747 cpc; e, quindi, per essi concretamente era  necessaria una doppia autorizzazione tutelare il minore,i creditori ereditari e i legatari.
Questa concezione, però, è venuta a delinearsi solo dopo la modifica  del dictum dell’art 320 cc, che ha aggiunto il riferimento testuale ai cd. beni ereditari.
Altri, tuttavia, valutano l’operatività  del 747 cpc come prevalente rispetto al 320 cc, dato che è in grado di garantire il minore e di addivenire anche ai fini voluti dagli esponenti della prima tesi.

Il contenuto dell’art 320 cc è il seguente e può aiutarci a chiarire il modus procedendi della dottrina, appena mezionata:

“I genitori congiuntamente , o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, rappresentano i figli nati e nascituri, fino alla maggiore età o all’emancipazione, in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi i contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento, possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore.
Si applicano, in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni concordate, le disposizioni dell’articolo 316.
I genitori non possono alienare , ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare donazioni, procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali o compiere altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione né promuovere , transigere o compromettere in arbitri [806 c.p.c.] giudizi relativi a tali atti, se non per necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice tutelare [disp. att. 43, 45; 747 c.p.c.].
I capitali non possono essere riscossi senza autorizzazione del giudice tutelare, il quale ne determina l’impiego.
L’esercizio di una impresa commerciale non può essere continuato [2195] se non con l’autorizzazione del tribunale su parere del giudice tutelare (10). Questi può consentire l’esercizio provvisorio dell’impresa, fino a quando il tribunale abbia deliberato sulla istanza [2294].
Se sorge conflitto di interessi patrimoniali (11) tra i figli soggetti alla stessa potestà, o tra essi e i genitori o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, il giudice tutelare nomina ai figli un curatore speciale [78 c.p.c.]. Se il conflitto sorge tra i figli e uno solo dei genitori esercenti la potestà, la rappresentanza dei figli spetta esclusivamente all’altro genitore”. 

La Cassazione a Sezioni Unite ha stabilito, invece, considerando anche le tesi summenzionate, che la distinzione applicativa vada fatta in base ad un fattore, ossia: la chiusura della fase ereditaria.
Il 320 cc opera, infatti, quando la fase ereditaria è ormai chiusa; sicchè, laddove la fase ereditaria sia ancora pendente, si ricorre all’applicazione della disciplina del 747 cpc.
Vi è un’ulteriore differenza tra i due articoli, concernente il giudice a cui rivolgere l’istanza.

Nella prima ipotesi, quindi nel caso della fattispecie descritta dall’art. 320 cc, abbiamo il ricorso al giudice tutelare del luogo di residenza del minore; per quanto attiene invece alla seconda situazione giuridica, ci si rivolgerà al giudice del luogo in cui si è aperta la successione.
Ma quando realmente cessa la fase ereditaria?
In realtà, per capirlo, bisogna distinguere che:
– i beni mobili perdono la natura di beni ereditari dopo cinque anni dalla dichiarazione di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario;
Per gli altri beni, invece:
– nell’ipotesi di liquidazione individuale, bisogna attendere che siano trascorsi tre anni dal momento in cui lo stato di graduazione è divenuto definitivo;
– in caso di liquidazione concorsuale, devono trascorrere dieci anni dalla morte del de cuius.

Neppure in tal caso si può ritenere con certezza che la fase ereditaria sia chiusa, tant’è che si parla di beni eternamente ereditari perché, infatti, potrebbe sempre sopraggiungere un creditore, che vanta un diritto di credito, eventualmente sottoposto a condizione sospensiva. Infine , tale ultimo inconveniente per i soggetti capaci viene superato con l’accettazione dell’eredita con beneficio di inventario. Di conseguenza, accertata l’assenza di creditori, si possono alienare liberamente i beni, decadendo dal beneficio di inventario.

Per i minori e gli incapaci, tuttavia, occorrerà sempre l’autorizzazione ex iudice, poiché solo questi è capace di valutare l’opportunità e la necessità dell’applicazione della disciplina ex art 747 cpc.

 

La volontaria giurisdizione e regime patrimoniale della famiglia, Ludovico Genghini, 2009.

Cass. S. U, 18 marzo 1981, n. 1593, in Foro.it

Cass 28 agosto 1993, n. 9142, in Rivista Notarile, 1994, n.829

 

 

 

 

Dott.ssa Angiola Giovanna Modano

Angiola Giovanna Modano nasce ad Avellino il 24 giugno del 1993 e in un piccolo paesino della stessa provincia risiede ancor oggi insieme alla sua famiglia, a cui è molto legata. Dopo aver frequentato il liceo classico "Aeclanum" conseguendo il diploma con una valutazione di 100/100, si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell'ateneo di Napoli "Federico II". Si è laureata il 6 luglio 2017, in soli 4 anni e una sessione con il massimo dei voti, discutendo una tesi in diritto amministrativo. Appassionata di più branche del diritto, di cui si ritiene esser totalmente affascinata, ha deciso di inseguire il suo sogno: il percorso notarile. Ancor prima di ultimare il suo iter di studi ha infatti iniziato il tirocinio notarile nel distretto di Avellino, affiancando già oggi, nonostante la mano inesperta, il proprio notaio nella stesura di atti.

Lascia un commento