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“Better” is not necessarily “Green”. La lex specialis non deve essere conforme ai CAM c.d. “premianti”

La Pubblica Amministrazione non è obbligata ad adeguare la lex specialis di una gara affidata tramite l’offerta economicamente più vantaggiosa ai criteri ambientali “premianti” contenuti nei c.d. CAM (criteri ambientali minimi) previsti dal d.m. ambiente 25 luglio 2011[1].

In tale maniera, con sentenza del 17 aprile 2018, n. 2317, il Consiglio di Stato si esprime sulla duplice valenza dei CAM ambientali “premianti” e sugli elementi qualificanti i c.d. “appalti verdi”[2].

Difatti, per i Giudici di Palazzo Spada non è dato rinvenire un rapporto di rigida corrispondenza tra i summenzionati criteri e gli elementi valutativi del bando, come espresso dallo stesso d.m. 25 luglio 2011, il quale prevede che le condizioni di base dei CAM integrano ex se l’“appalto verde”, senza considerare i criteri premianti.

La vicenda trae origine dal contenzioso scaturito durante la gara per l’affidamento in concessione, sulla scorta del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, di un servizio di “gestione bar – distributori automatici di alimenti e bevande a ridotto impatto ambientale”.

In particolare, tra i motivi dell’appello, risalta l’eccezione relativa all’illegittimità della lex specialis per violazione dei CAM previsti dal d.m. Ambiente del 25 luglio 2011 e dall’Allegato 1, relativamente alle “specifiche tecniche premianti”, ossia a quella parte dei CAM che individuano i criteri ambientali “premianti”, da introdurre nelle gare d’appalto esperite con il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Le doglianze della parte appellante si concentrano sulla mancata corrispondenza tra le tecniche premianti previste dal decreto ministeriale summenzionato ed sub-criteri della normativa di gara, che (di fatto) fuoriescono dalle caratteristiche ambientali utili quali parametro di scelta per l’offerta economicamente più vantaggiosa. Difatti, la P.A. ha inserito unicamente le diverse caratteristiche ambientali previste dal d.m. quali specifiche tecniche di base, senza prendere in considerazione gli ulteriori criteri ambientali previsti dai CAM premianti.

Tale profilo di illegittimità, secondo la Suprema Corte Amministrativa, non sussiste, in quanto si fonda sul presupposto, invero insussistente, che l’Amministrazione fosse vincolata a conformare la lex specialis secondo i “criteri ambientali premianti” di cui al d.m. 25 luglio 2011.

L’interpretazione del Consiglio di Stato, invece, ha evidenziato che, ai sensi dell’art. 34, comma 1, d.lgs n. 50/2016 (c.d. Codice Appalti – Criteri di sostenibilità energetica e ambientale), nella formulazione vigente ratione temporis: “le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e conformemente, in riferimento all’acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari, a quanto specificamente previsto all’articolo 144”.

Come tali, le “specifiche tecniche premianti”, rilevanti ai fini dell’attribuzione del punteggio nell’ambito delle gare da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, si distinguono dalle “specifiche tecniche di base” e dalle “condizioni di esecuzione/clausole contrattuali”, alle quali unicamente fa riferimento la norma citata laddove ne sancisce il necessario inserimento nella documentazione di gara, per escludere che identico trattamento debba essere riservato alle prime.

Nondimeno, le “specifiche tecniche premianti” sono considerate dal comma 2 dell’articolo citato, laddove dispone che “i criteri ambientali minimi definiti dal decreto di cui al comma 1 sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’articolo 95, comma 6”.

Pertanto, in considerazione del tenore letterale del testo, appare evidente che la norma, nello stabilire che le tecniche premianti debbano essere semplicemente “tenute in considerazione”, non fissa un rapporto di rigida corrispondenza tra le stesse ed i criteri di valutazione delle offerte tecniche contenuti nella lex specialisTale interpretazione, inoltre, coincide con le ulteriori disposizioni del medesimo d.m., laddove dispone che “un appalto è verde se integra tutti i criteri di base”.

Di conseguenza, le stazioni appaltanti sono comunque invitate ad utilizzare i criteri “premianti” quando aggiudicano le gare d’appalto utilizzando il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, fissando una lex specialis che incentivi, senza rendere rigorosamente obbligatorio, l’utilizzo e l’adattamento della disciplina di gara ai suddetti criteri di carattere “premiante”.

[1] In particolare, per quanto riguarda il caso di cui si discute, si fa riferimento ai c.d. “criteri minimi ambientali da inserire nei bandi di gara della Pubblica amministrazione per l’acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari e serramenti esterni

[2] A partire dalle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, le istituzioni comunitarie incoraggiano le amministrazioni ad assegnare un valore sostanziale ai profili ambientali nella valutazione delle offerte per gli appalti pubblici. In tale maniera, si tenta di “internalizzare” i costi ambientali, onde attribuire sempre maggiore rilievo a tali considerazioni. In tale ottica, nel 2005 la Commissione Europea stilava il “manuale sugli appalti pubblici ecocompatibili”, Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità Europee, 2005, visionabile all’indirizzo http://ec.europa.eu/environment, nel tentativo di influenzare il mercato. Per un approfondimento in materia di appalti verdi, si veda inoltre G. FIDONE – F. MATALUNI “Gli appalti verdi nel codice dei contratti pubblici” in Rivista Quadrimestrale di Diritto dell’Ambiente, n. 3, 2016, Giappichelli, Torino, pp. 4 e ss.

Fabrizio Ciotta

Laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma - Roma Tre, Fabrizio ha sviluppato fin da subito un forte interesse per le materie del diritto amministrativo e del diritto dell'ambiente, realizzando una tesi intitolata "Gli oneri di bonifica dei rifiuti con particolare riferimento alla c.d. Terra dei Fuochi". Si è specializzato in tale settore conseguendo con successo un Master di II livello in Diritto dell'Ambiente presso l’Università degli Studi di Roma - Roma Tre. Date le peculiari esperienze ha potuto svolgere un internship presso il Dipartimento Ambiente di Roma Capitale, dove ha avuto la possibilità di collaborare con il relativo Ufficio Appalti ed altresì con la Giunta e gli Uffici preposti alla stesura del "Regolamento del Verde e del Paesaggio di Roma Capitale", primo testo normativo e programmatico sulla gestione del verde della Capitale. Dopo una proficua esperienza lavorativa all'interno della sezione Administrative Law, Public Procurement & Environment and Waste della Law Firm internazionale Lexxat, ottiene l'abilitazione alla professione forense e svolge attività di consulenza in diritto amministativo e appalti per SLT e Ernst&Young, oltre varie collaborazioni. Contatti: ciotta.fabrizio@gmail.com

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