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Bigenitorialità e diritto di visita del genitore non convivente al figlio minore e Covid-19: una prospettiva de iure condendo

La pandemia da Covid-19 in atto sta lasciando al nostro Paese un attimo di respiro, pur continuando a diffondersi in tutto il globo come olio sull’acqua. Numerose sono state le conseguenze dell’epidemia, che ha coinvolto e impegnato tutti i settori, stravolgendo la nostra vita quotidiana e spesso, le nostre certezze. In un simile quadro, emerge una problematica del tutto nuova – perché mai in passato era sorto il bisogno di porsi tale domanda – della tutela della bigenitorialità e del diritto/dovere del genitore non affidatario ad incontrare il figlio minore, pur se residenti in Comuni diversi.

  1. Principio di bigenitorialità e diritto di visita del genitore non convivente al figlio minore

Prima di affrontare la tematica attuale, è bene chiarire cosa si intende per ‘diritto alla biogenitorialità e da dove esso tragga la sua linfa.

Il principio di bigenitorialità è un principio di carattere generale che affonda le sue radici nella Convenzione sui diritti del fanciullo, siglata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata nell’ordinamento interno con l. 176/1991; il fondamento costituzionale di tale principio si rinviene nell’art. 30 Cost. e, a livello europeo, nell’art. 8 CEDU.

Come riconosciuto dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 9764/2019[i], il principio di bigenitorialità va inteso «come presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare nell’assistenza, educazione e istruzione» del figlioIn altre parole, il fanciullo ha diritto acchè gli vengano garantite relazioni stabili e continuative con entrambi i genitori, anche laddove sia intercorsa tra i genitori una separazione di fatto o giudiziale. Ciò significa che la rottura del matrimonio (o della convivenza di fatto) determina si una rottura tra gli ex coniugi (o ex conviventi), ma non può in alcun modo comportare una rottura dei rapporti parentali tra genitore non affidatario e figlio minore: l’importanza della ordinanza citata può essere riassunta nella massima latina ‘acta non verba’proprio perché l’intento è quello di dare tutela effettiva al diritto del minore di crescere e coltivare solidi rapporti con entrambi i genitori, ormai posti su un piano di parità.

Il principio/diritto alla bigenitorialità talvolta vacilla nel momento in cui, come accennato, la coppia si separa: si sente spesso parlare di ex coniugi o ex conviventi che non mantengono buoni rapporti e addirittura strumentalizzano il figlio in comune per reciproci screzi. Tutto ciò a ovvio danno del minore, che il più delle volte tende a mantenere un rapporto migliore con il coniuge a cui è affidato, ed un rapporto più rado con l’altro genitore (non affidatario, di norma il padre).

Urge dunque un preventivo chiarimento. La bigenitorialità è inclusa nella l. 54/2006, introduttiva del principio generale di affidamento congiunto o condiviso del figlio minore ad entrambi i genitori, laddove essi divorzino o si separino: tale regola è derogabile soltanto nell’ipotesi di inidoneità di un genitore ad educare e istruire il figlio, nel qual caso verrà invece disposto l’affidamento esclusivo al secondo genitore.

Il successivo d.lgs. 153/2016 completa il quadro, riconoscendo che anche il luogo di residenza abituale del minore va scelto da entrambi i genitori, in accordo tra loro, tenendo presente il luogo in cui risiedono gli interessi e gli affetti del fanciullo: lungo il medesimo filo rosso, la prospettiva europea è quella di una ‘gender neutral child custody’che non preferisce la madre o il padre quale genitore collocatario, ma li reputa indifferenti. In Italia invece la tendenza affermatasi – si noti, violativa dei principi costituzionali di uguaglianza e bigenitorialità – è quella di una ‘maternal preference’anche laddove il padre sia perfettamente idoneo e capace di educare il figlio minore[ii].

  1. Normativa di emergenza per il contrasto della pandemia da COVID-19

L’emergenza Coronavirus ha costretto il Governo italiano ad adottare delle misure limitative della nostra libertà personale, estrinsecatesi nei DPCM dell’8 e 9 marzo 2020 (in cui veniva istituita una ‘zona rossa’, poi estesa a tutto il territorio nazionale) e del 22 marzo anno corrente.

Il Governo prevedeva così una compressione di numerosi diritti e libertà costituzionali, quali la libertà di movimento e circolazione (art. 16 Cost) e aggregazione (art. 18 Cost.): il riferimento normativo è all’art. 1 co. 1 lett. a) del DPCM 8 marzo citato[iii], che disponeva di “evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonché all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute”. Ad inasprire ulteriormente il quadro, l’art. 1 co. 1 lett. b) del successivo DPCM 22 marzo 2020[iv] con cui era ‘fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute’; ancora, si vieta il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza, come era invece consentito dal precedente DPCM 8 marzo.

Una volta limitata la libera circolazione delle persone fisiche – che dunque per il periodo di vigenza del DPCM 22 marzo 2020 non potevano spostarsi da un comune all’altro -, sorge impellente la problematica del diritto di visita del genitore non collocatario al figlio minore, soprattutto se residenti in comuni diversi.

Una soluzione di soft-law è indicata dal Governo stesso nelle FAQ del 10 marzo 2020[v], chiarendo che “gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti anche da un Comune all’altro. Tali spostamenti dovranno in ogni caso avvenire scegliendo il tragitto più breve e nel rispetto di tutte le prescrizioni di tipo sanitario (persone in quarantena, positive, immunodepresse etc.), nonché secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio o, in assenza di tali provvedimenti, secondo quanto concordato tra i genitori”: si tratta comunque, va precisato, di FAQ precedenti al DPCM 22 marzo 2020 e dunque precedenti a quel provvedimento governativo che – come visto – vieta lo spostamento da comune a comune.

  1. Nuove prospettive giurisprudenziali: prevale il diritto alla bigenitorialità..

Ad un solo giorno di distanza dalla pubblicazione di dette FAQ, il Tribunale di Milano[vi]si trova a dover decidere l’istanza di una madre che chiede il rientro del minore presso il suo domicilio: ebbene il Tribunale di Milano rigetta tale istanza con decreto 11 marzo 2020 e dispone il rispetto del calendario di frequentazioni tra padre non affidatario e figlio minore, stabilito in accordo con i coniugi pre-pandemia, motivando che il DPCM 8 marzo 2020 n. 11 non può ledere il diritto alla bigenitorialità; anzi, la visita del genitore non affidatario al figlio minorenne rientra nelle “situazioni di necessità” ivi previste, come chiarito anche nelle richiamate FAQ. Di conseguenza, secondo tale ricostruzione, il genitore non collocatario (nel caso concreto, il padre) ben poteva, nel periodo di vigenza di detti DPCM[vii], far visita al figlio minore spostandosi dal proprio comune di residenza al comune in cui risiede il figlio con la madre (affidataria) oppure condurlo presso il proprio domicilio, come previsto nel verbale di separazione consensuale: è sufficiente munirsi di autocertificazione e adottare tutte le prudenze e le precauzioni del caso.

Ad una stessa conclusione sono arrivati anche altri provvedimenti provenienti da diversi Tribunali della Penisola: in particolare il Tribunale di Salerno, con provvedimento del 13 marzo 2020, ha ripercorso in modo sostanziale le linee guida già tracciate dal giudice milanese, sottolineando che «l’emergenza sanitaria in corso non può costituire ex se motivo per procedere alla modifica del regime di affidamento dei minori» anche durante la vigenza dei DPCM 8 e 9 marzo 2020, e che l’attuazione di ogni misura di contenimento del contagio rimane un onere posto in capo ai genitori.

Nella medesima prospettiva, si citino anche Tribunale di Vallo della Lucania del 26 marzo 2020, Tribunale dei minorenni di Roma del 6 aprile 2020, Tribunale di La Spezia del 7 aprile 2020 e Tribunale di Pesaro del 16 aprile 2020. L’orientamento giurisprudenziale qui emergente e in corso di formazione, pone sulla bilancia due diverse esigenze: da un lato, la tutela della salute pubblica (ex art. 32 Cost), dall’altro lato il diritto alla bigenitorialità del figlio minore (art. 30 Cost e art. 8 CEDU). La soluzione per cui sembra propendersi è quella di preferire, in tale bilanciamento, il diritto del fanciullo a frequentare il genitore non convivente, ritenendolo prioritario: un simile percorso argomentativo viene basato sulla considerazione che tale diritto fondamentale del minore non può subire compressioni da parte di un testo normativo di rango secondario come le domande e risposte diramante dal Governo a chiarimento di ciascun DPCM (cd. FAQ)[viii].

  1. o la tutela della salute pubblica (individuale e collettiva)?

La ricostruzione argomentativa operata per prima dal Tribunale di Milano non ha convinto tutti i giudici del Bel Paese: perché i DPCM di questi mesi dovrebbero poter comprimere libertà costituzionali come la libera circolazione e gli spostamenti, e non anche il diritto del fanciullo alla bigenitorialità – diritto che trova una parimenti copertura costituzionale?

In questa prospettiva si pone una ordinanza della Corte di Appello di Bari del 26 marzo scorso[ix]: nel caso concreto, la madre affidataria chiedeva la sospensione degli incontri tra il padre e il figlio minore, in quanto risiedenti in comuni diversi. La Corte di Appello di Bari ha, a sorpresa, accolto l’istanza della madre motivando «che gli incontri dei minori con genitori dimoranti in comune diverso da quello di residenza dei minori stessi, non realizzano affatto le condizioni di sicurezza e prudenza”dettate dai DPCM dei giorni 9-11-21 e 22 marzo. I giudici baresi si sono focalizzati sulla ratiodi tali disposizioni governative, che nascono dall’esigenza «rigorosa e universale» di limitare i movimenti sul territorio, e conseguentemente i contagi e in tale prospettiva si giustifica il «sacrificio di tutti i cittadini», compresi i minori.

Volendo ritornare al bilanciamento cui si accennava, la Corte di Appello di Bari si pone in una prospettiva opposta rispetto ai giudici ambrosiani. Viene qui fatta prevalere l’esigenza di tutelare la salute pubblica individuale (dei genitori e del minore) e collettiva, piuttosto che il «diritto-dovere dei genitori e dei figli di incontrarsi», valutato dalla Corte come «recessivo rispetto alle limitazioni alla circolazione delle persone, legalmente stabilite per ragioni sanitarie, a mente dell’art. 16 Cost., ed al diritto alla salute, sancito dall’art. 32 Cost.».

La diversa soluzione individuata dai giudici baresi di Appello, al fine di garantire il diritto di visita del padre, risiede in strumenti tecnologici ormai di uso quotidiano, come le videochiamate (anche attraverso Skype o Whatsapp) «per periodi di tempo uguali a quelli fissati, e secondo il medesimo calendario». La medesima soluzione è stata ravvisata anche dal Tribunale di Napoli in data 26 marzo 2020 e dal Tribunale di Terni con provvedimento del 30 marzo 2020: in tutti questi casi la decisione dei giudici è stata quella di far pendere l’ago della bilancia a favore del diritto alla salute, ordinando l’utilizzo di modalità da remoto per garantire comunque la continuità della frequentazione genitore/figlio, e ciò per tutto il periodo di vigenza dei DPCM indicati.

  1. Conclusioni: un diritto in fieri

Emerge da quanto detto che, pur non essendosi ancora formata una sufficiente giurisprudenza di merito, data la novità della quaestio iuris, l’orientamento ad oggi maggioritario sembra propendere per la soluzione di continuità fisica e in presenza degli incontri, reputandola maggiormente garantista del diritto alla bigenitorialità, pur dovendo i genitori accollarsi tutte le cautele del caso e valutare coscienziosamente quali siano in concreto le modalità più idonee per proteggere sé stessi, il fanciullo e la comunità intera dal dilagare del virus. Detto ciò, si rimane in attesa dei successivi sviluppi, non solo di merito ma anche di legittimità.

[i]Corte di Cassazione, I sez. civile, ordinanza n. 9764 del 29 gennaio 2019. L’ordinanza è consultabile al seguente indirizzo web: https://news.avvocatoandreani.it/allegati/cassazione/Cassazione-civile-sentenza-9764-2019.pdf

[ii]Fonte e approfondimenti “Il sole 24 ore”, consultabile al seguente indirizzo web: https://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/dirittoCivile/famiglia/2020-04-27/emergenza-covid-19-e-legittimo-sospendere-diritto-dovere-genitori-separati-vedere-figli-120626.php

[iii]Il DPCM 8 marzo 2020 n. 11 è consultabile sul sito della Gazzetta Ufficiale al seguente indirizzo web: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/08/20A01522/sg

[iv]Il DPCM 22 marzo 2020 è consultabile sul sito della Gazzetta Ufficiale al seguente indirizzo web:

[v]Le FAQ in oggetto possono essere consultate sul sito web del Governo, all’indirizzo:

 Tribunale civile di Milano, sez. IX, 11 marzo 2020, n.30544.

[vii]La vigenza dei DPCM 8 e 22 marzo 2020 è stata prorogata in un primo momento fino al 13 aprile con DPCM 1 aprile 2020 n. 88, e successivamente, dopo una conferenza del Presidente del Consiglio Conte, fino al 3 maggio.

[viii]Per ulteriori approfondimenti si veda PIAZZONI D. (2020), “Diritto alla bigenitorialità, diritto di visita e frequentazione e coronavirus: un mosaico in composizione)” su Giustizia civile.com, consultabile al seguente indirizzo web: http://giustiziacivile.com/famiglia-e-successioni/approfondimenti/diritto-alla-bigenitorialita-diritto-di-visita-e

[ix]Corte di Appello di Bari, sez. Minori e Famiglia, ordinanza 26 marzo 2020 consultabile al seguente indirizzo web: http://www.dirittoegiustizia.it/allegati/9/0000087780/Tribunale_di_Bari_ordinanza_depositata_il_26_marzo_2020.html?cnt=10

Alessia De Stefano

Classe '96. Dopo aver conseguito la maturità classica, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Napoli "Federico II" e nel maggio 2020 consegue la laurea cum laude, con tesi in Diritto Commerciale dal titolo "I limiti alla circolazione delle azioni e l'autonomia statutaria" sotto la guida del prof. G. Guizzi e della prof.ssa S. Serafini. Ha svolto tirocinio formativo ex art. 73  d.l. 69/2013 presso la VI sez. penale della Corte di Appello di Napoli. Ha conseguito il master di II livello in 'Diritto della PA' presso l'Università degli studi di Torino, aa. 2020/21. Si è abilitata all'esercizio della professione forense nella sessione 2021 presso la CdA Salerno. E' attualmente borsista presso l'Università degli studi di Napoli 'Federico II'.

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