venerdì, Marzo 29, 2024
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Bikram yoga: uno stretching sul copyright?

Lo yoga è una disciplina ancestrale, che affonda le sue radici nella filosofia vedica. E’ il legame che unisce il corpo e la mente, ma anche gli individui tra di loro e l’individuo con la dimensione cosmica. Con la crescente popolarità diffusasi in Occidente, numerosi sono gli insegnanti e guru che reclamano l’esclusività su alcuni metodi e posizioni o asana. Ma quale monopolio può essere rivendicato su un’arte plurimillenaria come quella dello yoga?

La Corte d’Appello del Ninth Circuit ha fornito un importante contributo al riguardo, nel contesto del caso Bikram yoga.

I) Background

Nato e cresciuto a Calcutta, in India, Bikram Choudhury inizia a studiare yoga all’età di quattro anni imparando centinaia dei tradizionali asana. Partendo da questi insegnamenti, decide di sviluppare una sequenza costituita da ventisei asana e due esercizi di respirazione, disposti in un ordine particolare, che chiama, non a caso, “Sequence”. Questa viene praticata nel corso di novanta minuti in una stanza riscaldata fino alla temperatura di 40 gradi per simulare il clima indiano in cui ha vissuto il suo autore.

L’autoproclamato Yogi to the stars pubblicizza la sua “opera” annoverando i numerosi benefici che essa offre in termini di salute e forma fisica. La sua sequenza è infatti in grado di “evitare, correggere, curare, guarire o alleviare i sintomi di quasi tutte le lesioni e patologie, dalle malattie cardiovascolari all’epatite C“. Ben presto diviene quindi una figura centrale nell’ambito dello yoga, conosciuto e seguito anche da celebrità quali Madonna, Raquel Welch e Serena Wiliams.

Nel 1979, il successo della “Sequence”, lo porta alla pubblicazione del libro Bikram’s Beginning Yoga Class, in cui si ritrovano descrizioni, fotografie e disegni delle ventisei pose e dei due esercizi di respirazione. Il libro ottiene la protezione del copyright, ma Bikram non si accontenta. Sostiene infatti che le stesse posizioni yoga, debbano essere tutelate (e non solamente i suoi libri) e che quindi non possano essere insegnate da nessuno che non abbia l’autorizzazione adeguata.

Nel giugno 2002, Bikram intenta un’azione giudiziaria contro uno dei suoi ex studenti, Kim Schreiber-Morrison, istruttore con licenza per la pratica del Bikram Yoga[1]. Secondo Choudhury questo devia dal regime da lui imposto, non riscaldando la stanza alla temperatura di 40 gradi e suonando musica durante le lezioni.

Le azioni di Bikram scuotono il mondo dello yoga normalmente calmo. In risposta, istruttori di yoga e professionisti legali si uniscono per fondare una società civile senza scopo di lucro chiamata Open Source Yoga Unity (“OSYU”) per combattere le minacce di Bikram e il suo preteso copyright: secondo OSYU, “nessuno stile di yoga può essere soggetto alla tutela del diritto d’autore: lo Yoga non può essere posseduto[2].

Tale dichiarazione, tuttavia, non ostacola Choudhury nel proseguimento delle sue battaglie legali. Nel 2011 e 2012, avvia una causa, rispettivamente, contro Yoga to the People e Evolation Yoga, studi di yoga fondati da ex studenti di Bikram e accusati di aver violato i diritti che proteggono la “Sequence”.  Al riguardo, l’Ufficio del copyright degli Stati Uniti e in seguito la Corte d’Appello del Ninth Circuit, sostengono che le posizioni yoga non possano essere tutelate da copyright come invece sostenuto da Bikram, e che Yoga to the People e altri possano continuare a insegnare liberamente questi esercizi. La Sequence è una raccolta di idee e in quanto tale non ha diritto alla protezione del copyright. Il copyright protegge solo l’espressione di questa idea e non l’idea della stessa[3].

 II) La “Sequence” è un’idea non protetta da copyright

Ai sensi del Copyright Act statunitense, la protezione del copyright si applica alle “opere originali d’autore fissate su un qualsiasi supporto tangibile di espressione[4]”. Tuttavia le idee, procedure, processi, sistemi, metodi operativi, concetti, principi o scoperte, sono escluse dalla protezione del copyright[5]. Nella legislazione statunitense ritroviamo dunque una chiara codifica della dicotomia idea/espressione, in base alla quale non si può proteggere un’idea, ma solamente l’espressione di quell’idea. La ragione di un tale fenomeno è esplicitata chiaramente dal giudice Sandra Day O’Connor, “l’obiettivo principale del copyright non è remunerare il lavoro degli autori, ma promuovere il progresso delle scienze e delle arti utili al bene comune […] a tal fine, il copyright assicura agli autori il diritto all’espressione originale, ma incoraggia gli altri a basarsi liberamente sulle idee e le informazioni veicolate da un’opera[6].

Riconoscendo questa fondamentale distinzione tra idee ed espressioni, i tribunali affermano ripetutamente che il copyright su un’opera che descrive come eseguire un processo, non si estende al processo stesso. Questo concetto è già chiaro nel 1989 quando la Corte Suprema, nel caso Baker v Selden, sostiene che un libro in materia di contabilità, benché esplicativo di un sistema già conosciuto, possa essere soggetto a copyright. Ma tale tutela può riguardare solo il libro in quanto tale. Vi è una chiara distinzione tra libro e la tecnica che lo stesso mira ad illustrare. Il copyright su un testo è valido di là dalla novità dell’argomento trattato. Invece la pretesa su un’invenzione deve essere soggetta alla verifica del Patent Office e può essere garantita solo mediante la concessione di un patent da parte dello stato.

Più recentemente nel caso Palmer v. Braun, l’Eleventh Circuit ritiene che gli esercizi di meditazione, descritti in un manuale protetto da copyright, siano un “processo” non tutelabile ai sensi del diritto d’autore. La corte spiega che “gli esercizi, sebbene siano indubbiamente il risultato di molto tempo e sforzo, rappresentano semplicemente un processo per raggiungere una maggiore consapevolezza”.

Analogamente, nel caso Bikram yoga la Corte sostiene che la Sequenza “is an unprotectable idea”. Qual è la motivazione alla base di tale decisione?

Choudhury tenta di proteggere la sua opera elencando i numerosi benefici in termini di salute. La sua classe è progettata per riscaldare e allungare scientificamente muscoli, legamenti e tendini nell’ordine in cui dovrebbero essere allungati, perché essi mantengano la massima funzionalità. Ma sappiamo che i sistemi sanitari non ricevono una forte protezione dalla legge sul copyright. La Corte Suprema spiega nel caso Baker: “certe miscele si rivelano di grande valore nell’arte della guarigione. Se lo scopritore scrive e pubblica un libro sull’argomento, non ottiene alcun diritto esclusivo sulla produzione e la vendita del medicinale”. Così, ad esempio, il copyright su un libro che descrive come eseguire un intervento chirurgico non conferisce al titolare il diritto esclusivo di eseguire l’operazione. Così come la serie di movimenti che un chirurgo fa, la sequenza di Choudhury, essendo un metodo progettato per curare, non può essere oggetto di alcun tipo di monopolio.

III) La “Sequence” non è una compilation protetta da copyright

Choudhury sostiene, inoltre, che la “Sequence” debba essere qualificata come “compilation“. In particolare, secondo lui, la selezione, coordinamento e disposizione delle ventisei posizioni e dei due esercizi di respirazione creano una composizione, la quale può essere protetta da copyright. La Corte, tuttavia, non condivide nemmeno questo argomento.

Il Copyright Act consente alla compilation di essere tutelata purché sia un “work formed by the collection and assembling of preexisting materials or of data that are selected, coordinated, or arranged in such a way that the resulting work as a whole constitutes an original work of authorship”. Il Ninth Circuit conclude, tuttavia, che il linguaggio del Copyright Act, in materia di tutela di una compilation, debba essere letto in combinato disposto con la sezione 102: “[t]hus, while a compilation may be eligible for copyright protection, it must nevertheless satisfy the requirements of section 102“. In altre parole, la Corte ritiene che una compilation debba rappresentare un lavoro originale e che in nessun caso la protezione del copyright possa estendersi a qualsiasi idea, procedura, processo o sistema.

Il Ninth Circuit ancora una volta cita il caso Feist, dove la Corte Suprema afferma che mentre un elenco telefonico può essere tutelato, i fatti in esso contenuti, cioè gli indirizzi e i numeri di telefono, non lo sono. Come precedentemente affermato, la “Sequence” è un’idea, un processo o un sistema. Pertanto, non è idonea alla protezione del diritto d’autore, nonostante, possa possedere molte parti costitutive.

IV) La “Sequence” non è un lavoro coreografico protetto da copyright.

Il Copyright Act del 1976 estende la protezione a “pantomime e lavori coreografici“, che in precedenza non erano protetti da copyright[7]. Sebbene dei passi di danza specifici non siano tutelati dal diritto d’autore, le composizioni originali, eseguite sulla base di materiale preesistente, possono ricevere tale protezione. Come dichiarato dal tribunale nel caso Horgan, “Social dance steps, folk dance steps, and individual ballet steps alike may be utilized as the choreographer’s basic material in much the same way that words are the writer’s basic materiaI”[8].

Per verificare se il Bikram Yoga possa godere della qualifica di coreografia o pantomima occorre analizzare la definizione dispensata dall’Ufficio dei diritti d’autore. Secondo il Compendium of Copyright Office Practices, “Choreography is the composition and arrangement of dance movements and patterns, and is usually intended to be accompanied by music. Dance is static and kinetic successions of bodily movements in certain rhythmic and spatial relationships”. La pantomima invece rappresenta “the art of imitating or acting out situations, characters, or some other events with gestures and body movements”. Anche se lo yoga non sembra essere una pantomima, dal momento che non è destinato a imitare o recitare nulla, potrebbe d’altro canto essere facilmente considerato una danza. Un osservatore ragionevole potrebbe certamente descrivere una lezione di yoga come “successione statica e cinetica di movimenti corporei in determinate relazioni spaziali e ritmiche”. Pertanto, come afferma The Economist, se Bikram Yoga è davvero simile a”Swan Lake“, Bikram potrebbe effettivamente avere la meglio davanti ai tribunali[9]. Tuttavia, invece di esaltare la bellezza estetica delle sue classi, Choudhury si focalizza esclusivamente sui benefici in termini di salute. Dunque, scegliendo di non discutere della capacità artistica del suo yoga, Bikram sembra essersi precluso il beneficio garantito dalla qualifica di coreografia o pantomima.

V) Conclusione

Affermando che la “Sequence” di Bikram non è soggetta alla legge sul copyright, gli insegnanti di yoga possono sentirsi finalmente liberi di insegnare la loro arte senza temere di violare i diritti d’autore. Secondo  Drost, ex alunno di Choudhury, “he popularized this sequence and he should get credit for that. But the fundamental thing we teach in teacher trainings is that it’s not about the teacher, it’s about empowering students, sharing knowledge, and sharing experience“. E’ questo il vero spirito dello yoga e senza dubbio questa decisione aiuterà a ricondurre la pratica di questa disciplina alla sua vera essenza.

 

[1]Choudhury v Schreiber-Morrison and Morrison, US District Court, Central District of California, Southern District, Case #SA02-565 DOC(ANX)

[2]Open Source Yoga Unity v. Choudhury, 2005 WL 756558, 74 U.S.P.Q.2d 1434, N.D.Cal., April 01, 2005(No. C 03-3182 PJH.)

[3]Bikram’s Yoga College of India, L.P; Bikram Choudhury, v. Evolation Yoga, LLC; Mark Drost; Zefea SamsonUnited States District Court of Appeals for the Ninth Circuit 2015

[4]  17 U.S.C § 102(a) of the Copyright Act

[5]17 U.S.C §102 (b) of the Copyright Act

[6]Feist Publications, Inc. v. Rural Telephone Service Company, Inc., No. 89-1909 Supreme Court of the United States March 27, 1991

[7]17 U.S.C. § 102 (a) (4) of Copyright Act

[8]Horgan v. MacMillan, Inc.,US District Court for the Southern District of New York – 621 F. Supp. 1169 (S.D.N.Y. 1985) November 19, 1985

[9]“The Litigious Yogi,”The Economist (19 June 2004). 20 December 2004 <http://www.economist.com/business/displayStory.cfm?story_id=2765973>.

Arianna Valeriani

Laureata in Giurisprudenza presso l'Université Paris I Panthéon-Sorbonne, con specializzazione in diritto pubblico, con il massimo dei voti. Dopo aver integrato la sua formazione, come Visiting Student, presso l'Università di Cambridge e l'Università della California Los Angeles (UCLA), continua i suoi studi presso l'Université Paris I Panthéon-Sorbonne, conseguendo un Master di primo livello in Diritto Internazionale. Particolarmente interessata all'applicazione del diritto nell'era digitale, si candida ed è ammessa  all'edizione 2018-2019 del LL.M in Law of Internet Technology, presso l'Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano. La sua formazione le permette di avere una conoscenza livello madrelingua della lingua francese e inglese, oltre ad una buona padronanza della lingua spagnola.

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