martedì, Aprile 16, 2024
Criminal & Compliance

Blue Whale e la manipolazione mentale

 

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Il Blue Whale  o “balena blu” (così tradotto in Italia) è tutt’oggi a distanza di mesi, argomento di una certa risonanza  che suscita un clamoroso interesse sociale, unitamente a critiche negative, causate dalla difficoltà di recepire notizie attendibili. Ha contribuito ad incrementarne la notorietà, un interessante servizio trasmesso in televisione che ha reso note le dinamiche di questo macabro gioco.

Codesto “gioco”, studiato per manipolare le menti dei giovani, i quali persuasi ad intraprendere un percorso fatto di prove e sfide aberranti, vengono spinti al compimento di atti autolesivi, al completo isolamento ed infine al suicidio. L’altra spaventosa “particolarità”, se così può dirsi, è la registrazione tramite video di tutto ciò compiuto dai “seguaci” successivamente inoltrati al “Curatore” come prova di fedeltà ed obbedienza.

La Balena Blu rappresenta, purtroppo un’altra conseguenza negativa che deriva dall’uso improprio degli strumenti informatici, infatti i social costituiscono un ottimo metodo per adescare minori.  La percentuale di suicidi ricollegabile al suddetto gioco in Italia è fortunatamente bassa, differentemente non può dirsi lo stesso di alcuni paesi (come in Russia), dove il numero dei ragazzi morti, imputabile al “Blue whale” ha raggiunto percentuali spaventose.

Si registra una recentissima sentenza della Cassazione Penale del 2017 n.57503(1) , relativa ai casi di istigazione al suicidio di Blue Whale.

Nel caso in esame, il presunto istigatore aveva inviato ad una ragazza minorenne dei messaggi quali: “Manda audio in cui dici che sei mia schiava e della vita non ti importa niente e me la consegni”,  nonostante dalla frase citata, si possa evincere un incoraggiamento al suicidio, i giudici hanno statuito che non si concretizza ipotesi di reato, in particolare di istigazione al suicidio, in quanto, la minore si è autoinflitta lievi lesioni ma non ha tentato il suicidio, venendo a mancare l’elemento oggettivo richiesto dall’articolo 580 c.p., ai fini della configurabilità dell’ipotesi di reato.

Per completezza si menziona l’articolo 580 del Codice penale  che disciplina : l’istigazione o aiuto al suicidio.

Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione , è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima.

Le pene sono aumentate, se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell’articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità d’intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all’omicidio.

La Cassazione, nella sentenza su menzionata, perimetra correttamente la configurabilità del reato rilevando la necessità che la condotta dell’agente sia stata tale da aver indotto la vittima al suicidio o lesioni personali gravissime, elemento mancante nel caso in esame, per tale motivo, si esclude la possibile concretizzazione del reato di istigazione al suicidio.

Esperti di psicologia, esaminando il fenomeno del Blue Whale, concordano nell’ affermare che i c.d. “curatori” operino sulle vittime una vera manipolazione mentale, tale da scaturire l’impossibilità di avere il controllo delle proprie azioni, eseguendo semplicemente le direttive impartite.

Nel passato la sottomissione al volere di una persona era considerato reato, in particolare, reato di plagio disciplinato dall’articolo 603 del codice penale che recitava:

Chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni”.  (2)

Colui che  viene plagiato, trovandosi in uno stato di assoluta soggezione o dipendenza, non è più responsabile delle proprie gesta, sottostando al volere del plagiante, che ne assume il pieno controllo mentale.

Nonostante, la presenza del reato di plagio rappresentasse una valida tutela per qualsiasi forma di “abuso” mentale, nel 1981 con sentenza n.93 (3), la Corte Costituzionale abroga l’articolo 603 del codice penale, ponendo alla base della sua decisione, tre ragioni prevalenti:

  • Il carattere vago ed incerto della norma posto in contrasto con il principio di tassatività previsto dall’articolo 25 della costituzione
  • L’evento non verificabile
  • l’impossibilità di accertare la realizzazione del reato.

A seguito di tale abrogazione, ancora oggi, vi è la mancanza nell’Ordinamento italiano,  di una norma che disciplini il reato di plagio. La ragione  prevalente è la difficoltà di verificare con assoluta certezza lo stato di incoscienza del plagiato mediante metodi sperimentali.

Tuttavia, non sono mancate proposte di legge in tal senso, tra le più rilevanti si menziona il disegno di legge n.569 che prevede l’istituzione dell’articolo 613 bis del c.p.  (4)  che disciplina il reato di manipolazione mentale.  Sfortunatamente tale progetto non ha avuto buon esito, non essendoci aggiornamenti in materia.

In altri Ordinamenti la situazione è differente. In Francia è stata introdotta una nuova norma che punisce il reato di «manipolazione mentale», con la reclusione di cinque anni in carcere e multe ingenti, per chi causa «uno stato di soggezione attraverso l’esercizio di gravi e ripetute pressioni o tecniche volte ad alterare la capacità di giudizio» (5) .  Sulla medesima scia anche  Spagna e  Belgio hanno istituito questa nuova forma di reato.

Si auspica quindi, un presto intervento in materia nell’Ordinamento italiano, al fine di poter fermare qualsiasi forma di manipolazione mentale, anche e soprattutto attraverso social e strumenti telematici da cui possono scaturire preoccupanti fenomeni, come il Blue Whale.

 

(1)http://www.giurisprudenzapenale.com  Cass. Pen. Sez. V, sentenza n. 57503 22 dicembre 2017

(2) http://www.mondodiritto.it

(3)http://www.cesnur.org/2004/plagio.htm 

(4) http://www.senato.it

(5) http://freesouls.it

Tayla Jolanda Mirò D'Aniello

Tayla Jolanda Mirò D'aniello nata ad Aversa il 4/12/1993. Attualmente iscritta al V anno della facoltà di Giurisprudenza, presso la Federico II di Napoli. Durante il suo percorso univeristario ha maturato un forte interesse per le materie penalistiche, motivo per cui ha deciso di concludere la sua carriera con una tesi di procedura penale, seguita dalla prof. Maffeo Vania. Da sempre amante del sistema americano, decide di orientarsi nello studio del diritto processuale comparato, analizzando e confrontando i diversi sistemi in vigore. Nel privato lavora in uno studio legale associato occupandosi di piccole mansioni ed è inoltre socia di ELSA "the european law students association" una nota associazione composta da giovani giuristi. Frequenta un corso di lingua inlgese per perfezionarne la padronanza. Conseguita la laurea, intende effettuare un master sui temi dell'anticorruzione e dell'antimafia.

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