venerdì, Aprile 19, 2024
Uncategorized

Bonifica dei siti contaminati: il procedimento ex art. 242 del D.lgs. 152/2006

Si definisce emergenza ambientale, un’emergenza che interessa le matrici ambientali quali acqua, aria e suolo. Una delle emergenze ambientali, attualmente più preoccupanti, è quella relativa all’inquinamento dei suoli e delle falde. “ I rischi per la salute dell’uomo posso derivare o dal contatto (diretto o indiretto) con la matrice contaminata, oppure dal fatto che spesso le sostanze inquinanti presenti nel suolo e nelle falde finiscono nella catena alimentare”.  Per emergenza si intende una qualsiasi situazione critica causata da un evento che determina una situazione potenzialmente pericolosa per la immediata incolumità delle persone e/o dei beni, strutture e/o dell’ambiente.

La normativa in materia di bonifica dei siti contaminati è stata introdotta con l’emanazione dell’ art. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997, successivamente completata ed attuata dal d.m. n. 471 del 1999. Il d.lgs. n. 22/1997, oggi abrogato dal d.lgs. n. 152 del 2006, aveva dato vita ad una disciplina ispirata ad un criterio rigido di eliminazione assoluta del rischio, basata sul mero presupposto del superamento dei parametri stabiliti dal d.m. n. 471/1999. Con il d.lgs. 152/2006, che ha modificato il d.m.   n. 471/1999, si è assistito ad una disciplina globale ed organica delle bonifiche.

Con il d.m. 471/1999 sono stati fissati:

  • I limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli e delle acque sotterranee in relazione alla destinazione d’uso dei suoli (verde pubblico/uso industriale);
  • Le procedure per il prelievo e l’analisi dei campioni;
  • I criteri generali per la messa in sicurezza, bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati.

Con la nuova normativa si sono individuati invece, due procedimenti relativi alle:

  1. Bonifiche di interesse regionale, previsto dall’art. 242;
  2. Bonifiche per i siti di interesse nazionale (SIN), previsto dall’art. 252.

Tra le diverse importanti innovazioni introdotte, la più significativa è quella costituita dalla procedura di “analisi del rischio” che rappresenta lo strumento centrale e decisivo ai fini della qualificazione giuridica di contaminazione del sito e della conseguente insorgenza dell’obbligo di messa in sicurezza e di bonifica (in questo senso si è espressa la Corte Costituzionale nella sentenza n. 214 del 2008). Infatti, “a differenza di quanto previsto precedentemente, un sito deve ritenersi contaminato (e quindi si pone come necessario l’intervento di bonifica) solamente nell’ipotesi in cui risultino superati i valori concentrazione soglia di rischio (CSR) così come determinati proprio a seguito dell’applicazione della procedura di analisi di rischio sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione”.

Il procedimento previsto dall’art. 242 del d.lgs. n. 152/2006 relativo alle bonifiche di interesse regionale, costituisce il punto di riferimento principale dell’intera materia. Esso, tra le varie innovazione apportate dalla sua introduzione, prescrive:

  1. Strumenti preventivi in grado a far fonte ad una possibile situazione di emergenza;
  2. Un sistema di competenze di carattere trasversale.

Rispetto ad una possibile situazione di emergenza, l’art. 242 attribuisce un ruolo primario alle misure di prevenzione, di ripristino o di bonifica, da adottarsi da parte del responsabile entro ventiquattro ore dall’evento o dalla relativa scoperta. A questo tipo di misure è obbligato non solo il responsabile della contaminazione, ma anche il proprietario o gestore dell’area. L’onere di questi ultimi resta circoscritto alle sole misure di prevenzione, definite dall’art. 240, comma 1, lett. i) del d.lgs. 152/2006  come “ le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia”. Trattandosi di misure a carattere preventivo e non ripristinatorio, con cui si intende far fronte ad una “minaccia imminente per la salute e per l’ambiente”, l’obbligo posto a carico del proprietario o gestore dell’area si giustifica in base ad un evidente principio di responsabilità sociale. “La messa in sicurezza del sito appare essere misura di correzione di (diffusione o propagazione dei) danni; conseguentemente rientra nel genus delle precauzioni – unitamente al principio di precauzione vero e proprio e al principio dell’azione preventiva – che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all’ambiente e, non avendo finalità sanzionatoria e/o risarcitoria, non presuppone affatto l’individuazione del(eventuale) responsabile” (TAR Lazio Sez. I, 12 febbraio 2015 n. 2509).

La tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private” (art. 3 ter, comma 1°, del d.lgs. 152 del 2006). Vi è una pluralità di soggetti coinvolti: regione, province, comuni, agenzie per l’ambiente; relativamente al procedimento in questione le regioni hanno un ruolo essenziale. Esse autorizzano o approvano tutti gli atti fondamentali della procedura quali il piano di caratterizzazione, il piano di monitoraggio e il progetto di bonifica; convocano e dirigono la conferenza di servizi. Come noto, già  l’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e l’art. 8 del d.m. n. 471/1999 prevedevano che “i  soggetti e gli organi pubblici che nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali avessero individuato siti nei quali i livelli di inquinamento fossero risultati superiori ai limiti normativamente previsti, ne dovessero dare  comunicazione al Comune, che doveva diffidare il responsabile dell’inquinamento a provvedere agli interventi di bonifica, nonché alla Provincia ed alla Regione”. Attualmente incombe sulla Provincia l’analogo l’obbligo di procedere ad attivare il procedimento di cui all’art. 244 del d.lgs. 152/2006. La normativa vigente impone all’Amministrazione il preciso obbligo giuridico di individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento rilevato e l’emanazione della conseguente ordinanza di diffida. I comuni infine, ai sensi dell’art. 250, hanno l’obbligo di realizzare d’ufficio sia le procedure che gli interventi previsti dall’art. 242 nel caso in cui i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente e non provvedano altresì né il proprietario del sito né gli altri soggetti interessati.

Un ulteriore fase della normativa in materia di bonifica dei siti inquinati, si è aperta grazie ad una serie di interventi legislativi successivi, aventi essenzialmente lo scopo di semplificare le diverse tipologie di procedimenti di bonifica.

Due sono gli interventi recenti di modifica del d.lgs. n.152/2006:

  • La procedura semplificata prevista dall’art. 242 bis, introdotta dall’art. 13 del d.l. n. 91 del 2014;
  • La procedura di transazione di cui all’art. 306 bis, introdotta dall’art. 31 della l. 221 del 2015.

Il primo comma dell’articolo 242 bis, individua nell’operatore interessato il soggetto competente ad avviare il procedimento di bonifica in via semplificata. La procedura semplificata può trovare applicazione sia rispetto alle bonifiche regionali, sia rispetto a quelli di interesse nazionale (SIN). Lo scopo della procedura è quello di “riportare i livelli di contaminazione ai valori uguali o inferiori ai CSC (in base alla specifica destinazione d’uso del sito) e sul piano tecnico si prevede che nella selezione della strategia di intervento siano privilegiate quelle modalità che minimizzano il ricorso dello smaltimento in discarica attraverso il riutilizzo in situ dei materiali trattati”.

La procedura di transazione riguarda unicamente i siti contaminati di interesse nazionale. “Il soggetto nei cui confronti il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha avviato le procedure di bonifica e di riparazione del danno ambientale dei siti inquinati di interesse nazionale, ovvero ha intrapreso la relativa azione giudiziaria, ha la possibilità di presentare una proposta di transazione  al fine di individuare i necessari interventi di riparazione primaria, complementare e compensativa”.  Per riparazione “primaria” si intende qualsiasi misura di riparazione che riporta le risorse e/o i servizi naturali danneggiati alle o verso le condizioni originarie; per riparazione “complementare” si intende  qualsiasi misura di riparazione intrapresa in relazione a risorse e/o servizi naturali per compensare il mancato ripristino completo delle risorse e/o dei servizi naturali danneggiati; mentre la riparazione «compensativa» riguarda qualsiasi azione intrapresa per compensare la perdita temporanea di risorse e/o servizi naturali dalla data del verificarsi del danno fino a quando la riparazione primaria non abbia prodotto un effetto completo (All. II della direttiva 2004/35/CEE).

Amalia Scaperrotta

Nasce ad Ariano Irpino (AV) il 14/12/1993. Consegue la maturità scientifica ed é attualmente iscritta al quinto anno di Giurisprudenza presso l'Università degli studi del Sannio. Prossima alla laurea intende sviluppare una tesi in Negoziazione e Sviluppo Sostenibile. Da sempre sensibile ai problemi ambientali e ai temi sociali, è un energy broker presso un'azienda che si occupa di energie rinnovabili impegnata anche nel sociale. Ha partecipato al Concorso indetto dalla Fondazione Italiana Accenture, sullo Sviluppo Sostenibile, "Youth in Action for Sustainable Development Goals", in cui è arrivata in finale. È socia di Elsa ( The European Law Student's Assocation ). Nelle sue esperienze universitarie ha partecipato ad un progetto di ricerca, nell'ambito del Diritto Commerciale dal titolo "La liceità del marchio".

Lascia un commento