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Brexit: l’impatto economico

Il processo della Brexit si è ulteriormente rafforzato con le elezioni nel Regno Unito, tenutesi il 12 dicembre 2019 segnando una vittoria schiacciante del Partito Conservatore del Premier Boris Johnson. Sono ben 365 i seggi ottenuti dai conservatori sui 650 totali, spianando la strada così alla questione principale intorno alla quale giravano le elezioni: la Brexit. Una maggioranza del genere non si vedeva dagli anni ottanta, quando a dominare la scena politica nel Regno Unito fu Margaret Thatcher.

L’ex sindaco di Londra Boris Johnson, in seguito alla pubblicazione dei risultati, ha assicurato:” Con la Brexit andremo fino in fondo e uniremo il Paese. Il lavoro comincia oggi. Non darò mai il vostro sostegno per scontato. La vostra voce è stata finalmente ascoltata. Metterò la parola fine a tutte le assurdità di questi tre anni e realizzerò la Brexit entro gennaio, senza se e senza ma”[1].

L’uscita del Regno Unito dall’UE infatti avrà ripercussioni non soltanto a Nord della Manica, ma anche nell’intera Unione Europea. Le conseguenze saranno sia politiche che economiche, a breve e lungo termine. Per adesso si tratta più che altro di ipotesi, le vere conseguenze in merito verranno sicuramente a realizzarsi una volta finito il periodo di transizione che inizierà a gennaio e terminerà a fine 2020.

Vediamole più nel dettaglio.

  1. Effetti Macroeconomici a breve termine.

L’opinione condivisa sia dai sostenitori del “Remain” che del “Leave” è quella secondo cui ci sarà sicuramente uno shock negativo iniziale a breve termine per l’economia dell’UE come conseguenza diretta della Brexit. Tuttavia, vi è un chiaro disaccordo sulla durata probabile di questo effetto: secondo i sostenitori del “Remain” questo comporterà conseguenze permanenti, mentre secondo i sostenitori del “Leave” i costi saranno solo immediati e limitati nel tempo.

Il Ministero del Tesoro del Regno Unito sostiene infatti che le ragioni principali di questo effetto a breve termine sarebbero quelle causate dai costi transitori per passare a un nuovo regime commerciale e di investimento diretto[2]. Altri effetti a breve termine potrebbero derivare dalla volatilità delle valute, sia dell’Euro che del Pound inglese, e dalle reazioni dei mercati finanziari.

       2. Effetti Macroeconomici a lungo termine.

Ci sono stati molti tentativi per creare dei modelli sulle possibili conseguenze macroeconomiche a lungo termine della Brexit, la maggior parte di questi dimostrano una perdita a lungo termine del PIL per l’economia del Regno Unito rispetto ai modelli creati se il Regno Unito rimanesse pienamente nell’UE e nel suo mercato unico.

È importante sottolineare però che il PIL non può essere utilizzato come unico parametro, in quanto dal punto di vista teorico una crescita del PIL più bassa non comporta un immediato calo della prosperità: se, ad esempio, il Regno Unito manterrà il suo tasso di crescita attuale fino al 2030, l’economia sarà circa il 30% più grande e le “perdite” del PIL previste dai modelli sono relative a tale proiezione.

Supponendo una perdita del 6% si avrebbe una crescita del 24% anziché del 30%, con conseguente rallentamento della crescita ma senza uno stallo. Il quantum del rallentamento dipenderà dal tipo di Brexit che sarà attuato e in base al tipo di restrizioni che saranno adottate nei rapporti commerciali.[3]

       3. Le conseguenze per l’economia italiana

Quando si parla di Brexit si pensa subito alla Gran Bretagna ma, dato che i rapporti commerciali sono bilaterali, ad avere effetti saranno anche tutti i Paesi dell’Unione Europea, Italia compresa. Fortunatamente, secondo le analisi condotte dall’agenzia di rating Standard & Poor’s, il nostro Paese è tra quelli meno esposti alle conseguenze economiche della Brexit, molto meno della Germania, della Spagna e della Francia. I fattori analizzati dal report sono le esportazioni verso il Regno Unito, gli investimenti, i flussi migratori e le attività finanziarie. Il Paese più a rischio è l’Irlanda, che dal punto di vista politico dovrà anche gestire il confine con l’Irlanda del Nord.

A risentire maggiormente della Brexit saranno ovviamente i settori che hanno un elevato export verso la Gran Bretagna, come ad esempio il food e il beverage. I cibi italiani sono molto apprezzati in UK, così come i vini delle cantine del Bel Paese ed il celebre Prosecco, che ultimamente è molto di moda nella terra della regina.[4]

         4. Chi ci guadagna e chi ci perde?

Il Regno Unito potrebbe cogliere l’opportunità di tagliare alcuni regolamenti, facilitando così investimenti in alcuni settori strettamente regolamentati dalle normative europee. Tuttavia, in questo caso, bisogna valutare con i piedi di piombo, perché in certi casi è troppo facile dimenticare che anche la regolamentazione, se corretta, ha dei benefici e che contrariamente all’immagine generale, un’assenza di regolamentazione può anche essere costosa, sia per i consumatori che per le imprese.

Le organizzazioni internazionali, come il FMI[5] e l’OCSE[6], hanno valutato che l’equilibrio dei rischi per l’economia del Regno Unito è negativo e avrà effetti duraturi, mettendo in evidenza la probabile sfavorevole conseguenza di uno shock negativo per l’economia globale.

Quello che è sicuro è che esiste una notevole incertezza su chi ci guadagnerà o perderà a livello nazionale e internazionale dalla Brexit, moltissime sono le variabili che influiscono e influiranno nel merito. Il risultato differirà in base allo Stato, settore dell’economia, gruppo sociale o settore di lavoro.

Il Regno Unito ci potrebbe anche guadagnare, se si pensa che il suo asset principale è quello di essere un grande centro finanziario internazionale, ed è per questa ragione più adatto ad essere legato al mondo globalizzato che all’Unione Europea, che tende a condizionare i Paesi aderenti.

Ulteriore elemento importante è costituito dal fatto che l’Unione Europea non appare favorita nella grande competizione economica e politica internazionale che vede in testa gli Stati Uniti e la Cina.

L’unica certezza è che tutte queste incertezze legate alla Brexit si trascineranno per tutto il 2020 generando così continui cambiamenti economici e politici, dai quali si evince l’assoluta mancanza di un obiettivo a medio-lungo termine dell’Unione Europea sulla base delle note della famosa canzone di Doris Day – Que Sera Sera.

[1] Per un approfondimento sul tema: https://www.dailymail.co.uk/news/article-7788465/Boris-Johnson-hails-Brexit-mandate-big-election-win.html

[2] Per un approfondimento sul tema:     https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/524967/hm_treasury_analysis_the_immediate_economic_impact_of_leaving_the_eu_web.pdf

[3] Per un approfondimento sul tema:     https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/517415/treasury_analysis_economic_impact_of_eu_membership_web.pdf

[4] Per un approfondimento sul tema:

[5] Per un approfondimento sul tema:

[6] Per un approfondimento sul tema: http://www.oecd.org/unitedkingdom/The-Economic-consequences-of-Brexit-27-april-2016.pdf

Fonte immagine: https://www.aljazeera.com/news/2019/12/boris-johnson-election-victory-brexit-191213001119423.html

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