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Cancellazioni e rimborsi: gli effetti dell’emergenza sanitaria da Covid-19 nei contratti turistici

In ragione dell’emergenza Covid-19, numerose compagnie di viaggio, agenzie e tour operator hanno cancellato gran parte dei voli e delle vacanze per migliaia di consumatori che avevano prenotato viaggi verso Paesi soggetti alle restrizioni nei confronti dell’Italia.

A fronte di tali cancellazioni, organizzatori e vettori hanno offerto ai clienti, quale unica possibilità di ristoro, un voucher, da utilizzare una volta terminata la pandemia.

Tale prassi, consistente nel prospettare esclusivamente il rimborso sotto forma di buono, contraria alla normativa comunitaria di settore che prevede, invece, la scelta per il consumatore di richiedere il rimborso in denaro del prezzo corrisposto, è stata avallata dal decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, cosiddetto Cura Italia, convertito in 24 aprile 2020, n. 27, il cui art. 88 bis, comma 12, dispone testualmente “ L’emissione dei voucher previsti dal presente articolo assolve i correlativi obblighi di rimborso e non richiede alcuna forma di accettazione da parte del destinatario”.

In particolare, alla luce della suddetta normativa, nelle ipotesi di contratti di trasporto aereo, ferroviario, marittimo, nelle acque interne o terrestre, di contratti di soggiorno e di pacchetti turistico, stipulati da soggetti impossibilitati a viaggiare per i motivi collegati all’emergenza sanitaria e dettagliatamente elencati nella norma in commento, ricorrono gli estremi dell’ impossibilità sopravvenuta della prestazione ai sensi dell’art. 1463 c.c., che determina la risoluzione del contratto e l’obbligo restitutorio, da parte dei vettori e degli organizzatori, della prestazione corrisposta dal consumatore.

Il problema che ci occupa riguarda, a ben vedere, proprio la modalità di restituzione della prestazione in favore dell’acquirente, al quale, in ragione dellariduzione del flusso di cassa collegato al netto calo degli affari nel settore dei trasporti e del turismo, sia nel caso di recesso del consumatore, che del vettore od organizzatore, è stato offerto il rimborso unicamente mediante un buono e non già anche in danaro contante.

Con buona pace delle disposizioni comunitarie che regolano la materia e suscitando non poche perplessità interpretative tra gli operatori del diritto, oltre che inevitabili incertezze tra i consumatori.

Per tali ragioni, in questa sede, si ritiene opportuno provare a fare chiarezza sugli aspetti essenziali della questione, offrendo delle possibili soluzioni applicative.

Oggetto della nostra indagine è l’ipotesi di cancellazione di trasporti, soggiorni e pacchetti turistici per circostanze eccezionali e situazioni soggettive, alle quali è, a ben vedere, riconducibile all’emergenza Covid-19.

Tale ipotesi trova puntuale disciplina nella normativa comunitaria, la quale vi riconduce, senza alcuna eccezione, il diritto del consumatore ad ottenere la restituzione del prezzo pagato per l’acquisto del viaggio.

A tal proposito, in materia di pacchetti turistici, la Direttiva UE 2015/2302 del Parlamento e del Consiglio, integralmente trasfusa nel decreto legislativo 2011 n. 79, cosiddetto Codice del Turismo, prevede, in caso di cancellazione del pacchetto turistico per “circostanze inevitabili e straordinarie” (alle quali è riconducibile l’emergenza Covid), il diritto dei viaggiatori al rimborso integrale dei pagamenti effettuati, senzaritardo e in ogni caso entro 14 giorni dalla risoluzione del contratto, disponendo espressamente che l’eventuale offerta del rimborso mediante corresponsione di un voucher non priva tuttavia il consumatore di scegliere la restituzione del prezzo del pacchetto turistico mediante denaro[1].

Parimenti, in materia di trasporti, i Regolamenti comunitari del Parlamento europeo e del Consiglio sui diritti dei passeggeri (Reg. CE 261/2004 per il trasporto aereo; Reg. CE n. 1371/2007 relativo al trasporto ferroviario; Reg. UE 1177/2010 per il trasporto via mare e per le vie navigabili interne e Reg. UE 181/2011 relativo al trasporto con autobus)[2], qualora venga cancellato il trasporto da parte del vettore, riconoscono al passeggero il diritto di effettuare una scelta immediata tra il rimborso del costo del biglietto ed un trasporto alternativo. Nel caso in cui venga scelto il rimborso, secondo i suddetti Regolamenti, questo può essere effettuato anche mediante consegna di un voucher, ma solo in presenza di espressa accettazione da parte del consumatore.

E’ chiaro dunque che, a fronte del quadro normativo comunitario di riferimento, la norma di cui all’art. 88 bis del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, nella misura in cui prevede che il rimborso mediante voucher non richiede alcuna accettazione da parte del consumatore, risulta in aperto ed insanabile contrasto.

E di questo contrasto sembra esserne consapevole lo stesso legislatore nazionale, il quale, a fronte delle norme comunitarie di massima armonizzazione, contenute nelle direttive in materia di pacchetti turistici e nei regolamenti comunitari di applicazione diretta, nel caso dei trasporti, ha adottato una clausola di chiusura dal sapore quasi nostalgico, riesumando una categoria dogmatica dai più dimenticata, qual è quella delle norme di applicazione necessaria, auto-dichiarando: “Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme di applicazione necessaria ai sensi dell’art. 17 della legge 31maggio 1995 n. 218 e dell’articolo 9 del regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008”.

In definitiva, secondo il legislatore italiano, l’etichetta di “norma di  applicazione necessaria” data alla disciplina sembrerebbe dover risolvere il contrasto con la normativa sovranazionale, in favore dell’applicazione di quellanazionale.

Ciò, a ben vedere, in un contesto storico normativo in cui disciplina del diritto internazionale privato non è più rimessa alle scelte dei legislatori nazionali ed il contrasto in merito a contratti internazionali è invece affidato alla normativa sovranazionale UE.

La scelta del legislatore di adottare una siffatta norma di chiusura ci invita pertanto ad analizzare la questione problematica degli effetti dell’emergenza sanitaria sui rapporti contrattuali aventi ad oggetto pacchetti turistici e/o titoli di viaggio la cui disciplina normativa abbracci sia l’ordinamento giuridico italiano che l’ordinamento giuridico di uno Stato membro dell’Unione europea. Tale querelle postula la necessaria delimitazione dell’efficacia e della portata della (fantomatica) categoria delle norme di applicazione necessaria, al fine di offrire agli operatori del settore gli strumenti per uscire dall’impassenormativa.

Ebbene, va precisato che le norme di applicazione necessaria rappresentano l’insieme di norme imperative del diritto interno o del diritto dell’Unione europea, che devono essere applicate in una situazione internazionale, quale che sia la legge regolatrice del rapporto giuridico secondo il sistema di diritto internazionale privato. Quando il legislatore adotta tali strumenti normativi, l’effetto è che tali norme prevalgono sulle norme di conflitto o di collegamento, ossia sulle regole che determinano la legge applicabile ad una situazione giuridica a carattere internazionale: “norme italiane che, in considerazione del loro oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera” (cfr. testualmente, art. 17 legge 218/95).

In riferimento alla questione del coordinamento fra rapporti contrattuali stipulati nell’ordinamento italiano aventi caratteri di internazionalità, ossia determinanti un collegamento del contratto stesso a più di un ordinamento giuridico statuale, ed effetti dell’emergenza sanitaria da Covid-19, l’art. 28 del decreto legge 2 marzo 2020 n. 9, poi trasfuso nell’art. 88 bis del decreto cura Italia, disciplina le modalità e le condizioni alle quali gli utenti di titoli di viaggio e pacchetti turistici possono ottenere un rimborso per la mancata fruizione del servizio, in seguito alla dichiarata emergenza sanitaria da Covid-19.

Il dato fondamentale è che la ratio ispiratrice di tale disposizione normativa concerne il perseguimento di una tutela rafforzata della parte debole del rapporto contrattuale inerente a pacchetti turistici e titoli di viaggio: la dimensione internazionale del regolamento contrattuale pattuito potrebbe infatti risultare, nei confronti deiconsumatori che abbiano dovuto rinunciare, per cause di forza maggiore (a cui è riconducibile la pandemia), al godimento dei servizi acquistati, potenzialmente pregiudizievole, ovvero potrebbe non offrire eguali livelli di tutela dei loro interessi privati.

Ebbene, se tale fine può dirsi di certo perseguito nelle ipotesi di contratti di viaggio e di pacchetti turistici sottoposti ad un diritto sostanziale straniero non ugualmente protettivo rispetto alla norma italiana (che andrebbe dunque applicata necessariamente), il problema si pone invece nel caso in cui il contrasto si prospetti con la normativa comunitaria, la quale prevede, come sopra evidenziato, un maggiore grado di protezione per i consumatori.

In concreto, la questione da chiarire è come si possa conciliare la ratiodi tutela rafforzata della parte debole, propria della norma di applicazione necessaria, con la previsione, al comma 12 dell’art. 88 bis, di una forma di tutela meno garantista per i consumatori: l’offerta di un rimborso mediante voucher, senza che sia richiesta accettazione, del consumatore.

E’ infatti palese come l’emissione di un buono finirebbe col far gravare l’aleadel rischio unicamente sulla parte contrattualmente debole, quale è proprio il turista – viaggiatore.

A parere di chi scrive, pertanto, nel caso in questione, il suddetto contrasto normativo non potrebbe che risolversi attraverso una disapplicazione della normativa interna a favore della normativa comunitaria di settore, la quale, come sopra descritto, tutela maggiormente il turista-viaggiatore, prevendendo il diritto del consumatore alla restituzione del prezzo pagato e subordinando, in ogni caso, il rimborso mediante voucher, alla accettazione dello stesso.

Tale soluzione deve ritenersi dirimente anche alla luce della formulazione letterale della Raccomandazione della Commissione del 13.5.2020[3]“relativa ai buoni offerti a passeggeri e viaggiatori come alternativa al rimborso per pacchetti turistici e servizio di trasporto annullati nel contesto della pandemia Covid-19”, ove la stessa, richiamando gli orientamenti interpretativi relativi ai regolamenti UE sui diritti dei passeggeri nel contesto dell’evolversi della pandemia pubblicati il 18 marzo 2020 e gli orientamenti sull’applicazione e della direttiva relativa ai pacchetti turistici nell’ambio della pandemia Covid -19 pubblicati il successivo 19 marzo 2020, ha ribadito il diritto dei consumatori alla scelta tra rimborso in denaro e sotto forma di buono, specificando: “La presente raccomandazione ha ad oggetto i buoni che i vettori o gli organizzatori possono proporre ai passeggeri ed ai viaggiatori, ferma restando la loro volontaria accettazione”.

Pur sembrando risolto il profilo interpretativa, la questione applicativa rimane tuttavia aperta: alla suddetta Raccomandazione, infatti, non è a tutt’oggi seguito l’adeguamento di organizzatori e vettori, i quali continuano a negare ai consumatori il diritto al rimborso in contanti, perseverando nella condotta illegittima.

E’ proprio per tali ragioni che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in una recente segnalazione del 18 maggio 2020[4], ribadendo che “la novella introdotta dall’art. 88 bis del decreto legge 18 del 2020 si presta difficilmente ad interpretazioni costituzionalmente e comunitariamente orientate”, ha chiesto che venisse risolto normativamente il suddetto contrasto, chiarendo che “in presenza di condotte cui al consumatore viene negato il diritto al rimborso e offerto unicamente il voucher, l’Autorità, nell’esercizio dei compiti ad essa spettanti a tutela dei diritti dei consumatori, interverrà per assicurare la corretta applicazione della normativa di fonte comunitaria, disapplicando la normativa nazionale con essa contrastante”.

Nella stessa direzione, l’Enac è intervenuto chiarendo che: “A seguito della decisione di alcuni Paesi di imporre restrizioni all’accesso di passeggeri provenienti dall’Italia o che vi abbiano soggiornato negli ultimi 14 giorni, assunte al fine di limitare l’espansione della epidemia Covid19, l’ENAC, Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, fornisce le seguenti informazioni in merito alla tutela dei diritti previsti dal Regolamento Comunitario numero 261 del 2004 per i casi di cosiddetta “forza maggiore”. I passeggeri che sono in possesso di biglietto aereo il cui volo è cancellato, i passeggeri che, pur non avendo subito la cancellazione del volo, sono comunque soggetti alle restrizioni di Paesi terzi imposte nei confronti delle persone che provengono o che abbiano soggiornato in Italianegli ultimi 14 giorni e i passeggeri che per ordine delle Autorità sono soggetti a misure di  contenimento dell’epidemia da Covid19 e che quindi non possono usufruire del biglietto aereo • hannodiritto al rimborso del prezzo del biglietto da parte del vettore; • non hanno, invece, diritto alla compensazione pecuniaria di cui all’art. 5 del Reg. numero 261 del 2004 che regola i casi di cancellazione, negato imbarco e ritardo prolungato in quanto la cancellazione del volo non è dipendente da causa imputabile al vettore[5]”.

Orbene, alla luce della normativa richiamata e degli orientamenti citati, risulta palese come, nelle ipotesi oggetto della nostra indagine, ovvero nei casi di cancellazione di pacchetti turistici e trasporti da ricondurre a circostanze eccezionali e situazioni soggetti collegate alla pandemia Covid -19, il consumatore ha diritto al rimborso del prezzo mediante pagamento in contanti e che l’offerta del voucher deve essere in ogni caso dallo stesso espressamente accettata.

Un’ulteriore circostanza che merita approfondimento e sulla quale si richiama l’attenzione dei lettori riguarda poi la condotta posta in essere dai vettori successivamente alla data del 3 giugno 2020, allorchè sono state rimosse le restrizioni alla circolazione delle persone fisiche all’interno del territorio nazionale e nell’area europea Schengen, regno Unito e Irlanda del Nord.

Orbene, a fronte di ciò, numerose compagnie hanno continuato a cancellare i voli, adducendo quale causa, l’emergenza Covid 19 e, invocando l’applicazione dell’art. 88 bis della legge 27 del 2020, hanno di fatto riconosciuto ai passeggeri esclusivamente un voucher.

Tale condotta risulta illegittima sotto un duplice profilo: in primo luogo, non sussiste alcuna circostanza eccezionale e straordinaria che giustifica la cancellazione; consegue a ciò che il passeggero, per i voli cancellati successivamente alla rimozione delle restrizioni, ha diritto non solo al rimborso del prezzo del biglietto (mediante restituzione in contanti o tramite voucher, solo su sua espressa accettazione), ma che, trattandosi di cancellazione per fatto addebitabile alla compagnia, va altresì riconosciuto al passeggero il diritto alla compensazione pecuniaria, quale risarcimento del danno, come contemplato nel Regolamento comunitario261/2004.

[1]Direttiva UE 2015/2302 del Parlamento e del Consiglio, articolo 11, par.5.

[2]Articolo 7, par. 3, Reg. CE 261/2004 per il trasporto aereo; artt. 16 e 17; Reg. CE n. 1371/2007 relativo al trasporto ferroviario; art. 18, paragrafi 1 e 3, Reg. UE 1177/2010 per il trasporto via mare e per le vie navigabili interne e Reg. UE 181/2011 relativo al trasporto con autobus (articolo 19, paragrafi 1 e 5).

[3]Consultabile su  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32020H0648&from=IT

[4]Segnalazione Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato  “in merito alle criticità della disciplina d’emergenza di cui all’art. 88 bis del decreto legge del 17 marzo 2020 n. 18, convertito con modifiche dall’art. 1, comma 1, legge 24 aprile 2020 n. 27”.

[5]Comunicato Stampa n. 12/2020 “Coronavirus: informazioni ai passeggeri su cancellazione voli a causa delle restrizioni disposte da alcuni Paesi e su voli che non possono essere usufruiti per disposizioni delle autorità Roma, 29 febbraio 2020”.

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