Capire la Riforma Orlando: le intercettazioni
Nota di redazione: questo è il primo di una serie di articoli dedicati alla “riforma della Giustizia Orlando”, dal nome del Ministro proponente. Obbiettivo è far chiarezza sulla portata di suddetta legge e sulle novità da essa introdotte.
La struttura della Riforma Orlando e le novità apportate in materia di intercettazioni.
Premessa: la struttura della Riforma
L’obbiettivo che ci si pone è quello di introdurre il lettore all’appena approvata “riforma della Giustizia”. Che si sia addivenuti ad una riforma tanto estesa, toccante codice penale, codice di procedura penale e ordinamento penitenziario, non deve stupire date le note problematiche del sistema giudiziario italiano: dall’ingolfamento delle aule e dai tempi processuali estremamente lunghi all’annosa questione della prescrizione, per finire col problema del cd. sistema del doppio binario su cui viaggiano i reati di “criminalità organizzata” e non.
Il disegno di legge, approvato definitivamente il 14 giugno 2017 dalla Camera, consta di un unico articolo frutto di una pluralità di disegni di legge e composto da 95 commi. Esso si rende portatore di istanze e ratio diverse, ragion per cui non manca chi, come Giorgio Spangher, ne lamenta la totale carenza di organicità dal punto di vista strutturale.
Sul piano del diritto penale sostanziale, la riforma introduce una nuova ipotesi estintiva dei reati, apporta modifiche alla disciplina della prescrizione ed aggrava il trattamento sanzionatorio previsto per i reati di furto in abitazione e scippo, scambio elettorale politico-mafioso e rapina.
Per quanto riguarda, invece, i profili processuali, l’obbiettivo del legislatore è stato quello di razionalizzare il processo penale intervenendo sulla fase delle indagini preliminari, sul procedimento di archiviazione, sulle impugnazioni, nonché sull’incapacità dell’imputato a partecipare al processo e sul domicilio eletto.
Il legislatore, nell’introdurre “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario” (dal titolo della legge in questione), non si è avvalso solo di norme già immediatamente efficaci, ma ha fatto ricorso anche alla tecnica della delegazione, investendo il Governo del complesso compito di disciplinare nel dettaglio materie particolarmente delicate. Ciò avviene con riferimento, in particolare, alle intercettazioni, ma anche ad alcune modifiche relative al sistema delle impugnazioni, all’ordinamento penitenziario, alle misure di sicurezza personali, al casellario giudiziale e al regime di procedibilità di alcuni reati.
Ciò posto, è possibile introdurre una prima materia oggetto di riforma: le intercettazioni.
INTERCETTAZIONI DI COMUNICAZIONI E CONVERSAZIONI
In base al comma 82 dell’articolo unico della Riforma, tra le materie oggetto di delega al Governo – come anticipato – vi sono le intercettazioni di comunicazioni e conversazioni, sia “tradizionali” che attraverso i c.d. “captatori informatici” (Trojan). Il Governo dovrà attuare la delega nel termine di tre mesi prorogabile di sessanta giorni quando si verificano determinate condizioni. Discutibilmente nessuna modifica è stata apportata alla disciplina delle videoriprese investigative, pure al centro delle indagini preliminari.
La materia delle intercettazioni è da sempre oggetto di polemiche e scontri parlamentari trattandosi del luogo dove vengono in gioco interessi di rilevanza costituzionale, tra cui la privacy dei cittadini, il diritto all’informazione, l’esigenza di giustizia. Non sorprende, così, che si tratti di un tema scottante, specialmente quando le intercettazioni riguardano le persone dei Parlamentari.
La Riforma, allora, nel farsi portatrice delle istanze di superamento delle numerose critiche mosse all’attuale disciplina, in più di un’occasione rilevatasi poco garantista, traduce in legge orientamenti giurisprudenziali consolidati in materia ed affronta il tema dell’uso del trojan, rispetto al quale la necessità di una disciplina specifica si è resa evidente a seguito della sentenza a Sezioni Unite Scurato.
Fermo restando “i limiti e i criteri di utilizzabilità vigenti”, i commi 84 e 85 della nuova legge affrontano la materia delle intercettazioni telefoniche con riguardo a tre fasi: acquisizione, diffusione e divulgazione.
Con riguardo alle intercettazioni “tradizionali” è stabilito che:
- Nell’attività di selezione del materiale da inviare al giudice a sostegno della richiesta di misura cautelare, il PM deve assicurare la riservatezza anche degli atti contenenti registrazioni di conversazioni o comunicazioni informatiche o telematiche inutilizzabili a qualunque titolo o contenenti dati sensibili non pertinenti all’accertamento delle responsabilità per i reati per cui si procede o per altri reati emersi nello stesso procedimento o nel corso delle indagini, ovvero irrilevanti ai fini delle indagini in quanto riguardanti esclusivamente fatti o circostanze ad esse estranei;
- Gli atti non allegati a sostegno della richiesta di misura cautelare devono essere custoditi in apposito archivio riservato, con facoltà di esame e ascolto ma non di copia, da parte dei difensori delle parti e del giudice, fino al momento di conclusione della procedura di cui all’articolo 268, commi 6 e 7 c.p.p.;
- Una volta conclusa tale procedura, i difensori delle parti possano ottenere copia degli atti e trascrizione in forma peritale delle intercettazioni, ritenuti rilevanti dal giudice ovvero il cui rilascio sia stato autorizzato dal giudice nella fase successiva alla conclusione delle indagini preliminari;
- Al fine della richiesta di giudizio immediato ovvero del deposito successivo all’avviso di conclusione delle indagini preliminari, il PM, ove riscontri tra gli atti la presenza di registrazioni di conversazioni o comunicazioni informatiche o telematiche inutilizzabili a qualunque titolo ovvero contenenti dati sensibili che non siano pertinenti all’accertamento delle responsabilità per i reati per cui si procede ovvero irrilevanti ai fini delle indagini in quanto riguardanti esclusivamente fatti o circostanze ad esse estranei, qualora non sia già intervenuta la procedura di cui ai commi 6 e 7 dell’articolo 268 del codice di procedura penale, ne dispone l’avvio, indicando espressamente le conversazioni di cui intenda richiedere lo stralcio.
A tali previsioni si deve aggiungere l’introduzione di una nuova ipotesi delittuosa, prevedendosi che costituisce «delitto, punibile con la reclusione non superiore a quattro anni, la diffusione, al solo fine di recare danno alla reputazione o all’immagine altrui, di riprese audiovisive o registrazioni di conversazioni, anche telefoniche, svolte in sua presenza ed effettuate fraudolentemente. La punibilità è esclusa quando le registrazioni o le riprese sono utilizzate nell’ambito di un procedimento amministrativo o giudiziario o per l’esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca». Procedure semplificate dovranno, poi, essere introdotte con riguardo ai più gravi reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione.
La Riforma, inoltre, impone che il legislatore delegato debba anche «tenere conto delle decisioni e dei princìpi adottati con le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, a tutela della libertà di stampa e del diritto dei cittadini all’informazione» nell’andare a disciplinare nel dettaglio la materia delle intercettazioni.
L’importanza della Riforma in tema di intercettazioni si rende evidente con riferimento all’altra tipologia di intercettazione la cui disciplina è delegata al Governo, ovvero l’intercettazione per il tramite del captatore informatico, definito comunemente Trojan horse (cavallo di Troia, appellativo contenente un chiaro riferimento all’espediente utilizzato da Ulisse nel mito omerico per entrare nella città di Troia), che altro non è che un virus informatico, più esattamente un malware, «occultamente installato dall’inquirente su un apparecchio elettronico dotato di connessione internet attiva […], il quale consente in ogni momento all’attaccante […] di captare tutto il traffico dati (sia in entrata che in uscita), di attivare da remoto il microfono e la telecamera registrandone le attività, di “perquisire” gli hard disk e di fare copia integrale del loro contenuto, di intercettare […] tutto quanto digitato sulla tastiera, di fotografare le immagini ed i documenti visualizzati», secondo la definizione di L. Annunziata[1].
Già la sentenza Scurato a Sezioni Unite del 28 aprile 2016 aveva messo in evidenza la necessità di disciplinare tale strumento tecnico così innovativo ed efficace da costituire un serio pericolo per i diritti costituzionalmente garantiti, in primis il diritto alla libertà e segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, inviolabile in base al disposto dell’art. 15 della Costituzione. Si ricorda, infatti, che la Cassazione in quell’occasione ha dichiarato la legittimità dell’utilizzo del Trojan nei luoghi di privata dimora a prescindere dallo svolgimento di un’attività criminosa sia nei casi di reati ci di cui all’art. 51 co. 3-bis e 3-quater c.p.p. che in quelli di reati di criminalità organizzata.
Il legislatore delegante ha, così, individuato criteri direttivi e principi ben precisi ai quali il legislatore delegato dovrà attenersi. Tra questi, i più importanti sono i seguenti:
- Il giudice deve indicare la necessità del Trojan ai fini delle indagini;
- Il captatore informatico va attivato mediante un apposito comando da remoto;
- La registrazione audio viene avviata dalla polizia giudiziaria o dal personale incaricato secondo indicazione della polizia giudiziaria operante;
- Verbalizzazione delle operazioni;
- È previsto che il dispositivo vada sempre attivato in caso di delitti di cui all’art. 51 co. 3-bis e 3-quater c.p.p.;
- Fuori dai casi precedentemente descritti, esso va attivato nei luoghi di privata dimora solo qualora si stia ivi svolgendo un’attività criminosa;
- Le registrazioni vanno trasferite unicamente attraverso il server della procura;
- Utilizzazione di soli programmi informatici conformi ai requisiti tecnici stabiliti con decreto ministeriali, tenendo conto dell’evoluzione tecnica al fine di assicurare idonei standard di affidabilità tecnica, di sicurezza e di efficacia;
- In caso di urgenza, possibilità per il PM di disporre intercettazioni attraverso trojan in caso dei delitti di cui all’art. 51 co. 3-bis e 3- quater c.p.p., con successiva convalida del giudice entro quarantotto ore;
- I risultati ottenuti possono essere usati ai fini probatori solo per i reati oggetto del provvedimento autorizzativo e in procedimenti diversi se indispensabili per l’accertamento dei delitti per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza (art. 380 c.p.p.);
- Divieto di conoscibilità, divulgabilità e pubblicabilità dei risultati di intercettazioni che abbiano occasionalmente coinvolto soggetti estranei ai fatti per i quali si procede.
Non resta che attendere, a questo punto, l’intervento del legislatore delegato in materia.
[1] L. ANNUNZIATA (2016), Trojan di Stato: l’intervento delle Sezioni Unite non risolve le problematiche applicative connesse alla natura del captatore informatico, in Parola alla difesa p. 189.
Raccontarsi in poche righe non è mai semplice, specialmente laddove si intende evitare l’effetto “lista della spesa”. Cosa dire di me, dunque, in questa piccola presentazione per i lettori di “Ius in itinere”? Una cosa è certa: come insegnano le regole di civiltà e buona educazione, a partire dal nome non si sbaglia mai.
Mi chiamo Laura De Rosa e sono nata nella ridente città di Napoli nel 1994. Fin da bambina ho coltivato la mia passione per la scrittura, che mi ha portato a conseguire col massimo dei voti nel 2012 il diploma classico presso il liceo Adolfo Pansini. Per lungo tempo, così, greco e latino sono stati per me delle seconde lingue, tanto che al liceo rimproveravo scherzosamente la mia professoressa di greco accusandola del fatto che a causa sua parlassi meglio delle “lingue morte” piuttosto che l’inglese. Tuttavia, ciò non ha impedito che anche io perdessi la mia ignoranza in proposito e oggi posso vantare un livello B2 Cambridge ed una forte aspirazione al C1. Parlo anche un po’ di spagnolo e, grazie al programma Erasmus Plus che mi ha portato nella splendida Lisbona, ora posso dire con fierezza che il portoghese non è più per me un mistero.
Sono cresciuta in un ambiente in cui il diritto è il pane quotidiano ed ho sempre guardato a questo mondo come a qualcosa di familiare e allo stesso tempo estraneo, perché talvolta faticavo a comprenderlo. Approcciata agli studi legali, invece, la mia visione delle cose è cambiata e mi sono accorta come termini che prima mi apparivano incomprensibili e lontani invece rappresentano la realtà di tutti giorni, anzi ci permettono di vedere e capire questa realtà. Ho affrontato, nel mio percorso universitario, lo studio del diritto penale con uno spirito critico mosso da queste considerazioni e sono giunta alla conclusione che questo ramo è quello che, probabilmente, più di tutti gli altri rappresenta l’uomo. Oggi sono iscritta all’ultimo anno della laurea magistrale presso l’Università Federico II di Napoli e, nonostante non ci sia branca del diritto che manchi di destare la mia curiosità, sono sempre più convinta di voler dare il mio contributo all’area penalistica. L’esser diventata socia di ELSA sicuramente ha rappresentato per me un’ottima opportunità in questo senso.
Scrivere per un giornale non è, per me, un’esperienza nuova. La mia collaborazione con “Ius in itinere” ha però un sapore diverso: nasce dal desiderio di mettermi in gioco come giurista, scrittrice e membro della società.
Il diritto infatti, come l’uomo, vive e si sviluppa. E come l’uomo ha un animo, aspetto da tenere sempre presente quando ci si approccia a studi giuridici. Mia volontà è dare un contributo a questo sviluppo nell’intento e nella speranza di collaborare ad un diritto più “giusto” e più “umano”. Oggi nelle vesti di scrittrice, un domani in un ruolo ancor più attivo.
Mail: laura.derosa@iusinitinere.it