venerdì, Marzo 29, 2024
Di Robusta Costituzione

Caso Cappato, la sentenza Corte costituzionale 242 del 2019 sulla punibilità dell’aiuto al suicidio ed il diritto all’autodeterminazione terapeutica

Il caso Cappato

Con ordinanza del 14 dicembre 2018 la Corte di Assise di Milano ha sollevato questione di legittimità costituzionale in relazione all’art. 580 c.p. norma che punisce l’istigazione o l’aiuto al suicidio[1]. Dopo un primo rinvio, la Consulta con la sentenza n° 242 del 2019 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 c.p.[2]nella parte in cui incrimina le condotte di aiuto al suicidio in alternativa alle condotte di istigazione e, quindi, a prescindere dal loro contributo alla determinazione o al rafforzamento del proposito di suicidio”[3].

La vicenda riguardava il comportamento di M. Cappato il quale, con il proprio comportamento ha agevolato il proposito di suicidio ( frutto di una matura, libera ed autonoma decisione) di F. Antoniani. Quest’ultimo: tetraplegico, affetto da cecità permanente, non autonomo nella respirazione, nell’alimentazione e nell’evacuazione e per di più “percorso da ricorrenti spasmi e contrazioni, produttivi di acute sofferenze che non potevano essere completamente lenite farmacologicamente, se non mediante sedazione profonda”( da sottolineare però che nonostante ciò “egli conservava intatte le facoltà intellettive”[4]) , si è fatto accompagnare in una clinica elvetica per poter porre fine alla sua vita. Il personale della clinica, dopo aver verificato le condizioni sine qua non per poter accedere al suicidio assistito- quali condizioni di salute, consenso e capacità di assumere in via autonoma il farmaco che gli avrebbe procurato la morte- hanno autorizzato il suicidio e M. Cappato di ritorno in Italia si è autodenunciato ai carabinieri.

Tra i tanti commenti al caso Cappato[5], questo articolo si prefigge di commentare la sentenza sul piano strettamente costituzionalistico.  Nel primo paragrafo ci si soffermerà sulla peculiare tecnica del rinvio a data fissa della Consulta, si passerà poi ad esaminare gli articoli della costituzione coinvolti nella vicenda, per poi fare il punto sul diritto all’autodeterminazione individuale terapeutica e sulla procedimentalizzazione dell’aiuto al suicidio quale disciplina mutuata dalla legge 219 del 2017.

 

L’ordinanza di rinvio: legislatore latitante e tecniche costituzionali

La Corte costituzionale pur potendo, non ha- prima facie– dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma penalistica ma ha preso tempo “onde consentire al Parlamento ogni opportuna riflessione e iniziativa[6]”, questo per la delicatezza della materia e l’importanza degli interessi in gioco. Così il 24 ottobre 2018 la Corte costituzionale con ordinanza – “facendo leva sui propri poteri di gestione del processo costituzionale[7] ha rinviato la decisione ad un anno dopo ma il legislatore non è intervenuto e la Consulta ha infine deciso con sentenza[8].

Occorre però porre particolare attenzione al modus operandi della Corte, la quale ha escogitato un rinvio ad udienza fissa: un nuovo modulo monitorio[9] (un unicum nel nostro ordinamento) che gli ha consentito di non invadere –prima facie– le prerogative del Parlamento ma al tempo stesso l’udienza fissa ha dato concretezza al problema, ponendo un ultimatum ad un legislatore latitante.

Tale tecnica muove sulla scia della dichiarazione di inammissibilità accompagnata da un monito al legislatore per l’introduzione della disciplina necessaria, la quale ha però il difetto di lasciare in vita per un periodo di tempo non preventivabile la normativa non conforme a Costituzione, ed è la Consulta stessa a chiarire che tale effetto non puo’ consentirsi nel caso in esame “per le sue caratteristiche e per la rilevanza dei valori da esso coinvolti”: ecco dunque un’ordinanza che rinvia l’udienza a data fissa per risolvere il problema.

Un’ ordinanza questa, che in dottrina è stata definita “bizzarra”, “se non altro perché, essendo ispirata all’esperienza francese delle pronunce con «réserve d’intérpretation transitoire» del Conseil constitutionnel, risulta priva di precedenti nell’àmbito della nostra giurisprudenza costituzionale[10]”, ma non solo per questo: essa infatti pur avendo il nomen iuris di ordinanza, ha il contenuto nonché la struttura tipica della sentenza ( la motivazione è articolata in un “ritenuto in fatto” e in un “considerato in diritto”: una motivazione corposa propria delle decisioni di merito) e di fatto anticipava già la futura decisione della Corte.

Riassumendo: dare un ultimatum temporale attraverso un’incostituzionalità differita[11] è stata la strategia che la Consulta ha escogitato per poter contemperare tra le due esigenze: quella di garantire la legalità costituzionale e quella di lasciar spazio alla discrezionalità legislativa[12]. Tuttavia, dopo un anno, “decorso un congruo periodo di tempo”, non essendo alcun progetto concreto in discussione in Parlamento, è stata la prima esigenza a prevalere: la Corte ha così deciso di intervenire[13] non solo per il caso de quo ma per tutti gli eventuali casi analoghi e lo ha fatto da un lato, circostanziando la non punibilità della condotta dell’aiuto al suicidio, dall’altro procedimentalizzandola (mutuando la disciplina dalla legge 219 del 2017).

Principi costituzionali violati

I principi costituzionali che sono venuti in rilievo nel caso di specie appartengono sostanzialmente a due blocchi: quello relativo alla non proporzionalità della pena unita al disvalore del fatto e quello il cui perno è il diritto all’autodeterminazione terapeutica.

  • Art 3 Cost unitamente al principio di proporzionalità della pena al disvalore del fatto (desumibile da art. 13- 25- 27 Cost). La corte d’assise milanese censurava difatti l’art 580 c.p. nella parte in cui puniva le condotte di aiuto al suicidio non rafforzative del proposito dell’aspirante suicida con la stessa pena prevista per le condotte di istigazione: un’illegittima parità[14]di trattamento sul piano sanzionatorio. L’art 580 c.p. configura infatti un reato a fattispecie alternative volto ad incrementare tre diverse condotte, diverse per incidenza rispetto al proposito suicidario difatti se le prime due vanno a rafforzare il proposito altrui la terza fattispecie incrimina l’agevolazione dell’esecuzione. Quest’ultima (in qualsiasi modo commessa) non va ad interagire con la sfera di autodeterminazione individuale della formazione della volontà del proposito stesso.

 

  • 32 ,2 comma Cost[15] ossia diritto all’autodeterminazione individuale[16]con riguardo ai trattamenti terapeutici (diritto previsto anche dall’art 8 CEDU, avente ingresso nel nostro ordinamento ex art 117 c.1. cost)[17]. È il diritto che ha segnato la strada dell’evoluzione delle tematiche concernenti il fine vita (ampiamente valorizzato nelle pronunce sui casi Welby ed Englaro[18]). Tale diritto, da taluni considerato un vero e proprio diritto di morire altrimenti detto “eutanasia consensuale attiva”, consisterebbe nel “diritto da parte di un soggetto affetto da una malattia grave e irreversibile, connotata da intollerabili sofferenze, di chiedere di ricevere una morte indolore ed anticipata rispetto al naturale decorso della patologia, in quanto ritenuta più rispondente alla propria personale concezione di dignità[19]. Un vero e proprio diritto alla rinuncia dei trattamenti sanitari funzionali al mantenimento in vita dell’aspirante suicida. Sarebbe quel diritto che, a detta dei p.m milanesi, connesso al diritto al rispetto della dignità umana “impone di far prevalere il diritto all’autodeterminazione sul principio di indisponibilità della vita: ciò trasformerebbe in questa specifica ipotesi il suicidio da “mero fatto” ad un vero e proprio “diritto soggettivo””[20].

Ebbene, la Consulta nel decidere ha spostato l’accento sul primo blocco, modulando la norma incriminatrice ma al contempo il secondo blocco è stato funzionale alla motivazione della sentenza de qua nonché alla circostanziazione dell’area di non punibilità dell’aiuto al suicidio.

Il diritto all’autodeterminazione terapeutica è stato valorizzato non stabilendo un vero e proprio diritto a morire “diametralmente opposto” a quello del diritto alla vita[21], ma subordinandolo al consenso informato e collegandolo alla legge 219 del 2017.

Del resto, non aveva più senso permettere al paziente di “accedere al suicidio” esclusivamente attraverso il rifiuto di trattamenti di idratazione e nutrizione artificiale (accompagnato da sedazione profonda) come previsto dalla legge 219 del 2017. Se difatti al suicidio si puo’ avere “accesso” attraverso il rifiuto delle cure e quindi attraverso l’esercizio di una libertà negativa perché non permettere l’esercizio della speculare libertà positiva? Mantenere questa divergenza avrebbe significato andare incontro ad una violazione dell’art 32 in combinato disposto con l’art.3 cost. Come ben esplicato dalla Corte: “L’imposizione di «un’unica modalità per congedarsi dalla vita» – la sedazione palliativa profonda continua – «senza che tale limitazione possa ritenersi preordinata alla tutela di altro interesse costituzionalmente tutelabile» finisce altresì per determinare una «lesione del principio della dignità umana, oltre che dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza in rapporto alle diverse condizioni soggettive”(Considerato in diritto, par 9)[22].

Diritto all’autodeterminazione terapeutica[23]

Nel circostanziare l’area di non conformità costituzionale della fattispecie criminosa la Corte ha elencato 4 condizioni:

  1. La persona sia affetta da una patologia irreversibile
  2. Questa sia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che trova assolutamente intollerabili
  3. La persona sia tenuta in vita a mezzo di trattamento di sostegno vitale
  4. Tuttavia resti capace di prendere decisioni libere e consapevoli

Quest’area di non punibilità resta circoscritta quindi sia da condizioni oggettive, quali la patologia irreversibile e l’essere tenuta in vita a mezzo di trattamento di sostegno vitale, sia da condizioni soggettive: non solo la volontà di porre fine alla propria vita  deve risultare liberamente formata, ma è necessario che , versando in queste condizioni oggettive queste provochino all’aspirante suicida sofferenze fisiche o psicologiche tali da essere considerate dalla persona stessa intollerabili. Non si assiste quindi ad un’oggettivizzazione della dignità della vita o della dignità della morte per chi versa nelle condizioni suindicate, perché nessun parametro oggettivo è di per sé sufficiente: sarà solo il soggetto stesso, liberamente e consapevolmente a poter valutare “trovando” tollerabile o meno le proprie sofferenze fisiche o psicologiche.  Al tempo stesso però la soggettività deve essere ancorata a dei punti fermi ed è qui che l’oggettivizzazione ha un senso, serve da limite all’autodeterminazione individuale: il soggetto che non sia affetto da tali sofferenze, che non versi in una patologia irreversibile e che non sia tenuto in vita a mezzo di trattamento di sostegno vitale non puo’ di per sé considerare la sua vita indegna e ricorrere al suicidio assistito.

Occorre tuttavia precisare che le quattro condizioni elencate dalla Corte che servono a confinare l’incriminazione sono plasmate sul caso in esame e suppliscono alla latitanza del legislatore: lo orientano ma non lo vincolano, nulla osterebbe difatti alla possibilità del legislatore di poter modificare tali condizioni e ampliare o restringere la platea degli aventi diritto ad ottenere l’aiuto medico[24].

La sentenza de qua quindi si spinge ad una valutazione politica, dando un’interpretazione sulle vicende del fine-vita orientata costituzionalmente: non più una tutela della vita a tutti i costi, ma una valutazione soggettiva: libera e autodeterminata. L’ incriminazione dell’art 580 c.p. è difatti intrisa dell’ideologia fascista che vedeva la vita quale “bene non disponibile da parte del suo titolare” perché a disposizione della collettività, di conseguenza il suicidio era connotato da elementi di disvalore per la collettività statale in quanto sottraeva forza lavoro e cittadini alla patria. Un orientamento che, come esplicitato dalla Corte, non ha più alcuna ragion d’essere nel nostro ordinamento costituzionale, improntato com’è al principio personalista enunciato all’art 2 e 13 cost: “principi alla luce dei quali la vita- primo fra tutti i diritti inviolabili dell’uomo- non potrebbe essere “concepita in funzione di un fine eteronomo rispetto al suo titolare[25]”: ecco dunque che anche in un tema delicato come la fine della vita, la tutela dell’individuo riacquista centralità e l’ideologia fascista viene definitivamente relegata alla storia. 

 

Il Collegamento con la legge 219 del 2017

E’ la stessa Corte a stabilire quale preciso punto di riferimento la legge 219 del 2017[26], della quale se ne serve per poter introdurre requisiti procedimentali quali condizioni per la non punibilità dell’aiuto al suicidio: “a condizione che l’aiuto sia prestato con le modalità previste dagli art. 1[27] e 2[28]  della legge 219 del 2017, sempre che tali condizioni siano state verificate da una struttura pubblica del Servizio Sanitario Nazionale previo parere del comitato etico territorialmente competente[29]”.

La procedura medicalizzata consta di due passaggi fondamentali:

  • Le modalità di verifica medica del consenso informato: ( tale disciplina è mutuata dall’art. 1 comma 5 della legge citata) il medico dovrà verificare la sussistenza dei presupposti in presenza dei quali la persona possa richiedere l’aiuto (il diritto all’interruzione dei trattamenti di sostegno vitale viene riconosciuto alla persona capace di agire, la richiesta deve essere espressa nelle forme previste dal comma 4 per il consenso informato e la manifestazione di volontà deve essere acquisita “ nei modi e con gli strumenti più consoni al paziente”).
  • L’intervento di un organo collegiale terzo competente il quale possa garantire la tutela delle situazioni di particolare vulnerabilità: la sentenza specifica che “nelle more dell’intervento del legislatore, tale compito viene affidato ai comitati etici territorialmente competenti”.

Questa procedimentalizzazione va a costruire quella “cintura protettiva intorno a queste persone particolarmente vulnerabili, cintura cui la Consulta faceva espressamente riferimento nell’ordinanza di rinvio: il paziente viene messo in condizioni di poter capire la propria condizione, viene assistito fisicamente e psicologicamente, e sino alla fine è libero di mutare la propria decisione (“il medico deve prospettare al paziente le conseguenze di tale decisione e le possibilità alternative”).

La procedura trova il suo fulcro nel consenso informato il quale funge da cerniera tra le due dimensioni del diritto alla salute: il diritto alla salute come diritto negativoda intendersi come pretesa a che terzi si astengano da qualsiasi intervento pregiudizievole” e come diritto positivoconnesso alla pretesa dell’interessato di utilizzare i mezzi terapeutici disponibili e necessari per la tutela della propria salute”. Mediante il consenso informato il soggetto “ha la possibilità di decidere di quale delle due dimensioni richiedere tutela”[30], nel pieno rispetto del diritto all’autodeterminazione terapeutica.

La Consulta conclude infine con l’auspicio che la materia venga al più presto regolata dal legislatore sulla strada da essa tracciata.  Tra i tanti vulnus da chiarire il legislatore dovrà farsi carico di modulare l’obiezione di coscienza del personale sanitario che sino ad ora non ha alcun obbligo a procedere a tale aiuto ( “resta affidato alla coscienza del singolo medico scegliere se prestarsi o no ad esaudire la richiesta del malato”)senza tuttavia pregiudicare lo stesso diritto all’autodeterminazione terapeutica del malato [31]che oramai ha piena cittadinanza nel nostro ordinamento costituzionale non come “diritto a morire” o come “diritto ad una piena dignità anche nella morte” ma come “diritto alla libera determinazione individuale”: diritto che dovrebbe essere assicurato “usque ad vitae supremum exitum”[32]

[1]Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima”;

[2] Per una ricostruzione completa delle problematiche dell’art 580 c.p. si veda ROMANO M. “Aiuto al suicidio, rifiuto o rinuncia a trattamenti sanitari, eutanasia ( sulle recenti pronunce della Corte costituzionale)” in “ Sistema penale” disponibile qui: https://www.sistemapenale.it/pdf_contenuti/1578432588_romano-2020a-aiuto-al-suicidio-eutanasia-corte-cost-242-2019.pdf;

[3] Corte cost. sent.  n° 242 /2019, disponibile qui: www.giurcost.org/decisioni/2019/0242s-19.html;

[4] Ritenuto in fatto 1.1. sent. 242/ 219;

[5] Per un commento dal taglio penalistico su questa stessa rivista si rinvia a DI PRISCO A. “Il suicidio assistito: il sì della Corte costituzionale”, Ius in Itinere 12 ottobre 2019 disponibile qui: https://www.iusinitinere.it/il-suicidio-assistito-il-si-della-corte-costituzionale-23839;  nonché DI PRISCO A. “L’indisponibilità del bene vita? Istigazione o aiuto al suicidio” Ius in Itinere 19 luglio 2017 disponibile qui: https://www.iusinitinere.it/lindisponibilita-del-bene-vita-istigazione-aiuto-al-suicidio-3980;

[6] Ordinanza Corte costituzionale 207/ 2018, art. 11 del “Considerato in Diritto”: “onde consentire al Parlamento ogni opportuna riflessione e iniziativa, così da evitare, per un verso, che, nei termini innanzi illustrati, una disposizione continui a produrre effetti reputati costituzionalmente non compatibili, ma al tempo stesso scongiurare possibili vuoti di tutela dei valori, anch’essi pienamente rilevanti sul piano costituzionale”;

[7] Come sottolineato dalla stessa Corte, cfr. ADAMO U., “La Corte è “attendista”…«facendo leva sui poteri di gestione del processo costituzionale». Nota a Corte cost., ord. n. 207 del 2018”,in Forum quaderni costituzionali 2018, p. 3 disponibile qui: www.forumcostituzionale.it/wordpress/wp-content/uploads/2018/12/nota_207_2018_adamo.pdf;

[8] CUPELLI C. “Il Parlamento decide di non decidere e la Corte costituzionale risponde a se stessa. La sentenza n. 242 del 2019 e il caso Cappato” in Sistema Penale, fascicolo 12/2019, disponibile qui: https://sistemapenale.it/pdf_contenuti/1575474580_cupelli-2019a-corte-costituzionale-242-2019-corte-risponde-a-se-stessa-caso-cappato.pdf;

[9] PESCATORE R. “Caso Cappato- Antoniani: analisi di un nuovo modulo monitorio”, AIC fascicolo 1/2020, disponibile qui: https://www.osservatorioaic.it/images/rivista/pdf/2020_1_03_Pescatore.pdf;

[10] SERGES G. “E se il Caso Cappato fosse risolto con un accoglimento interpretativo transitorio? Prime riflessioni interlocutorie sulla possibile delimitazione degli effetti temporali delle pronunce interpretative della Corte costituzionale” in Costituzionalismo.it fascicolo 2/ 2019 “La deformalizzazione della legalità costituzionale: tornare alla cultura delle regole”;

[11] CUPELLI C. “Il caso Cappato, l’incostituzionalità differita e la dignità nell’autodeterminazione alla morte” in Diritto Penale Contemporaneo 3 dicembre 2018 disponibile qui: ;

[12] CANESTRARI S. “ I tormenti del corpo e le ferite dell’anima: l’assistenza di assistenza a morire e aiuto al suicidio” in Diritto Penale Contemporaneo, disponibile qui ;

[13] Per una critica all’invasione di campo della discrezionalità legislativa ad opera della Corte costituzionale ritenuta ormai titolare della kompetenz-kompetenz si veda RUGGERI A. “Rimosso senza indugio il limite della discrezionalità del legislatore, la Consulta dà luce alla preannunziata regolazione del suicidio assistito (a prima lettura di Corte cost.  242 del 2019)”in“ Giustizia Insieme”27 novembre 2019, disponibile qui: https://www.giustiziainsieme.it/it/attualita-2/802-prima-lettura-di-corte-cost-n-242-del-2019-di-antonio-ruggeri;

[14] CARAVALE P. “Incappare in …Cappato” Considerazioni di tecnica decisoria sull’ordinanza n.207 del 2018 della Corte costituzionale” in Consultaonline 30 Luglio 2019;

[15] Per un approfondimento sul diritto alla salute in Italia si veda: DURANTE V. “La salute come diritto della persona” Giuffrè editore 2011 estratto dal volume Trattato di Biodiritto diretto da S. RODOTA’ e P. ZATTI, Il governo del corpo tomo I, cap. I.  disponibile qui: ;

[17] BARRACCA F. “I limiti al diritto all’autodeterminazione terapeutica e l’ammissibilità del diritto a morire nel nostro ordinamento” 11 ottobre 2019 Filodiritto.com, disponibile qui: https://www.filodiritto.com/i-limiti-al-diritto-allautodeterminazione-terapeutica-e-lammissibilita-del-diritto-morire-nel-nostro-ordinamento;

[18] I casi Welby ed Englaro sono dei veri e propri leading case sul diritto all’autodeterminazione terapeutica in Italia. Per le sentenze: Welby (Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Roma sentenza 23 luglio- 17 ottobre 2007, n. 2049), Englaro (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza 16 ottobre 2007, n. 21748);

[19] CEFFA C. B.  “Il diritto di morire con dignità: il “Caso Cappato” davanti ai giudici della Corte costituzionale in Eutanasia e fine vita” in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica 2/ 2018 il Mulino;

[20] BERNARDONI P.  “Tra reato di aiuto al suicidio e diritto ad una morte dignitosa: la procura di Milano richiede l’archiviazione per Marco Cappato” fascicolo 5/2017 in “Diritto Penale Contemporaneo”, disponibile qui: ;

[21]Si veda, sent. corte cost. 242/ 2019, “Considerato in diritto” 2.2;

[22] TRIPODINA C. “ La circoscritta area di non punibilità dell’aiuto al suicidio, cronaca e commento di una sentenza annunciata” in “ Corti supreme e salute” 2/ 2019, disponibile qui: www.cortisupremeesalute.it/wp-content/uploads/2019/12/Tripodina.pdf; si veda in particolar modo il paragrafi 4 e 5;

[23] CHIEFFI I. “Il diritto all’autodeterminazione terapeutica. Origine ed evoluzione di un valore costituzionale”, Torino Giappichelli,2019 pag.183,  commento recensione su nomos 1/ 2019 a cura di G. SANTOMAURO disponibile qui: www.nomos-leattualitaneldiritto.it/wp-content/uploads/2019/06/9-SANTOMAURO.pdf;

[24] Come ben sottolineato da BATTISTELLA G. “Il diritto all’assistenza medica a morire tra “l’intervento costituzionalmente obbligato” del Giudice delle leggi e la discrezionalità del Parlamento, spunti di riflessione sul seguito legislativo” in  AIC fasc. 1/ 2020, paragrafo 3, disponibile qui: https://www.osservatorioaic.it/images/rivista/pdf/2020_1_01_Battistella.pdf;

[25] Sentenza corte cost. 242/2019, “Ritenuto in fatto” 1.2;

[26] Per un approfondimento si veda CARMINATI A. “L’affermazione del principio costituzionale di autodeterminazione terapeutica e i suoi possibili risvolti nell’ordinamento italiano” in Giurisprudenza Penale 1/2019, disponibile qui: www.giurisprudenzapenale.com/wp-content/uploads/2019/01/carminati_fine-vita_gp_2019_1bis.pdf;

[27] Legge 219/2017, art. 1 “La presente  legge,  nel  rispetto  dei  principi  di  cui  agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli  articoli  1,  2  e  3della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,  tutela  il diritto  alla vita, alla salute, alla  dignità     e all’autodeterminazione  della  persona  e   stabilisce   che   nessun trattamento sanitario puo’ essere iniziato o proseguito se privo  del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge[..]”;

[28]   Legge 219/2017, art. 2. “È promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale   e la responsabilità   del   medico. Contribuiscono alla relazione di cura, in base alle rispettive competenze, gli esercenti una professione sanitaria che compongono l’equipe sanitaria. In tale relazione sono coinvolti, se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari o la parte dell’unione civile o

il convivente ovvero una persona di fiducia del paziente medesimo[..]”;

[29] Sent. Corte cost. 242/2019;

[30] ROSSI E.  “Profili giuridici del consenso informato: i fondamenti costituzionali e gli ambiti di applicazione” in Rivista AIC 2011, 4 pag. 6;

[31]D’AMICO M. “Il fine vita davanti alla Corte costituzionale fra profili processuali, principi penali e dilemmi etici (considerazioni a margine della sent. .n. 242 del 2019)”  AIC fascicolo 1/ 2020, disponibile qui: https://www.osservatorioaic.it/images/rivista/pdf/2020_1_02_D_Amico.pdf; in particolare l’autrice è dell’opinione il diritto all’autodeterminazione terapeutica possa essere vanificato se subordinato all’obiezione di coscienza, si riporta un passaggio del  paragrafo  6 ( “Un diritto subordinato alle “coscienze”?): “ Affermare che non vi sia “alcun obbligo di procedere a tale aiuto in capo ai medici” e che, pertanto, resta “affidato […] alla coscienza del singolo medico scegliere se prestarsi, o no, a esaudire la richiesta del malato” trasforma, infatti, profondamente il diritto accertato (o più precisamente compromette profondamente la stessa possibilità che al proposito di suicidio del paziente in determinate condizioni possa essere dato seguito con condotte di ausilio). Si tratta, quindi, di riflesso di un diritto fondamentale subordinato alla “coscienza” del medico: ed è quindi una coscienza che avrà potere sul diritto di una persona, che, oltretutto, si trova in una condizione di estrema fragilità. Vi è di certo sproporzione fra chi è malato irreversibile e chiede aiuto, da un lato, e una procedura che fino a un certo punto, nell’ambito della relazione medico – paziente cerca di mantenere un equilibrio, ma infine rimane ancorata alla decisione di “comitati etici” e alle “coscienze” dei medici28. Non vi è chi non veda come queste poche righe rischino di gettare all’aria il paradigma oggi indiscusso nell’ambito sanitario della “relazione di cura” medico – paziente, su cui si fonda anche la legge n. 219 del 2017 e che viene richiamata nella stessa pronuncia in commento”;

[32] Così come precisato in sentenza punto 2 “ritenuto in fatto “della sentenza in commento.

Fonte immagine https://www.iltempo.it/cronache/2019/09/25/news/eutanasia-fine-vita-consulta-corte-costituzionale-dj-fabo-1215095/

Flaviana Cerquozzi

Laureata in Giurisprudenza presso l'Università La Sapienza di Roma nel 2023, con una tesi in diritto costituzionale, dal titolo   "La teoria dei controlimiti: la tutela della democrazia sostanziale ad extra", relatore Prof. Gaetano Azzariti, correlatore Prof. Alessandro Somma. E' specializzata in giustizia costituzionale presso l'Università di Pisa, autrice di numerosi articoli divulgativi e scientifici di Diritto Costituzionale. Attualmente svolge la pratica forense presso il Foro di Roma ed è Responsabile diritto costituzionale presso questa rivista. Da luglio 2023 cura la rubrica "DI ROBUSTA COSTITUZIONE" presso Ius in Itinere, che di seguito viene illustrata:

"La nuova rubrica di Ius in Itinere nasce dall’esigenza di riservarsi un momento di critica riflessione sui principi fondativi della nostra convivenza.
Lungi dall'essere "carta morta", gli insegnamenti costituzionali sono sempre vivi: la loro continua divulgazione ed attualizzazione -che questo spazio promuove- ne "irrobustirà" la necessaria conoscenza".
flaviana.cerquozzi@iusinitinere.it

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