venerdì, Aprile 26, 2024
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Il caso Microsoft vs. Stati Uniti: il problema della territorialità delle informazioni digitali

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Una delle maggiori difficoltà del diritto odierno è rappresentata dal costante avanzamento tecnologico, che spesso mette in crisi i classici strumenti giuridici che si rivelano così insufficienti ad affrontare le sfide rappresentate dal mondo digitale.

Un caso di particolare rilievo per quanto concerne l’applicazioni del diritto in ambito informatico è quello che ha visto contrapposti la Microsoft e gli Stati Uniti d’America.

Il caso(1) riguarda un mandato istituito nel 2013 da un giudice Americano, ai sensi della sezione 2703 dello Stored Communication Act (SCA), nei confronti della Microsoft per ottenere le informazioni e le email legate ad un account archiviato nei loro server, il problema principale deriva dal mancato aggiornamento del SCA che è rimasto quasi immutato dalla sua promulgazione nel 1986.

I dati, che erano immagazzinati nei server americani, furono resi fin da subito disponibili alle autorità, ma la Microsoft si rifiutò di produrre le email, questo perché le stesse erano archiviate in un server in Irlanda.

La motivazione(2) resa dai legali della società era che essendo il server situato su suolo straniero i giudici americani non avessero l’autorità per poter richiedere i dati immagazzinati al suo interno attraverso un mandato, difatti l’articolo 41 del SCA non specifica se la norma abbia vigore anche al di fuori del territorio americano.

Il Governo, dal canto suo, ha affermato che il mandato è rivolto alla Compagnia che gestisce il servizio internet (L’ISP in questo caso è la Microsoft) e non al luogo dove sono situati i server, inoltre per il Governo Americano il mandato ai sensi del SCA non è un comune mandato bensì una subpoena.

La subpoena è uno strumento del diritto anglosassone che indica la capacità di un giudice di ottenere coattivamente una testimonianza o la produzione di elementi di prova con la previsione di una sanzione qualora tale prerogativa non venga rispettata.

Il giudice ha ritenuto corretta la qualificazione di subpoena e di conseguenza ha intimato alla Microsoft la produzione delle email contenute nei suoi server Irlandesi.

La Microsoft ha appellato tale decisione ( “The Government cannot seek and a court cannot issue a warrant allowing federal agents to break down the doors of Microsoft’s Dublin facility.  Likewise, the Government cannot conscript Microsoft to do what it has no authority itself to do – i.e., execute a warranted search abroad.” ) ed i Giudici della Corte d’Appello hanno accolto le motivazioni poste in essere dai legali della compagnia.

La corte ha basato la propria decisione sul principio che le leggi del Congresso, a meno che non sia specificato altrimenti, debbano essere sempre intese come applicali solo all’interno della giurisdizione degli Stati Uniti così come stabilito anche nella sentenza della Corte Suprema nel caso Morrison contro National Australia Bank.

A seguito di questa decisione il governo Americano ha portato il caso alla Corte Suprema.

Il caso riveste un ruolo fondamentale per il futuro del diritto informatico in America, se tale decisione  fosse confermata darebbe la possibilità alle compagnie americane di rifiutare di produrre elementi di prova in giudizio semplicemente trasferendo i dati in un server straniero, o in ogni caso darebbe la possibilità agli utenti di poter scegliere di immagazzinare le informazioni in server stranieri per evitare il loro utilizzo in futuri processi.

Il professor Jennifer Daskal ha affermato(3) che questo caso rende palese l’impossibilità di applicare i principi di territorialità alle informazioni digitali, i dati immagazzinati nel cloud sono spesso frammentati e archiviati su più server, inoltre gli utenti non sono nemmeno a conoscenza di dove vengoao conservate le loro informazioni venendo così meno il collegamento tra l’ubicazione dei dati e l’ubicazione del soggetto.

Secondo Daskal si dovrebbe quindi parlare di una “non-territorialità” dei dati informatici.

La decisione della Corte Suprema sicuramente creerà un importantissimo precedente in America, ma per quanto le corti possano adattare il diritto alle moderne tecnologie è necessaria anche dalla parte del legislatore un incessante attività di ammodernamento del diritto.

(1) Harvard Law Review, In re Warrant to Search a Certain Email Account Controlled & Maintained by Microsoft Corp., 2015, disponibile qui https://harvardlawreview.org/2015/01/in-re-warrant-to-search-a-certain-email-account-controlled-maintained-by-microsoft-corp/

(2) Microsoft Ireland Case: Can a US Warrant Compel A US Provider to Disclose Data Stored Abroad?, 2014, disponibile qui https://cdt.org/insight/microsoft-ireland-case-can-a-us-warrant-compel-a-us-provider-to-disclose-data-stored-abroad/

(3) Harvard Law Review, Microsoft Corp. v. United States, 2016, disponibile qui https://harvardlawreview.org/2016/12/microsoft-corp-v-united-states/

 

 

 

 

Mattia Monticelli

Mattia Monticelli è nato a Napoli nel 1993, diplomato al Liceo Scientifico Elio Vittorini ed attualmente studente di Giurisprudenza presso la Federico II di Napoli, collabora con Ius in Itinere per l'area di Diritto Internazionale. È da sempre appassionato dei risvolti pratici del diritto. Il suo interesse lo ha spinto ad entrare in ELSA Napoli ed a partecipare alla MOOT Court di Diritto Privato fin dal primo anno. Ama viaggiare e scoprire culture e modi di vivere diversi, questo lo ha portato a studiare, fin dal Liceo, l'Inglese conseguendo numerosi certificati. La voglia di viaggiare lo ha motivato a specializzarsi in futuro nel Diritto Internazionale. Email: mattia.monticelli@iusinitinere.it

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