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Diritto e Impresa

Cass. Civ. Ord., Sez. VI, n. 6027/2021 del 4 marzo 2021, sul diritto al compenso dei sindaci in caso di inadempimento agli obblighi di controllo

Commento breve a cura del Dott. Niccolò Tamburini

È con questa unità di misura (della singola annualità) che l’inadempimento degli obblighi di controllo deve avvenire a confrontarsi in relazione al riconoscimento del diritto al compenso del sindaco”.

Con l’Ordinanza in commento la Sesta Sezione della Corte di Cassazione si sofferma sul rapporto tra l’inadempimento degli obblighi di controllo dei sindaci di cui all’art. 2403 c.c. ed il loro diritto al compenso, con particolare riferimento alle annualità successive a quelle cui detto inadempimento si riferisce.

I fatti di causa

La controversia origina dalla mancata ammissione al passivo fallimentare del credito vantato dal professionista (membro del collegio sindacale della società fallita) per il compenso relativo alle annualità dall’anno 2014 sino al 2017, dato che il medesimo sarebbe rimasto inadempiente per tutto l’esercizio 2014.

Sebbene il giudice delegato avesse rigettato integralmente la domanda, in sede di opposizione all’esclusione, invece, il credito veniva ammesso in rango privilegiato in riferimento alle annualità 2015, 2016 e 2017, con esclusione quindi del compenso vantato per l’anno 2014.

Avverso il decreto emesso dal Tribunale di Vicenza proponeva ricorso per cassazione il fallimento e resisteva con controricorso il sindaco.

La decisione

La Suprema Corte è stata chiamata ad accertare se, ai fini della valutazione del diritto al compenso vantato dal sindaco, gli obblighi di controllo ex art. 2403 c.c. ed i connessi doveri di intervento siano suscettibili di una considerazione “globale ed unitaria”, con la conseguenza che l’inadempimento materialmente caduto in un esercizio sociale determinerebbe una violazione riferibile all’intero ufficio, facendo così venire meno il diritto al compenso anche per i successivi esercizi. In caso contrario, se detto inadempimento debba essere “ripartito” anno per anno, tenendo conto del periodo in cui sia stato materialmente posto in essere, così che al professionista spetterebbe soltanto il compenso relativo alle annualità per le quali il controllo risulta essere stato effettivamente esercitato.

Atteso che gli obblighi di cui all’art. 2403 c.c. rientrano nel novero delle obbligazioni a carattere continuativo, ad avviso degli Ermellini queste “ben possono rimanere – pure nel riflesso della loro dimensione temporale – in parte adempiute ed in parte inadempiute”.

Nel risolvere il quesito secondo la tesi della “ripartizione” delle prestazioni svolte dal collegio sindacale, la Sesta Sezione trae argomento dalle seguenti disposizioni:

(i) l’art. 1458 c.c., in tema di risoluzione dei contratti ad esecuzione continuata, per cui la risoluzione del contratto non investe le prestazioni già eseguite e lo stesso dicasi sia quando “ad un primo periodo di adempimento si contrapponga seccamente un successivo periodo di solo inadempimento, quanto in quello in cui le due situazioni vengano intermittenti ad alternarsi”, non producendo la risoluzione alcun effetto per le prestazioni eseguite successivamente;

(ii) l’art. 2402 c.c. che, nell’indicare la retribuzione “annuale” dei sindaci, consente di affermare come i doveri di cui all’art. 2403 c.c. debbano essere scansionati temporalmente in relazione ad ogni esercizio annuale, così che l’esercizio sociale si presta ad assurgere a mera unità di misura al fine di stabilire il diritto al compenso del sindaco nel caso di un suo inadempimento riferibile all’anno precedente.

Ne consegue che l’inadempimento materialmente caduto in un singolo esercizio sociale non determina, di per sé, anche una violazione degli obblighi di controllo sindacale riferibile all’intera durata dell’ufficio. Sulla base del principio affermato, il sindaco avrà quindi diritto a percepire il compenso maturato relativamente a quegli esercizi sociali, precedenti o successivi (come nel caso di specie), in cui l’attività di controllo sia stata effettivamente svolta.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE X

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22872-2019 proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) SPA, in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio dell’avvocato CICCOTTI SABINA, rappresentato e difeso dall’avvocato FANTIN FABIO;

  • ricorrente –

contro

V.C., STUDIO ASSOCIATO FRACCA POLONIATO E CARRARO, in persona dl legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 13, presso lo studio dell’avvocato DE ROSSI FEDERICO, rappresentati e difesi dall’avvocato DAL BEN MARCO ANTONIO;

  • controricorrenti –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VICENZA, depositato il 18/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DOLMETTA ALDO ANGELO.

 

1- V.C. ha presentato domanda di insinuazione nel passivo fallimentare della (OMISSIS) s.p.a., chiedendo il pagamento, con rango privilegiato, del corrispettivo dell’attività svolta come sindaco per gli anni a correre dal 2014 sino al 2017.

Analoga domanda è stata formulata dallo Studio Associato Fracca Poloniato Carraro, quale cessionario dei crediti vantati da C.P. a fronte dell’attività sindacale pure svolta nella richiamata società.

2- Il giudice delegato ha respinto sia l’una, che l’altra domanda, osservando che il collegio sindacale era rimasto inadempiente sino a tutto l’esercizio 2014.

3-V.C. e lo Studio hanno distintamente proposto opposizione all’esclusione avanti al Tribunale di Vicenza.

Questo, riunite le opposizioni, le ha parzialmente accolte con decreto depositato in data 18 giugno 2019, ammettendo entrambi i crediti in privilegio per gli esercizi 2015, 2016 e 2017 ed escludendoli invece in relazione all’esercizio 2014.

4- A supporto della decisione così assunta, il Tribunale ha rilevato quanto segue.

“Il Fallimento resistente non tiene in considerazione il fatto che l’eccezione di inadempimento nello svolgimento di una prestazione in tanto può paralizzare la pretesa alla controprestazione (quindi il diritto al compenso), in quanto tra le stesse sussista un rapporto di reciproca dipendenza (c.d. sinallagma). Nelle proprie memorie, invece, il Fallimento evidenzia profili di inadempimento riguardanti la sola attività professionale svolte dai sindaci in un momento antecedente all’ingresso nella procedura concordataria”.

“Dovendosi ritenere che l’attività del collegio sindacale, pur svolta continuativamente, sia da suddividere in prestazioni reciprocamente autonome in ragione dei diversi esercizi aziendali (proprio ai singoli esercizi aziendali è commisurato il compenso percepito, come risulta altresì dalla nota integrativa ai bilanci di (OMISSIS))” – si è in consecuzione rilevato – “appare quindi coretto il rilievo degli opponenti secondo cui il compenso relativo alle annualità 2015, 2016 e 2017 sarebbe in ogni caso dovuto, in mancanza di contestazioni riferibili specificamente a dette annualità”.

“Non si ritiene invece spettante il compenso relativo all’annualità 2014, per la quale si evidenziano importanti profili di inadempimento nello svolgimento dell’incarico”.

5- Avverso questo provvedimento il Fallimento ha presentato ricorso per cassazione, affidato a un motivo.

Resistono, con unico controricorso, V.C. e lo Studio.

6- Entrambe le parti hanno anche depositato memoria.

Motivi della decisione

7- Il ricorso assume vizio di violazione di legge.

“L’errore del giudice, laddove non ha riconosciuto l’inadempimento in via continuativa, è chiaro”, così si viene a rilevare.

“Il collegio sindacale fu inadempiente prima del 2015: lo è stato anche dopo e per i medesimi motivi, atteso che il dovere di controllo, con i connessi obblighi di intervento, permane, non si esaurisce anno per anno”. “Le obbligazioni del collegio sindacale vanno considerate nella loro continuità e unitarietà e non possono essere suddivise per anno ai fini della valutazione del loro adempimento o del loro inadempimento”: un “medico distratto” non va esente da responsabilità – si esemplifica – se, “omesse le doverose cure”, dopo l’insorgere della malattia fornisce al paziente “medicinali palliativi”.

“Se vi sono state omissioni ai doveri dell’organo di controllo” si prosegue -, “esse non si sono perfezionate definitivamente in un determinato momento, ma si sono protratte nel corso del tempo, coerentemente alla loro natura di condotte omissive”. Questa prospettiva – si aggiunge ancora – è supportata da più riferimenti normativi. E così dalla norma dell’art. 2402 c.c., laddove prevede che la “retribuzione dei sindaci sia determinata dall’assemblea sociale per l’intero periodo del loro ufficio”. E così pure dalla norma dell’art. 2407 c.c., che “permette ai soci, creditori e terzi danneggiati … di imputare i danni al collegio sindacale per l’omesso controllo … in via solidale anche verso i componenti del collegio sindacale subentrati a quelli che erano in carica al momento della consumazione dei fatti dannosi”. E così ancora dalla disciplina della prorogatio della funzione del collegio sindacale ex art. 2385 c.c., comma 2″, che espressamente richiama “l’esigenza di continuità dell’organo di controllo”.

“Il giudizio sull’adempimento o inadempimento alle obbligazioni dei sindaci” – così si conclude – “doveva essere globale, riferito a tutto il periodo, durante il quale i sindaci sono stati in carica”.

8- In relazione al motivo così sviluppato, si deve prima di tutto osservare che esso viene a sollevare – come pure tende a mescolare – più e distinti profili tematici. Così, in particolare, viene evocato quello della ripetizione, tempo dopo tempo, di uguali comportamenti di inadempimento da parte dei sindaci; e anche quello dell’efficienza causale dell’inadempimento di costoro, come in sè idoneo a protrarsi per l’intera durata dell’ufficio; e altresì quello della necessità di valutare in termini unitari e globali l’intero operato dei sindaci.

Di fronte alla pluralità di prospettive, che in tal modo vengono a emergere, occorre subito rilevare che il ricorso si manifesta, per una certa sua parte, inammissibile.

Tale è da ritenere la censura relativa al punto dell’eventuale ripetizione, per gli esercizi dal 2015 al 2017, di comportamenti di inadempimento già tenuti dai sindaci nel corso dell’esercizio 2014. Chè tale censura – se chiede a questo giudice di valutare una questione di fatto, secondo quanto gli è per contro precluso – pure risulta proporre una questione nuova, dato che il Tribunale vicentino ha riscontrato che l’eccezione di inadempimento levata dal Fallimento in sede di giudizio di opposizione non andava oltre il tempo dell’esercizio 2014.

Inammissibile è pure da ritenere la censura relativa alla dimensione temporale dell’efficienza causale dell’inadempimento imputato ai sindaci. Il giudizio approdato adesso avanti al giudice di legittimità ha per suo oggetto proprio l’insinuazione al passivo fallimentare di crediti per compensi professionali; lo stesso ricorrente, d’altra parte, dichiara di non avere sollevato, nel contesto del presente processo, un’eccezione di compensazione (cfr. ricorso, p. 10 ss.).

9- Segue alle osservazioni appena compiute che il problema posto dal motivo di ricorso viene nella sostanza a focalizzarsi sul punto se le obbligazioni di controllo – che l’ordinamento vigente pone, ex art. 2403 c.c., in capo ai sindaci di società per l’intera durata del loro ufficio – siano passibili di una considerazione solo “globale e unitaria”, quanto al riscontro del loro adempimento ovvero inadempimento.

Detto altrimenti, è da chiedersi, con diretto e immediato riferimento alla fattispecie che è qui concretamente in esame, se il riscontro di un inadempimento materialmente caduto nell’esercizio 2014 porti con sè (oppure no) una violazione degli obblighi di controllo sindacale per sua propria natura destinata a protrarsi per l’intera durata dell’ufficio commesso ai sindaci, sì che questi ultimi non abbiano diritto a percepire nessun compenso per l’attività loro affidata.

10- Al quesito si deve fornire risposta di segno negativo: l’adempimento della prestazione di controllo, a cui sono tenuti i sindaci, appare in effetti suscettibile di essere considerato partitamente, tempo per tempo. Con la conseguenza che, per la parte ora in esame, il motivo presentato dal ricorrente si manifesta infondato.

10- Per questo proposito è prima da tutto da rilevare, su un piano generale, che le obbligazioni di carattere continuativo ben possono rimanere – pure nel riflesso della loro dimensione temporale – in parte adempiute e in parte inadempiute.

Sul piano del diritto positivo decisiva risulta, al riguardo, la constatazione che la norma dell’art. 1458 c.c., comma 1, stabilisce – con riguardo, appunto, allo specifico caso della risoluzione dei “contratti a esecuzione continuativa” – che l'”effetto della risoluzione non si estende alla prestazioni già eseguite”. Questo – è anche opportuno per chiarezza esplicitare – tanto nel caso in cui a un primo periodo di adempimento si contrapponga seccamente un successivo periodo di solo inadempimento, quanto in quello in cui le due situazioni vengano intermittenti ad alternarsi.

Il che, naturalmente, non significa che non possa assumere rilievo pure la specifica collocazione temporale in cui, nel concreto, viene a porsi il periodo di inadempimento di un’obbligazione continuativa. Ciò, tuttavia, è destinato a poter accadere per un profilo diverso da quello del mero riscontro di un avvenuto inadempimento: come rappresentato, in particolare, dalla valutazione dell’efficacia causale del medesimo e, dunque, pure sulla misura del danno risarcibile (v. già sopra, nel n. 8).

12- La normativa, che governa le obbligazioni di controllo dei sindaci, non si pone in contraddizione – va adesso puntualizzato – con le regole generali che appena sopra sono state richiamate (n. 11).

Nessuna rilevanza posseggono, al riguardo, le norme dell’art. 2407 c.c. e dell’art. 2385 c.c., comma 2, che pure il ricorrente sostiene supportino la propria soluzione (cfr. sopra, n. 7, penultimo capoverso). Nei fatti, queste disposizioni non interferiscono per nulla con la tematica delle obbligazioni continuative.

La responsabilità del sindaco subentrante attiene solo ai fatti compiutisi successivamente al tempo del suo subentro (cfr. Cass., 9 ottobre 1986, n. 5928): e così pure avviene in punto di solidarietà tra la sua obbligazione risarcitoria e quella degli altri sindaci. L’applicazione dell’istituto della prorogatio pure al collegio sindacale, d’altra parte, segnala semplicemente il rilievo necessario che, nel contesto della vigente disciplina delle società di capitali, va riconosciuto pure a tale organo.

13- A sostegno dei propri assunti, il ricorrente invoca – si è visto (cfr. sopra, n. 7) – anche la norma dell’art. 2402 c.c., sottolineando in modo particolare che questa prescrive che la retribuzione dei sindaci debba essere determinata una volta per tutte, “per l’intero periodo di durata dell’ufficio”.

Pure tale prescrizione, tuttavia, non ha nulla a che vedere con la natura continuativa delle obbligazioni di controllo dei sindaci. Secondo quanto comunemente si rileva, infatti, la predeterminazione di un compenso invariabile per l’ufficio di sindaco è prescrizione intesa a tutelare l’indipendenza degli stessi, sottraendoli sia a modifiche della retribuzione deliberate con “intenti punitivi”, sia pure alla tentazione di accordi “poco lineari”.

14.- Il testo della norma dell’art. 2402 c.c., d’altra parte, risulta univoco – ancora si deve notare – nell’indicare che quella spettante ai sindaci è, propriamente, una “retribuzione annuale”, secondo quanto è coerente, del resto, con la durata che connota, come scansione dell’attività di impresa, l'”esercizio sociale” (così, sulla base di questa constatazione, la giurisprudenza di questa Corte ritiene che il credito del sindaco goda del privilegio ex art. 2751-bis c.c. non già in relazione agli ultimi due mandati, ma unicamente per le due ultime annualità del più recente incarico: cfr. Cass., 4 dicembre 1972, n. 3496; Cass., 9 aprile 2019, n. 15828, che appunto discorrono di “distinti crediti annuali”).

Ne segue, allora, che è con questa unità di misura (della singola annualità) che l’inadempimento degli obblighi di controllo deve venire a confrontarsi in relazione al riconoscimento del diritto al compenso del sindaco. Secondo quanto correttamente ritenuto dall’impugnato decreto del Tribunale di Vicenza: il carattere sinallagmatico delle prestazioni dedotte in contratto venendosi pertanto a puntualizzare sull’unità temporale della (medesima) annualità. 15. – In conclusione, il ricorso dev’essere respinto.

Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 3.300,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre a spese forfetarie e accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021.

Niccolò Tamburini

Niccolò si è laureato in Giurisprudenza ad ottobre 2019 con il massimo dei voti all'Università degli Studi di Firenze, discutendo una tesi in Diritto Fallimentare.  Da maggio 2020 collabora con l'area di Diritto Commerciale della rivista Ius In Itinere.

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