domenica, Novembre 10, 2024
Diritto e Impresa

Cass. Civ., Sez. I, Ord., del 02/10/2020, n. 21144, accertamento giudiziale della qualità di creditore e la sentenza dichiarativa di fallimento

Commento breve a cura di Niccolò Tamburini

Con l’ordinanza in epigrafe la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione statuisce in ordine all’esistenza del diritto di credito vantato dal soggetto istante che, ai sensi dell’art. 6 L. Fall., riveste la qualità di “creditore” che ricorre al tribunale al fine di richiedere l’emissione della sentenza dichiarativa di fallimento.

In proposito, l’art. 6 L. Fall. stabilisce che il fallimento deve essere dichiarato su ricorso “di uno o più creditori”, senza che sia specificamente indicato il titolo in base al quale questi ultimi propongono ricorso per  dichiarazione di fallimento.

In sintonia con gli altri precedenti giurisprudenziali, gli Ermellini, nell’ordinanza in commento, ribadiscono il principio per il quale l’accertamento della qualità di “creditore” da parte del giudice fallimentare è soltanto di carattere incidentale e sommario, senza che ciò determini una valutazione definitiva in merito all’esistenza del credito vantato dall’istante. La caratteristica dell’accertamento, pertanto, consiste nel verificarne la legittimazione a ricorrere, ma non determina un accertamento giudiziale del diritto di credito.

In proposito, l’ordinanza de qua richiama la sentenza a Sezioni Unite della Suprema Corte, ove si afferma che “la L. Fall., art. 6, stabilisce infatti che il fallimento è dichiarato, fra l’altro, su istanza di uno o più creditori, circostanza che non presuppone un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, né l’esecutività del titolo, essendo viceversa a tal fine sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice, all’esclusivo scopo di accertare la legittimazione dell’istante” (Cass. Civ., Sez. Unite n. 1521 del 23.01.2013).

Non è necessario, quindi, che il credito vantato dall’istante nel ricorso sia certo ed incontestato, né tantomeno rileva l’esistenza di un titolo esecutivo. L’effettivo accertamento del diritto di credito avverrà, infatti, nella fase successiva di verificazione dello stato passivo.

Ne discende che l’accertamento posto in essere dal tribunale in sede prefallimentare è incidenter tantum e pertanto finalizzato alla valutazione della ricorrenza dello stato di insolvenza di cui all’art. 5 L. Fall. e dei presupposti soggettivi di cui all’art. 1 L. Fall..

Conseguentemente, tale attività istruttoria non può essere finalizzata all’accertamento del diritto di credito in capo al ricorrente; in questa fase, la decisione giudiziale non potrà quindi essere idonea a costituire efficacia di giudicato in ordine all’esistenza ed alla titolarità del diritto di credito.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

  • Dott. CRISTIANO Magda – Presidente

  • Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere

  • Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere

  • Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere

  • Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4546/2017 proposto da:

(OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via di Pietralata n. 320-d, presso lo studio dell’avvocato Mazza Ricci Gigliola, rappresentata e difesa dall’avvocato Follieri Mario Alfonso, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Curatela del Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona del curatore avv. I.C., elettivamente domiciliata in Roma, Via Flaminia n. 962, presso lo studio dell’avvocato Dell’Orco Bartolomeo, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

  • controricorrente –

contro

M.P., Ma.Ag., S.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1354/2016 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 27/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/07/2020 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 27.12.2016 la Corte d’Appello di Bari ha rigettato il reclamo proposto da (OMISSIS) s.r.l. avverso la sentenza n. 92/15 depositata il 9.10.2015, con cui il Tribunale di Foggia ha dichiarato il fallimento della predetta società.

Il giudice di secondo grado ha preliminarmente rilevato che, l’odierna ricorrente, con memoria datata 14.10.2016, aveva rinunciato a tutti i motivi svolti nel reclamo tempestivamente depositato (in data 29.2.2016) avverso la predetta sentenza di fallimento, insistendo nell’accoglimento del solo ed ulteriore motivo dedotto a verbale all’udienza del 28.6.2016, con il quale aveva allegato il difetto di legittimazione, o comunque di titolo, dei creditori S. e M. a richiedere il fallimento della società poi fallita, in quanto creditori nei confronti di altro soggetto datore di lavoro.

La Corte d’Appello di Bari ha quindi ritenuto tardiva ed inammissibile tale eccezione della reclamante,in quanto sollevata quattro mesi dopo il deposito del reclamo; quando si era già formato il giudicato interno sulla positiva legittimazione dei creditori istanti. Peraltro, la Corte ha ritenuto ingiustificabile tale ritardo, essendo la ricorrente venuta a conoscenza del difetto di legittimazione dei creditori (in conseguenza dell’approvazione dello stato passivo) un mese e mezzo prima del deposito del reclamo.

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) s.r.l. affidandolo ad un unico articolato motivo.

Si è costituito in giudizio il fallimento (OMISSIS) s.r.l..

Motivi della decisione

  1. E’ stata dedotta la violazione ed errata applicazione degli artt. 100 e 113 c.p.c., nonchè vizio di motivazione.

Espone la ricorrente che l’esistenza del credito costituisce condizione dell’azione imprescindibile per legittimare il creditore a promuovere il procedimento per la dichiarazione di fallimento, con la conseguenza che, in assenza della legittimazione (nel caso di specie la qualità di creditori dei signori S., M. e Ma. è stata esclusa in sede di verifica dello stato passivo) viene a mancare il presupposto per la dichiarazione di fallimento.

Rileva, altresì, la ricorrente che il difetto di legittimazione attiva degli istanti a promuovere il procedimento per la dichiarazione di fallimento è rilevabile dal giudice d’ufficio, con conseguente mancata formazione del giudicato interno su tale legittimazione, anche ove il suo difetto non sia tempestivamente eccepito con il reclamo.

  1. Il ricorso non è fondato.

Questo Collegio condivide l’impostazione del giudice di merito secondo cui sulla legittimazione dei signori S., M. e Ma. a promuovere il procedimento per la dichiarazione di fallimento si è formato il giudicato interno per effetto della tardività dell’eccezione del difetto di legittimazione, che è stata sollevata, sul punto, dalla ricorrente, non con il reclamo, ma solo con le successive note autorizzate del 14/10/2016.

In proposito, va osservato che è orientamento consolidato di questa Corte che la regola della rilevabilità d’ufficio delle questioni, in ogni stato e grado del processo, va coordinata con i principi che governano il sistema delle impugnazioni, nel senso che essa opera solo quando sulle suddette questioni non vi sia stata una statuizione anteriore, mentre, ove questa vi sia stata, i giudici delle fasi successive possono conoscere delle questioni stesse solo se e in quanto esse siano state riproposte con l’impugnazione, posto che altrimenti si forma il giudicato interno che ne preclude ogni ulteriore esame (vedi Cass. n. 22207 del 22/09/2017; vedi anche Cass. n. 25493/2019).

Nel caso di specie, vi era stata senz’altro da parte del giudice di primo grado, all’atto di dichiarare il fallimento di (OMISSIS) s.r.l., una statuizione implicita sulla legittimazione dei creditori e del resto tale questione non era stata neppure oggetto di contestazione.

D’altra parte, è comunque orientamento consolidato di questa Corte che, in tema di iniziativa per la dichiarazione di fallimento, la L. Fall., art. 6, laddove stabilisce che il fallimento è dichiarato, fra l’altro, su istanza di uno o più creditori, non presuppone un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, né l’esecutività del titolo, essendo viceversa a tal fine sufficiente – come avvenuto nel caso di specie – un accertamento incidentale da parte del giudice, all’esclusivo scopo di verificare la legittimazione dell’istante (Cass. S.U. n. 1521 del 23/01/2013; in senso conforme Cass. n. 11421 del 22/5/2014; Cass. n. 576 del 15/1/2015; Cass. n. 30827/2018).

In particolare, il richiamo della L. Fall., art. 6, al “creditore”, senza alcuna specificazione ulteriore, deve intendersi riferito a colui che vanta un credito nei confronti dell’imprenditore (cfr. vedi parte motiva Cass. n. 3472/2011), che sia oggetto dell’imprescindibile delibazione incidentale del giudice fallimentare, né rileva l’effettiva esistenza dello stesso credito, il cui accertamento, in ambito concorsuale, è riservato al procedimento di verifica dello stato passivo, al quale anche chi abbia chiesto la dichiarazione di fallimento, allegando di essere creditore, ha l’onere di partecipare per divenire creditore concorrente.

Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 5.200, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 22 luglio 2020. Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

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