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Cass. civ., sez. VI, 1 luglio 2020, n. 13292

 commento breve a cura di Rossella Cuomo

Con l’ordinanza n. 13292/20, depositata il 1° luglio, i Giudici di Piazza Cavour hanno accolto il ricorso di un pedone investito da un’automobilista mentre attraversava le strisce pedonali.

L’attore, mentre percorreva le strisce pedonali, era stato investito dall’automobilista che stava effettuando una manovra di retromarcia, riportando lesioni personali. La questione è arrivata ai giudici di Piazza Cavour che hanno ritenuto fondato il motivo di ricorso, richiamando la giurisprudenza in materia, secondo la quale << in tema di risarcimento del danno da cd. micropermanente, la disposizione contenuta nel D.L. n. 1 del 2012, art. 32, comma 3 ter, conv., con modif., dalla L. n. 27 del 2012, costituisce non già una norma di tipo precettivo, ma una “norma in senso lato”, a cui può esser data un’interpretazione compatibile con l’art. 32 Cost., dovendo essa esser intesa nel senso che l’accertamento del danno alla persona deve essere condotto secondo una rigorosa criteriologia medico-legale, nel cui ambito, tuttavia, non sono precluse fonti di prova diverse dai referti di esami strumentali, i quali non sono l’unico mezzo utilizzabile ma si pongono in una posizione di fungibilità ed alternatività rispetto all’esame obiettivo (criterio visivo) e all’esame clinico>>.

La Suprema Corte precisa altresì che il solo esame obiettivo non può comportare l’insussistenza di postumi invalidanti permanenti, in contrasto con quanto affermato dalla stessa CTU. Al riguardo, evidenzia la Cassazione che la stessa tabella delle menomazioni alla integrità psicofisica comprese tra 1 e 9 punti di invalidità di cui al D.M. 3 luglio 2003 comporta un danno biologico permanente da 3 a 5% per “esiti attendibilmente dolorosi di frattura extra articolare di bacino ben consolidata e in assenza o con sfumata ripercussione funzionale”. Il giudice di merito, erroneamente, sulla sola base delle risultanze dell’esame obiettivo, ha escluso il risarcimento per i postumi permanenti, senza considerare la documentata “frattura branca ischio pubica di dx” e la stessa su menzionata tabella.

               

CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 luglio 2020, n. 13292

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

 

Presidente: DE STEFANO FRANCO

Relatore: CIGNA  MARIO

ha pronunciato la seguente:

 ORDINANZA  

sul ricorso 11736-2019 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati FRANCESCO ESPOSITO, RENATO D’ISA;

– ricorrente –

contro

GENERALI BUSINESS SOLUTIONS SCPA,           F.R.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2593/2018 del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA, depositata il 28/11/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO CIGNA.

FATTI DI CAUSA

Con citazione 24-10-2011 M.A. convenne in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Torre Annunziata F.R. e l’INA ASSITALIA SpA per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni subiti in occasione del sinistro verificatosi il giorno 3-10-2010 in (OMISSIS), allorquando, mentre era intenta ad attraversare la strada sulle strisce pedonali, era stata investita dall’autovettura Renault Twingo, di proprietà della F. ed assicurata per la rca con la detta Compagnia, a seguito di negligente manovra di retromarcia, riportando lesioni personali consistenti in “trauma scheletrico coscia dx. Trauma articolare coxofemorale dx, bacino con S.L.O.”

Si costituì la Generali Business Solution S.c.p.A., in qualità di mandataria e rappresentante dell’INA ASSITALIA SpA, contestando l'”an” ed il “quantum debeatur”; F.R. rimase contumace.

Con sentenza 1781/2012 l’adito Giudice di Pace dichiarò la F. esclusiva responsabile del sinistro e condannò i convenuti in solido al pagamento di Euro 7.591,35, oltre interessi e spese.

Con sentenza 2593/2018 del 28-11-2018 il Tribunale di Torre Annunziata, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla Compagnia, ridusse la condanna alla somma di Euro 2.306,06, comprensiva di interessi e rivalutazione; in particolare il Tribunale limitò il risarcimento ai postumi di natura temporanea (e ad Euro 10,00 per spese), ed escluse invece il risarcimento per i postumi permanenti per come richiesti dalle tabelle delle micropermanenti di cui D.M. 3 luglio 2003, non evincendosi dalla CTU nè un esito doloroso nè una limitazione funzionale; nello specifico evidenziò, infatti, che il CTU, da un lato, aveva effettuato l’esame obiettivo e nulla aveva rilevato in ordine ad esiti permanenti per come precisati dalle dette tabelle (dall’esame risultava infatti non dolente la palpopressione del bacino, completo l’accosciannento, nella norma dell’età i movimenti); dall’altro, aveva ritenuto, in base alle “risultanze dell’esame obiettivo” che residuavano postumi permanenti, rappresentati da “esiti di frattura branca ischio pubica di dx”, che configuravano una percentuale di danno biologico pari al 3,5%.

Avverso detta sentenza M.A. propone ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi.

F.R. e Generali Business Solution S.c.p.A non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3-violazione e/o errata applicazione degli artt. 112,113 c.p.c., degli artt. 2043, 2054 e 2056 c.c., del D.L. n. 1 del 2012, del art. 139 Cod. Ass. e del D. 3 LUGLIO 2003 con riferimento agli artt. 2 e 32 Cost., si duole che il Tribunale, sulla sola base dell’esame obiettivo con le risultanze di cui sopra (assenza di dolore ed accosciamento completo) effettuato sei anni dopo l’incidente, abbia accertato la sussistenza esclusivamente del danno attinente all’inabilità temporanea, senza riconoscere anche il danno biologico di natura permanente, derivante dalla documentata “frattura branca ischio pubica di dx”.

Con il secondo motivo la ricorrente, in subordine, denunzia – ex art. 360 c.p.c., n. 5 – la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per il mancato esame, da parte del Giudice d’Appello, delle risultanze della CTU in ordine alle valutazioni strumentali.

Con il terzo motivo la ricorrente, in subordine, denunzia – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – la violazione degli artt. 112,113,99,91 e 92 c.p.c., dolendosi che il Tribunale l’abbia condannata alle refusione parziale delle spese di lite relative al grado d’appello.

Il primo motivo è fondato, con conseguente assorbimento degli altri due, proposti in via subordinata.

Come già precisato da questa S.C., “in tema di risarcimento del danno da cd. micropermanente, la disposizione contenuta nel D.L. n. 1 del 2012, art. 32, comma 3 ter, conv., con modif., dalla L. n. 27 del 2012, costituisce non già una norma di tipo precettivo, ma una “norma in senso lato”, a cui può esser data un’interpretazione compatibile con l’art. 32 Cost., dovendo essa esser intesa nel senso che l’accertamento del danno alla persona deve essere condotto secondo una rigorosa criteriologia medico-legale, nel cui ambito, tuttavia, non sono precluse fonti di prova diverse dai referti di esami strumentali, i quali non sono l’unico mezzo utilizzabile ma si pongono in una posizione di fungibilità ed alternatività rispetto all’esame obiettivo (criterio visivo) e all’esame clinico” (Cass. 26249/2019)

Il solo esame obiettivo, pertanto, non può comportare, di per sè, l’insussistenza di postumi invalidanti permanenti, in contrasto con quanto affermato dalla stessa CTU e con la documentata “frattura branca ischio pubica di dx”.

Al riguardo va, inoltre, evidenziato che la stessa tabella delle menomazioni alla integrità psicofisica comprese tra 1 e 9 punti di invalidità di cui al D.M. 3 luglio 2003 comporta un danno biologico permanente da 3 a 5% per “esiti attendibilmente dolorosi di frattura extra articolare di bacino ben consolidata e in assenza o con sfumata ripercussione funzionale”.

Erroneamente, pertanto, il Tribunale, sulla sola base delle risultanze dell’esame obiettivo, ha escluso il risarcimento per i postumi permanenti, senza considerare la documentata “frattura branca ischio pubica di dx” e la stessa su menzionata tabella.

In conclusione, quindi, va accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento degli altri due; per l’effetto, va cassata, in relazione al motivo accolto, l’impugnata sentenza, con rinvio al Tribunale di Torre Annunziata, in persona di diverso Magistrato, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; assorbiti gli altri due; cassa, in relazione al motivo accolto, l’impugnata sentenza, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Torre Annunziata, in persona di diverso Magistrato.

Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2020

 

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