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Cass. Civ., SS. UU., 19 dicembre 2018, n. 32782

In tema di elezione dei consigli degli ordini forensi, ferma la necessaria individualità delle candidature prevista dall’art. 8 l. n. 113 del 2017, è ammessa l’aggregazione di più candidati ai soli fini della propaganda elettorale, ai sensi dell’art. 7 medesima l., la quale non impone un limite massimo di candidati aggregabili, sicché la propaganda svolta in eccedenza rispetto al limite massimo dei 2/3 degli eleggibili di cui all’art. 7 d.m. n. 170 del 2014 può determinare solo conseguenze di natura deontologica, ma non invalidare la successiva competizione elettorale.

 

FATTI DI CAUSA

1. Con rituale ricorso dell’11 dicembre 2017 l’avv. Gr. Al. , iscritto al Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Rimini, proponeva reclamo – dinanzi al Consiglio Nazionale forense – avverso la delibera di proclamazione dei 15 consiglieri eletti (tra cui lo stesso ricorrente) adottata a seguito della celebrazione delle operazioni elettorali dei nuovi consiglieri presso il suddetto Ordine, tenutasi dal 29 novembre al 1 dicembre 2017, contestando, sul piano generale, la regolarita’ delle stesse operazioni elettorali, deducendo la violazione della normativa primaria e secondaria in materia e confutando la legittimita’ della stessa normativa primaria.In particolare, il reclamante – con riferimento alle ritenute violazioni di legge lamentava:a) l’intervenuta violazione del diritto di accesso che si assumeva essere stata posta in essere dalla Commissione elettorale e dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati uscente, avuto riguardo: – alla circostanza che il COA, malgrado l’espressa richiesta, aveva negato sia l’indirizzario elettronico degli iscritti che l’elenco cartaceo aggiornato degli stessi; – alla mancata indicazione sul sito internet dello stesso COA dei nominativi degli avvocati candidati, cosi’ pregiudicando il diritto a ricevere un’informazione completa in proposito;b) la violazione del Decreto Ministeriale n. 170 del 2014, articolo 7, comma 5, sul presupposto dell’avvenuta rilevazione che cinque candidati si erano presentati in due liste diverse, cosi’ infrangendo l’obbligo di candidarsi per una sola lista;c) la violazione della L. n. 113 del 2017, articolo 5 atteso che la Commissione elettorale aveva esteso il divieto di propaganda elettorale e, in modo particolare, aveva disposto la rimozione dei manifesti della lista in cui si era candidato esso reclamante dai locali del Tribunale la sera precedente la tenuta delle elezioni;d) la violazione della citata L. n. 113 del 2017, con riferimento alla incandidabilita’ in caso di espletamento di un doppio mandato precedente;e) la mancata previsione di legge – in ordine alla contestazione della legittimita’ delle disposizioni della normativa in materia – sull’incompatibilita’ tra componente della Commissione elettorale e componente del C.D.D. eletto dal Consiglio uscente, con consequenziale presumibile difetto di terzieta’, nonche’ l’illegittimita’ della medesima L. n. 113 del 2017, articolo 2 laddove la norma in relazione alla presentazione delle liste – limitava il diritto all’elettorato passivo di tutti gli iscritti.Sulla scorta delle assunte violazioni l’avv. Gr. invocava, quindi, la declaratoria di annullamento delle elezioni e della conseguente delibera di proclamazione degli eletti.

2. Si costituiva, con memoria ritualmente depositata, il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Rimini che, nel contestare tutte le doglianze prospettate dal reclamante, chiedeva il rigetto della speciale impugnazione proposta.Con sentenza n. 84 del 2018 (depositata il 19 luglio 2018), il Consiglio nazionale forense rigettava integralmente il formulato reclamo.

3. A sostegno dell’adottata decisione il C.N.F. – dopo aver ritenuto la sussistenza dell’interesse ad agire dell’avv. Gr. (nonostante egli fosse stato eletto a seguito dell’impugnata elezione, con la correlata sua proclamazione), sul presupposto che egli aveva inteso tutelare non la propria situazione giuridica bensi’ far valere un interesse diffuso quale iscritto al Consiglio dell’Ordine degli avvocati – rigettava il primo motivo di natura procedurale, poiche’ la doglianza relativa alla supposta violazione del diritto di accesso all’albo elettronico degli avvocati avrebbe dovuto costituire oggetto di impugnazione dinanzi al TAR competente, dal momento che al C.N.F. e’ riservata la sola cognizione dei reclami avverso i risultati elettorali, dovendosi considerare la norma di cui alla L. n. 247 del 2012, articolo 28, comma 12, come di stretta interpretazione.Il C.N.F. rilevava che anche con riguardo al motivo concernente la denuncia della mancata evasione della richiesta di ottenere copia dell’elenco dei soggetti che avevano proposto la candidatura (oltretutto proposta in data antecedente rispetto a quella il cui la Commissione elettorale aveva ammesso i richiedenti alla competizione elettorale) era carente di giurisdizione sulla base delle stesse ragioni spese in ordine all’appena esaminata doglianza.Infondata era ritenuta pure la denuncia riguardante la supposta violazione del divieto di candidarsi in piu’ liste per l’elezione del Consiglio dell’Ordine degli avvocati, poiche’, in effetti, i cinque candidati che erano stati considerati incorsi in tale violazione non avevano, in effetti, proposto la candidatura in due liste distinte bensi’ si erano costituiti nell’aggregazione di un comune programma elettorale che era stato pubblicizzato in sede di propaganda elettorale, in conformita’ al disposto di cui alla L. n. 113 del 2017, articolo 7 ferma rimanendo la presentazione individuale di ciascuna candidatura.Quanto al successivo motivo il C.N.F. ne ravvisava la manifesta infondatezza posto che l’intervenuta rimozione dei manifesti delle liste elettorali risultati affissi nei locali del Palazzo di Giustizia la sera precedente la celebrazione delle elezioni era da considerarsi legittima siccome la relativa condotta era stata realizzata in violazione del c.d. “silenzio elettorale”, come tale implicante il divieto di propaganda elettorale in qualsiasi forma nel luogo e nel tempo in cui si svolgono le operazioni di voto.Anche la dedotta violazione della L. n. 113 del 2017, articolo 3, comma 4, relativa alla prospettata ineleggibilita’ in caso di doppio mandato precedente non coglieva – secondo il C.N.F. – nel segno dal momento che la predetta norma, in assenza di un’espressa disciplina transitoria, si sarebbe dovuta considerare operante solo per il futuro.Infine il C.N.F. riteneva non scrutinabile – perche’ non rientrante nell’ambito di sua cognizione – la doglianza riguardante la contestazione della mancata previsione di legge sull’incompatibilita’ tra componente della Commissione elettorale e componente del C.D.D. eletto dal Consiglio dell’Ordine Forense, al fine di tutelare il requisito della terzieta’.

4. Avverso la sentenza del C.N.F. ha proposto ricorso per cassazione – riferito a tre complessi motivi – l’avv. Gr. Al. , dell’articolo 3, comma 4, cui ha resistito, con controricorso, il solo Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Rimini. Tutti altri intimati (controinteressati) non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato – avuto riguardo alla ravvisata mancata tutela delle minoranze, in funzione dell’espletamento del loro compito di garanzia e di controllo e sul presupposto che i consiglieri uscenti avevano presentato due liste gemelle che promuovevano la totalita’ di 15 candidati da eleggere malgrado la L. n. 113 del 2017 prevedeva il limite di preferenze di due terzi (cioe’ 10 candidati), da valere sia al momento del voto che nella fase dell’informativa-propaganda elettorale degli iscritti – la violazione degli articoli 2, 3 e 48 Cost., nonche’ della L. n. 113 del 2017, articolo 4, comma 1 e articolo 7 oltre che del Decreto Ministeriale n. 170 del 2014, articolo 7 nelle parti ancora rimaste in vigore, congiuntamente alla violazione dei principi generali in materia elettorale e, tra questi, di quello democratico di rappresentanza, con conseguente eccesso di potere per sviamento, travisamento, disparita’ di trattamento, ingiustizia manifesta, in relazione alla L. n. 247 del 2012, articolo 36, comma 6, per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge (il tutto in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

2. Con la seconda censura il ricorrente – con riferimento alla disciplina sull’accesso agli atti e sull’informazione elettorale degli iscritti – ha dedotto (sempre con riguardo all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione degli articoli 2, 3 e 48 Cost., nonche’ della L. n. 113 del 2017, articolo 7 (commi 1 e 2), articolo 6 (commi 3, 4 e 6), articolo 11 (comma 12) e articolo 12 (comma 1) in uno alla violazione dei principi generali in materia elettorale e, tra questi, di quello democratico di rappresentanza, con conseguente eccesso di potere per sviamento, travisamento, disparita’ di trattamento, ingiustizia manifesta, in relazione alla L. n. 247 del 2012, articolo 36, comma 6, per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge.

3. Con la terza doglianza il ricorrente – con riguardo al profilo delle modalita’ di presentazione delle candidature con conseguenti (asseriti) vizi sull’esito delle votazioni – ha prospettato (ancora in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione degli articoli 2, 3 e 48 Cost., nonche’ della L. n. 113 del 2017, articolo 6 (comma 2), articolo 9 (comma 7), articolo 11 (comma 3) e articolo 12 (comma 1) unitamente alla violazione dei principi generali in materia elettorale e, tra questi, di quello democratico di rappresentanza, con conseguente eccesso di potere per sviamento, travisamento, disparita’ di trattamento, ingiustizia manifesta, in relazione alla L. n. 247 del 2012, articolo 36, comma 6, per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge.

4. In linea preliminare il collegio osserva che il C.N.F. – al di la’ delle altre specifiche competenze emergenti dal disposto della L. 31 dicembre 2012, n. 247, articolo 36, comma 1, (recante “Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense”) – e’ legittimato, per quanto rileva in ordine al proposto ricorso, a pronunciarsi sui reclami relativi alle impugnazioni relative alle elezioni dei Consigli degli Ordini; cio’ comporta che questa specifica competenza e’ limitata alla cognizione dei motivi che investono la regolarita’ e la legittimita’ delle inerenti operazioni elettorali e della delibera di proclamazione degli eletti (in ordine al combinato disposto del Decreto LegislativoLgt. n. 382 del 1944, articolo 6 e della stessa L. n. 247 del 2012, articolo 28, comma 12).Inoltre, occorre rilevare che il medesimo la L. n. 247 del 2012, articolo 36 prevede, al comma 6, che gli interessati (cosi’ come il pubblico ministero) possono proporre ricorso avverso le decisioni del C.N.F. alle Sezioni unite della Corta di cassazione solo per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge.Pertanto, previa declaratoria di inammissibilita’ delle assunte – siccome del tutto generiche – violazione degli evocati parametri costituzionali, l’ammissibilita’ e la valutazione sulla fondatezza o meno delle formulate censure deve essere riferita alle specifiche doglianze che risultano riconducibili ad uno o piu’ degli asseriti vizi risultanti dalla citata L. n. 247 del 2012, suddetto comma 6 (la quale, nel suo globale assetto, e’ stata modificata dalla successiva legge 12 luglio 2017, n. 113, recante disposizioni sulla elezione dei componenti dei Consiglio degli ordini circondariali forensi).

5. Chiariti questi profili preliminari, ritiene il collegio che il primo motivo, cosi’ come complessivamente dedotto dal ricorrente, e’ infondato e va, percio’, rigettato.In primo luogo occorre rilevare che – diversamente dalla prospettazione del ricorrente – l’aggregazione di piu’ candidati assume (ai sensi della nuova L. n. 113 del 2017, articolo 7 “ratione temporis” applicabile nella vicenda elettorale in questione) rilevanza esclusivamente in sede di propaganda elettorale per cosi’ dire senza alcuna efficacia “reale” sul voto, nel mentre la necessaria individualita’ delle candidature implica ovviamente anche la possibilita’ di un voto disgiunto da parte degli elettori.La menzionata L. n. 113 del 2017, articolo 8 invece, prevede esclusivamente candidature individuali (e non di lista), cosi’ come avveniva prima del Regolamento approvato con Decreto Ministeriale Ministero Giustizia n. 170 del 2014. Sulla scorta di questo inquadramento dell’impianto normativo, si osserva che la deduzione dell’avv. Gr. secondo cui la sentenza impugnata andrebbe censurata nella parte in cui sarebbe stata considerata legittima la candidatura in due liste distinte di 5 consiglieri poi risultati eletti e’ destituita di fondamento poiche’ – come ha accertato adeguatamente in fatto il C.N.F. nell’impugnata sentenza – la doglianza cosi’ come denunziata implicava, in effetti, un travisamento dei fatti, dal momento che quelle che lo stesso Avv. Gr. aveva qualificato come liste altro non erano che dei manifesti intesi alla propaganda elettorale relativi a candidati che si erano avvalsi di riunirsi, a tale scopo, sulla base di un comune programma, come, per l’appunto, reso possibile dal richiamato L. n. 113 del 2007, articolo 7 restando, ovviamente, ferma la legittimita’ della candidatura effettivamente singola proposta per l’elezione ufficiale demandata al rinnovo del C.O.A.Ne’ coglie nel segno la denuncia ulteriore della violazione ricondotta sempre all’articolo 7 citata legge, laddove il ricorrente ricollega alla relativa previsione l’imposizione di un limite massimo di candidati aggregabili (e, precisamente, quello dei 2/3 dei candidati eleggibili), posto che la propaganda svolta in eccedenza rispetto a tale limite potrebbe determinare solo conseguenze relative alla violazione di norme deontologiche, ma non comportare l’invalidazione della successiva competizione elettorale.Pertanto, nessun vizio di legittimita’ e nessuna violazione delle minoranze possono ritenersi verificati nel caso di specie.

6. Anche la seconda censura avanzata dal ricorrente, cosi’ come complessivamente articolata e’ priva di fondamento giuridico e deve, quindi, essere respinta.

6.1. Infatti, come correttamente rilevato dal C.N.F., l’assunta violazione correlata all’addotta impossibilita’ – da parte del ricorrente – di accedere compiutamente all’informazione elettorale (elettronica e cartacea), al di la’ dell’implicazione di una possibile lesione di un interesse proprio dell’avv. Gr. , non poteva considerarsi rientrante nella competenza giurisdizionale dello stesso C.N.F., non essendo riconducibile alle materie propriamente previste dalla L. n. 247 del 2012, articolo 36 le eventuali violazioni dedotte dal ricorrente, siccome riferibili – come gia’ evidenziato – propriamente ed esclusivamente allo svolgimento delle operazioni elettorali e al risultato delle elezioni.Piuttosto, la suddetta doglianza avrebbe potuto (e dovuto) essere fatta valere dinanzi al giudice amministrativo ai sensi dell’articolo 116 c.p.a. (Decreto Legislativo n. 104 del 2010), il quale contempla uno specifico rimedio contro il silenzio relativo alle istanze di accesso ai documenti amministrativi. Da cio’ consegue che il ricorrente non poteva considerarsi legittimato a far valere dinanzi al C.N.F. tale (presunta) irregolarita’, senza, percio’, strumentalizzare la propria inerzia nell’utilizzare i mezzi impugnatori propri al fine di reclamare l’assunta illegittimita’ delle elezioni.

6.2. Ritiene il collegio che e’ infondato anche il sub-motivo della censura in esame riguardante l’asserita violazione della L. n. 113 del 2017, articolo 7, comma 1, dal momento che – come compiutamente accertato in punto di fatto dal C.N.F. con la sentenza qui impugnata – erano stati rimossi dai locali del Tribunale in cui era ubicato il luogo (ovvero il seggio elettorale allestito all’interno del Palazzo di Giustizia, in ordine alla cui modalita’ di propaganda il Presidente del Tribunale aveva adottato un apposito provvedimento per garantire il pieno rispetto della legge in proposito) nel quale si sarebbero svolte le operazioni di voto i manifesti affissi dall’avv. Gr. il giorno precedente la tenuta delle elezioni.Del resto – difformemente da quanto dedotto dal ricorrente – non si puo’, al fine di tutelare il divieto imposto dalla legge, scindere la collocazione del seggio elettorale dal luogo in cui era stato propriamente approntato, ovvero nei locali interni (e non esterni) al Palazzo di Giustizia, ragion per cui la propaganda elettorale attraverso l’affissione di manifesti anche dentro il Palazzo di Giustizia doveva considerarsi vietata nel giorno antecedente la celebrazione delle elezioni.

7. Anche il terzo motivo, come globalmente dedotto, deve essere disatteso e va, percio’, rigettato.

7.1. Con riguardo alla doglianza relativa alla denuncia della mancata evasione della richiesta di ottenere copia dell’elenco dei soggetti che avevano presentato la candidatura, si osserva che essa incorre nella stessa inammissibilita’ (siccome non proponibile dinanzi al C.N.F.) di cui alla prima sub-censura dell’esaminato secondo motivo (dovendo la relativa inottemperanza alla richiamata istanza essere fatta valere nei modi e dinanzi all’autorita’ giudiziaria previsti dall’articolo 116 c.p.a.).Peraltro, dal combinato disposto della L. n. 113 del 2017, articoli 8 e 9 non emerge propriamente un obbligo di pubblicazione dei nominativi dei candidati sul sito del C.O.A.. In ogni caso, il C.N.F. ha accertato puntualmente in fatto – ed, in modo, assorbente – che l’istanza dell’avv. Gr. rivolta a conoscere l’elenco dei candidati era stata proposta in data antecedente rispetto a quelle in cui la commissione elettorale aveva ammesso i richiedenti alla competizione elettorale.

7.2. Con riferimento all’altro profilo inerente l’assunta violazione della L. n. 113 del 2017, articolo 9, comma 7, si rileva che essa – in effetti – implica la proposizione di una doglianza nuova siccome non dedotta in sede di reclamo dinanzi al C.N.F., per quanto evincibile dal contenuto dei motivi proposti riprodotti nello stesso svolgimento del procedimento e dalla risposta agli stessi emergenti dall’impugnata sentenza. Da cio’ consegue l’inammissibilita’ della sub-censura in discorso, rilevandosi, altresi’, che nell’esposizione della stessa, il ricorrente non riporta nemmeno il contenuto della pregressa denuncia dell’asserito vizio in questione dedotta come respinta dal C.N.F., cosi’ violando l’obbligo di specificita’ del motivo da rispettare in questa sede di legittimita’.In ogni caso il collegio intende puntualizzare che la citata L. n. 113 del 2017, articolo 10, comma 4, sancisce che “Il voto e’ espresso attraverso l’indicazione del nome e del cognome degli avvocati candidati individualmente secondo quanto previsto dall’articolo 8”, senza che risulti un espresso riferimento – da cui si inferisce che il relativo adempimento non puo’ reputarsi obbligatorio – al numero attribuito alla candidatura nell’elenco dei partecipanti alla competizione elettorale, da indicare solo al termine delle operazioni di ammissione delle candidature stesse, senza l’obbligo, pero’, di riportare l’ordine numerico anche sulle schede elettorali.Il CNF ha, oltretutto, esattamente osservato, in senso assorbente, come sia da escludere in radice che, in una competizione per il rinnovo dei componenti del C.O.A., il corpo elettorale – composto da avvocati chiamati ad eleggere i propri rappresentanti nell’organo di governo territoriale della categoria – possa ritenersi condizionato nelle proprie scelte dal numero assegnato alle candidature secondo l’ordine di presentazione delle medesime ed il numero loro attribuito.8. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso dell’Avv. Gr. Al. deve essere integralmente respinto.Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate, in favore del controricorrente Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Rimini, nei sensi di cui in dispositivo, mentre non v’e’ luogo a provvedere sulle spese per quanto concerne le altre parti intimate che non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede. Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, che ha aggiunto il comma 1- quater al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso.Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese della presente fase giudiziale di legittimita’, liquidate in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario al 15%, iva e cap nella misura e sulle voci come per legge.Da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite, il 4 dicembre 2018.Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2018

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