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Criminal & Compliance

Cass. Pen., Sez. I, 8 febbraio 2021, n. 4796 sulla concessione della detenzione domiciliare ex art. 47-quinquies O.P. al padre detenuto

La massima.

Ai fini della concessione, al padre detenuto, della misura ex art. 47-quinquies O.P.. la valutazione circa l’effettiva impossibilità della madre di accudire la prole deve essere contrassegnata dai caratteri della specificità e della concretezza in riferimento alle condizioni effettive in cui si sono trovati e si trovano i figli portatori di handicap e, per conseguenza, dell’impegno assistenziale che chi li assiste è chiamato a profondere” (Cass. pen., sez. I, 08.02.21, n. 4796).

Il caso.

La pronuncia in esame origina dal ricorso presentato dal difensore del condannato contro l’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Firenze che ha rigettato l’istanza di ammissione alla detenzione domiciliare speciale, ex art. 47-quinquies O.P. Il Tribunale ha ritenuto non potersi ammettere il condannato alla detenzione domiciliare, in relazione alla mancata emersione della situazione di impossibilità di accudimento dei figli da parte della loro madre e alla persistente tendenza alla recidiva mostrata dal medesimo.

Nell’unico motivo di gravame si prospettava la violazione dell’art. 47-quinquies O.P. e la mancanza della motivazione in merito all’impossibilità della madre di accudire i figli disabili; impossibilità che si era aggravata dalle restrizioni imposte dalla pandemia in corso e dal conseguente venir meno dell’aiuto da parte delle strutture a questo deputate.

La motivazione.

In via preliminare la Corte di Cassazione richiama la già ben nota sentenza della Corte Costituzionale (Cort. Cost., 14.02.20, n. 18), la quale ha interpretato l’art. 47-quinquies O.P. nel senso di stabilire che la detenzione domiciliare speciale può essere concessa alle stesse condizioni previste per la madre anche al padre detenuto, se la madre è deceduta o impossibilitata e non vi è modo di affidare ad altri oltre che al padre i figli, anche se questi sono gravemente disabili, a prescindere dall’età anagrafica.

Come noto ai fini dell’applicazione della detenzione domiciliare speciale di cui all’art. 47-quinquies O.P., il giudice, dopo aver accertato la sussistenza dei presupposti formali e dopo avere escluso il concreto pericolo di commissione di ulteriori reati, deve verificare la possibilità del reinserimento sociale del condannato nonché la possibilità dell’effettivo esercizio da parte sua delle cure parentali nei confronti di prole, dalla norma originaria circoscritta a quella di età non superiore ai dieci anni, costituendo la prima condizione un requisito necessario per l’ammissione al regime alternativo e la seconda condizione la circostanza giustificatrice del maggior ambito applicativo della misura alternativa.

Inoltre, con riferimento ai c.d. reati ostativi, a seguito degli interventi del Giudice delle leggi, l’originaria individuazione del minimum di espiazione della pena per tali delitti risulta modificato.

La detenzione domiciliare speciale prevista dall’art. 47-quinquies O.P., in conseguenza delle dichiarazioni di parziale illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis, c. 1, e 47-quinquies, c. 1-bis, O.P. può infatti essere concessa anche in caso di condanna per uno dei delitti indicati dal predetto art. 4-bis O.P., senza necessità di previa collaborazione con la giustizia, nonché alla madre, o, eventualmente, al padre di prole infradecenne, ai sensi dell’art. 47-quinquies, c. 7, O.P., che abbia riportato condanna per uno dei delitti previsti, senza necessità di previa sottoposizione all’esecuzione della pena detentiva per un periodo pari ad almeno un terzo della pena inflitta o, nell’ipotesi di condanna all’ergastolo, ad almeno quindici anni di reclusione. Successivamente sempre la Consulta ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, cc. 1 e 2, e 31, c. 2, Cost., l’art. 47-quinquies, c. 1, O.P. nella parte in cui non prevede la concessione della detenzione domiciliare speciale anche alle condannate madri di figli affetti da handicap grave ai sensi dell’art. 3, c. 3, l. 05 febbraio 1992, n. 104, ritualmente accertato in base alla medesima legge

Evidenziati questi passaggi, dalla motivazione dell’ordinanza appellata emerge che il Tribunale ha ritenuto che la madre dei due figli del condannato, portatori di grave handicap, potesse svolgere un ruolo attivo adeguato nella funzione di assistenza dei medesimi, nonostante il carico lavorativo e l’avvenuta cessazione del supporto assistenziale delle strutture deputate, determinata dalla notoria emergenza sanitaria connessa all’evento pandemico: tale conclusione non risulta fondata su una motivazione congrua e coerente.

In merito al presupposto applicativo la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. pen., sez. VI, 30.04.14, n. 29355) ritiene che la madre deve essere assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, dal momento che l’assistenza che la norma sottende non va intesa come una necessaria permanenza in tutte le ore della giornata vicino alla prole, situazione che non si determina neanche nelle famiglie con genitori non detenuti ed entrambi occupati in attività lavorativa.
La situazione impediente viene quindi intesa come l’impossibilità per il genitore non detenuto di garantire una presenza in famiglia che assicuri la continuità affettiva, avendo riguardo non solo al soggetto chiamato a prestare assistenza, ma anche, e soprattutto, alla situazione del figlio, in considerazione del rischio in concreto derivante per quest’ultimo dal deficit assistenziale, sotto il profilo della irreversibile compromissione del processo evolutivo-educativo. 

La valutazione circa tale effettiva situazione in cui versano, nel caso di specie,  la moglie e i figli del condannato deve essere effettuata in maniera analitica e precisa, avendo anche a riguardo l’intervenuta chiusura e mancata disponibilità delle strutture assistenziali e non, come effettuato dal Tribunale fiorentino, in maniera astratta e non approfondita. Sullo stesso piano si pone la valutazione circa la pericolosità del detenuto che non emerge dalla gravata ordinanza.

La Corte di Cassazione ha quindi annullato l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Firenze.

Francesco Martin

Dopo il diploma presso il liceo classico Cavanis di Venezia ha conseguito la laurea in Giurisprudenza (Laurea Magistrale a Ciclo Unico), presso l’Università degli Studi di Verona nell’anno accademico 2016-2017, con una tesi dal titolo “Profili attuali del contrasto al fenomeno della corruzione e responsabilità degli enti” (Relatore Chia.mo Prof. Avv. Lorenzo Picotti), riguardante la tematica della corruzione e il caso del Mose di Venezia. Durante l’ultimo anno universitario ha effettuato uno stage di 180 ore presso l’Ufficio Antimafia della Prefettura UTG di Venezia (Dirigente affidatario Dott. N. Manno), partecipando altresì a svariate conferenze, seminari e incontri di studi in materia giuridica. Dal 30 ottobre 2017 ha svolto la pratica forense presso lo Studio dell’Avv. Antonio Franchini, del Foro di Venezia. Da gennaio a luglio 2020 ha ricoperto il ruolo di assistente volontario presso il Tribunale di Sorveglianza di Venezia (coordinatore Dott. F. Fiorentin) dove approfondisce le tematiche legate all'esecuzione della pena e alla vita dei detenuti e internati all'interno degli istituti penitenziari. Nella sessione 2019-2020 ha conseguito l’abilitazione alla professione forense presso la Corte d’Appello di Venezia e dal 9 novembre 2020 è iscritto all’Ordine degli Avvocati di Venezia. Da gennaio a settembre 2021 ha svolto la professione di avvocato presso lo Studio BM&A - sede di Treviso e da settembre 2021 è associate dell'area penale presso MDA Studio Legale e Tributario - sede di Venezia. Da gennaio 2022 è Cultore di materia di diritto penale 1 e 2 presso l'Università degli Studi di Udine (Prof. Avv. Enrico Amati). Nel luglio 2022 è risultato vincitore della borsa di ricerca senior (IUS/16 Diritto processuale penale), presso l'Università degli Studi di Udine, nell'ambito del progetto UNI4JUSTICE. Nel dicembre 2023 ha frequentato il corso "Sostenibilità e modelli 231. Il ruolo dell'organismo di vigilanza" - SDA Bocconi. È socio della Camera Penale Veneziana “Antonio Pognici”, e socio A.I.G.A. - sede di Venezia.

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