giovedì, Marzo 28, 2024
Criminal & Compliance

Cass. Pen., Sez. II, 20 settembre 2022, n. 34727 sulla sospensione condizionale della pena ed il divieto di reformatio in peius

La massima

Il divieto di reformatio in peius previsto dall’art. 597, comma 3, c.p.p., avendo natura eccezionale, e quindi essendo insuscettibile di analogia, anche se in bonam partem, opera soltanto in relazione alla revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena in ipotesi disposta dalla Corte di appello in difetto di appello sul punto della parte pubblica, non anche nei casi in cui la Corte di appello modifichi, in senso in ipotesi peggiorativo, le modalità di applicazione del predetto beneficio, condizionandolo all’adempimento di uno degli obblighi previsti dall’art. 165 c.p. (Cass. Pen., Sez. II, 20.09.2022, n. 34727).

Il caso

La pronuncia in esame origina dal ricorso per cassazione presentato dal difensore dell’imputato contro la sentenza, con la quale la Corte di appello di Milano aveva confermato quella emessa dal Tribunale di Milano, limitatamente alla dichiarazione di responsabilità dell’imputato in ordine al reato di cui all’art. 646 c.p. ed al trattamento sanzionatorio.
In parziale riforma della sentenza di primo grado, la Corte aveva disposto l’assegnazione alla parte civile di una somma a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva, subordinando il beneficio della sospensione condizionale della pena già concesso dal Tribunale (che lo aveva condizionato al risarcimento del danno – che aveva peraltro disposto liquidarsi in separata sede entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza) al pagamento della somma assegnata a titolo di provvisionale entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza.
Il gravame si basava sulla violazione dell’art. 646 c.p. e vizi di motivazione, erronea applicazione della legge penale in relazione alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena subordinato al pagamento della provvisionale e vizio di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio irrogato.

La sentenza

Preliminarmente, nell’esaminare il ricorso la Corte ritiene che lo stesso debba essere rigettato.
Con riferimento al primo e al terzo motivo di gravame la Corte ritiene che entrambi siano privi della specificità necessaria ex art. 581, comma 1, c.p.p. e art. 591, comma 1, lett. c), c.p.p., perché reiterano le doglianze già correttamente disattese dalla Corte di appello, con argomentazioni con le quali il ricorrente in concreto non si confronta.
Il terzo motivo è invece infondato.
La Corte di appello ha infatti disposto l’assegnazione alla parte civile di una somma a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva, subordinando, in difetto di appello del P.M., il beneficio della sospensione condizionale della pena già concesso dal Tribunale al pagamento della somma assegnata a titolo di provvisionale entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza.
Su tale argomentazione la Corte di cassazione richiama due orientamenti giurisprudenziali.
Per il primo: “Ai sensi dell’art. 597 c.p.p., comma 3, quando appellante è il solo imputato, il giudice non può irrogare una pena più grave per specie o quantità, applicare una misura di sicurezza nuova o più grave, prosciogliere l’imputato per una causa meno favorevole di quella enunciata nella sentenza appellata nè revocare benefici, salva la facoltà, entro i limiti indicati nel comma 1, di dare al fatto una definizione giuridica più grave, purché non venga superata la competenza del giudice di primo grado” (Cass. Pen., Sez. III, 15.07.2011, n. 30557).
Il secondo invece ritiene che: “A parere di altro orientamento, al contrario, il giudice di appello, pronunciandosi – come nel caso in esame – su impugnazione della sola parte civile, può subordinare la sospensione condizionale al pagamento di una provvisionale, essendo tale istituto funzionale a soddisfare le esigenze di anticipazione della liquidazione del danno in favore della parte civile, causate dalla durata del processo” (Cass. Pen., Sez. IV, 30.01.2020, n. 11738).
Orbene, come già sostenuto dalla dottrina, il divieto di reformatio in peius ha carattere eccezionale, il che preclude, di conseguenza, la possibilità di ampliarne l’ambito applicativo per analogia, anche se in bonam partem.
Da tale affermazione consegue ulteriormente l’impossibilità di ritenere operante il predetto divieto anche con riferimento alle modalità di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Difatti l’art. 597, comma 3, c.p.p. riconduce all’ambito applicativo del predetto divieto unicamente la revoca del beneficio, e, pertanto, a tale dato letterale occorre necessariamente limitarsi nel definire l’ambito operativo del divieto, che non ricomprende, quindi, il caso – diverso dalla revoca del beneficio – in cui il giudice d’appello abbia subordinato la sospensione condizionale della pena in senso in ipotesi peggiorativo rispetto a quanto statuito dal primo giudice, ad esempio condizionandola – pur se in origine concessa senza condizionamenti all’adempimento di uno degli obblighi previsti dall’art. 165 c.p.-
Sulla scorta poi di quanto stabilito da una recente pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. Pen., SS.UU., 23.06.2022, n. 30046) la Suprema corte ha affermato che: “Deve, quindi, concludersi che il divieto di reformatio in peius previsto dall’art. 597, comma 3, c.p.p., avendo natura eccezionale, e quindi essendo insuscettibile di analogia, anche se in bonam partem, opera soltanto in relazione alla revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena in ipotesi disposta dalla Corte di appello in difetto di appello sul punto della parte pubblica, non anche nei casi in cui (anche su appello della sola parte civile), la Corte di appello modifichi, in senso in ipotesi peggiorativo, le modalità di applicazione del predetto beneficio, condizionandolo all’adempimento di uno degli obblighi previsti dall’art. 165 c.p.- Alle medesime conclusioni dovrebbe, peraltro, giungersi, con specifico riferimento al caso in esame, anche valorizzando il fatto che il primo giudice, in violazione dei principi di legalità e tassatività, aveva subordinato la sospensione condizionale della pena all’obbligo del risarcimento dei danni, pronunciando, al tempo stesso, condanna generica e demandando al giudice civile la liquidazione del danno, giacché la disposizione di cui all’art. 165 c.p. attribuisce al giudice di merito l’esercizio di tale facoltà, solo ove abbia proceduto direttamente alla quantificazione dell’obbligo risarcitorio del condannato, ovvero abbia assegnato una provvisionale”.
Alla luce delle argomentazioni evidenziate la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese.

 

La sentenza è qui disponibile Cass. Pen., Sez. II, 20.09.2022, n. 34727

Francesco Martin

Dopo il diploma presso il liceo classico Cavanis di Venezia ha conseguito la laurea in Giurisprudenza (Laurea Magistrale a Ciclo Unico), presso l’Università degli Studi di Verona nell’anno accademico 2016-2017, con una tesi dal titolo “Profili attuali del contrasto al fenomeno della corruzione e responsabilità degli enti” (Relatore Chia.mo Prof. Avv. Lorenzo Picotti), riguardante la tematica della corruzione e il caso del Mose di Venezia. Durante l’ultimo anno universitario ha effettuato uno stage di 180 ore presso l’Ufficio Antimafia della Prefettura UTG di Venezia (Dirigente affidatario Dott. N. Manno), partecipando altresì a svariate conferenze, seminari e incontri di studi in materia giuridica. Dal 30 ottobre 2017 ha svolto la pratica forense presso lo Studio dell’Avv. Antonio Franchini, del Foro di Venezia. Da gennaio a luglio 2020 ha ricoperto il ruolo di assistente volontario presso il Tribunale di Sorveglianza di Venezia (coordinatore Dott. F. Fiorentin) dove approfondisce le tematiche legate all'esecuzione della pena e alla vita dei detenuti e internati all'interno degli istituti penitenziari. Nella sessione 2019-2020 ha conseguito l’abilitazione alla professione forense presso la Corte d’Appello di Venezia e dal 9 novembre 2020 è iscritto all’Ordine degli Avvocati di Venezia. Da gennaio a settembre 2021 ha svolto la professione di avvocato presso lo Studio BM&A - sede di Treviso e da settembre 2021 è associate dell'area penale presso MDA Studio Legale e Tributario - sede di Venezia. Da gennaio 2022 è Cultore di materia di diritto penale 1 e 2 presso l'Università degli Studi di Udine (Prof. Avv. Enrico Amati). Nel luglio 2022 è risultato vincitore della borsa di ricerca senior (IUS/16 Diritto processuale penale), presso l'Università degli Studi di Udine, nell'ambito del progetto UNI4JUSTICE. Nel dicembre 2023 ha frequentato il corso "Sostenibilità e modelli 231. Il ruolo dell'organismo di vigilanza" - SDA Bocconi. È socio della Camera Penale Veneziana “Antonio Pognici”, e socio A.I.G.A. - sede di Venezia.

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