1. La massima.
“In tema di detenzione di materiale pedopornografico è configurabile l’aggravante di cui all’art. 602-ter, c.9, c.p., nel caso in cui l’agente ponga in essere una qualunque azione volta ad impedire la sua identificazione, eludendo le normali modalità di riconoscimento” (Cass.pen., sez. III, 11.05.21, n. 18153).
2. Il caso
La pronuncia origina dal ricorso per cassazione presentato dal difensore dell’imputato contro la sentenza della Corte d’Appello che aveva riformato, rideterminando la pena in anni due di reclusione ed Euro 2.000 di multa, la pronuncia resa dal Tribunale – sezione del Giudice delle indagini preliminari – che aveva dichiarato l’imputato responsabile del reato di detenzione di materiale pedopornografico aggravato dall’ingente quantità.
Con il primo motivo si evidenziava la violazione dell’art. 600quater, cc 1 e2, c.p., art. 602ter, e correlato vizio di motivazione, con il secondo motivo si deduceva il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza della circostanza aggravante della ingente quantità, con il terzo la violazione dell’art. 602ter, c. 9, c.p. e correlato vizio di motivazione e infine con il quarto motivo la violazione dell’art. 175 c.p. e correlato vizio di motivazione.
3. La pronuncia
La Corte di Cassazione, nel corpo motivazionale, si sofferma sul carattere pornografico delle immagini ed in particolare sulle modifiche introdotte dalla L. n. 172 del 2012, art. 4, c. 1, lett. l) affermando che:”costituisce materiale pedopornografico la rappresentazione, con qualsiasi mezzo atto alla conservazione, di atti sessuali espliciti coinvolgenti soggetti minori di età, oppure degli organi sessuali di minori con modalità tali da rendere manifesto il fine di causare concupiscenza od ogni altra pulsione di natura sessuale (Sez.5, n. 33862 del 08/06/2018, Rv.273897- 01); il riferimento alla “rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto” di cui all’art. 600-ter c.p., u.c. ricomprende non solo gli organi genitali, ma anche altre zone erogene, come il seno e i glutei”.
Con riferimento alla circostanza aggravante della ingente quantità ritiene la Suprema Corte che il giudice di prime cure abbia fatto buon governo dell’orientamento consolidato in materia secondo cui: “la configurabilità della circostanza aggravante della “ingente quantità” nel delitto di detenzione di materiale pedopornografico (previsto dall’art. 600-quater c.p., comma 2) impone al giudice di tener conto non solo del numero dei supporti informatici detenuti, dato di per sé indiziante, ma anche del numero di immagini, da considerare come obiettiva unità di misura, che ciascuno di essi contiene”.
DI particolare interesse è poi il termo motivo di gravame.
Sul punto infatti i giudici di legittimità ritengono che la circostanza aggravante dell’uso di mezzi atti a impedire l’identificazione si configuri: “nel caso in cui l’agente ponga in essere una qualunque azione volta ad impedire la sua identificazione, eludendo le normali modalità di riconoscimento, a partire da quelle relative all’accesso fisico al computer fino a quelle di inserimento nella rete stessa”.
Ed infatti, dalle risultanze investigative, l’imputato aveva scaricato le immagini pedopornografiche mediante accesso ad apposito link con il sistema TOR, che consente di navigare sui siti pedopornografici senza far comparire il proprio indirizzo IP. Tale fatto era quindi valso la contestazione della circostanza aggravante in parola.
Infine, con riferimento all’ultimo motivo, la Suprema corte ha ritenuto non concedibile il beneficio ex art.175 c.p. in quanto questo non era oggetto di motivo di appello.
La Corte di Cassazione ha quindi rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La sentenza è in fase di oscuramento.
Nato a Treviso, dopo il diploma presso il liceo classico Cavanis di Venezia ha conseguito la laurea in Giurisprudenza (Laurea Magistrale a Ciclo Unico), presso l’Università degli Studi di Verona nell’anno accademico 2016-2017, con una tesi dal titolo “Profili attuali del contrasto al fenomeno della corruzione e responsabilità degli enti” (Relatore Chia.mo Prof. Avv. Lorenzo Picotti), riguardante la tematica della corruzione e il caso del Mose di Venezia.
Durante l’ultimo anno universitario ha effettuato uno stage di 180 ore presso l’Ufficio Antimafia della Prefettura UTG di Venezia (dirigente affidatario Dott. N. Manno), partecipando altresì a svariate conferenze, seminari e incontri di studio.
Ha svolto la pratica forense presso lo Studio dell’Avv. Antonio Franchini, del Foro di Venezia; ha inoltre effettuato un tirocinio di sei mesi presso il Tribunale di Sorveglianza di Venezia in qualità di assistente volontario.
Nella sessione 2019-2020 ha conseguito l’abilitazione alla professione forense presso la Corte d’Appello di Venezia ed è attualmente iscritto all’Ordine degli Avvocati di Venezia.
Da gennaio a settembre 2021 ha esercitato la professione di avvocato presso lo studio legale associato BM&A; attualmente è associate dell’area penale e tributaria presso lo studio legale MDA di Venezia.
Da gennaio 2022 è Cultore di materia di Diritto Penale 1 e 2 presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli Studi di Udine (Prof. Avv. E. Amati).
È socio della Camera Penale Veneziana “Antonio Pognici” e membro della Commissione per la formazione e la promozione dei giovani avvocati; è altresì socio AIGA – sede di Venezia e di AITRA giovani.
Email di contatto: francescomartin.fm@gmail.com