venerdì, Aprile 19, 2024
Criminal & Compliance

Cass. Pen, Sez. Un., del 23/10/2020, n. 29541 sul rapport tra il delitto di estorsione e l’ esercizio arbitrario delle proprie ragioni

Nel caso di specie le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono state chiamate a decidere in ordine ai rapporti tra il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone di cui all’art. 393 c.p. e il delitto di estorsione di cui all’art. 629 c.p.
A fronte dei molteplici contrasti giurisprudenziali che da anni interessano questa materia, la Sezione seconda penale della Suprema Corte con ordinanza n. 50696/2020, ha quindi chiesto al massimo organo di nomofilachia del nostro ordinamento di chiarire:
a) se la differenza tra il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e quello di estorsione vada rintracciata nell’elemento materiale del reato o, piuttosto, nell’elemento psicologico;
b) se, qualora si riconosca quale elemento differenziale quello soggettivo, occorra comunque attribuire rilevanza anche all’entità della violenza o della minaccia esercitate;
c) se il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni sia o meno un reato proprio “di mano propria” e, dunque, se e in che termini sia ammissibile il concorso del terzo nel fatto di reato.
Tale chiarimento si è necessitato poiché nel caso di specie, la Cassazione si trovava a valutare il ricorso presentato da tre soggetti condannati in primo e in secondo grado per il reato – realizzato in concorso tra di loro – di tentata estorsione aggravata dall’uso del metodo mafioso.
Nel procedimento emergeva in particolare che uno degli imputati, aveva concluso con una società di costruzioni un contratto mediante il quale il primo trasferiva un terreno di sua proprietà in permuta alla società, che si impegnava, a sua volta, a ritrasferirgli la proprietà di alcuni degli immobili che avrebbe realizzato sul medesimo terreno; la seconda parte dell’accordo, tuttavia, non veniva prontamente eseguita, in quanto la sorella dell’imputato avviava un contenzioso civile con la società in questione, vantando alcuni diritti sul terreno oggetto di permuta. Desideroso di ottenere il trasferimento degli immobili promessi nonostante la pendenza della causa, l’imputato si faceva allora accompagnare presso il cantiere della società dagli altri due imputati, i quali, rivolgendosi ai soci della società, intimavano agli imprenditori di procedere al trasferimento dei beni in questione, minacciando che in caso contrario qualcuno si sarebbe “fatto male”; i due accompagnatori dell’imputato inoltre, ostentavano a fini intimidatori propri collegamenti con la ‘ndrangheta.
Le SS.UU della Corte di cassazione sono quindi intervenute enunciando i seguenti profili di diritto:
«1) I reati di esercizio arbitrario delle proprie ragioni hanno natura di reato proprio non esclusivo;
2) Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e quello di estorsione si differenziano tra loro in relazione all’elemento psicologico, da accertarsi secondo le ordinarie regole probatorie;
3) Il concorso del terzo nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone è configurabile nei soli casi in cui il terzo si limiti ad offrire un contributo alla pretesa di chi abusa delle proprie ragioni senza perseguire alcuna diversa e ulteriore finalità».

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