lunedì, Marzo 18, 2024
Criminal & Compliance

Cass. Pen., Sez. VI, 19 maggio 2021, n. 19853 in tema di aggressione e minaccia al personale sanitario

La massima.

Integra il reato di cui all’art. 340 c.p. la condotta che, pur non determinando l’interruzione o il turbamento del pubblico servizio inteso nella sua totalità, comporta comunque la compromissione del regolare svolgimento di una parte di esso” (Cass. pen., sez. VI, 19.05.21, n. 19853).

Il caso.

La pronuncia in esame origina dal ricorso presentato dal difensore dell’imputato contro la sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la pronuncia di primo grado con la quale il Tribunale di Taranto aveva condannato l’imputato in relazione ai reati di cui all’art. 61, c.1, n.10, art. 612 c.p. e art. 340, c.1, c.p., per avere cagionato l’interruzione e comunque turbato la regolarità del servizio pubblico di Pronto Soccorso aggredendo verbalmente e minacciando violenza fisica ad una dottoressa e agli infermieri, impedendo di fatto, per un rilevante intervallo, al personale sanitario di turno di assicurare all’utenza il servizio di pronto soccorso.
Il gravame si basava sulla violazione di legge e il vizio di motivazione.

La motivazione.

In via preliminare la Corte di Cassazione ritiene il ricorso presentato inammissibile in quanto: “Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale è inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino a lamentare l’omessa o illogica valutazione, da parte del giudice d’appello, delle censure articolate con il relativo atto di gravame, replicando – come nella fattispecie è accaduto – il contenuto di quelle censure senza indicare specificamente le questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità, dunque senza realmente confrontarsi con le ragioni n fatto e in diritto che sono state esplicitate nella motivazione del provvedimento gravato (in questo senso, tra le tante, Sez. 3, n. 35964 del 04/11/2014, dep. 2015, B., Rv. 264879)”.
Per quanto attiene gli elementi essenziali del reato contestato i giudici di legittimità sono chiari nell’affermare che: “Integra il reato di cui all’art. 340 c.p. la condotta che, pur non determinando l’interruzione o il turbamento del pubblico servizio inteso nella sua totalità, comporta comunque la compromissione del regolare svolgimento di una parte di esso (così, tra le tante, Sez. 6, Sentenza n. 1334 del 12/12/2018, dep. 2019, Carannante, Rv. 274836)”.
La Suprema corte ha ritenuto inoltre non concedibili le circostanze attenuanti generiche sulla base dei precedenti penali dell’imputato nonché per avere manifestato una intensa volontà delittuosa, cagionando una lesione dell’interesse giuridico protetto di non modesta gravità.
La Corte di Cassazione ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La sentenza è qui disponibile Cass. pen., sez. VI, 19.05.21, n. 19853

Francesco Martin

Dopo il diploma presso il liceo classico Cavanis di Venezia ha conseguito la laurea in Giurisprudenza (Laurea Magistrale a Ciclo Unico), presso l’Università degli Studi di Verona nell’anno accademico 2016-2017, con una tesi dal titolo “Profili attuali del contrasto al fenomeno della corruzione e responsabilità degli enti” (Relatore Chia.mo Prof. Avv. Lorenzo Picotti), riguardante la tematica della corruzione e il caso del Mose di Venezia. Durante l’ultimo anno universitario ha effettuato uno stage di 180 ore presso l’Ufficio Antimafia della Prefettura UTG di Venezia (Dirigente affidatario Dott. N. Manno), partecipando altresì a svariate conferenze, seminari e incontri di studi in materia giuridica. Dal 30 ottobre 2017 ha svolto la pratica forense presso lo Studio dell’Avv. Antonio Franchini, del Foro di Venezia. Da gennaio a luglio 2020 ha ricoperto il ruolo di assistente volontario presso il Tribunale di Sorveglianza di Venezia (coordinatore Dott. F. Fiorentin) dove approfondisce le tematiche legate all'esecuzione della pena e alla vita dei detenuti e internati all'interno degli istituti penitenziari. Nella sessione 2019-2020 ha conseguito l’abilitazione alla professione forense presso la Corte d’Appello di Venezia e dal 9 novembre 2020 è iscritto all’Ordine degli Avvocati di Venezia. Da gennaio a settembre 2021 ha svolto la professione di avvocato presso lo Studio BM&A - sede di Treviso e da settembre 2021 è associate dell'area penale presso MDA Studio Legale e Tributario - sede di Venezia. Da gennaio 2022 è Cultore di materia di diritto penale 1 e 2 presso l'Università degli Studi di Udine (Prof. Avv. Enrico Amati). Nel luglio 2022 è risultato vincitore della borsa di ricerca senior (IUS/16 Diritto processuale penale), presso l'Università degli Studi di Udine, nell'ambito del progetto UNI4JUSTICE. Nel dicembre 2023 ha frequentato il corso "Sostenibilità e modelli 231. Il ruolo dell'organismo di vigilanza" - SDA Bocconi. È socio della Camera Penale Veneziana “Antonio Pognici”, e socio A.I.G.A. - sede di Venezia.

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