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Cassazione civile sez. VI – 27 agosto 2020, n. 17861, rinuncia al legato sostitutivo e diritto di usufrutto

commento breve a cura della Dott.ssa Elena Terrizzi

Qualora un soggetto, legittimario del de cuius ex art. 536 c.c., riceva per testamento un legato in sostituzione di legittima avente ad oggetto il diritto di usufrutto, e muoia prima di avervi rinunciato, il diritto di rinunciare al legato in sostituzione di legittima si trasmette in capo all’erede del legatario defunto.

A nulla rileva l’eccezione, sollevata da parte ricorrente, secondo la quale, estintosi il diritto di usufrutto a seguito della morte del legatario, non rientrerebbe tra le facoltà dell’erede di quest’ultimo esercitare il diritto di rinuncia al legato in sostituzione di legittima.

Difatti, secondo l’orientamento della Suprema Corte, nell’ipotesi di legato in sostituzione di legittima avente ad oggetto il diritto di usufrutto non si trasmette all’erede del legatario defunto il diritto (di usufrutto), ma si trasmette comunque la posizione giuridica connessa al legato acquistato ope legis dal legatario, inclusa la facoltà di rinunciare. In altri termini, il rilievo che l’erede del legatario non subentra nel diritto di usufrutto non fornisce argomento per negare che tale erede non possa compiere la scelta (ex art. 551, comma 2, c.c.) fra rendere definitivo il diritto già acquistato dal proprio dante causa, assumendo quindi su di sè gli obblighi e gli eventuali diritti nascenti dall’estinzione dell’usufrutto (artt. 1001,1011 c.c.), ovvero rinunciarvi, assolvendo all’onere cui è subordinata l’azione di riduzione (art. 557 c.c.).

Cassazione civile sez. VI – 27/08/2020, n. 17861

Fatti di causa e ragioni della decisione

B.N. è destinataria, in base al testamento pubblico del coniuge M.L., deceduto il 17 aprile 2004, di un legato in sostituzione di legittima. Il legato sostitutivo ha per oggetto il diritto di usufrutto vitalizio su un terreno compreso nell’eredità.

Il coniuge legittimario, legatario in base al testamento, con raccomandata del 28 febbraio 2005 indirizzata all’erede universale, si esprime tramite procuratore generale in questi termini: “Le disposizioni testamentarie (…), nel disporre in suo favore come erede universale ledono la quota di legittima spettante di diritto alla signora B. quale coniuge del sig. M., che ammonta alla metà del patrimonio del defunto. Tali disposizioni, pertanto, saranno soggette a riduzione nei limiti del consentito come previsto per legge”.

In data 22 luglio 2007 la B. muore e suo unico erede è, in base a testamento olografo, B.G., il quale, nella suddetta qualità di unico erede di B.N., dichiara formalmente di rinunciare al legato sostitutivo disposto dal M. in favore della sua dante causa. Tale dichiarazione è resa con raccomandata del 18 marzo 2008 diretta all’erede universale.

A tale dichiarazione è seguita la domanda di riduzione delle disposizioni testamentaria di M.L., proposta da B.G. nei confronti di M.R. dinanzi al Tribunale di Sassari.

Il tribunale ha accolto la domanda e ha attribuito all’erede della legittimaria una quota di comproprietà del terreno caduto nella successione.

Proposta impugnazione da parte di M.R., la Corte d’appello di Cagliari ha confermato la sentenza di primo grado.

La corte di merito ha riconosciuto che la lettera del 28 febbraio 2005 (quella spedita in vita della legittimaria) conteneva l’univoca rinuncia al legato sostitutivo ordinato in favore del coniuge nel testamento pubblico di M.L.; a tale argomento essa ha aggiunto che, in ogni caso, la rinuncia era stata reiterata con la lettera del 18 marzo 2008, allorchè l’erede della legittimaria aveva formalmente rinunciato al legato in sostituzione di legittima disposto in favore della propria dante causa nel testamento di M.L..

Per la cassazione della sentenza M.R. propone ricorso sulla base di due motivi. B.G.M. resiste con controricorso.

La causa, su conforme proposta del relatore, è stata fissata per l’adunanza camerale dinanzi alla sesta sezione civile della Corte.

Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 551,649,553 e ss. c.c. Il ricorrente sostiene, da un lato, che la dichiarazione fatta in vita dalla B. non conteneva una univoca rinuncia al legato in sostituzione di legittima, non essendo la stessa dichiarazione incompatibile con la volontà di trattenere il legato e pretendere la legittima, dall’altro, che la dichiarazione successiva, proveniente dall’erede della legittimaria, era irrilevante, in quanto riferita a legato avente ad oggetto un diritto (quello di usufrutto) che si era estinto con la morte della legataria. “Se da un lato l’acquisto del legato non necessita di accettazione e si verifica ex lege, dall’altro lato la rinuncia presuppone l’attualità del diritto, costituendo un atto di dismissione della proprietà su beni già acquisiti al patrimonio del rinunciante ed ancora presenti” (pag. 13 del ricorso).

Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 2735 c.c.

La lettera di rinuncia del 18 marzo 2008, scritta dall’erede della legataria dopo la morte di questa, costituiva confessione stragiudiziale circa l’assenza, nella lettera in vita della legataria del febbraio 2005, dei requisiti per configurare un’efficace rinuncia al legato sostitutivo.

La corte d’appello avrebbe dovuto pertanto assumere come provato “che la raccomandata del 28 febbraio 2005 non costituiva rinuncia al legato in sostituzione della legittima, avendo il B. confessato di avervi rinunciato solo successivamente con la raccomandata del 18 marzo 2008”.

Il primo motivo è inammissibile.

In relazione alla lettera del 2005, intesa dalla corte di merito quale rinuncia al legato sostitutivo, il ragionamento del ricorrente riecheggia il principio secondo cui la rinunzia al legato, fatto salvo il requisito della forma scritta quando il legato ha per oggetto beni immobili (Cass. n. 7098/2011; n. 13785/2004), “può risultare da atti univoci compiuti dal legatario, implicanti necessariamente la volontà di rinunciare al legato” (Cass. n. 1040/1954; n. 37/1964; n. 261/1965; n. 4883/1996). La giurisprudenza della Suprema Corte chiarisce che atto univoco non è la “sola dichiarazione di rifiutare le disposizioni testamentarie, in quanto lesive dei diritti dei legittimari, non potendosi negare a priori a siffatta dichiarazione il significato proprio di una mera riserva di chiedere soltanto l’integrazione della legittima, ferma restando l’attribuzione del legato” (Cass. n. 15124/2010). Non è atto univoco della volontà di rinunciare al legato sostitutivo neanche la proposizione dell’azione di riduzione, “essendo ipotizzabile un duplice intento di legittima” di conseguire il legato e di conseguire la legittima” (Cass. n. 26955/2008).

La corte di merito dimostra di avere tenuto conto di questi principi, ritenendo tuttavia che gli stessi non giovassero alla tesi dell’erede testamentaria, in quanto “la rinuncia al legato, per come espressa, non poteva ingenerare fraintendimenti, nè poteva integrare un duplice intento di conservare il legato e chiedere la legittima” (così testualmente la sentenza impugnata a pag. 6).

Tale giudizio, in linea di principio, esprime un apprezzamento in fatto che, in quanto tale, è incensurabile in questa sede di legittimità. Si deve aggiungere che la corte di merito ha proseguito nell’analisi rilevando che, seppure si volesse ritenere diversamente, e cioè che “la comunicazione dell’aprile 2005 non potesse considerarsi valida rinuncia al legato, è appena il caso di rilevare che tale diritto è trasmissibile agli eredi”. La corte di merito allude al fatto che l’erede della legittimaria, in tale specifica qualità, con successiva lettera del 19 marzo 2008, “aveva rivendicato il diritto alla quota di riserva espressamente rinunciando al legato in sostituzione di legittima disposto nel testamento del M.” (pag. 3 della sentenza impugnata). Si comprende quindi che la rilevanza della censura in esame, sul significato della lettera del 2005, dà per assodato che la ulteriore e formale rinuncia al legato sostitutivo, fatta dopo la morte della legittimaria dall’erede testamentario di lei, sia tam quam non esset. Secondo il ricorrente, infatti, una volta estintosi con la morte della legataria il diritto di usufrutto, a tale diritto, acquistato automaticamente dalla B. ai sensi dell’art. 649 c.c., non era più possibile rinunciare, “con conseguente inammissibilità e/o improcedibilità dell’azione di riduzione per difetto dei presupposti di legge” (pag. 13 del ricorso).

L’assunto del ricorrente non è giuridicamente corretto. Il legato sostitutivo rimane soggetto alla norma generale dell’art. 649 c.c., per cui il legato si acquista immediatamente all’apertura della successione, senza bisogno di accettazione, salva tuttavia la facoltà di rinunciarvi.

L’incompatibilità, secondo l’intento del legislatore, della vocazione a titolo particolare con il diritto alla quota riservata viene sanzionata subordinando la vocazione a titolo universale al rifiuto del legato (Cass. n. 13785/2004; n. 4883/1996; n. 11288/2007). La domanda di riduzione sarà così respinta se il legittimario, prima della spedizione della causa a sentenza, non dichiari di rinunciare al legato (Cass. n. 19646/2017) o, se si tratti di legato di immobili, non fornisca la prova di averlo rinunziato con la forma dovuta (Cass., S.U., n. 7098/2011). In dottrina è comune l’osservazione che il fatto che l’acquisto del legato avvenga automaticamente non vuol dire che l’accettazione sia inutile o irrilevante. Con l’accettazione, infatti, il legatario fa definitivamente proprio il beneficio del legato e ciò si traduce nella definitività giuridica dell’acquisto, che non è più rinunziabile. Consegue da quanto sopra che se il legatario muore senza avere accettato, la facoltà di rinunziare, quale potere inerente al rapporto successorio in atto (cfr. Cass. n. 1996/2016) non esauritosi con il definitivo conseguimento del legato, passa all’erede. L’applicazione di tale regola al legato sostitutivo comporta che l’erede del legittimario si trova, sotto questo aspetto, nella stessa condizione del legittimario proprio dante causa. Se il dante causa era ancora nella condizione di poter rinunciare al legato, e assolvere all’onere richiesto per poter domandare la riduzione delle disposizioni testamentarie, nella medesima condizione si troverà il suo erede, divenuto titolare iure hereditatis dell’azione di riduzione (art. 557 c.c.).

Tanto chiarito non c’è alcuna ragione che possa giustificare la diversa conclusione, costituente l’imprescindibile presupposto dell’intero ragionamento del ricorrente, che tali principi non sarebbero applicabili nel caso in cui il legato sostitutivo abbia ad oggetto l’usufrutto, essendosi il diritto estinto con la morte del legatario. Infatti, con riferimento al legato di usufrutto, non si trasmette all’erede il diritto, ma si trasmesse comunque la posizione giuridica connessa al legato acquistato ope legis dal legatario, inclusa la facoltà di rinunciare. Pertanto, il rilievo che l’erede del legatario non subentra nel diritto di usufrutto non fornisce argomento per negare che egli non possa compiere la scelta, cui allude l’art. 551 c.c., comma 2, fra rendere definitivo il diritto già acquistato dal proprio dante causa, assumendo quindi su di sè gli obblighi e gli eventuali diritti nascenti dall’estinzione dell’usufrutto (artt. 1001,1011 c.c.), o rinunciarvi, assolvendo all’onere cui è subordinata l’azione di riduzione. E’ chiaro che l’eventuale rinuncia sarebbe frustranea se la facoltà di rinunciare si fosse già consumata in vita del legatario, in presenza di una accettazione o comunque di atti incompatibili con la volontà di rinuncia.

Il secondo motivo è assorbito dal rigetto del primo motivo, in quanto va ad incidere su una ratio non determinante della decisione, e cioè l’interpretazione della dichiarazione resa in vita dalla legataria, che è stata superata dalla formale rinuncia al legato sostitutivo compiuta dall’erede.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, con addebito di spese.

Ci sono le condizioni per dare atto della ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 11 giugno 2020.

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