domenica, Dicembre 1, 2024
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Cedolare secca e locazioni di immobili ad uso commerciale: novità e limiti del regime sostitutivo dell’IRPEF

A cura di Davide Costa

Tra le innovazioni più significative apportate dalla manovra finanziaria del nuovo governo emerge indubbiamente l’estensione della disciplina della cedolare secca di cui all’art. 3 del d.lgs. 23/2011 anche alle locazioni di immobili ad uso commerciale, la quale assegna ai proprietari di locali adibiti all’attività d’impresa la possibilità di accedere alla tassazione sostitutiva dell’IRPEF  e dell’imposta di registro mediante il pagamento di un’imposta fissa con aliquota al 21% sui redditi derivanti dalle locazioni dei suddetti fabbricati, ed ulteriormente ridotta al 10%, quantomeno fino al 2020,  nei casi di locazioni concordate presso i comuni di cui all’art. 1 della legge 61/1989 e gli altri comuni ad alta densità abitativa  individuati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica.

La riforma di gennaio risponde verosimilmente, seppur con colpevole ritardo, agli auspici sempre più ferventi delle associazioni di locatori e della stessa Confedilizia, che ormai da anni spinge costantemente per l’equiparazione fiscale delle locazioni ad uso abitativo e quelle di immobili destinati all’attività d’impresa (1).

Con tale scelta il legislatore, attraverso la Legge di Bilancio del 2019, manifesta in apparenza la volontà di perseguire il duplice obiettivo di alleviare, da un lato, il carico fiscale sulle locazioni commerciali tramite un rilevante abbattimento dell’imponibile complessivo e di consentire, per altro verso, una più efficace emersione del nero nell’ambito immobiliare, così da innestare un circolo virtuoso che interessi sia gli imprenditori sia, soprattutto, coloro che a questi ultimi mettono a disposizione i locali per l’esercizio dell’attività.

La stessa giurisprudenza della Corte Costituzionale, del resto, seppur in tema di locazioni ad uso abitativo, ha posto in luce come “la materia delle locazioni sia tra quelle più esposte all’evasione fiscale, considerata la diffusa prassi delle cosiddette locazioni in nero. In tale prospettiva si giustifica il regime di favore per il locatore, attraverso la previsione della cosiddetta cedolare secca. Il locatore può, infatti, optare, all’atto della stipula del contratto, o per il regime ordinario o per l’applicazione di una aliquota fissa del 21% sul canone, sostitutivo anche della imposta di registro e di bollo. Meccanismo, questo, che, in presenza di redditi alti, comporta un beneficio fiscale, con correlativa diminuzione del gettito per lo Stato, compensato, però, dalla emersione dell’evasione” (2).

Più nel dettaglio, la previsione del regime sostitutivo per locazioni commerciali e capannoni è specificatamente contenuta nel comma 59 dell’art. 1 della Legge di Bilancio, il quale recita “il canone di locazione relativo ai contratti stipulati nell’anno 2019, aventi ad oggetto unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1, di superficie fino a 600 metri quadrati, escluse le pertinenze, e le relative pertinenze locate congiuntamente, può, in alternativa rispetto al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, essere assoggettato al regime della cedolare secca, di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, con l’aliquota del 21 per cento. Tale regime non è applicabile ai contratti stipulati nell’anno 2019, qualora alla data del 15 ottobre 2018 risulti in corso un contratto non scaduto, tra i medesimi soggetti e per lo stesso immobile, interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza naturale”.

I requisiti e le limitazioni all’accesso alla tassazione sostitutiva emergono in modo relativamente chiaro già da una sommaria lettura del dettato della norma.

In primis, la legittimità fiscale dell’opzione per l’esclusione del reddito da locazione dalle voci reddituali IRPEF e conseguente applicazione della flat tax con aliquota al 21% risulta necessariamente vincolata al tempo della stipulazione del relativo contratto;, i canoni oggetto di imposizione separata potranno essere, pertanto, solo quelli derivanti da contratti stipulati a partire dal 1 gennaio 2019. Tuttavia, anche qualora il contratto sia stato stipulato dopo l’inizio dell’anno corrente, la speciale disposizione antielusiva contenuta nell’ultima parte del comma, andando a prevedere una forse discutibile presunzione assoluta rispetto all’intentio elusiva del proprietario locatore, preclude l’applicazione della cedolare secca ai contratti locatizi in corso di validità prima del 15 ottobre 2018, data di approvazione del disegno di legge da parte del Governo, che successivamente siano stati in qualsiasi modo interrotti per poi essere stipulati ex novo tra i medesimi soggetti ed in relazione allo stesso immobile dopo l’entrata in vigore del regime sostitutivo.

Con riferimento ai limiti oggettivi della cedolare secca, l’aliquota fissa del 21% è comunque destinata a trovare applicazione solo in relazione agli immobili classificati nella categoria catastale C/1, rectius i locali adibiti a “negozi” e “botteghe” di cui all’ormai datata circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 146 del 2 agosto 1939. L’agevolazione fiscale interesserà dunque i proprietari di quei locali singoli o quei gruppi di locali, costituenti unità immobiliari, dove si effettua la vendita, con prevalenza al dettaglio, di merci, manufatti, prodotti, derrate, e altri prodotti nonché quei locali dove la vendita si accompagna con prestazioni di servizi, come ad esempio trattorie, ristoranti, bar, caffè. Ai sensi della suddetta circolare sono tuttavia da comprendere nella categoria C/1 anche quei locali in cui attualmente non si effettua la vendita, ma potrebbe effettuarsi qualora venisse a cessare l’attività che in atto viene esplicata in dipendenza della loro ubicazione e della loro qualità intrinseca. Sono perciò da ricomprendere nella categoria anche quei locali occupati da barbieri, modiste, parrucchieri, orologiai ed altri artigiani purché rispettosi del requisito essenziale delle unità immobiliari della categoria C/1, ossia l’accesso diretto ad una strada pubblica, seppure da cortile o androne.

Rimane così esclusa dal raggio di applicazione della norma, almeno momentaneamente, una vasta gamma di immobili destinati ad attività economiche e commerciali lato sensu quali magazzini, alberghi, teatri, cinema nonché quelli locati ad istituti di credito di cui al gruppo catastale D.

Benché inclusi nella categoria catastale C/1, i negozi e botteghe di cui supra non dovranno superare in dimensioni i 600 metri quadrati, escluse le pertinenze, ancorché locate congiuntamente all’immobile, le quali, rispetto all’imposizione de qua, perdono autonoma rilevanza fiscale, conformemente all’impostazione dell’art. 3 c. 2 del d.lgs. 23 del 21 marzo 2011 in materia di cedolare secca sulle locazioni ad uso abitativo.

Non può tuttavia negarsi come proprio in merito alle pertinenze possa adombrarsi il rischio di condotte elusive da parte dei contraenti, qualora, nei fatti, le stesse siano utilizzate a scopi estranei all’attività commerciale esercitata presso l’immobile, ovvero, per avventura, adibite ad attività diverse esercitate da soggetti diversi, rimanendo comunque al di fuori del presupposto impositivo.

Relativamente agli aspetti residuali della riforma, l’art. 1 c. 59 della normativa finanziaria opera un ampio rinvio all’art. 3 del succitato d.lgs. 23/2011. Funditus, la cedolare secca sulle locazioni commerciali troverà applicazione anche per i contratti di durata inferiore a 30 giorni e dunque non soggetti all’obbligo di registrazione presso l’Agenzia dell’Entrate.

In analogia con la disciplina delle locazioni ad uso abitativo, ai sensi del comma 11 del predetto art. 3 il contribuente locatore che opti per la cedolare secca “commerciale”  non potrà chiedere  l’aggiornamento  del  canone per tutta la durata dell’opzione (ossia, salvo revoca del locatore, coincidente con la durata del contratto stesso), anche se tale aggiornamento è contenuto nel  contratto  a  qualsiasi  titolo; né potrà ottenere la variazione del canone sulla base degli accertamenti ISTAT dell’indice nazionale dei  prezzi  al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell’anno precedente.

In secondo luogo, l’imposta calcolata a seguito dell’applicazione dell’aliquota fissa è soggetta all’obbligo di versamento entro il medesimo termine stabilito per l’IRPEF, e sul reddito assoggettato a cedolare e sulla cedolare stessa non possono essere fatti valere rispettivamente né oneri deducibili né detrazioni, limitazione che impone indubbiamente una valutazione di opportunità molto attenta e ponderata da parte del contribuente.

Le disposizioni previste  per  le  imposte  sui redditi si applicano inoltre per la liquidazione, l’accertamento, la  riscossione,  i rimborsi,  gli  interessi  ed  il  contenzioso  relativi alla cedolare secca.  Nulla quaestio in merito al trattamento sanzionatorio: se nella dichiarazione il canone di locazione soggetto ad imposizione sostitutiva non viene indicato, ovvero viene indicato in misura minore di quanto effettivamente percepito, il contribuente sarà destinatario delle sanzioni previste rispettivamente dal comma 1 e 2 dell’art. 1 del d.lgs. 471/1997 aumentate però del doppio ai sensi del comma 7 del medesimo articolo, che prevede un più gravoso regime punitivo per le violazioni attinenti ai redditi fondiari sottoposti a tassazione sostitutiva tramite l’opzione per la cedolare secca: la sanzione pecuniaria consterà di un importo, anche per le locazioni commerciali, tra il duecentoquaranta ed il quattrocentoottanta per cento dell’ammontare delle imposte dovute nei casi di omessa indicazione in dichiarazione (ridotte alla metà  a seguito di presentazione della dichiarazione entro il termine previsto per quella relativa al periodo d’imposta successiva e comunque prima dell’inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui il soggetto passivo dell’imposta abbia avuto formale conoscenza) e tra il centoottanta  duecentosessanta per cento della maggior imposta dovuta nei casi di infedele indicazione del valore del canone.

In conclusione, pur con tutte le riserve che una tale materia impone, non potendosi in ogni caso più negare il carattere patologico che ha ormai assunto l’evasione fiscale nel nostro paese, l’ingresso della cedolare secca e del regime sostitutivo sulle locazioni di negozi e botteghe nel panorama tributario italiano è indubbiamente da salutare con favore, se non altro per gli apprezzabili tentativi di arginare il sempre più critico problema dei locali sfitti e di ostacolare con maggior intensità gli affitti in nero di fabbricati facendo tesoro dell’esperienza, fino ad oggi indubbiamente positiva, del regime sostitutivo previsto per le locazioni di immobili ad uso abitativo.

(1) Confedilizia, comunicato del 8 marzo 2016, consultabile al sito https://www.confedilizia.it//wp-content/uploads/2016/05/CS-08.03.2016-CEDOLARE-SECCA-_FUNZIONA.pdf

(2) Corte Costituzionale, sent. n. 50, 14 marzo 2015

–  Legge n.145/2018 (Legge di Bilancio 2019) – pdf disponibile qui

–  Decreto legislativo num. 471/1997 recante “Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell’articolo 3, comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n. 662”

–  Decreto legislativo num. 23/2011 recante Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale”

img credit: CanosaLive.com

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