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Certificazione e tracciabilità della filiera italiana del vino 4.0

a cura di Marialuciana Di Santi, vincitrice della Local Essay Competition ELSA Bari 2020

1. Introduzione: il digital approda nel settore agroalimentare

In Italia, l’agroalimentare non è soltanto un’industria, ma un vero e proprio marchio riconosciuto ed appezzato in tutto il mondo. Appare, dunque, di primaria importanza comprendere come tutelare e migliorare tale comparto, senza, però, comprometterne la qualità, per far sì che rimanga un’eccellenza anche in futuro.

L’integrazione di metodologie tradizionali ed innovazioni della c.d. agricoltura 4.0 può essere una strategia vincente, non soltanto per le imprese, ma per il benessere dell’intera nazione. Infatti, l’impiego di tali tecnologie emergenti consente all’imprenditore agricolo di vigilare, anche da remoto, su ogni fase del processo produttivo permettendogli non solo di seguire passo dopo passo ciò che accade nel campo, ma anche di monitorare cosa accade quando il prodotto esce dal suo raggio di azione, garantendo, in tal modo, il rispetto degli elevati standard qualitativi caratterizzanti il Made in Italy.

Il connubio tra sistemi  basati sull’Internet of Things (c.d. IoT) e sui big data analytics e l’agricoltura interconnessa, la c.d. Internet of Farming, portano ad un nuovo livello il settore e permettono, attraverso l’analisi dei fattori ambientali, climatici e colturali, di prevenire malattie; stabilire il bisogno di irrigazione e nutritivo delle coltivazioni; identificare infestanti prima che proliferino; compiere interventi mirati e, di conseguenza, risparmiare risorse. A riprova di ciò, le aziende italiane che operano nel settore agroalimentare ed hanno potenziato l’utilizzo del digitale[1], hanno, nel contempo, riscontrato, rispetto alle strategie pre-innovazione, una riduzione dei tempi e dei costi legati ai processi di raccolta, gestione e trasmissione dei dati[2].

Nel 2019, dopo la finanza e la Pubblica Amministrazione, l’Agrifood ha rappresentato il terzo settore per progetti operativi blockchain, avviati dalle imprese al fine di rendere più efficienti i processi di supply chain e di acquisire un vantaggio competitivo anche sul mercato estero, oltre che per raggiungere obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale.

A differenza di quanto avveniva nel passato recente in cui priorità veniva data alla meccanizzazione dell’agricoltura, dall’Internet of Food & Farm 2020 (c.d. IoF2020), il progetto europeo finalizzato all’implementazione su larga scala dell’utilizzo delle tecnologie informatiche nel settore agro-alimentare[3], si evince che, oggi, è la sostenibilità l’obiettivo a cui si tende.

È indubbio, quindi, che l’innovazione incide positivamente sul c.d. eptagono della qualità alimentare dell’intera filiera (sicurezza; nutrizione; apparenza; gusto e aroma; servizio; provenienza; metodo di produzione) e sulla valorizzazione dell’origine dei prodotti.

2. L’Internet of Wine: le innovazioni tecnologiche dal campo al bicchiere

La rivoluzione digitale interessa, anche e soprattutto, la filiera vitivinicola, uno dei pilastri del sistema agroalimentare nazionale tanto che il vino, la vite, i territori viticoli ed il lavoro e il sapere vitivinicolo sono definiti «patrimonio culturale nazionale» dall’Art.1 della L. 12 dicembre 2016, n. 38 sulla Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino (c.d. T.U. del Vino).

Detta filiera è composta da ben quattro fasi (produzione delle uve, vinificazione, imbottigliamento – confezionamento e commercializzazione – e vendita); ognuna delle quali è, a sua volta, affidata ad uno o più operatori.

Una siffatta eterogeneità comporta che molte sono le sfide che il settore deve affrontare. Basti pensare, per esempio, alla variabilità climatica che ha influito e influisce ampiamente sulla produttività di alcune grandi regioni di produzione di uva da vino o, ancora, all’impatto economico causato da parassiti e malattie delle colture. A tutto ciò, si aggiunge un sostanziale cambiamento del consumatore medio che non guarda più al vino solo come “alimento”, ma bensì anche come “piacere”, generando un aumento dell’attenzione per la qualità del vino e per il modo in cui lo stesso viene prodotto[4].

L’IoT e la blockchain possono fornire tangibili soluzioni per il miglioramento dell’efficienza e della competitività delle aziende vitivinicole e per la protezione del valore e della sicurezza dei prodotti Made in Italy.

La tendenza alla digitalizzazione del settore è largamente incoraggiata anche dall’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (c.d. OIV) che nel suo piano strategico per gli anni 2020-2024 ha inserito tra le sue linee guida la necessità di individuare i processi della filiera che possono evolversi attraverso lo sviluppo del machine learning, dell’IoT e delle tecnologie basate su registri distribuiti e l’analisi dei dati al livello della produzione, della distribuzione e della commercializzazione. Inoltre, l’OIV promuove anche la transizione verso la dematerializzazione dei documenti e il flusso dei dati statistici con e tra Stati membri, così come la formazione e la diffusione per un più rapido adattamento degli operatori.

2.1. La digitalizzazione in vigna

Le soluzioni digitali vengono messe in atto a partire dai vigneti attraverso l’adozione dell’Agricoltura di precisione, c.d. Adp, di cui viene data una definizione nel documento redatto dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, c.d. Mipaaf, chiamato Linee Guida per lo sviluppo dell’Agricoltura di Precisione in Italia, secondo cui, si deve intendere:  «una gestione aziendale (agricola, forestale e zootecnica) basata sull’osservazione, la misura e la risposta dell’insieme di variabili quanti-qualitative inter ed intra-campo che intervengono nell’ordinamento produttivo. Ciò al fine di definire, dopo analisi dei dati sito-specifici, un sistema di supporto decisionale per l’intera gestione aziendale, con l’obiettivo di ottimizzare i rendimenti nell’ottica di una sostenibilità avanzata di tipo climatica ed ambientale, economica, produttiva e sociale».

Secondo lo stesso Mipaaf, l’Adp è molto sviluppata nel settore vitivinicolo in quanto le tecnologie utilizzate da questa tecnica di produzione sono particolarmente in linea con le soluzioni applicative richieste dal settore ovvero la maggior velocità di avanzamento; l’aumento del periodo utile per eseguire in modo efficiente le varie operazioni; il minore affaticamento degli operatori e conseguente riduzione di infortuni sul lavoro; la diminuzione del numero di attrezzi o della loro dimensione; un conseguente risparmio di combustibile e di prodotti chimici; la possibilità di impiego di operatori tecnicamente preparati ma con limitata esperienza anche in operazioni complesse. In generale, si assiste, dunque, ad una complessiva ottimizzazione dell’attività produttiva che porta a ridurre considerevolmente gli sprechi, a vantaggio del risparmio economico, ambientale ed energetico.

Le aziende agricole possono essere trasformate in veri e propri sistemi intelligenti dotati di sensori in grado di rilevare e comunicare rischi climatici, ambientali e di altro tipo. I dati così rilevati possono poi essere combinati con informazioni provenienti da altre fonti, come ad esempio i dati storici sulle caratteristiche del vigneto ed i risultati delle precedenti annate, per previsioni più attendibili.

Innanzitutto, le vigne possono trarre vantaggio dalle piantatrici di precisione per ottenere un rendimento più elevato, ma il cambiamento maggiore rispetto al passato si avverte nella coltivazione vera e propria. Di fatti, i vigneti possono sfruttare le stazioni metereologiche, i sensori del suolo ed i droni per raccogliere informazioni su umidità[5], contenuto di azoto, indice di biomassa, conduttività elettrica del suolo, afflizione di erbe[6] e malattie[7], utilizzando i principi dell’IoT per confrontare i dati ottenuti con lo stadio di crescita previsto. Detto confronto aiuta gli agricoltori ad ottenere le giuste informazioni per applicare input quali fertilizzanti, fungicidi, erbicidi e piani di irrigazione. Oltre a ciò, tali strumenti possono prevedere il momento ottimale per la raccolta al fine di verificare la conformità delle uve in maniera automatizzata, assicurando la food safety attraverso l’efficienza nei controlli ed una totale garanzia della materia prima lavorata per la produzione dei vini[8].

2.2. Le nuove cantine hi-tech   

Oltre al vigneto, l’IoT può essere utilizzato nelle cantine allo scopo di monitorare l’affinamento del vino in base ai tre parametri essenziali che una cantina ideale deve possedere, ovvero adeguata illuminazione, umidità – che deve rimanere stabile intorno al 70% – e temperatura – che, a seconda della tipologia dei vini, deve attestarsi tra i 10°C e i 14°C. Controllando e collegando l’ambiente della cantina, i proprietari e i gestori possono sapere quando si verifica anche la minima differenza in uno di questi valori e correggerli prima che si verifichino danni al vino[9].

Particolare menzione, merita la sofisticata tecnologia AMS, detta analisi isotopica, che si basa su un ingegnoso procedimento di analisi di laboratorio in grado di certificare l’autenticità del bene e riconoscere due molecole organiche uguali ma isotopicamente diverse, poiché originatesi da materie prime differenti ovvero processi di lavorazione differenti. L’obiettivo è quello di ottenere per il prodotto finale una vera e propria carta d’identità geneticamente perfetta, grazie alla quale è possibile risalire alla coltivazione, industrializzazione, distribuzione e rivendita.

2.3. Dall’imbottigliamento smart al marketing del vino: tutto il potenziale del WineTech

Successivamente, essenziali sono le fasi dell’imbottigliamento, del trasporto[10] e della distribuzione al consumatore del prodotto[11]. L’attenzione alla qualità, così come anche alla comunicazione, di quest’ultimo è crescente e negli ultimi anni ha spinto le aziende ad investire al fine di soddisfare le esigenze del mercato. Ancora una volta, la tecnologia viene in aiuto tramite i c.d. cobot, i robot collaborativi che permettono contemporaneamente di imballare e analizzare dati provenienti dal prodotto oppure tramite la stampa 3d per la progettazione e la costruzione di etichette intelligenti, le c.d. smart label, tra cui quelle che hanno come obiettivo il tracking della merce attraverso dei sensori RFID (Radio Frequency Identification) o NFC (Near Field Communications), quelle utilizzate per lo storytelling[12] ovvero quelle che hanno come obiettivo l’informazione sullo stato di salute del prodotto, come le etichette cromo termiche, ossia sensibili alle variazioni di temperatura.

Anche l’esperienza dell’utente viene potenziata attraverso programmi su smartphone che consentono di accedere in modo semplice ed intuitivo ad indicazioni per provare nuovi vini sulla base di parole chiave, come nel caso di WineCellar o Vivino, oppure per scoprire il vino perfetto in base all’occasione o all’abbinamento con il cibo, come nel caso di Hello Vino. Altre app, come CellarTracker, sono progettate per tenere traccia delle bottiglie presenti in una cantina, inclusi anno, stile, produttore di vino e così via, mentre altre, come nel caso di Snooth, consentono di individuare il negozio più vicino dove acquistare una determinata bottiglia. Sebbene queste applicazioni non siano ancora perfette da un punto di vista tecnico, rappresentano di sicuro un enorme passo avanti rispetto al passato.

3. Certificazione e tracciabilità: non solo un’imposizione normativa

Diversi sono gli strumenti disponibili per supportare la qualità alimentare e, tra questi, ruolo fondamentale ha la tracciabilità dei prodotti: la sua implementazione costituisce non solo l’adempimento di un mero obbligo legislativo, ma un vero e proprio strumento per la creazione di un valore aggiunto, grazie alla maggiore disponibilità di dati disponibili a disposizione non solo degli operatori delle diverse filiere, ma anche dei consumatori. La conformità normativa per l’approvvigionamento ai mercati internazionali[13] si aggiunge alla crescente necessità di assicurare un costante tracking agroalimentare, il quale può essere attualizzato con modalità differenti secondo un grado ascendente di automazione e digitalizzazione.

Le nuove tecnologie blockchain possono contribuire in tal senso migliorando la trasparenza e la tutela del marchio di origine a vantaggio del consumatore e delle imprese italiane del comparto agroalimentare. Un settore in cui, finora, non sempre si è riusciti a mantenere la genuinità dei prodotti, con la conseguente introduzione nel mercato di prodotti contraffatti, imitazioni o rivendite non autorizzate e processi che non hanno sempre garantito la completa trasparenza della catena di approvvigionamento.

Numerosi sono i segnali che confermano una sempre maggiore attenzione al tema tracciabilità anche nel settore vitivinicolo tra cui la recente presentazione del progetto frutto della collaborazione tra il Mipaaf, l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA), il Sistema Informativo Nazionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura (SIN) e il partner tecnologico AlmavivA[14].

Grazie alla tecnologia Ethereum – un modello evoluto di blockchain – è stato realizzato un progetto sperimentale basato sui dati del Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN) a tutela dell’origine italiana del prodotto che permette di avere un accesso alle informazioni in modo libero e distribuito. Il sistema dedicato alla filiera vitivinicola prevede un controllo che dal produttore arriva fino al consumatore seguendo una serie di tappe fondamentali: la compilazione online del documento di accompagnamento del vino, la registrazione delle fasi di raccolta e trasporto, la certificazione delle operazioni in cantina, il monitoraggio della produzione e l’applicazione di un identificatore di bottiglia, utile per garantire la completa reperibilità delle informazioni sulla tracciabilità dei prodotti sia dagli hotel, ristoranti e catering che dal consumatore finale diretto. Il sistema integrato di blockchain diventa così una soluzione di certificazione trasparente di prodotti autentici, che rafforza il rapporto di fiducia tra il consumatore e l’intera filiera, valorizzando il lavoro agricolo di alta qualità a garanzia della sicurezza alimentare del cittadino, oltre a proteggere da pratiche come il refilling.

Oltre a ciò, la partecipazione a tale progetto permette di dare vita ad un’unica piattaforma web comune per la gestione di richieste; assicura la terzietà in quanto è un organismo di Stato a controllare e gestire i dati dell’azienda; permette una semplificazione di rintracciabilità di un lotto specifico di prodotto; offre garanzia e sicurezza della reale ed effettiva provenienza del prodotto. Dal lato del consumatore, soprattutto, questo sistema dà la possibilità di disporre delle informazioni essenziali certe e di poter dialogare direttamente con il produttore e, allo stesso tempo, permette al produttore di ricevere un riscontro diretto dal consumatore finale.

La legislazione italiana di riferimento per il settore vitivinicolo è contenuta nel c.d. T. U. del Vino che recepisce coerentemente la riforma della Organizzazione Comune di Mercato (OCM) Unica per i prodotti agricoli – e, quindi, anche il settore vitivinicolo – attuata dal Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio. Il T.U. è, poi, integrato da norme di attuazione a livello di regolamenti ministeriali. Di seguito, si analizzeranno i tratti salienti della regolamentazione inerente alla certificazione e alla tracciabilità dei prodotti vitivinicoli.

3.1. Il registro di carico e scarico telematico             

Il Decreto Ministeriale n. 293 del 20 marzo 2015 stabilisce, in conformità con la normativa europea, le modalità di tenuta dei registri in forma telematica nel settore vitivinicolo e delle relative registrazioni. In particolare, viene recepito quanto previsto dall’articolo 1-bis, comma 5 del DL n. 91/2014, il quale prevede «in attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 38, paragrafo 1, lettera a) del Regolamento (CE) n. 436/2009 della Commissione, del 26 maggio 2009, che i registri dei prodotti vitivinicoli sono dematerializzati e realizzati nell’ambito del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) […]».

Dal 1 gennaio 2017 – sebbene sia stato consentito alle imprese fino al 30 aprile 2017 un periodo di flessibilità per permettere la realizzazione degli adeguamenti -, è pienamente operativo ed obbligatorio in Italia il registro telematico del vino che permette di eliminare i registri cartacei, inclusi gli adempimenti connessi con la vidimazione.

I soggetti obbligati alla tenuta del registro sono le persone fisiche e giuridiche e le associazioni che, per l’esercizio della loro attività professionale ovvero per fini commerciali, detengono un prodotto vitivinicolo[15].

Tutti gli operatori, per non essere considerati inadempienti, devono autenticarsi sul portale internet del Mipaaf con le proprie credenziali e procedere all’abbinamento del proprio Codice Univoco Azienda Agricola (c.d. CUAA) con i codici ICQRF dei propri stabilimenti. Inoltre, è lasciata discrezionalità agli utenti circa la modalità della trasmissione delle operazioni di carico e scarico; infatti, è possibile utilizzare sia il sistema online per la registrazione diretta delle operazioni che il sistema di interscambio di dati in modalità web-service.

3.2. Le dichiarazioni e le comunicazioni preventive

La dematerializzazione dei registri in forma telematica ha comportato vantaggi e svantaggi alle cantine. Questi ultimi soprattutto in virtù del fatto che la digitalizzazione non aveva eliminato di fatto le dichiarazioni vitivinicole nelle quali gli agricoltori dovevano trasferire i dati dei registri stessi, con evidenti possibilità di errore e consequenziali sanzioni.

Il 3 luglio 2019 è stata, però, raggiunta l’intesa, nella Conferenza Stato-Regioni, sullo schema di decreto proposto dal Mipaaf, che riguarda l’automazione delle dichiarazioni di vendemmia e di produzione vinicola. Detto decreto, fortemente richiesto da tutta la filiera produttiva, ha consentito a tutti i produttori – obbligati per legge a dichiarare ogni anno la quantità di uva raccolta e vino prodotto – l’utilizzo di una dichiarazione pre-compilata che, avvalendosi dei dati già presenti nei registri telematici, in assenza di particolari movimentazioni di cantina, deve essere semplicemente firmata. La modalità proposta è analoga a quella utilizzata dall’Agenzia delle Entrate per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi annuali.

3.3. La gestione della tracciabilità nei casi di outsourcing

Dalla gestione del vigneto ai processi di cantina, il ricorso all’outsourcing è una realtà consolidata ed in grado di contribuire, non soltanto per le piccole e medie imprese, alla rimodulazione dei costi d’esercizio e d’ammortamento, ed, almeno potenzialmente, alla maggiore competitività sui mercati.

Il Reg. (CE) 178/2002 impone il mantenimento e l’aggiornamento di un sistema documentato in grado di garantire, in ogni fase della filiera, il requisito di tracciabilità di uve, mosti d’uva e vini.
Per questo motivo, anche i titolari di stabilimenti che effettuano operazioni in conto lavorazione devono fornire la garanzia, sul proprio registro telematico, della separazione delle partite, in maniera distinta per ciascun committente nel caso in cui il prestatore svolga attività in conto lavorazione per più richiedenti ed indicando i vasi vinari utilizzati, generalmente indicati nel contratto o nella scrittura privata tra le parti.

In altri casi, la vinificazione e le pratiche enologiche, così come l’imbottigliamento, possono essere attività svolte anche presso terzi, cioè in una cantina di un terzo operatore che concede l’utilizzo degli impianti, dei serbatoi e delle tecnologie di cantina; in questi casi, l’affitto o il comodato d’uso dovrebbe regolamentare il rapporto tra i due operatori, rimanendo in capo al proprietario delle uve, dei prodotti a monte del vino e/o del vino, le responsabilità connesse alla gestione, anche contabile, dei processi.

In questo caso, infatti, l’operatore-ospite dovrà richiedere l’attribuzione di un nuovo codice ICQRF, identificativo dello stabilimento o anche solo dei serbatoi utilizzati presso terzi, così come dovrà attivare uno specifico registro telematico per annotare le operazioni relative ai prodotti vitivinicoli lavorati e/o detenuti nei vasi vinari nella propria disponibilità.

Diverso è il caso dell’imbottigliamento mediante l’utilizzo di un centro mobile che staziona all’interno dell’impresa: un servizio – di fatto a domicilio – che consente di poter considerare il vino come imbottigliato all’origine. Tenendo conto, in caso di imbottigliamento dei vini, delle diverse regole d’etichettatura dei vini e, quindi, delle diverse diciture che possono o devono comparire, con differenze sostanziali tra l’operazione gestita in outsourcing rispetto alle altre formule di collaborazione.

3.4. I contrassegni come strumento di tracciabilità

I contrassegni assolvono ad una triplice funzione: sono strumenti di garanzia per produttori e consumatori; rappresentano un elemento di autenticazione del prodotto su cui viene apposto il sigillo di Stato ed assicurano un’idonea protezione dalle contraffazioni e dalle falsificazioni attraverso elementi di sicurezza fisica e digitale. Con la firma del 27 febbraio 2020 da parte del Ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova del DM che «stabilisce caratteristiche, diciture, modalità per la fabbricazione, l’uso, la distribuzione, il controllo e il costo dei contrassegni per i vini a Denominazione protetta, nonché le caratteristiche e le modalità applicative dei sistemi di controllo e tracciabilità alternativi», è stata data attuazione all’art. 48, comma 9, del T.U.

Un decreto molto atteso dagli addetti ai lavori che completa un quadro solo parzialmente definito con l’emanazione del DM 2 agosto 2018, n. 7552, che ha introdotto il nuovo piano e le procedure di controllo dei vini DOP e IGP, e del DM 12 marzo 2019 che disciplina, per tali vini, l’iter di certificazione analitica e, limitatamente ai vini DOP, organolettica. Si chiude, quindi, il cerchio del sistema di certificazione dei vini territoriali.

Nel dettaglio, il testo introduce alcune misure di semplificazione del processo di acquisizione dei contrassegni da parte degli operatori[16] ed opera una sensibile riduzione dei relativi costi[17] e della tempistica di distribuzione[18]. Il Decreto reca, altresì, le disposizioni per l’introduzione di un nuovo formato di contrassegno, di più piccole dimensioni, utile per rispondere alle necessità manifestate dalle imprese vitivinicole in relazione alla varietà dei formati delle bottiglie. Il DM, infine, recependo l’articolo 48, comma 8, del T.U. stabilisce le regole per mettere in atto, in maniera opzionale, il sistema di tracciabilità telematico per i vini confezionati IGT e DOC[19], in quest’ultimo caso, alternativo all’applicazione delle fascette.

5. Conclusioni: opportunità e sfide per il settore

Al termine della presente indagine, appare lampante come l’obiettivo comune che si vuole realizzare, attraverso l’impiego delle diverse tecnologie emergenti analizzate, è quello della c.d. viticoltura di precisione, in cui l’ottimizzazione delle operazioni quotidiane consente, a breve termine, di ridurre rapidamente i costi del lavoro e rendere più efficienti le aziende agricole; mentre, a lungo termine,  di prevenire perdite devastanti a causa di malattie e parassiti. Inoltre, non secondaria è l’attenzione al consumatore e alle sue (mutate) preferenze ed, in definitiva, alla facilitazione della sua esperienza di acquisto e consumo.

Al tempo dell’emergenza SARS-CoV-2 (c.d. COVID-19, ovvero Coronavirus) e del dibattito sul contact tracing, appare intuitivo fare un parallelismo con la tracciabilità digitale anche per il settore vitivinicolo: tenere traccia di quanto avviene nel percorso del prodotto dal campo alla tavola del consumatore finale è sempre più importante per rendere più efficiente e sicura l’intera filiera, di concerto col creare nuove opportunità di mercato – basti pensare alla diffusione dell’eCommerce

food -, oltre che alla possibilità di evitare sprechi grazie alla possibilità di monitorare da remoto le coltivazioni attraverso droni e sensori IoT.

Va evidenziato, però, che, nonostante i progetti già posti in essere e quelli in via di sperimentazione, permangono ancora delle zone d’ombra all’interno del panorama italiano.

In primis, non va dimenticato che la viticoltura italiana è caratterizzata da una forte parcellizzazione dei vigneti ed una classe agricola anziana che raramente accetta le nuove tecnologie. In secondo luogo, da un punto di vista tecnico, dubbi permangono anche in relazione alla correttezza dei dati: di fatti, sebbene la blockchain possa garantirne l’immutabilità, riducendo di molto il fenomeno illecito della contraffazione,  non vi è nessuna garanzia in merito alla loro veridicità all’atto dell’inserimento, che andrebbe garantita con ulteriori pratiche e procedure.

Per i motivi appena illustrati, dunque, nonostante l’innovazione stia influendo sulla tracciabilità grazie all’utilizzo di barcode, sistemi gestionali e piattaforme per la gestione dei big data, vi sono ancora reticenze – se si escludono alcuni, ancor pochi, esempi virtuosi analizzati in precedenza – in merito ad altre tecnologie che rimangono ancora poco esplorate.

Si può concludere affermando che, sebbene la fiducia delle aziende e dei consumatori con riguardo all’impatto delle nuove metodologie sia in aumento, si è ancora ben lontani da una piena e totale consapevolezza delle potenzialità offerte, consapevolezza che auspicabilmente aumenterà esponenzialmente nel futuro prossimo.

[1] Il convegno onlineIl digitale è servito! Dal campo allo scaffale, la filiera agroalimentare è sempre più smart!” del 23 aprile 2020 ha presentato i dati che emergono dalla ricerca dell’Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano e del laboratorio Rise (Research & Innovation for Smart Enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia. Da quest’ultima, è emerso che il digitale ha raggiunto nel 2019 un valore di 450 milioni di euro(+22% rispetto al 2018, il 5% del mercato globale), con la maggior parte della spesa concentrata in sistemi di monitoraggio e controllo (39% della spesa), software gestionali (20%) e macchinari connessi (14%), seguiti da sistemi di monitoraggio da remoto di terreni (10%), di mappatura (9%) e di supporto alle decisioni (5%). Si assiste ad un vero e proprio boom della blockchain (43% delle soluzioni disponibili), seguita da QR Code (41%), mobile app (36%), data analytics (34%) e l’Internet of Things (30%).

[2] Dato riportato dalla ricerca dell’Osservatorio Smart Agrifood Coltiva i dati. Raccogli valore. La trasformazione digitale dell’agroalimentare” del 23 gennaio 2018.

[3] L’Internet of Food & Farms 2020 è un progetto europeo che, puntando soprattutto sullo sfruttamento delle reti smart e delle tecnologie di acquisizione ed elaborazione dei dati, intende dotare il settore agroalimentare europeo delle tecnologie legate all’IoT, con lo scopo di aumentare i livelli di qualità ed eco – sostenibilità. Il progetto si snoda in 5 trials (coltivazioni, verdure, frutta, carni e latte) e 19 diversi casi studio.

[4] È quanto emerge dalla ricerca Atteggiamento e comportamento del consumatore del vino e nel rapporto con la GDO commissionato da Veronafiere alla dott.ssa Marilena Colussi, sociologa delle tendenze alimentari, in collaborazione con C.R.A.

[5] È il caso dello studio elaborato da un’esperienza italiana (uva da tavola in biologico) e greca (uva da tavola in integrato) sotto la responsabilità dell’International Center for Advanced Mediterrean Studies di Bari. Alla base del progetto, vi è un prototipo di DSS (Decision Support System) in grado di adattarsi con velocità ad ogni cambiamento climatico e fisiologico del “sistema vigneto da tavola”, attraverso stazioni metereologiche di alta precisione, e di fornire informazioni al produttore, come la tempistica delle irrigazioni e il corretto utilizzo dell’acqua, nonché il controllo dell’evoluzione della maturazione del prodotto fresco durante la sua fase di commercializzazione, attraverso l’uso combinato di atmosfera controllata ed etichette innovative in grado di garantire gli scambi gassosi tra l’interno e l’esterno.

[6] Ad esempio, Plantix è un’app capace – attraverso una semplice foto alla pianta – di fornire una serie di informazioni sullo stato di salute della stessa. Attivando il GPS, fornisce dati sulla temperatura e il clima ideale per la piantagione. Inoltre, è possibile mettersi in contatto con la community Plantix, composta da agricoltori e da altri esperti, con cui confrontarsi e scambiarsi informazioni ed esperienze. Con l’attivazione delle notifiche, ancora, è possibile fare in modo che l’app ricordi di effettuare tutti i passaggi al momento giusto.

[7] Infosys sta sviluppando Speaking vineyard, soluzione progettata per rilevare la malattia della muffa lanuginosa, una delle tre principali malattie che affliggono la vite.

[8] È questa la funzione della piattaforma digitale SOS QualiTec, un servizio nato dalla collaborazione tra Image Line, Cantina dei Colli Romagnoli e Terre Cevico, che permetterà alle cantine del gruppo romagnolo di certificare la qualità delle uve dei propri soci. Il test è previsto per il mese di luglio 2020, prima della vendemmia, e consentirà di verificare la conformità delle attività grazie all’inserimento all’interno della piattaforma dei trattamenti fitosanitari eseguiti dal viticoltore e dichiarati attraverso il registro dei trattamenti previsto dal D. Lgs. 150/2012. Entro il 2021, le funzioni della piattaforma saranno integrate con la geolocalizzazione dei sopralluoghi tecnici e dei campionamenti delle uve per la costruzione di curve di maturazione.

[9] L’azienda italiana Maxidata ha sviluppato Uve2k.Blue, un software modulare e predisposto per il cloud. Tale strumento è pensato per l’inserimento dei dati delle operazioni in cantina come imbottigliamenti, travasi, certificati di idoneità. Le informazioni sono poi integrate dai documenti di accompagnamento e vendita sino ai registri di cantina; dalle giacenze del magazzino vini fino alle statistiche, tutto aggiornato in automatico. Grazie a questa soluzione, l’imprenditore vitivinicolo risparmia tempo nella gestione dell’azienda tenendo traccia della documentazione in modo immediato.

[10] Le aziende italiane Vinidea ed Isvea hanno ideato un programma che prevede un test di laboratorio in grado di determinare la specifica sensibilità alle elevate temperature di trasporto e stoccaggio per ogni lotto di vino ed un dispositivo ad uso singolo da inserire in un cartone all’atto della spedizione capace di registrare continuamente la temperatura e inviare autonomamente i dati al mittente del carico senza richiedere nessun intervento umano.

Un altro esempio è Wenda, una startup italiana che ha elaborato una piattaforma cloud chiamata Odyn, utilizzata sia per prendere decisioni a scopo strategico che per gestire la distribuzione e la localizzazione del prodotto per mezzo del dispositivo jOdyn, capace di registrare parametri come temperatura, umidità, urti e posizione. Tutte le informazioni del viaggio vengono poi salvate in cloud e sono consultabili dall’utente.

Ancora, da segnalare, è Simposio (Sviluppo di una architettura portatile per l’implementazione di modelli previsionali della shelf-life del vino Soave) una recentissima iniziativa che vede come protagonisti il Consorzio di Soave, i Dipartimenti di Biotecnologie e di Informatica dell’Università di Verona e la società Edalab, finanziata dalla regione Veneto e finalizzata allo sviluppo di nuove tecnologie per la predizione della shelf-life, ossia la capacità di un vino di resistere agli stress della conservazione e del trasporto, dei vini Soave. Simposio si propone di raggiungere questo obiettivo, ad oggi difficilmente raggiungibile per via delle limitate capacità analitiche di cui dispongono alcune cantine, tramite la creazione di un sistema di classificazione della shelf-life dei vini Soave basato su analisi elettrochimiche e colorimetriche facilmente implementabili in cantina, abbinando a tali approcci soluzioni IoT e tecniche di AI per lo sviluppo del modello predittivo.

[11] Vigneti Massa, produttore piemontese di vini, ha annunciato il lancio di speciali bottiglie connesse ad un network blockchain grazie alla tecnologia NFC. Avvicinando uno smartphone dotato di sensore NFC al tappo della bottiglia, i consumatori potranno ottenere svariate informazioni sul vigneto e sul luogo di produzione del vino. La piattaforma fornisce anche note di degustazione e recensioni di esperti. È, inoltre, possibile verificare l’autenticità del vino, in quanto il tappo è connesso ad una piattaforma blockchain che fornisce un codice di identificazione unico per ogni bottiglia.

[12] Così come ha fatto la Treasury Wine Estate che, cogliendo il potenziale di marketing e di gamification,  ha lanciato la collezione 19 Crimes. Tale azienda ha dato vita alle etichette di queste bottiglie, dedicate a criminali del XVIII secolo che il governo britannico deportava in Australia, grazie alla tecnologia dell’augmented reality: scaricando l’apposita app sullo smartphone è possibile inquadrare l’etichetta e la foto inizierà a muoversi e a narrare la propria storia.

[13] Ernst & Young ha deciso di investire sullo sviluppo di una piattaforma che consente la vendita sicura del vino in Cina, mercato costantemente in crescita. Il tema della sicurezza e della tracciabilità ha portato all’adozione della tecnologia blockchain per lo sviluppo di TATTOO (Traceability, Authenticity, Transparency, Trade, Origin, Opinion). Si tratta della prima piattaforma di vendita online del vino per il mercato cinese che verifica e promuove la qualità, la provenienza e l’autenticità dei vini. L’innovazione di Tattoo Wine sta nell’utilizzo di una blockchain pubblica per notarizzare le informazioni. Sono le cantine stesse a dichiarare i processi, i meccanismi di produzione e le caratteristiche del vino; poi, la tecnologia rende indelebili queste informazioni. La piattaforma è supportata da The House of Roosevelt, una delle più grandi cantine in Asia, che la utilizza per vendere vini di qualità direttamente dai vigneti agli hotel e facilitare altresì gli scambi consumer to consumer, utilizzando gli smart contracts per aumentare l’efficienza e l’economicità dell’intero processo.

[14] Alla realizzazione del progetto hanno partecipato e collaborato anche altre Amministrazioni nonché numerose aziende agricole pilota della sperimentazione. In particolare, il Gruppo Italiano Vini ha aderito al progetto con 15 cantine sparse su tutto il suolo italiano: tramite il sistema informatizzato, le informazioni di produzione – prima contenute in diversi registri cartacei – ora convergono su un unico portale – contenitore (SIAN), ove sono raccolte e disponibili per la consultazione.

[15] In particolare, i titolari di stabilimenti o depositi che eseguono operazioni per conto di terzi che devono effettuare le registrazioni nel proprio registro telematico, distintamente per ciascun committente, indicando i vasi vinari utilizzati; i titolari di stabilimenti di produzione o imbottigliamento dell’aceto che devono effettuare le registrazioni di carico e scarico e di imbottigliamento; i titolari di stabilimenti che elaborano bevande aromatizzate a base di vino che devono effettuare le registrazioni dei prodotti vitivinicoli introdotti e le successive utilizzazioni/lavorazioni.

[16] La stampa e la consegna dei contrassegni di Stato dei vini DOCG e DOC è affidata ancora all’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato (IPZS) che dovrà concludere l’iter entro i 90 giorni dall’effettuazione dell’ordine.

[17] Il decreto, diversamente da quanto stabilito dal precedente DM 19 aprile 2011 che prevedeva appositi comunicati pubblicati dall’IPZS, include i costi delle differenti versioni dei contrassegni di Stato (standard o personalizzati, così come adesivi invece che in carta colla) applicando anche un minor costo unitario per ordinazioni che superano i 100 milioni di fascette. Le nuove tariffe vanno a ridurre i costi a carico delle imprese vitivinicole da un minimo del 12% fino ad un massimo del 20% rispetto a quelli attualmente sostenuti dagli operatori.

[18] Oltre alla consegna delle fascette che tiene conto del quantitativo di vino già certificato, il DM introduce la possibilità per le imprese vitivinicole di ritirare uno stock di contrassegni corrispondente al quantitativo di vino atto a divenire DOCG o DOC detenuto dall’imbottigliatore. L’obiettivo sarebbe quello di consegnare le fascette in maniera più rapida ed in anticipo rispetto alla conclusione dell’iter di certificazione, operazione che comunque deve essere tracciata dagli organismi di controllo o dai Consorzi delegati in appositi registri di carico e di distribuzione delle fascette nonché – ferme restando le sanzioni previste dal Testo unico del vino in caso di violazione degli obblighi previsti – nel registro telematico degli utilizzatori così da tracciare le singole operazioni di imbottigliamento.

[19] I Consorzi di tutela o, in loro assenza, la Regione competente, dovranno decidere se utilizzare o meno il nuovo strumento di tracciabilità ideato per i vini DOC ed, in particolare, IGT. Si tratta di un codice alfanumerico non seriale, da apporre in fase di imbottigliamento e di etichettatura dei recipienti, in grado di consentire l’identificazione della partita di vino immessa sul mercato nonché, per ciascuna partita, la capacità ed il numero dei recipienti. La distribuzione dei codici agli imbottigliatori, generati da provider che saranno inseriti in un elenco del Mipaaf, rimane, come nel caso dei contrassegni di Stato, in capo agli organismi di certificazione o, qualora delegati, ai Consorzi di tutela, ma per il completamento del progetto occorre attendere le specifiche tecniche e le funzionalità del sistema che saranno indicate in un documento tecnico che il Mipaaf dovrà emanare entro un anno dalla pubblicazione del DM.

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