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Chi è il vero autore dell’opera cinematografica?

Chi è il vero autore dell’opera cinematografica?

a cura di Federica Anchora

Introduzione

Qualora volessimo darne una definizione, il cinema resta pur sempre “ILLUSIONE”.

Nonostante l’etimologia del termine derivi dalla parola greca Kinema e indichi movimento[1], non si può far a meno di parlare dell’opera cinematografica prendendo in considerazione il complesso meccanismo che regola il cervello umano e soprattutto la circostanza che, l’incapacità di quest’ultimo di riconoscere segmenti frazionati all’interno di intervalli brevi, rende possibile il fatto che la serie interminabile di immagini che si susseguono sul grande schermo non venga percepita come una mera sequenza, ma si tramuti in una vera e propria illusione.[2]

La descritta sfuggevolezza dell’opera cinematografica ha riportato conseguenze anche con riguardo alla tutela giuridica dell’opera stessa e dei soggetti coinvolgi.

La tutela che oggi viene riconosciuta all’autore di un’opera cinematografica non rappresenta, infatti, una realtà giuridica del tutto scontata.

 

Cenni storici

Sembrerebbe necessario, a questo punto, effettuare preliminarmente un breve excursus storico all’interno dell’iter legislativo che ha portato al riconoscimento giuridico dell’opera cinematografica e solo successivamente al riconoscimento ad alcuni soggetti della paternità di essa stessa.

L’opera cinematografica nasce nel 1895, anno in cui a Parigi, dopo circa un decennio di sperimentazioni, si svolse il primo spettacolo a pagamento del Cinématographe Lumiére. Dal punto di vista dell’intrattenimento il successo fu immediato, nonostante gli stessi fratelli Lumiére credessero che tale successo sarebbe stato davvero breve, mentre dal punto di vista giuridico il film fu considerato, nella visione più riduttiva, come “mezzo di elaborazione di creazioni dell’ingegno già tutelate, se non perfino semplice strumento di riproduzione di esse.”[3]

Fonte legislativa cardine fu sicuramente la “Convenzione d’Unione di Berna per la protezione dei diritti degli autori sulle loro opere letterarie ed artistiche”, la quale fu emessa per la prima volta il 9 settembre 1886. Tuttavia, avendo a riguardo la questione che si sta andando ad affrontare, l’intervento più importante fu la sua revisione avvenuta nel 1908 a Berlino. In questa sede e per la prima volta l’opera cinematografica fa ingresso nel mondo giuridico dove viene equiparata ad un’opera letteraria od artistica a condizione che l’autore sia in grado di conferire all’opera stessa un carattere personale ed originale.[4] Negli anni successivi, numerose furono le proposte di revisione presentate nei congressi internazionali delle varie associazioni interessate al diritto d’autore che hanno poi portato ad una autonoma ed esclusiva tutela dell’opera cinematografica.

Soffermandoci sul nostro ordinamento, la Legge n. 1950 del 1925 fu la prima fonte normativa nel campo del diritto d’autore. Attraverso tale normativa l’opera cinematografica venne riconosciuta come un insieme di tutte le forme artistiche (musicali, letterarie, fotografiche e simili) che combinate fra loro andavano a formare un’opera nuova e diversa[5], fu Successivamente a ciò, nel 1941 venne emessa un’ulteriore normativa, tutt’oggi punto di riferimento nella materia del diritto d’autore, che rafforzò l’autonomia giuridica dell’opera cinematografica rispetto ad altre arti[6], ovvero la legge n.633 del 1941, alla quale dedica ad essa la Sezione III del Capo IV del Titolo I (Artt. 44-50).

Inquadramento del problema e delle diverse soluzioni

A seguito del riconoscimento giuridico dell’opera cinematografica, una delle questioni più dibattute al tempo fu a chi appartenesse la paternità dell’opera cinematografica, tanto che si formarono tre correnti di pensiero: la teoria pluralistica, monistica ed eclettica.

Per paternità dell’opera cinematografica, dal punto di vista giuridico, si intende il riconoscimento di una serie di diritti che distinguiamo in diritti morali e diritti patrimoniali. L’ autore di una tale opera avrà, quindi, la possibilità di agire nei confronti di chi modifichi, mutili o deformi l’opera stessa, potendo ritirarla, inoltre, dal commercio ed infine potrà sfruttarla economicamente. Potrà, quindi, trarne un profitto, autorizzando quando l’opera debba essere resa pubblica piuttosto che rimanere inedita.

La questione relativa alla qualità di autore non è una questione di poco conto. È importante riconoscere chi rivesta tale qualifica non solo per non incorrere in violazioni dei diritti appartenenti all’autore stesso ma anche per attribuire a quest’ultimo una tutela più efficace.

Prima di procedere alla disamina delle teorie che si sono sviluppate, è bene considerare, le modalità attraverso le quali l’opera cinematografica prende vita, per comprendere come oggettivamente sia il risultato di una serie di contributi uniti tra loro.

Essa viene, innanzitutto, realizzata da chi dispone di mezzi tecnici e finanziari e si basa su una storia o meglio ancora su un soggetto riconducibile a vicende reali o immaginarie. Il soggetto è realizzato attraverso l’elaborazione di un trattamento che modula gli eventi in base alle necessità cinematografiche. Esso viene poi ultimato attraverso la stesura della sceneggiatura, all’interno della quale i dialoghi e le diverse scene vengono fissate. Successivamente a tale fase, dove l’opera risulta prettamente in forma cartacea, il regista procede alla messa in scena attraverso la collaborazione di artisti interpreti ed esecutori, direttori della fotografia, montatori, autori delle musiche costumisti e così via[7]. Come si può notare, ciò è l’evidente conferma che l’opera cinematografica, a causa della sua complessità, è realizzabile soltanto attraverso l’apporto di più soggetti. Motivo per il quale è sorto il dubbio: chi è colui (o coloro) meritevole della paternità?

La teoria pluralistica

Seconda una prima teoria, ovvero la corrente pluralistica, essendo, l’opera cinematografica il frutto di una collaborazione di diverse figure, la paternità sarebbe da attribuire a più coautori.[8]

Il nostro legislatore, nonostante vi fosse chi prospettava una soluzione alquanto diversa, ha accolto tale teoria cosicché, prendendo in analisi la legge 1950/1925 all’art 20, si affermava che “Il diritto spetta per metà all’autore del libretto e per metà all’autore della pellicola cinematografica. Quando si tratta di opera cinematografica, alla composizione della quale abbia partecipato un musicista con musica originale scritta espressamente, il diritto di autore spetta in parti uguali all’autore del libretto, all’autore della musica ed all’autore della pellicola”.

Il giurista Stolfi, prendendo le mosse da tale norma, fece presente che ciò che compone un’opera cinematografica sono il libretto, il quale, nonostante la legge non lo precisi, è identificato dall’interprete come il soggetto, ossia la trama del film, la pellicola cinematografica e la musica composta espressamente per l’opera.[9]

Quanto alla pellicola cinematografica, il giurista ora menzionato ricomprende in essa l’insceneggiatore o direttore artistico, le figure che danno un contributo personale all’opera attraverso la messa in scena, lo scenografo, il vestiarista e tutti coloro che hanno realizzato un contributo effettivamente creativo. Questi vengono considerati come “i creatori intellettuali” ai quali la legge riconosce una quota sui proventi dell’opera[10]. Del tutto concordi con tale tesi sono stati anche altri autori, tra cui vi è stato chi ha affermato che non è possibile riconoscere alle categorie indicate una funzione maggiore o minore, essendo tutte ugualmente essenziali alla creazione dell’opera.[11]

Successivamente, con l’emanazione della legge 633/1941, il legislatore cercò di dare una soluzione un po’ più chiara e precisa rispetto a quella riportata nella legge 1950/1925. Difatti, la legge 633/1941, ancora oggi vigente, all’Art. 44 considera coautori dell’opera cinematografica “l’autore del soggetto, l’autore della sceneggiatura, l’autore della musica e il direttore artistico”. La legge, quindi, in questo caso, ha ricompreso nella categoria dei coautori tutti coloro che vi contribuiscono attraverso un carattere creativo e artistico, viene inoltre menzionato all’Art 45 l.d.a., il produttore come organizzatore dell’opera, cui si attribuisce “l’esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell’opera cinematografica”.

Dello stesso avviso risulta essere anche l’ordinamento francese dove già negli anni del ‘900 si pose il problema se l’autore di un film potesse essere unico o meno. Così con una prima decisione del tribunale civile della Senna nel 1911, che diede rilevanza alla figura del regista, e con la legge 11 marzo 1957 si fece chiarezza su chi fossero gli autori di un’opera filmica[12]. Fu proprio grazie a tale legge che si stabilirono coautori “l’autore dello scenario, l’autore dell’adattamento, l’autore del testo parlato, l’autore della composizione musicale con o senza parola realizzata espressamente per l’opera e il regista[13]

A sostenere una tesi alquanto attigua vi fu anche chi, come il giurista Olagnier, il quale, seppur appoggiando la teoria pluralistica rifiutava però il coinvolgimento delle figure del regista e del produttore. Infatti, egli partì dalla considerazione che queste due figure non apportano un contributo creativo all’opera ma soltanto tecnico ed organizzativo.[14]

Concludendo e tornando ai giorni nostri, la questione relativa alla paternità dell’opera cinematografica è stata oggetto di indagine anche da parte dell’Unione Europea, la quale, non impone una soluzione uniforme agli Stati membri e all’Art 2 comma 2 Direttiva 19 novembre 1992 n. 100/CEE e comma 1 Direttiva 29 ottobre 1993 n. 98/CE considerano come coautori o come uno degli autori “il regista principale di un’opera cinematografica o audiovisiva. Gli stati membri possono disporre affinché altre persone siano considerate coautori”.  L’Unione, quindi, lascia liberi gli Stati di stabilire chi sia l’autore dell’opera filmica senza alcuna direzione. In considerazione di ciò, nonostante sembri alquanto pacifico che in Italia la legge nazionale abbia appoggiato la concezione della tassatività dell’ Art 44 l.d.a., vi è ancora chi sostiene che l’elencazione dei coautori sia da intendere, al contrario, non tassativa in virtù dell’ Art 1 l.d.a., rifacendosi quindi all’idea di un contributo creativo fornito anche da altri soggetti.[15] Cosi come, ad esempio, avviene in Francia, dove il produttore, quindi colui che organizza e gestisce la produzione dell’opera e sostiene le spese della fase di realizzazione iniziale[16], non risulta annoverato tra i coautori. In tal modo è stato sostenuto che tale elenco non sia tassativo e di conseguenza egli potrà rivendicarne la paternità dimostrando di aver apportato un contributo creativo.[17]

La teoria monistica

Come accennato in precedenza, tra le teorie sviluppatisi negli anni risulta esservi anche la teoria monistica secondo cui l’autore dell’opera cinematografica risulta rientrare in un’unica figura.

Tra i primi sostenitori, almeno in Italia, ritroviamo Remo Franceschelli e Enrico Laporta i quali parteciparono al Congresso internazionale di diritto cinematografico, tenuto a Venezia nel 1959, sul tema “Il diritto di autore con riferimento ai partecipanti della rappresentazione e produzione cinematografica”. Questi sottoposero all’Assemblea un ordine del giorno in base al quale si chiedeva di abbandonare la concezione pluralistica di cui all’art 44 e di riconoscere autore dell’opera cinematografica un’unica figura.[18] Entrambi i relatori, nonostante siano giunti a conclusioni opposte, che faremo presente più avanti, sono partiti entrambi da presupposti comuni.

Innanzitutto, si sostenne il carattere non precettivo dell’art 44 l.d.a. e di conseguenza si affermò che l’interprete fosse libero da ogni tipo di rigoroso vincolo.

Le conclusioni dei due giuristi furono opposte: uno affermava che autore dell’opera cinematografica sia il produttore[19], l’altro sosteneva che l’autore si identificava nella figura del regista[20].

Laporta, infatti, nella sua relazione replicò affermando come non sia possibile porre sullo stesso piano tutti e quattro i soggetti di cui all’art 44 l.d.a., ciò in quanto non si può escludere il valore, qualitativo e quantitativo, che ciascun ruolo ha.  Egli sostenne, quindi, che il contributo di massima importanza nella creazione dell’opera cinematografica è sicuramente il contributo organizzativo.[21] Il produttore, si sostiene, non è soltanto colui che individua gli elementi artistici, tecnici ed esecutivi, non è un mero imprenditore ma è il padre spirituale dell’opera, è colui che contribuisce alla realizzazione con un proprio senso artistico e intellettuale.

A fortiori, vi è stato chi abbia avvalso tale tesi ed abbia sostenuto che non si può, appunto, negare tale qualifica al produttore, considerato che la legge attribuisce la qualifica di autore dell’opera collettiva a chi organizza e dirige la creazione dell’opera stessa ritenendo, quindi, che tale attività rientri proprio nella figura pocanzi accennata.[22]

Di opinione alquanto simile risulta essere, come già affermato, quella dell’illustre Remo Franceschelli con l’unica differenza, però, che egli considerasse il produttore non come autore e che, invece, tale qualifica dovesse essere riconosciuta al regista, in considerazione della natura essenzialmente creativa delle sue proprie funzioni.[23] Da notare come sono diversi gli autori che sono giunti alla medesima conclusione. Partendo dalla considerazione che l’attività effettivamente svolta dal regista, con riferimento non solo al contenuto plastico di ogni singola parte del film ma anche all’attività di unione e messa in movimento di ogni singolo contributo che da vita al film, si afferma che  non si  può negare che spetta soltanto a lui il diritto sull’opera.[24] Al rifiuto del produttore come autore si aggiunga Schermi, il quale, prima di giungere a tale conclusione analizzò questa figura e in particolare l’attività da essa svolta. Affermò che per stabilire se il produttore sia o meno autore, bisognerebbe individuare se tale attività sia puramente economica oppure se presenti un carattere intellettuale, artistico, spirituale che unito al contributo di altri soggetti (soggettista, sceneggiatore, autore della musica e regista) dia vita ad un’opera dell’ingegno. A tal proposito, però, egli rinviene che in nessuna fase dell’iter produttivo si potrebbe dire che egli svolga un’attività tipica, come quella svolta dai soggetti ex Art 44 l.d.a., creativa dello spirito. L’ attività del produttore risulta semplicemente volta alla creazione del film come rappresentazione da rivolgere al pubblico dietro compenso e quindi un’attività prettamente economica[25]. Di conseguenza, Schermi afferma che tra tutte soltanto il regista dovrebbe essere considerato autore in quanto “il linguaggio cinematografico” appartiene soltanto a lui, così come appartiene soltanto a lui la forma espressiva e la realizzazione di un’opera unica attraverso l’unione dei diversi contributi.[26]

Tra i sostenitori della teoria monistica risulta molto importante far notare come non vi sia stato solo chi si sia soffermato esclusivamente sulla figura del regista o del produttore ma vi sono stati anche autori che abbiano analizzato e quindi sostenuto altre figure. Infatti, vi è stato anche chi abbia sostenuto che autore dell’opera cinematografica siano non tanto lo sceneggiatore o il regista quanto piuttosto l’autore del soggetto in virtù del fatto che l’idea originale del film provenga proprio da quest’ultimo.[27] Tuttavia, non manca chi abbia affermato che autore dell’opera cinematografica sia lo sceneggiatore[28]. A sostegno di tale tesi è stato effettuato un confronto con la figura del drammaturgo, considerato autore dell’opera teatrale. Difatti, è in lui che si esaurisce il processo creativo e cosi come quest’ultimo considera ciò che scrive come le azioni che verranno riprodotte sul palcoscenico, cosi lo sceneggiatore è autore cinematografico; basti pensare che anche lo sceneggiatore “vede un’azione come se andasse svolgendosi sullo schermo “.

Va considerato, inoltre, che tale teoria anche se non ha avuto molto seguito in Italia è stata adottata da paesi di common law come gli Stati Uniti d’America. Qui, infatti, il copyright è attribuito al produttore in quanto viene prediletto l’investimento economico piuttosto che l’espressione della personalità[29]. Si parla di work made for hire in quanto il produttore viene considerato come committente e si affida la paternità a colui che commissiona un’opera cinematografica.[30]

La teoria eclettica

Infine, la teoria eclettica risulta essere la teoria più minoritaria rispetto a quelle accennate in precedenza. I maggiori esponenti furono due giuristi tedeschi ovvero Elster e il professor Ludwig Wertheimer, i quali ritenevano che, a seconda dei casi, l’autore del film possa concentrarsi in unico soggetto oppure vi possano essere più coautori.[31]

Elster, infatti, ritenne che non si dovrebbe valutare la qualità con la quale si è realizzato o a quale categoria appartenga il collaboratore ma piuttosto bisognerebbe chiedersi semplicemente se qualcosa è stato creato. Di conseguenza, se colui che ha creato è il produttore, nei cui confronti gli altri soggetti sono da qualificarsi come semplici dipendenti, allora il diritto d’autore spetterà a quest’ultimo[32], così come se colui che presenta un manoscritto già maturo, pronto per essere girato senza che sia necessario effettuare delle modifiche, l’opera intellettuale spetterà a lui[33].

Come è stato affermato in precedenza, un altro esponente della teoria qui trattata è Wertheimer, il quale partì dalla considerazione che non è facile stabilire chi è il titolare del diritto d’autore su un film proprio per la natura stessa dell’opera cinematografica, la quale richiede l’esistenza di un’idea complessa che successivamente è trasformata in quadri[34]. Detto ciò, se si considera che l’opera cinematografica è un’opera assolutamente inscindibile, porta gli interessati a regolare preventivamente le questioni relative ai diritti d’autore. Di conseguenza per ricercare una soluzione bisogna aver ben presente, appunto, che la figura di autore di un film può essere ricoperta da soggetti diversi e volta per volta va stabilito se dalla loro collaborazione nascano più posizioni giuridiche indipendenti o un’unica fattispecie giuridica. Difatti le difficoltà sono maggiori se si considera che in alcune opere, in particolare i film sonori, essi non costituiscono delle opere inscindibili e unitarie. I diversi contributi qui vengono uniti per realizzare un’opera comune e quindi si parla di diritti d’autore e non di coautore.  Ciò nonostante, non è possibile stabilire a priori, in base alla qualifica, l’ambito di attività di ciascun soggetto, la quota che spetta a tutti coloro che svolgono un’attività creativa. Lo stesso Elster, infatti, afferma che l’autore del soggetto potrebbe essere non soltanto l’autore del manoscritto ma può rivestire anche il ruolo di direttore artistico o, in alcuni casi, quello della casa di produzione[35]. Di conseguenza, la soluzione prospettata, che accomunerebbe tutti gli interessi, sarebbe quella di lasciare stabilire preventivamente attraverso un contratto a chi spettano i diritti d’autore. Tuttavia, nonostante tale soluzione, si dubita comunque, per ragioni di ordine morale, che la titolarità possa spettare all’impresa che si accolla il rischio finanziario[36].

[1] BARONE M., Il diritto d’autore nell’opera cinematografica e audiovisiva, Lexasis, 2018.

[2] Ibidem.

[3] GANGAROSSA L., Guida alla tutela dell’opera cinematografica, Nyberg Edizioni, 2005 p. 6.

[4] Ibidem.

[5] PIOLA CASELLI E., Cinematografia, n. I, in Nuovo Digesto Italiano, UTET, Torino

[6] FRANCESCHELLI R., Cento anni di esperienza scientifica in materia di diritto industriale, in Riv. Dir. Ind., 1982, p. 367.

[7] DE SANCTIS V.M., La protezione delle opere dell’ingegno – le opere figurative, le opere audiovisive e le opere utilitarie. Giuffrè, 2004, p. 244.

[8] CAPITANI U., Dell’autore del film o della quadratura del circolo, in Bianco e nero, 1941, n.4, p. 30.

[9] STOLFI N., Il diritto di autore, Società Editrice Libraria, 3 ed., Milano, 1932, p. 332.

[10] Ibidem.

[11] DE FEO L., Diritto cinematografico, in Nuovo Digesto Italiano, UTET, n. 2 , 1937, p. 928.

[12] CATERINO D. e IAIA V., Identificazione dei ruoli autoriali dell’opera filmica e scelte dei legislatori: brevi note di confronto tra il sistema italiano e quello francese, in SPRINT, 10 ottobre 2017.

[13] Legge 11 marzo 1957 art L. 113-7.

[14] OLAGNIER P., Le droit d’auteur, Paris, 1934, II, p. 273-274.

[15] Trib Roma 18 Marzo 2011, in AIDA, 2013, 1534, p. 620 ss.

    QUATTRONE M.F.- ZILLI G., Il diretto della fotografia quale coautore dell’opera cinematografica, in Working Papers dell’Osservatorio di Propietà intellettuale, Concorrenza e Telecomunicazioni, LUISS, Edizioni 2002 p. 89.

     CATERINO D. e IAIA V., Identificazione dei ruoli autoriali dell’opera filmica e scelte dei legislatori: brevi note di confronto tra il sistema italiano e quello francese, in SPRINT, 10 ottobre 2017.

[16] PERRINO M., L’impresa cinematografica, in AIDA, 2007, p. 416.

[17] CATERINO D. e IAIA V., Identificazione dei ruoli autoriali dell’opera filmica e scelte dei legislatori: brevi note di confronto tra il sistema italiano e quello francese, in SPRINT, 10 ottobre 2017.

[18] FRANCESCHELLI R., Due studi su chi sia l’autore dell’opera cinematografica, in Riv. Dir. Ind., 1960, I, p. 141.

[19] LAPORTA E., L’autore dell’opera cinematografica, in Riv. Dir. Ind., 1960, I, p. 142ss.

[20] FRANCESCHELLI R., Posizioni soggettive rilevanti nell’ambito dell’opera cinematografica, in Riv. Dir. Ind., 1960, I, p. 156ss.

[21] LAPORTA E., op.cit., in Riv. Dir. Ind., 1960, I, p. 149.

[22] GIANNINI A., Opera cinematografica e contratti cinematografici, in Riv. Dir. Civ., 1958, I, p. 420.

[23] Ivi.

[24] COLOMBO F., Chi è l’autore del film?, in Dir. Aut., 1935, p. 374-37; DE SANCTIS V.M., Il carattere creativo delle opere dell’ingegno, in Saggi di diritto commerciale, Giuffrè, Milano, 1971, p. 147ss.; Come riportato da FRANCESCHELLI R. in Dir. Aut., 1935, anche CONSIGLIO A., in L’autore del film, in Intercine del 10 ottobre, dopo un esame delle diverse funzioni ricoperte dai collaboratori partecipanti alla realizzazione di un film, affermò che il regista ha il compito di creare l’armonia del film ed è proprio questa che attribuendo carattere artistico al film, allo stesso tempo, attribuisce al regista la qualifica di autore.
Ad avvalorare tale tesi vi sono anche due autori non giuristi che hanno analizzato la questione da un punto di vista tecnico-cinematografico: JUBANICO C., Fare sul serio, in Cinema, 10 agosto 1940 XVIII p. 83; RASTELLI D., La regia, in Bianco e nero, fasc. sett. 1940, p 13.

[25] SCHERMI in Posizione e diritti del produttore nella creazione e nell’utilizzazione economica dell’opera cinematografica, in Giust. Civ., 1960, p. 1048.

[26] ivi

[27] VALERIO E., Il diritto cinematografico, in autori e scrittori, fasc. agosto 1938 XVI, p.3-4.

[28] ONOFRI F., La questione dell’autore, in Cinema, 10 aprile 1940, p. 223.

[29] In nota LAZZARESCHI A., op.cit., in Dir. Aut., 2015, p. 95.

[30] Paragraph 101- Copyright Act.

[31] CAPITANI U., Dell’autore del film o della quadratura del circolo, in Bianco e nero, 1941, n.4, p. 30.

[32] ELSTER, Diritti di autore in via originaria e in via derivata in materia cinematografica, in Dir. Aut., 1932, p. 37

[33] Ivi.

[34] WERTHEIMER L., Il regime della collaborazione nella legislazione tedesca, con particolare riguardo all’opera cinematografica, in Dir. Aut., 1934, p. 29.

[35] Ivi.

[36] Ivi.

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