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Cile: il rapporto ONU denuncia le violazioni dei diritti umani

Il 13 dicembre 2019 l’Ufficio dell’Alto Commissariato per i diritti umani (OHCHR) ha pubblicato un rapporto sul Cile e sulle violazioni di diritti umani compiute dal governo durante le recenti manifestazioni popolari. Invero, secondo quanto riportato, sussistono “ragionevoli motivazioni” per ritenere che, a partire dalla metà di ottobre, i carabineros e i militari dell’esercito cileni “abbiano commesso un gran numero di gravi violazioni dei diritti umani, tra cui l’uso eccessivo o inutile della forza, commettendo omicidi e lesioni, torture e maltrattamenti, ivi incluse violenze sessuali e detenzioni arbitrarie”[1].

Le proteste del popolo cileno

Lo scontento sociale era iniziato già dall’ottobre scorso[2]. Inizialmente le proteste erano state scatenate dall’annuncio dell’aumento delle tariffe del trasporto pubblico a Santiago. Migliaia di persone, tra cui soprattutto studenti, si sono mobilitate per chiedere un congelamento dell’aumento delle tasse e soluzioni a una varietà di politiche che gravano su vasti settori della società cilena e che hanno un impatto sui diritti economici, sociali e culturali di tutti i cittadini. Da lì, non solo le manifestazioni hanno inglobato il resto della società cilena, ma si sono trasformate in una vera e propria denuncia delle forti disuguaglianze all’interno del Paese, sfociate anche in diversi episodi violenti.

La situazione è degenerata il 18 ottobre, quando il presidente cileno Sebastián Piñera ha deciso di sospendere il servizio di trasporto pubblico e di decretare lo stato d’emergenza. In questo modo, il governo ha consentito all’esercito di sorvegliare le manifestazioni e imporre il coprifuoco.

Nonostante il 22 ottobre sia stata approvata una nuova legge volta a fermare il rialzo dei prezzi dei trasporti, le manifestazioni e i movimenti sociali sono proseguiti e si sono intensificati, scontrandosi con l’intervento repressivo dell’esercito.

Proprio la brutalità delle repressioni, riscontrata in numerose segnalazioni all’Istituto nazionale per i diritti umani (INDH), è stato il segnale della necessità di una missione di osservatori delle Nazioni Unite per monitorare gli eventi e reperire testimonianze. Al termine della missione, avvenuto il 22 novembre, il corpo di osservatori ha redatto un rapporto finale riportando tutte le violazioni denunciate. “Abbiamo consegnato alle Nazioni Unite i risultati del nostro monitoraggio della situazione negli ospedali, nelle sedi della polizia e nelle manifestazioni, e le azioni penali e legali che abbiamo intrapreso”, ha dichiarato attraverso un comunicato emesso al termine della riunione il direttore dell’INDH, Sergio Micco[3].

 Le violazioni riportate

Nell’arco di otto settimane, il rapporto cita 26 morti durante le manifestazioni, 28mila persone fermate e detenute arbitrariamente, in maggioranza giovani senza precedenti penali, di cui 1.615 arrestate e in attesa di un processo. Guerras-Delgado, a capo delle indagini condotte dall’Alto Commissariato, ha sostenuto a tal proposito che la gestione dei carabineros si è rivelata eccessivamente repressiva e che, soprattutto, questi ultima non sono stati in grado di discernere i manifestanti pacifici da quelli violenti, sparando quindi indistintamente su tutta la folla. Secondo quanto riportato, sembra che la forza letale sia stata utilizzata, sotto forma di armi da fuoco, in assenza di rischi per la vita di civili o soldati e contro persone che non partecipavano ad atti di violenza; ciò è in contrasto con le norme e gli standard internazionali sull’uso della forza e può, a seconda delle circostanze, costituire un’esecuzione extragiudiziale.

Inoltre, la relazione fa riferimento a circa 3.449 persone ferite prevalentemente da armi da fuoco e 350 persone circa con lesioni agli occhi o al viso procurate da armi non-letali: il riferimento è ai c.d. perdigones, munizioni che dovrebbero non essere letali, ma che se sparate ad altezza del volto e da distanza ravvicinata, possono causare la cecità. Un altro tipo di arma non-letale contestata è stata quella dei gas lacrimogeni, di cui le Nazioni Unite hanno raccomandato un uso limitato solo ai casi strettamente necessari, mai negli istituti sanitari ed educativi. Tali usi sono stati considerati come sproporzionati, eccessivi e indiscriminati, in violazione degli standard internazionali.

Infine, la gravità delle violazioni è testimoniata dai 633 casi di presunta tortura e dalle 166 vittime di violenza sessuale sistematica, in alcuni casi avvenuti nelle caserme dei carabineros, o direttamente sulle camionette delle forze dell’ordine. In riferimento agli abusi sessuali, una psicologa di Santiago ha testimoniato[4] ad Al Jazeera che “[t]utte le donne che sono state arrestate sono state spogliate davanti ad agenti uomini, non di fronte a donne, come impone la legge […] e sono state minacciate di stupro di massa, e infine uccise”.

Tra le conclusioni addotte dalle Nazioni Unite, si ritiene non solo che la dichiarazione dello stato d’emergenza del Paese sia stata superflua, ma che attraverso gli ufficiali di polizia lo Stato cileno si sia reso responsabile per non aver adempito ai suoi obblighi di rispetto e di garanzia dei diritti umani. In particolare, si considerano violati il diritto di riunione e di espressione pacifica, nonché il diritto alla vita e la proibizione della tortura come mezzo repressivo. Tali responsabilità, infatti, derivano dall’adesione del Cile alle convenzioni internazionali generali vincolanti e alla Convenzione contro la tortura del 1984.

 La reazione del Cile e le condizioni dei diritti umani

Lo stato dei diritti umani in Cile è risultato fortemente compromesso, non solo a seguito della repressione delle proteste, ma anche di altri fattori che hanno contribuito all’innalzamento negli ultimi anni del record di violazioni commesse: infatti, un Rapporto periodico[5] del 2019, a conclusione della trentaduesima sessione del Consiglio sui diritti umani delle Nazioni Unite, ha riportato l’eccessivo uso della forza e una necessità di rinforzare i meccanismi di protezione dei diritti umani. Per questo motivo, la relazione dell’Onu è un colpo durissimo per il governo di Sebastián Piñera: ventiquattro ore prima del report dell’Onu, il settimo tribunale penale di Santiago aveva persino accolto una denuncia contro il Presidente per crimini contro l’umanità, avviando un’indagine ad hoc.

La reazione del governo cileno è stata molteplice. Dopo la pubblicazione del rapporto, il ministro degli Esteri cileno Teodoro Ribera ha dichiarato di tener conto delle conclusioni dell’Onu, ma ha ribadito che in Cile non vi sono violazioni sistematiche dei diritti umani. D’altro canto, la sottosegretaria alla giustizia Lorena Recabarren, aveva contestato alcune “informazioni errate, non contestualizzate né verificate”[6] riguardanti il numero delle vittime e le violenze riportate. Sottolineando inoltre il disinteresse verso il rapporto, considerato uno tra i tanti avanzati da altre organizzazioni internazionali, la sottosegretaria riferisce semplicemente che “[i]l paese vuole tornare alla normalità per ciò che riguarda i diritti fondamentali”. Intanto l’Onu, che continua a ricevere denunce di abusi della polizia, ha invitato il governo cileno a sospendere l’uso dei fucili per controllare le manifestazioni e a istituire un meccanismo di sorveglianza e di formazione dei carabineros entro tre mesi.

 

[1] Rapporto ONU   https://www.ohchr.org/Documents/Countries/CL/Report_Chile_2019_SP.pdf

[2] Appello Amnesty International, disponibile qui: https://www.amnesty.it/appelli/cile-repressione-violenta-proteste/

[3] R. Fattopace, Cile, monta la protesta a sfilare per le strade di Santiago migliaia di donne contro la repressione del governo Piñera, Novembre 2019, disponibile qui: http://www.linkabile.it/cile-monta-la-protesta-a-sfilare-per-le-strade-di-santiago-migliaia-di-donne-contro-la-repressione-del-governo-pinera/

[4] M. Sacchi, Cile, le accuse dell’Onu, Dicembre 2019, disponibile qui:  https://www.atlanteguerre.it/il-cile-licenzia-il-ministro-degli-interni

[5] Rapporto Periodico Universale dell’OHCHR, 32esima sessione (21 gennaio – 1 febbraio 2019), disponibile qui: https://www.ohchr.org/EN/HRBodies/UPR/Pages/CLIndex.aspx

[6] M. Bourreau e A. Villiers-Moriamé, Torture, mauvais traitements, viols… L’ONU condamne la répression des manifestations au Chili, Dicembre 2019, disponibile qui: https://www.lemonde.fr/international/article/2019/12/13/torture-mauvais-traitements-viols-l-onu-denonce-la-repression-des-manifestations-au-chili_6022786_3210.html

Jasmina Saric

Jasmina Saric, laureata presso la Facoltà di Scienze Politiche alla LUISS Guido Carli di Roma con tesi in diritto dell'Unione europea, percorso futuro di Laurea magistrale in Relazioni Internazionali, specializzata in Studi Europei. Collaboratrice dell'area di diritto internazionale, con particolare interesse per il settore europeo.

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